giovedì 24 settembre 2020

La zona morta - Stephen King

 

All'epoca in cui leggevo gli X-Men, Longshot era uno dei miei personaggi preferiti del gruppo di mutanti. 

Oltre ad essere agilissimo, avere delle ossa cave come quelle degli uccelli, riuscire a far innamorare di sé quasi tutte le donne ed avere il potere mutante della fortuna, aveva anche il dono della psicometria, ossia vedere la storia di un oggetto o di una persona attraverso il tocco.

Mi rimase impressa un'avventura in cui lui e gli X-Men dopo aver sconfitto il nemico di turno che era formato da un gruppo di mutanti con innesti tecnologici che si chiamano Reavers nel loro covo, si ritrovarono letteralmente davanti un tesoro sottratto degno del deposito di Zio Paperone o di Smaug il drago.

Attraverso il potere di Longshot gli X-Men riuscirono a risalire a gran parte dei legittimi proprietari di quegli oggetti, tra cui oro, denaro, gioielli, ecc.ecc.

Un'avventura molto toccante, ma che mandò letteralmente il povero Longshot in shock per lo sforzo.

Beh, John Smith il protagonista del romanzo di King ( credo che il nome comunissimo non sia scelto a caso ) ha un potere simile, ossia quello di predire il futuro attraverso il tocco.

Ed io adoro tematiche simili.

Un potere che somiglia più ad una condanna che ad una benedizione.

Anche se in corso d'opera e in maniera nemmeno troppo velata, King attraverso il personaggio della madre di John, una donna affetta da una mania psico-religiosa, ci fa intuire o comunque prova a metterci il dubbio, che il potere di John esista per uno scopo ben preciso che arriva dall'alto.

D'altronde il potere del "bianco" è sempre presente in maniera latente nei romanzi di Steve.

Andiamo di sinossi, presa in prestito da Ibs:

Al risveglio da un coma durato quattro anni, Johnny scopre di possedere un dono meraviglioso e nello stesso tempo tremendo: è capace di conoscere il futuro e i segreti della mente altrui con un semplice contatto, anche solo un tocco della mano. E questa facoltà lo conduce dentro un'avventura agghiacciante, in cui è sempre più solo.


 Lo dico subito, non ho mai inserito La zona morta tra i miei preferiti del Re,  forse perché è un po' statico e forse perché non ha un gran ritmo, ma è uno dei libri più coerenti e coesi di King.

Sulla costruzione della storia e della dinamica degli avvenimenti, si può veramente discutere di poco o nulla.

Forse per quel che mi riguarda, ho trovato il libro molto romanzato con dei personaggi troppo specifici e troppo costruiti, ma di per sé non è un difetto, ma è ben conscio per il lettore, che non è una lettura realistica, e non per i poteri di preveggenza del personaggio, ma per come il tutto sembra incastrarsi nel contesto narrativo.

In parole povere, a parte John, ho fatto fatica a immaginare come reali alcuni dei personaggi che lo circondano.

Va detto che è il primo romanzo di King che non è dichiaratamente un horror.

La zona morta presenta numerose chiavi di lettura e si incastrano tutte benissimo.

C'è una bellissima e drammatica storia d'amore, c'è la religione, quella peggiore, bigotta e credulona, e soprattutto è uno dei romanzi più politici di King.

Per altro presenta una figura politica piuttosto attuale, ignorante e populista, che miete consensi anche attraverso metodi non proprio ortodossi.

Greg Stillons è un villain a cui potreste mettere quasi qualsiasi nome odierno per quel che concerne le frange più estreme delle politica mondiale ed europea. 

Ed è un personaggio che funziona, altroché.

La filosofia del romanzo si basa su una domanda ormai molto inflazionata ( però teniamo conto che il romanzo è del 1979 ) che verte su che cosa fareste se scopriste di poter impedire un futuro nuovo conflitto mondiale o una dittatura mettendo fine alla vita di un politico o di un dittatore prima che diventi tale, ed è una scelta che toccherà fare a John in corso d'opera.

