giovedì 25 giugno 2020

I miei libri preferiti: A volte ritornano - Stephen King

Nell'ultimo periodo ero diventato uno che non rilegge, e pensare che avevo fatto un post tempo fa, in cui rivendicavo il diritto alla rilettura.
Evidentemente ci si evolve, oppure avevo un bel po' di libri nuovi da cui attingere e quindi l'interesse alla rilettura passava in secondo piano.

Credo che la seconda sia la risposta giusta visto che appena ho finito i libri nuovi, sono andato nella libreria a rispolverare quelli vecchi.
E quale ho tirato fuori?
Uno dei miei libri preferiti, A volte ritornano.
Ad essere riletti, ci aggiungerei.

Dobbiamo tornare indietro nel tempo fino al 1997.
Avevo ventun'anni, non ero ancora nemmeno partito per il militare, e passavo il 90% del mio tempo con i miei amici, non lavoravo, ed i miei pochi spiccioli li spendevo solo per una birra ed i fumetti Marvel, più qualche manga sporadico.

Il mio amore per la lettura era latente, ma non veniva coltivato molto.
Non compravo libri e quelli che leggevo, li leggevo in prestito.
Avevo letto alcuni romanzi di Stephen King, anch'essi in prestito durante il periodo scolastico.
Li ho amati molto, mi hanno formato in un certo senso, perché io quei romanzi li ricordo da allora, e davvero, non avrei avuto nemmeno motivo di rileggerli perché ne avevo la trama stampata bene nella memoria.

Finché non arriva un giorno in cui guardavo quell'anta laterale dell'edicola dove mettevano i fumetti ed i manga, e mi ritrovo davanti l'edizione superpocket di questa raccolta di racconti in un luogo in cui non doveva c'entrare niente.
Non resisto, tiro fuori le 6.500 Lire, e lo prendo.

A volte ritornano è stato il primo libro che ho comprato con i miei soldi, e si vede.
E' vecchio, usurato, pieno di crepe, ed ormai si è ingiallito, ma io la amo e non ne sostituirò mai la copia, questo è fuor di dubbio.

A volte ritornano non so se è la raccolta migliore di King, credo che Scheletri sia quantomeno alla sua altezza, però è una bomba.

Già la prefazione da sola varrebbe l'acquisto. King in quella decina di pagine anticipa un po' i temi che userà per il saggio sull'horror Danse Macabre, e lo fa in maniera divina.
Non scherzo se dico che solo la prefazione varrebbe l'acquisto di questa raccolta.

E' sempre molto difficile giudicare una raccolta di racconti.
Perché i gusti potrebbero far sì che vista la molteplicità di argomenti e tono delle storie possano essere non sempre nelle nostre corde, e quindi si perde un po' d'uniformità nel fornirne un giudizio preciso, ma io credo di averli amati tutti, qualcuno più degli altri, ovviamente, ma davvero, la carica esplosiva e la ferocia di alcuni racconti di Stephen è davvero potente.

Uno di essi poteva benissimo essere citato anche nel mio post precedente visto che è un breve racconto di letteratura pandemica.

Risacca Notturna è un racconto molto easy, quasi delicato, direi.
Parla di alcuni ragazzi che si ritrovano su una spiaggia, che provano a comportarsi normalmente e un po' anche a flirtare ( in uno stile un po' retro che mi ricorda gli anni '50 non so perché ) mentre imperversa un'epidemia di influenza che sta portando la popolazione alla morte, la cosiddetta A6.
Un racconto molto semplice a suo modo, molto estivo, ma a suo modo definitivo.
Mi colpì molto all'epoca, e mi ha colpito adesso che l'ho riletto ( per ovvi motivi ).

Ma davvero, con questa raccolta, si casca sempre bene comunque.
Volete una storia un po' alla Lovecraft?
Io sono la porta è il racconto che fa per voi.

Volete un po' di fantascienza orrorifica? Leggete Camion, dove i mezzi prendono coscienza e si ribellano all'uomo, in un racconto di pura follia.

E che dire di slasher come L'uomo che amava i fiori e Primavera da fragole? Io li trovo due racconti meravigliosi.

Volete i vampiri alla Dracula o a la Notte di Salem sempre di King? Jerusalem's Lot e Il bicchiere della staffa sono due piccoli capolavori.

