giovedì 16 aprile 2020

Mystic River - Dennis Lehane

" A volte penso che siamo saliti tutti e tre insieme in quella macchina."



Come dissi nel post scorso, venne il momento, la settimana scorsa, di andare a pescare il tablet e gli e-book di emergenza, che tenevo in un cantuccio per i momenti di inedia di libri cartacei.

Il tomone contenente tutte le opere di Fitzgerald ha retto un po', poi ho dovuto rallentare perché non ce la facevo più ed ho dovuto trovare qualcosa che mi desse la possibilità di metabolizzare ed alleggerire un po' la lettura alta e un po' pomposa di Francis, che spero mi perdonerà.

Quello che però doveva essere un intermezzo, è stata una lettura che mi ha avvinto e trascinato inesorabilmente tra le lande più degradate di Boston e il lento, ma inesorabile scorrere del fiume Mystic, con le sue acque torbide, che costituiscono segreti e misteri.
Un po' confidente, un po' alleato, ed anche incubo.

Probabilmente Mystic River è famoso più per lo splendido film del duro e con gli occhi da bombardiere Clint Eastwood, ma per fortuna, io pur avendolo visto, non ne ricordavo gli snodi fondamentali, e quindi mi sono goduto ogni singola pagina ed ogni singola svolta narrativa di questo gran bel thriller.

Via di sinossi, presa in prestito da Amazon:

Boston, 1975. East Buckingham è un quartiere in cui tutti conoscono tutti. Nessuno dei suoi abitanti se n'è mai andato, se non quei ragazzi che la guerra ha strappato dalle proprie case per non restituirli più. Crescere in una periferia come questa non è certo il modo migliore per dare alla propria vita grandi prospettive. Ma è qui che Sean, Jimmy e Dave sono nati, e la loro esistenza sarebbe stata uguale a quella di tanti altri se non fosse arrivata quella dannata mattina. La mattina in cui Dave, con i suoi occhi spenti pieni di lacrime è salito sul sedile posteriore di quella macchina. Ed è scomparso per quattro, terribili giorni. Venticinque anni dopo, la violenza torna a segnare la vita di Dave. Questa volta però gli sguardi che si posano su di lui non sono compassionevoli, ma carichi d'odio e disprezzo. Reazione più che naturale di fronte all'omicidio di una ragazza di diciannove anni di cui Dave è accusato. E, quasi che il destino volesse rinsaldare un tragico legame, la vittima è la figlia di Jimmy, mentre Sean, diventato poliziotto, è incaricato delle indagini.



Non conoscevo Dennis Lehane, sono onesto, ho visto alcuni adattamenti cinematografici delle sue opere ( è stato scrittore anche di Shutter Island ), ma conto di approfondirlo appena possibile.

Mystic River è per me un'opera perfetta, scritta a puntino, e non solo scorrevolissima, ma anche precisa come un orologio svizzero.
Non tradisce mai la coerenza narrativa e va dritta per la sua strada dando vita a un nugolo di personaggi uno più bello dell'altro, complessi e strutturati benissimo.
La bravura di Lehane si nota non solo per lo sviluppo dei tre protagonisti, ma per il sapiente utilizzo di tutti i comprimari, ugualmente vividi.
Un libro che è già sceneggiatura, praticamente.
E che finale, ragazzi!

Un grande spaccato della difficile e spietata vita di provincia americana.
Anzi più che spaccato, dovremmo parlare di una vita in circolo, ma molto più che vizioso, bensì amaro e violento come un abuso.
I peccati, le paure e le colpe del passato, che riemergono a causa del delitto insensato di un'innocente.

Una vita che si rivela puttana e che spiattella in faccia i fantasmi di un passato in comune, che diventa un grigio e plumbeo presente, inesorabile come il lento defluire del fiume che fa da corollario alla vicenda.

Visto il narrato, Lehane è stato persino clemente, proponendoci sì una narrazione spietata, ma non lanciandosi in scene particolarmente cruente, e forse questo è anche peggio, perché è la nostra immaginazione a creare ed elaborare quelle sordide azioni.
L'incipit iniziale con i protagonisti ancora bambini e protagonisti del rapimento da parte di una coppia di pedofili di uno di loro, è un pugno nello stomaco, narrato in dissolvenza.