John Smith è sicuramente il protagonista indiscusso del romanzo.

La sua parabola mi ha ricordato quella di un romanzo recente che ho letto ovvero quella di Stoner in cui ho trovato parecchie similitudini tra i personaggi.

John Smith ( basta vedere il suo nome ) è una persona comune, una persona normale e felice, felicemente fidanzato, la cui vita viene stravolta completamente a causa di un incidente automobilistico che gli è quasi fatale, visto che lo manda in coma per quattro anni.

In questi quattro anni perde la fidanzata ( che non ci ha messo molto a sposarsi e fare un figlio nel frattempo ) ed acquista un potere, che gli permette di aiutare le persone ed anche la polizia ( infatti uno dei capitoli più belli è quello in cui aiuta lo sceriffo di Castle Rock a risolvere il caso di un omicida seriale ), ma che allo stesso tempo lo rende un fenomeno da baraccone per i giornalisti e le persone che lo circondano.

Da un punto di vista narrativo La zona morta è secondo me un romanzo veramente buono, e quindi lo stra-consiglio.

Alcuni comprimari si comportano in un modo non sempre credibile, ma è un libro che fila via che è un piacere, ed in alcuni punti è davvero toccante.

Il finale è discutibile, se non altro perché ai politici ho visto far di peggio ed uscirne puliti nella realtà, ma lo scoprirete solo leggendolo ( sempre che non abbiate visto la riduzione cinematografica di Cronenberg).

La zona morta è un romanzo che merita di essere riscoperto.

E' la storia di un uomo comune, con il nome più diffuso d'america, che ad un certo punto smette di essere tale, e da cui ( forse ) dipende il destino dell'umanità.


Alla prossima!

martedì 15 settembre 2020

I miei libri preferiti: Il figlio del cimitero - Neil Gaiman

 " Voglio vedere la vita " annunciò Bod. 

" Voglio stringerla tra le mani. Voglio lasciare un'impronta sulla sabbia di un'isola deserta. Voglio giocare a pallone  con la gente. Voglio... " disse, poi si interruppe per pensare.

" Voglio tutto. "



E' un po' paradossale trovarsi in difficoltà nel parlare di un romanzo dichiaratamente per ragazzi, ma Il figlio del cimitero pur nella sua semplicità di scrittura è un libro complesso da descrivere.

E mi rendo conto che molti storceranno il naso all'idea che un quarantenne come me, possa pensare di inserire tra i suoi preferiti un romanzo del genere.

La verità è che Il Figlio Del Cimitero mi emoziona sempre un sacco, tutte le volte.

E credo che questo basti.

Sarà per lo stile di Neil Gaiman così elegante, poetico e delicato, uno stile che ho riscontrato soltanto in un altro scrittore che amo alla follia : Ray Bradbury.

In verità il mio amore per questo romanzo va un attimino contestualizzato.

Sarei un pazzo se volessi paragonare un romanzo del genere a capolavori come quelli di Steinbeck, Hemingway o McCarthy.

Questo libro di Neil è molto leggero, ermetico e per certi versi sfuggente.

Pregno di avvenimenti e di dialoghi, precisi e dettagliati, ma allo stesso tempo ermetici, dove c'è molto non detto e non raccontato.

Ed è forse l'unico difetto che riscontro in questo libro.

Mi ha ricordato molto Ballard.

Cioè per dire, se fosse stato King avrebbe sicuramente dato più spazio al passato di alcuni personaggi e alle loro motivazioni, che in questa storia appaiono un po' fumosi e blandi, ed è un peccato perché pur delineandoli in maniera ermetica Gaiman riesce a farti amare tutti i personaggi del cimitero con cui Bod interagisce, da Silas fino alla Signorina Lupescu, per finire alla misteriosa figura della Signora dal cavallo bianco.