Senza contare I figli del grano, che forse molti conosceranno per via dei film che vi sono stati tratti dal racconto, ma credo che era da tempi dei bambini dannati di John Wyndham o de Il Signore Delle Mosche di Golding, che non si vedevano bimbi così bastardi.

Ma ve ne sono molti altri che potrei citare, Il Compressore, il terrificante Secondo turno di notte ( se avete fobia dei topi ve lo sconsiglio ) oppure il racconto che dà il titolo alla raccolta stessa, A volte ritornano, che è un classico racconto dell'orrore che ritorna dal passato.
Il più lungo della raccolta ed anche il più cinematografico, per certi versi.

Chiudono la raccolta due racconti che trattano della morte in maniera più seria e meno orrorifica, ma che colpiscono molto proprio perché molto reali.

Davvero, se vi capita, fatevi il favore e leggete questa bellissima raccolta, non ve ne pentirete.

P.s: non ho citato tutti i racconti, ma solo quelli che per me sono più significativi, ma anche quelli che non ho citato meritano, eccome!


Alla prossima!


 




giovedì 11 giugno 2020

Le mie letture di stampo pandemico al tempo del Coronavirus.

Ebbene sì, ci sono caduto anch'io.
Ho ceduto alla lettura per moda, alla lettura di tendenza, a quella del "momento".
Un po' spinto dagli articoli, e un po' come tutti, per appellarmi alla conoscenza del passato, alla speranza del lieto fine nelle vite letterarie di chi ci è già passato.
Nei periodi più bui della nostra pandemia, sono caduto tra le grinfie della letteratura pandemica.

Chiunque abbia guardato le classifiche librarie degli ultimi mesi, avrà notato come sono saltati alla ribalta alcuni romanzi o saggi che parlano di pandemie.
Sicuramente ci sono state case editrici che hanno saputo spingere più di altre ( penso ad Adelphi ) ed altre che lo hanno fatto meno.
E' stato strano che, per esempio, L'ombra Dello Scorpione di King sia stato citato così poco, in un periodo dove non solo l'ovvio Manzoni, ma persino Boccaccio è stato nominato in più articoli.

E' successo lo stesso al cinema, basta pensare al successo di un'ormai vecchia pellicola come Contagion.

Molti autori sono stati trattati come veggenti o come novelli Cassandre, e tra tutti il saggio Spillover di David Quammen è stato preso come esempio principe.
Oltre ad essere stato in cima alle classifiche per molto tempo.

Io non sono arrivato a lui (finora), ma ho letto due tra le opere che sono state citate di più in questi ultimi mesi.
Entrambe opere meravigliose, nonostante il tema agghiacciante.
Ma la bellezza di un'opera, va oltre l'argomento pesante di cui tratta, ed in entrambi i casi si tratta di due libri che andrebbero letti il più possibile.
Certo, ci vuole un certo stomaco per leggere opere del genere in un momento come questo, ma io voglio conoscere il mio nemico, voglio conoscere le ripetizioni dei comportamenti umani che sono un loop da secoli.
Non perdendo di vista che comunque tra la peste ed il Covid ci sta un abisso.

Il Morbo Scarlatto di Jack London è un racconto sublime.
La mia vecchia copia Cosmo non ha il fascino e l'eleganza dell'edizione Adelphi che si fregia anche di un'altra traduzione e di un altro titolo: La Peste Scarlatta.

Jack London avrebbe meritato un post a sé, perché è un autore che riesce a toccare tutti i temi possibili ed inimmaginabili, passando disinvoltamente dalla letteratura d'avventura a quella fantastica.
Le sue opere sono tremendamente scorrevoli ed anche ben scritte.
Da un punto di vista stilistico appaiono modernissime, come fossero state scritte ieri.

Il Morbo Scarlatto è un racconto breve, ma che lascia tanto e che ho adorato dalla prima all'ultima riga.
Siamo in un futuro ipotetico dopo che il mondo è stato svuotato dalla malattia.
Al morbo sono sopravvissuti soltanto un manipolo di essere umani che si sono divisi in tribù ormai inselvatichite ed ignoranti.
Rimangono solo i vecchi a ricordare le storie ed i racconti del passato.
Ed uno di loro prova a raccontare ad alcuni dei suoi nipoti la fine di quel mondo, a dei giovani a cui quel passato non interessa più, ed a cui interessa solo cacciare e mangiare.
Finché non ne trova uno disposto ad ascoltare.
Se vi vengono in mente tante opere post apocalittiche dal contesto simile, ricordatevi che questa storia è stata scritta nel 1912.
Salita alla ribalta sulla scia del Covid grazie ad Adelphi ed ai vari articoli e foto sulla rete e su Instagram, Il Morbo Scarlatto merita di essere riscoperto.
Menzione anche per gli altri racconti della raccolta, perché questo di Jack London è un libro di racconti.