Gran bel libro, veramente.
Il film non lo vedo da tanto, ma lo ricordo molto bello, posso quindi dire con il senno di poi, che Clint ha reso piena giustizia al romanzo.

Un libro che consiglio senza riserve.


Alla prossima!





lunedì 6 aprile 2020

Il Grande Cielo - A.B. Guthrie Jr.

" Il mondo mi assale come un mare" disse " una collina e poi un vuoto che mi rotola sotto i piedi, cercando di rovesciarmi"

Si ritorna al west, alla vita di frontiera, ai bivacchi solitari, tra le braccia di una squaw, tra bisonti e lupi, tra caccia alle pelli di castoro, ed ai sentieri impervi e scoscesi di montagna.
Si ritorna ai grandi paesaggi americani, tra gli indiani a caccia di scalpi, fino alle compagnie francesi e inglesi di pellicce.
Un crocevia prima dell'avvento di colonizzatori senza scrupoli.
Un grande spaccato di storia americana del primo ottocento.
Dove spesso i contenziosi si risolvevano a colpi di fucile.


Il Grande Cielo è tutto questo ed anche di più.
Strutturato in più archi temporali, questo libro è di facile immersione, ma pesante ed irto, da risultare impegnativo.
Però ripaga, eccome se ripaga.

Via di sinossi:

"Invecchiando, cominciava a sentire le cose in un modo diverso. Gli piacevano ancora vedere le colline e percorrere i fiumi, ma la metà del piacere era nel ricordare. Dopo che c'eri stato, un luogo non era più soltanto un posto qualsiasi. Si aggiungevano il tempo che ci avevi passato, le cose che avevi pensato, le persone con cui avevi bevuto. C'era un tempo iniziale e il posto in sé, e poi c'erano lo stesso luogo, il tempo e l'uomo che eri stato, tutti mescolati insieme, uno con l'altro".

La sinossi è molto suggestiva, ma spiega poco limitandosi a citare una delle più belle riflessioni del romanzo.

Al di là della mole di episodi, la trama è abbastanza semplice:
Seguiamo il percorso di vita di un giovanissimo Boone Caudill ancora capace di provare emozioni ed empatia fino all'inevitabile nostalgia di casa in seguito alla sua fuga, fino alla sua trasformazione in una figura complessa e sempre più enigmatica smussata dal suo candore dalla vita selvaggia e faticosa di montagna.
Dapprima viaggiatore solitario, poi aggregato ad una compagnia che commercia pellicce, fino alla sua ossessione per una giovanissima indiana che lo porterà a vivere e comprendere altri modi di vivere e punti di vista.
Un personaggio con cui in corso d'opera diventerà sempre più difficile empatizzare.
La storia è suddivisa in almeno cinque/sei macro capitoli sulla sua vita e le sue avventure.
Spesso accompagnato da altri due pellegrini con cui incrocia il cammino, Dick Summers e Jim Deakins, due personaggi che chiamare comprimari è riduttivo.
Dick Summers con la sua esperienza, con il suo sentire il peso dell'età, e con le sue riflessioni, è per me il miglior personaggio del libro.

Dire di più su questa splendida avventura sarebbe un delitto.
Il Grande Cielo è un romanzo rude, ma onesto.
Una storia monumentale, in cui percepisci la fatica, la fame, la gioia del nutrimento e della caccia, del rispetto, ma anche di umani che la montagna trasfigura fino alla loro essenza, e non saranno mai più gli stessi.
E dove il fiume Missouri con le sue acque torbide ci ri-catapulta tra i cuori di tenebra.

Dio, come adoro queste storie, e come ho imparato ad amare le lande sconfinate della frontiera.

Il Grande Cielo è parte di una saga in sei volumi, ed il secondo a Guthrie è valso persino il premio Pulitzer.
E' inutile affermare che presto o tardi conto di leggere gli altri volumi, o almeno quelli che sono stati tradotti in italiano.