Ma mi rendo conto che senza sinossi sarebbero discorsi senza senso:

Ogni mattino Bod fa colazione con le buone cose che prepara la signora Owens. Poi va a scuola e ascolta le lezioni del maestro Silas. E il pomeriggio passa il tempo con Liza, sua compagna di giochi. Bod sarebbe un bambino normale. Se non fosse che Liza è una strega sepolta in un terreno sconsacrato. Silas è un fantasma. E la signora Owens è morta duecento anni fa. Bod era ancora in fasce quando è scampato all'omicidio della sua famiglia gattonando fino al cimitero sulla collina, dove i morti l'hanno accolto e adottato per proteggerlo dai suoi assassini. Da allora è Nobody, il bambino che vive tra le tombe, e grazie a un dono della Morte sa comunicare con i defunti. Dietro le porte del cimitero nessuno può fargli del male. Ma Bod è un vivo, e forte è il richiamo del mondo oltre il cancello. Un mondo in cui conoscerà l'amicizia dei suoi simili, ma anche l'impazienza di un coltello che lo aspetta da undici lunghissimi anni... Età di lettura: da 12 anni.



Il figlio del cimitero è un teen fantasy dalle venature horror.

Anzi potremmo dire che l'inizio è dichiaratamente horror, ma narrato con così naturalezza e delicatezza da assomigliare ad una fiaba.

Un bambino in maniera piuttosto fortunosa sfugge all'assassinio della sua famiglia e si rifugia tra le tombe del cimitero vicino casa, dove i morti si prenderanno cura di lui nascondendolo da questa misteriosa confraternita che vuole ucciderlo.

Bod crescerà all'interno del cimitero in una sequela di micro-avventure volte a farlo crescere e maturare.

Lo dico apertamente, questi micro-capitoli sono stupendi.

E' un romanzo che scivola via che è un piacere e che si legge alla velocità della luce.

E come ho detto su, sembra assurdo che in così poche pagine, Gaiman è riuscito ad infilarci il mondo intero.

Il figlio del cimitero regala molte pagine veramente toccanti, ci dona un'interpretazione della Danza Macabra sotto forma di un ballo rituale, che è qualcosa di sublime.

Ma tutte le avventure che Bod vivrà all'interno e fuori dal cimitero sono narrate in maniera divina.

Il capitolo dedicato ai Ghoul che tanto omaggia e ricorda Lovecraft, è un qualcosa di eccezionale. 

Il finale è giustissimo e da applausi.

Per me questo libro è un piccolo capolavoro.

L'unica riserva è relativo al fatto che alcuni personaggi e le loro motivazioni vengano lasciate quasi all'interpretazione del lettore ( per esempio non è impossibile ipotizzare che Silas possa essere un famoso conte che tutti conosciamo ) o raccontate con quattro frasi in croce, lasciandoci  con il dubbio su che cosa siano I Mastini di Dio, la confraternita dei Jack e tutto il companatico.

Con venti, trenta pagine in più questo romanzo sarebbe stato un capolavoro.

Ma forse questo non era l'intento di Gaiman.

Voleva narrare l'avventura fantastica di un bambino che diventa ragazzo e poi uomo.

Un bambino che vive con i morti, e che così poco conosce del mondo dei vivi.

Un'avventura scritta in maniera divina con perizia e saggezza, e che soprattutto commuove.

Chi conosce Gaiman sa già cosa lo aspetta, perché l'autore a volte tende un po' a ripetersi ( per esempio a me leggendo questo romanzo sono tornati in mente alcuni passaggi di Sandman ), ma per chi non conosce quest'autore, lasciatemelo dire, che grave mancanza!

Neil Gaiman è un narratore immenso, e andrebbe letto e riletto.

Anche se sono convinto che bene o male, ormai le sue storie le conoscano quasi tutti visto quanto è stato saccheggiato dalle serie Tv e dal cinema.

Quindi se conoscete American Gods, Good Omens, Coraline e Stardust, sappiate che sono tutte opere del buon Neil che andrebbero lette, rilette, e poi rilette.