Un'opera maestosa che merita di essere letta e riletta.
Sarò stato fortunato ad aver scelto finora il meglio del meglio, ma il western mi sta dando parecchie emozioni.


Alla prossima!









martedì 31 marzo 2020

L.A. Confidential - James Ellroy

Ed ecco quello che in questo tempo sospeso potremmo definire il mio ultimo libro cartaceo.
Non credevo che sarei arrivato ad azzerare la pila di libri che si era formata, ma viviamo in un limbo in cui devi occupare il tempo, ed io non essendo uno che guarda Tv o le pareti, devo riempire la mia giornata in qualche modo.
E quindi leggo e vivo nelle vite di persone immaginarie.

A dirla tutta L.A. Confidential non sarebbe il mio ultimo libro cartaceo, ma il penultimo, ma l'altro aprendolo ho scoperto che gli mancavano sessanta pagine, e quindi lo tengo in sospeso finché non troverò il modo di recuperarle.

Sapevo che prima o poi mi sarei imbattuto in James Ellroy, è un autore che soppesavo da tanto tempo, ed è un po' l'evoluzione moderna di Raymond Chandler.
O almeno così ho trovato scritto tra le note della prefazione di questo libro.
Però tra i due scrittori, a livello di stile di scrittura, c'è un abisso.
Ellroy è più crudo, più realistico, più moderno.
Moderno per quel che concerne l'approccio e la struttura dei personaggi, visto che comunque gli eventi del romanzo si svolgono negli anni '50.
Forse perché in qualche modo ha vissuto un'infanzia ed un'adolescenza entrambe problematiche, ma la sua scrittura è più rabbiosa di quella decadente e un po' romantica di Chandler.


Resta il fatto che però la prosa di Chandler è più nelle mie corde, e continuo a preferirla.
Ciò non toglie che L.A. Confidential sia una bomba.
Un romanzo trascinante e travolgente, che non perde un colpo e che soprattutto presenta tre personaggi molto diversi tra loro e tutti con un passato da nascondere, sfaccettati e complessi come non mai.
In bilico tra poliziesco, noir e giallo è un romanzo serrato e dalla trama intricatissima ( forse un po' troppo ) ed a volte un po' artificiosa, i cui snodi però alla fine mi hanno lasciato un po' insoddisfatto, perché per tre quarti di storia la storia stava virando verso una piega inevitabile che mi intrippava di più.
Per me l'ultima parte tradisce un po' il percorso che i personaggi avevano fatto fino a quel punto.
Ma è un problema mio, Ellroy è il Dio della sua storia, e lui sa.
Lui è la penna, e la penna comanda.
al di là dei miei dubbi, non posso non affermare che mi sono trovato davanti un'opera molto, ma molto bella.
Se amate il genere, lo straconsiglio.
Tra tutti spicca, secondo me, la figura di Bud White, che sicuramente tra i tre difensori della legge protagonisti è il più rude e cattivo con i suoi modi da giustiziere, ma il più complesso e trasparente dei tre.
Mentre Ed Exley che in qualche modo rappresenta il poliziotto intransigente e ligio al dovere e che è il vero protagonista del romanzo, è un po' troppo ingessato ed in balia degli eventi.
L'odio tra questi personaggi che si occupano dello stesso caso, è la vera trama strisciante, e sicuramente l'anima di questo libro, molto più dell'intricatissimo caso del Nite Owl che fa da collante e corollario alla storia.
Il terzo personaggio Jack Vincennes per quanto importante e strutturalmente complesso anch'esso, resta comunque un po' ai margini della storia, una sorta di ingranaggio importante, ma non fondamentale.
Un romanzo che è anche una non troppo velata critica alla politica ed alla corruzione che dilagano alle spalle del dipartimento di polizia di L.A.

L.A. Confidential è un romanzo che mi ha convinto fino in fondo, e che sicuramente mi spingerà a procurarmi altre opere di James Ellroy.
The Black Dahlia, almeno è sicuro che lo scoverò, e lo prenderò.

Il noir è un genere che sto imparando a scoprire ed amare adesso, e sicuramente mi spingerà anche altrove.
Infatti mi sta venendo voglia di esplorare anche il mondo dell'agente 007 creato da Ian Fleming che sicuramente sarà una delle mie letture future.
Quarantena, permettendo.
E' normale che sia così, perché quando sono saturo di alcuni generi, vengo spinto altrove, verso altri luoghi cartacei da scoprire e colonizzare con la mente.

Vi lascio con la sinossi di L.A. Confidential presa in prestito da Ibs ed un po' risicata in verità rispetto a quella della mia versione cartacea, ma sono convinto che molti ne conoscano comunque la storia per via dell'apprezzatissima versione cinematografica che gli valse anche due Oscar:

"I sapori e le atmosfere della Los Angeles del dopoguerra. Pornografia, corruzione, lotte tra gang rivali, terrificanti omicidi che investono le vite delle vittime tanto quanto quelle dei carnefici, ai confini della legge."



Alla prossima!

domenica 22 marzo 2020

Contraddittorietà all'epoca della quarantena

Questa sarà la prima ed ultima volta che parlerò del Coronavirus, e lo farò nel posto dove più mi sento franco e sicuro di poterlo fare, ovvero qui.

Non sono e non sarò mai uno di quelli che si affaccia al balcone ( che comunque non ho ) per cantare, che fa dirette su Instagram, Facebook e vattelapesca, e poche volte mi sono lasciato andare a scrivere boiate su Twitter o a partorire complottismo sui gruppi Whatsapp come fanno molti che conosco.
La quarantena ha cambiato poco le mie abitudini, e più di tutto ha cambiato poco il mio approccio ai social.
Non li demonizzo, ed anzi di questi tempi fanno compagnia e li trovo utili per gli altri, ma allo stesso tempo faccio fatica ad interessarmi delle vite casalinghe degli altri.

Io non riesco a lamentarmi della costrizione a stare a casa semplicemente per un motivo: " Meglio stare sul divano che in un reparto di terapia intensiva."
Come disse un'anziana bardata di mascherina e guanti mentre comprava il pane e stava a debita distanza da me.

Stiamo vivendo una contraddizione perpetua.
Un po' perché i decreti stessi sono contraddittori ed un po' perché l'isolamento ci sta trasformando tutti in cacciatori di untori.
Pronti ad indicare dal balcone e brandire cellulari come fosse un'arma.
Pronti a fargli fare la fine di Gian Giacomo Mora.
Manzoni che incontra Orwell.


E dagli con quel manganello, dissero gli stessi che ieri si vedevano i video de Le Iene e si commuovevano per Cucchi ed Aldovrandi.

Contraddittori perché un giorno ti dicono che devi indossare una mascherina ed il giorno dopo ti dicono che non serve.
Ed i guanti? E' meglio se li indossi, ma se non li indossi non cambia niente se poi ti lavi le mani.

Contraddittori perché ultimamente quasi tutti indistintamente vogliono i militari e la repressione verso coloro che corrono o passeggiano il cane.
Anche quelli che fino a ieri parlavano di pace, preghiere, angeli e santi.
Sì, colei che la sera si fa il rosario ama il verde e vuole G.I. Joe.

Contraddittori perché io stesso penso che si possa rinunciare a correre.
Hanno smesso i professionisti, perché i dilettanti non possono farlo?

Ed in più noto un incremento di gente che parla di questa pandemia come fosse un libro, un fumetto o un film in cui si sentono protagonisti ed eroi, con un atteggiamento quasi da vigilantes.
Stiamo vivendo la storia, ragazzi.
Potremo dire ai nostri nipoti che noi c'eravamo, altro che i nostri nonni e bisnonni che partivano per la guerra!

Si citano come non mai Camus, Boccaccio, Manzoni, Matheson, Stephen King, persino Dean Koontz.
I Simpson vengono presi come novelli Nostradamus, visto che sembrano prevedere tutto.
Però i virologi posso essere insultati.
Ne sanno meno di uno scrittore o di Groening, evidentemente.