Si parlava anche di un film relativo a Il figlio del cimitero ed in effetti mi sembra strano che non sia stato ancora realizzato.

Raramente horror, fantasy e fiaba, si sono mischiati così bene.

Neil trova il tempo ed il modo in questo piccolo libro di inserire di tutto: romanzo di formazione, horror di stampo classico con vampiri, ghoul, licantropi e fantasmi, assassini che sembrano usciti da uno slasher, streghe, e personaggi mitologici.

Questo romanzo è stato anche vincitore dello Hugo Award del 2009 ed anche della Newbery Medal, quindi eventualmente non sono stato l'unico ad amarlo. :-P

P.s: dimenticavo di citare le belle illustrazioni di Dave McKean che fanno da corollario alla narrazione.

Alla prossima!


mercoledì 2 settembre 2020

Christine - La macchina infernale - Stephen King

 "Figliolo, probabilmente sei troppo giovane per cercare la saggezza in parole che non escano dalla tua bocca, ma ti dirò una cosa: il nemico è l'amore." 

Annuì lentamente. 

" Sì. I poeti fraintendono l'amore continuamente e qualche volta in buona fede. L'amore è il più antico degli assassini. L'amore non è cieco. L'amore è un cannibale con una vista estremamente acuta. L'amore è un insetto che ha sempre fame."

" Che cosa mangia? " Domandai senza pensare.

"L'amicizia", mi rispose.


Probabilmente il succo di questo romanzo è tutto qui, in questo splendido passaggio, che è probabilmente il più bello del libro.

Christine è un horror, ma anche una classica storia d'amicizia adolescenziale, che in genere sappiamo tutti, grazie al nostro trascorso, che si interrompe o prende una piega diversa, nel momento in cui entra in gioco l'amore.

Qui la ragazza destinata a rompere un'amicizia c'è pure, ma somiglia più ad un espediente, perché il vero amore di Arnie è Christine, un' automobile.

Questa quindi è la storia di un triangolo d'amore o un quadrilatero se ci mettiamo in mezzo anche Leigh Cabot.

E' il classico horror scolastico che King ci ha già venduto e ci venderà ancora dopo, molto simile a Carrie, IT o Il Corpo nell'impostazione.

Cittadina tranquilla, scuola, bulli, amicizia, e l'arrivo dell' orrore esterno, che questa volta sarà un'automobile.

Christine è uno dei romanzi più famosi di King, è stato anche trasposto cinematograficamente da un maestro come Carpenter, e probabilmente la sua fama è più al passato che al presente.

Probabilmente oggi la figura di questa Plymouth del 1958 è meno famigerata di un tempo, ed è un peccato, credo anche perché in tempi moderni la macchina non racchiude più un'importanza fondamentale come nelle adolescenze del passato o almeno appartiene ad un genere narrativo e cinematografico nell'immaginario un po' desueto.

Resta comunque sicuramente un'opera iconica, con cui King ha saputo giocare ed ammaliare il lettore, soprattutto un lettore cresciuto in quegli anni di miti cinematografici motorizzati.

Credo che Steve possa anche essere stato ispirato da opere come La macchina nera, Supercar e persino Duel.

In certi frangenti si respira l'area di un contesto televisivo alla Grease o a un Happy Days in chiave orrorifica.

Perché quasi ogni adolescente sogna di guidare una macchina, sogna l'indipendenza, ed ha la convinzione che il mezzo sia uno degli ingranaggi che porta alla conquista del sesso e dell'amore.

Molto aspettano i diciotto anni solo per questo ( o i 16 nel caso degli americani ).

Non a caso Arnie trova l'amore solo dopo aver adocchiato Christine.

E' la quarta o quinta volta che rileggo Christine, ed ogni volta è amore, ma anche perplessità.

Lo amo, ma per me ha dei difetti evidenti, robe che non mi piacciono e che narrativamente parlando avrei preferito diverse.