Contraddittori perché hanno ripreso vita i gruppi Whatsapp.
Amici di infanzia che causa l'isolamento oggi sono attivi e presenti, e che è un piacere ritrovare e risentire.
Ed è strano per me, che in genere nei gruppi partecipo poco.
Non ero uno che silenzia, ma nemmeno l'anima della festa, al massimo ero quello appoggiato alla parete.

Contraddittori perché anche coloro a cui voglio bene vogliono legge marziale, militari, ecc.ecc.
Gli stessi che ieri avrebbero aiutato le vecchine ad attraversare la strada e che erano sportivi.

Contraddittori perché quaggiù fino alle 18 sembra tutto normale, nonostante il deserto urbano, perché la percezione domestica trasuda normalità.
Poi il bollettino delle 18 ed è subito buio.
E' subito oblio.

La Calabria, Calafrica o terronia per alcuni, che rispetta le regole e non esce.
Che ha paura.
Non tanto del virus, ma della sua sanità.
La Calabria che (finora) regge.
E' una contraddizione anche questa, visto che per molti qui vige la legge della giungla e di quella gilda con l'apostrofo iniziale.

Contraddittori perché oggi infermieri e dottori sono degli angeli, ma ieri erano da picchiare o denunciare per gli errori in corsia.
Oggi sono degli angeli per chi ieri li insultava.

Contraddittori perché per i Vip nei loro attici e con il loro conto in banca è facile urlare di " stare a casa ", ma allo stesso tempo sono tra i pochi che potrebbero e che contribuiscono.

Contraddittori come alcuni giocatori della Juventus che ti invitano a stare a casa, ma poi prendono l'aereo privato e ritornano nella propria ( con il benestare della società e senza trasgredire nessuna legge, sia chiaro ).
Però un po' la sensazione di presa per il culo, è più che latente, lasciatemelo dire.

Contraddittori perché questo post non vorrei pubblicarlo, ma so che lo farò.

Contraddittori perché si ride e si balla sui balconi, mentre altrove si muore.

Contraddittori perché nonostante la paura, si legge, si ascolta musica, si vede porno o film, si vive comunque.

Contraddittori perché venuta meno l'università della strada, ci si è subito evoluti in epidemiologi e virologi.

Italiani popoli di santi, poeti, navigatori...e virologi.

Contraddittori perché dopo questa retorica, aprirò Youtube, leggerò un libro o giocherò a Pes, mentre altrove ci si ammala e si soffre.

P.s: E da voi, come va?

Alla prossima ( spero )!1!!1!!

















mercoledì 11 marzo 2020

Scrittori italiani che guariscono temporaneamente la mia esterofilia: Alberto Moravia

Dopo che lessi L'isola di Arturo di Elsa Morante, da buon estimatore delle storie di formazione, mi venne quasi automatico leggere successivamente Agostino di Alberto Moravia.
I due romanzi sono abbastanza sovrapponibili e similari, così come lo sono stati i due autori, che hanno avuto una storia d'amore travagliata.

Tempo fa, quando era ancora possibile uscire di casa e frequentare ambienti affollati in tutta sicurezza, mi trovai nella mia bancarella dell'usato di fiducia, che quel giorno vendeva libri ad 1 Euro.
Non avendo resto da darmi, fui " costretto " a comprare cinque libri, e l'ultima scelta ricadde su Gli Indifferenti di Moravia, che ho aggiunto alla pila e portato a casa.

Non mi aspettavo mi piacesse così tanto, dico la verità.
Se Agostino rispecchia in toto i miei gusti e quindi giocava relativamente facile, su Gli Indifferenti conoscevo poco o nulla, e sono tra quelli che non ha mai visto la rinomata riduzione cinematografica.

Al di là della scrittura, che in qualche espressione a me non piace ( quella ridondanza del termine amante usato sia per la madre che per la figlia a me disturba ), devo dire che ha lasciato parecchio, anche in termini di riflessioni successive.

Si fa fatica ad empatizzare con i personaggi, e si fa fatica ad apprezzarli.
La famiglia protagonista, nessuno escluso, è composta da personaggi astiosi, in qualche modo in balia degli eventi e della figura di Leo, un vero e proprio approfittatore che non solo mette le mani su mamma e figlia, ma punta anche alla villa della famiglia nonché unico bene di una famiglia ormai in declino totale.

Tra tutti spicca la figura del figlio minore Michele, un ragazzo indolente ed indifferente a tutto, anche alle difficoltà familiari, vinto dalla noia e dall'apatia, costretto a fingere in ogni ambito degli interessi che non ha, persino sentimentali.

Moravia scrisse questo libero da giovanissimo, dopo una lunga degenza in sanatorio, ed è sicuramente frutto di un periodo di attesa e monotonia.
La quotidianità dell'esistenza, la paura della solitudine e di una vita senza ambizioni, sono sentimenti comprensibili, che io stesso ho provato e provo tutt'ora.
Moravia ce ne da una dimostrazione perfetta con questo romanzo che non esito a definire splendido.
Sembra quasi un'opera teatrale, circoscritta a pochissimi personaggi e quasi ambientata unicamente nella villa di famiglia.
Il più degli eventi si svolge a tavola o in salotto.

Come dicevo più su, è difficile amare questi personaggi, ma molto più facile comprenderli.
Soprattutto Michele e la sorella.

Qui sotto la sinossi, presa da Amazon:

"Quando Alberto Moravia cominciò a scrivere questo capolavoro, nel 1925, non aveva ancora compiuto diciott'anni. Intorno a lui l'ltalia, alla quale Mussolini aveva imposto la dittatura, stava dimenticando lo scoppio d'indignazione e di ribellione suscitato nel 1924 dal delitto Matteotti e scivolava verso il consenso e i plebisciti per il fascismo. Il giovane Moravia non si interessava di politica, ma il ritratto che fece di un ventenne di allora coinvolto nello sfacelo di una famiglia borghese e dell'intero Paese doveva restare memorabile. Il fascismo eleva l'insidia moderna dell'indifferenza a condizione esistenziale assoluta."



Alla prossima!

giovedì 27 febbraio 2020

Apocalypse - Il Grande Spettacolo Segreto - Clive Barker

" Ricordo, profezia e fantasia - Il passato,
il futuro e l'intermezzo di sogno che li separa
- sono un solo paese, che vive un giorno
immortale. Saperlo è saggezza. Usarlo è
l'arte. "


C'è stato un tempo, relativamente breve, giusto il decennio che ci ha portato al 2000, in cui Clive Barker è stato per molti cultori dell'horror l'unica valida alternativa a Stephen King.
E' inevitabile per un amante dell'horror, prima o poi, di uscire dalla comfort zone di Stephen King, Poe, Lovecraft e Matheson e giungere tra le malefiche braccia di Clive.

Io l'ho fatto e all'epoca mi lanciai in un excursus delle sue opere, recuperandole quasi tutte.
Uno dei pochi romanzi che mi erano sfuggiti è stato Apocalypse.
L'ho incrociato qualche mese fa in un mercatino dell'usato ad 1 euro, per altro in prima edizione, e me lo sono subito stretto al petto e portato via.
Alleluja.

Credo di aver già parlato di Clive Barker.
Grazie al successo di Cabal ed Hellraiser è salito alla ribalta non solo come scrittore, ma anche come regista.
Ha vissuto circa un decennio di fama, e poi è lentamente finito nel limbo, spesso del fuori catalogo, anche.
Le sue opere sono facilmente reperibili nel circuito dell'usato, e la Indipendent Legions Publishing ha pubblicato anche alcune sue opere più recenti ( che non ho letto e conto di recuperare ).
Dopo un inizio al fulmicotone e sanguinolento, le opere di Barker sono virate sempre più spesso verso narrazioni e viaggi onirici e non di stampo fantasy, e secondo me, ha un po' pagato questo percorso artistico di crescita e maturità.
Apocalypse va catalogato in quest'ottica, secondo me.

Apocalypse ( titolo puramente italiano ) è il primo di una trilogia, a cui fa seguito Everville, più un terzo capitolo che non ha ancora mai visto la luce.