Andiamo di sinossi:

Tre amici vivono la loro adolescenza in una tranquilla cittadina di provincia. Le novità sono poche, finché non compare Christine, un'auto - una Playmouth del 1958 - che Arnie, uno dei ragazzi, vuole a ogni costo rimmettere a nuovo. Un'impresa disperata, che per lui si trasforma in un'ossessione, mentre la macchina inizia a manifestare un'inquietante vita propria. E nelle buie strade del paese la gente comincia a morire.

Ho notato che alcuni trovano la prima parte di questo libro eccessivamente statica e prolissa.

Ed è vero.

Probabilmente oggi, King avrebbe affettato e velocizzato un po' la parte iniziale, visto che per circa 180 pagine succede poco o nulla in termini d'azione, e molto è dedicato all'approfondimento dei personaggi.

In verità è una parte che io ho apprezzato molto.


Trovo funzionale e ben narrato il tutto: il colpo di fulmine di Arnie per Christine, la presentazione della figura un po' mefistofelica di Roland LeBay, il rapporto che Arnie ha con i genitori e con il suo migliore amico, e soprattutto i piccoli accenni al passato di Christine.

Personalmente io trovo la prima parte molto più coesa anche nella struttura narrativa, non a caso ritengo che le parti più belle del romanzo si trovino tra queste pagine, almeno fino a quando non si scatena Christine in tutta la sua potenza.

Cosa non va in questa storia ( per me ovviamente )?

Ho sempre avuto l'impressione leggendolo che i personaggi, a parte Arnie, non siano stati centrati benissimo.

La figura di Roland LeBay su tutti, ma anche Dennis, il migliore amico di Arnie nonché eroe della storia.

Se Arnie compie un percorso ben preciso e delineato, fino alla sua completa trasfigurazione di sé, non si può dire lo stesso degli altri personaggi.

Leigh Cabot è protagonista di uno dei passaggi più spaventosi del romanzo, ma per essere la fidanzata di Arnie e quindi terzo incomodo tra lui e Christine, resta una figura molto eterea e sbiadita nell'economia della storia, tranne che nel controverso passaggio narrativo verso il finale, che io ho trovato molto infame e forzato, ma è una cosa mia.

Ci sono molte forzature in questa storia, che avrebbe potuto essere molto più semplice e lineare.

La natura malefica di Christine e il suo rapporto molto forzato con LeBay.

La stessa trasfigurazione di Arnie è piuttosto contorta.

Non ce n'era bisogno.

Sarebbe bastata l'ossessione per una macchina malefica con successiva possessione.

In più punti King stesso sembra confuso su chi sia il vero diavolo, se LeBay o la macchina, creando parecchia confusione.

Però quando l'autore preme l'acceleratore e lascia scatenare Christine diventa un libro spettacolare.

Nonostante alcune scelte narrative che ho trovato un po' attaccate con lo sputo, amo e amerò sempre molto questo romanzo, che in più punti mi ha anche fatto riflettere su me stesso, perché in alcuni passaggi ti fa tifare per...Christine.

Infine vorrei spendere due parole sull'eroe della storia, Dennis.

C'è un qualcosa che non mi è mai piaciuto in questo personaggio.

Non metto in dubbio la sua amicizia verso Arnie, ma spogliato un po' dal contesto, c'è un sottotesto quasi...classista in Dennis, come se in fondo in fondo, apprezzasse il vecchio Arnie perché inferiore e più debole di lui.

La stessa chiosa iniziale e anche quella finale in cui definisce Arnie un perdente, ti porta a pensarlo.

E poi c'è sempre del marcio in un migliore amico che ti frega la ragazza.

Christine è un buon romanzo che si perde un po' nella fase decisiva, ma che parte e finisce benissimo.

Il finale è tra i più belli mai partoriti da Stephen King, e quando Christine si prende la scena è irresistibile.

" La sua infinita tenacia."

" La sua furia indomabile."


Alla prossima!