In verità, io non ero del tutto ignorante su Apocalypse, in quanto nel 2008 avevo intravisto e successivamente comprato in fumetteria la riduzione fumettistica in due volumi firmata Chris Ryall e Gabriel Rodriguez.
L'ho riletta in parallelo al romanzo, e devo dire che è piuttosto fedele ed anche ben fatta, soprattutto se consideriamo il fatto che è un'opera molto complessa e contorta da riprodurre in formato grafico.

Ma com'è e di cosa tratta questo romanzo?
Andiamo prima di sinossi ( presa in prestito da Wikipedia ), e poi ne parliamo:



Randolphe Jaffe è un omuncolo fallito che si ritrova a carpire segreti in una stanza di lettere perdute ad Omaha. Qui comincia ad apprendere che c'è qualcosa oltre la vita normale e, giorno per giorno, si trova a conoscere l'ARTE. Incontrerà uno scienziato geniale quanto drogato, il quale si farà coinvolgere fino ad arrivare a scoprire una scorciatoia per arrivare all'arte. Un composto chimico chiamato Nuncio. Ritrovatisi uno di fronte all'altro, dopo che il Nuncio si è impossessato dello scienziato, Jaffe viene preso a sua volta e da qui parte l'ennesima lotta tra le ambizioni del Jaffe (il male) e la contrapposizione di Fletcher (il bene)

Ci sono tanti sottotesti in quest'opera.
C'è la totale presa in giro del modello di vita americano, in cui dietro la normalità e l'apparenza cittadina si nascondono sordidi desideri carnali e appetiti di ogni genere, ma è anche la ricerca di qualcosa di più grande e più nascosto, che è l'arte.

Da dove prendono le proprie idee gli artisti?
C'è un che di visionario nella nascita di un quadro, di una poesia, o di un romanzo.
Anche Stephen King e Neil Gaiman ne hanno parlato più di una volta nelle loro opere.
Clive Barker ( che è un artista a 360° visto che è anche regista e pittore) prova a darci una risposta in questo libro.
L'arte è una visione.
Forse un'isola solcata da un oceano di storie, una realtà parallela, inaccessibile ai più, ma che inconsciamente è possibile visitare in particolari frangenti della vita ( per Barker sono la nascita, la prima volta a letto con l'uomo/donna che ami, e prima di morire).
Ed oltre il mare di questo mondo cosa c'è?
La risposta di Clive a questo quesito è molto Lovecraftiana.

Apocalypse è un romanzo contorto, ambientato nella cittadina californiana di Palomo Grove.
E' anche piuttosto corposo e pieno di avvenimenti.
D'altronde parliamo di un librone di 675 pagine.
Per altro, il primo di una trilogia.
E' molto difficile farne un sunto, ma posso dire che è stato un bel viaggio.

Barker crea un vero e proprio pantheon visionario e lo fa bene.
Il percorso narrativo è irto e complicato, composto per lo più da personaggi misteriosi e suggestivi, che si muovono dietro le quinte della narrazione in maniera ambigua, e dove in tutta onestà, è facile perdersi.
Apocalypse è un viaggio allucinatorio tra horror e fantasy, un vero e proprio trip in cui i personaggi principali sono spesso soppiantati in carisma e motivazioni da quelli secondari.
Forse paga in termini di carisma e spessore, ed è piuttosto complicato provare empatia per i personaggi che sono in continua balia della storia.
Questa libro non è il massimo della linearità, tuttavia, la Quiddità è un mare che vorrei visitare, e tutt'ora mi domando quale Terata o Hallucigenia, Jaffe e Fletcher sarebbero stati capaci di creare dalle mie paure e dai miei desideri.
Di cosa sto parlando?
Per saperlo dovreste leggere questo libro, e farvi avvincere come me, da questa battaglia tra bene e male, combattuta a colpi di paure e desideri, in nome dell'arte.


Alla prossima!







lunedì 17 febbraio 2020

Il ciclo di Solomon Kane - Robert E. Howard







Seabury Quinn e Robert E.Howard li avevo conosciuti insieme nella raccolta di racconti sugli investigatori dell'occulto di cui ho parlato brevemente nello scorso post.

Il racconto ivi presente di Howard era intitolato La Palude e verteva sulla figura di Solomon Kane.
Ho scoperto solo negli ultimi giorni che quello che lessi all'epoca era l'ultima avventura pubblicata da Howard sull'avventuriero inglese prima che decidesse di farla finita a soli trent'anni.

C'entra poco ma la metto giù solo per curiosità, che quel racconto nelle edizioni successive della Newton sia stato tradotto con un altro titolo: Teschi Sulle Stelle.


I racconti dedicati alla suggestiva figura di Solomon Kane, un avventuriero errante inglese sono soltanto quindici, di cui quattro sono stati lasciati incompiuti.
Per fortuna sono riuscito a recuperare tutti e tre i volumetti della Newton abbastanza facilmente, e devo ammettere di esserne stato sedotto.

Con me giocava facile, lo ammetto.
Le avventure di Solomon Kane mi ricordano moltissimo uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, ovvero Ronald Deschain di Gilead, e non sono poche le assonanze tra i due.



Dall' Africa alla foresta nera, le storie dell'errante puritano inglese, mischiano fantasy, avventura, sword & sorcery e un pizzico di horror in una narrazione semplice, ma accattivante, e dove soprattutto l'azione è prevaricante su tutto il resto.
Molto del fascino verte anche sulla descrizione della figura di Solomon Kane, che con pochi accenni e descrizioni risulta affascinante e ben delineata.
Un personaggio errabondo che si accompagna con due pistole, una spada ed uno strano bastone, a combattere il male.
Spesso anche in modo fallibile, che è la cosa che me lo ha fatto apprezzare di più.

Sono racconti che sprizzano una carica ed un'energia fortissima, molto trascinanti, così come le descrizioni degli ambienti durante le sue peregrinazioni.
Che siano civiltà nascoste e perdute nei meandri della savana, o strani personaggi e i loro culti rituali, fino alla negromanzia dell'occulto.
C'è di tutto in queste storie, spesso narrate con  l'acceleratore al massimo.
La penna di Howard è graffiante, ed a me le sue storie sono piaciute un casino.
Tra tutte cito I Figli Di Asshur, Le Ali Notturne e La Luna Dei Teschi.

Ho letto un po' di cose su Howard prima di decidermi a iniziare a leggerne le storie.
Sapevo che era famoso per il ciclo di Conan, che viene considerato il suo apice narrativo, e sapevo che il resto della sua opera è stata soppesata e giudicata mediocre dai più.

Persino King sulla pagine del saggio Danse Macabre elogia Howard per il suo entusiasmo e la sua energia narrativa, ma giudica gran parte delle sue opere piuttosto mediocri, ed adatte a ragazzini che sognano di diventare forzuti e nerboruti per difendersi dai bulli.
Associando quindi la narrativa di Howard a quella supereroistica.


C'è del vero?
Non lo so, King avrà le sue idee e i suoi motivi per affermarlo, però ciò non toglie che io mi sia sinceramente divertito a leggere le brevi avventure di questo ciclo.

Di sicuro sono storie semplici e d'avventura, con il classico eroe che salva fanciulle indifese a colpi di pistola e spada, niente che non si sia già letto e visto in migliaia di altre storie, ma Howard ammalia e diverte, e la figura di Solomon Kane andrebbe riscoperta.

Dubito che ciò accada, di questi tempi le figure degli avventurieri solitari che non amano e non scopano non sono di moda, ed infatti il tentativo cinematografico di molti anni fa mi pare andò malissimo, però io sono stato contento di aver finalmente colmato un'altra delle mie lacune.

Non escludo, anzi sono sicuro, che presto o tardi leggerò altre storie di Howard, d'altronde alcuni fumetti dedicati a Conan all'epoca mi piacquero moltissimo, e lo stesso accadde durante l'infanzia con i film dedicati al personaggio con Schwarzenegger , quindi, presto o tardi, visiterò anche le lande della Cimmeria.



Alla prossima!