Altro capolavoro è La Peste Di Albert Camus.

Camus è un altro di quegli autori che meriterebbe un post a sé.
Avevo già letto ed apprezzato a suo tempo Lo Straniero, e La Peste non gli è da meno.
Ambientato in un anno ipotetico degli anni quaranta nella cittadina di Orano in Algeria, La Peste, lo dice il titolo stesso, narra dell'arrivo e della diffusione del morbo nella cittadina.
Ed è incredibile il numero di elementi in comune con l'odierna pandemia.
L'attesa dei numeri dei contagiati e dei morti giorno dopo giorno, la fuga della gente che vorrebbe scappare via in ogni modo dalla cittadina, amanti che vogliono vedersi ugualmente nonostante la malattia, la caccia agli untori vari, coloro che sottovalutano la malattia e continuano a frequentare bar e bettole varie, e l'impegno e l'umanità dei medici, disposti anche a rischiare di contagiarsi pur di debellare la malattia.
In un certo senso non sembra di essere nel 1947, ma di vedere l'uomo nei giorni nostri, perché sono tanti, troppi, gli elementi in comune con la pandemia che noi stiamo vivendo.

La Peste è un libro splendido, anche spietato e straziante a volte.
C'è un capitolo in particolare, con la morte di un ragazzino a cui è stato iniettato un farmaco sperimentale che è davvero indicibile.
Perché Camus ci fa vivere passo per passo la sua agonia.
E' un romanzo intriso di umanità e di disperazione, e soprattutto di attesa.
Viviamo tutte le fasi della malattia, e Camus sa essere tremendamente empatico nel raccontarla, facendoti appassionare ai personaggi e facendoti temere per loro in ogni pagina.
Ma in una cittadina così piccola e chiusa, uscirne sani non sarà facile.



Alla prossima!














lunedì 1 giugno 2020

L'istituto - Stephen King

Saltiamo tutta la parte introduttiva in cui avrei ribadito quanto sono legato a Stephen King, e quanto gli sono grato per avermi preso per mano e funto da guida nel mondo della letteratura.
Diciamo tutti " Grazie-Sai" ed andiamo avanti.

Nonostante però la mia dichiarazione d'affetto, devo essere onesto e dire che ero indietro di quattro romanzi per quel che concerne la sua produzione letteraria, ma soprattutto per una questione economica, non perché mi sia stancato delle sue opere ( anche se oggettivamente con il tempo sono diventati più i libri che mi lasciano perplesso che quelli che ho amato ).
Purtroppo la politica prezzi de la Sperling, anche quando si tratta di edizioni economiche non mi è molto affine.
Però complice la quarantena e visto che le mie bancarelle di riferimento erano chiuse, mi sono concesso la follia di permettermi di comprare un libro in prima edizione, e fin da subito sapevo che sarebbe stato un libro del Re.

Trovandomi dal libraio con la possibile scelta di quattro suoi libri da acquistare ( compreso l'ultimissimo Se Scorre Il Sangue ), ho scelto quello che poteva più essere tra le mie corde, ovvero L'istituto.
Avrò fatto bene?
Lo scopriremo dopo la sinossi, presa in prestito da Ibs:

Dopo classici come L'incendiaria e It, Stephen King si mette di nuovo alla prova con una storia di ragazzini travolti dalle forze del male, in un romanzo come sempre trascinante, che ha anche molto a che fare con i nostri tempi.

«King travolge il lettore con una storia di bambini che trionfano sul male come non ne scriveva dai tempi di "It". Entrando nella mente dei suoi giovani personaggi, crea un senso di minaccia e di intimità magici… Non c'è una parola di troppo in questo romanzo perfetto, che dimostra ancora una volta perché King è il Re.» – Publishers Weekly

«Con L'Istituto il re del brivido torna al suo massimo splendore» – Robinson

È notte fonda a Minneapolis, quando un misterioso gruppo di persone si introduce in casa di Luke Ellis, uccide i suoi genitori e lo porta via in un SUV nero. Bastano due minuti, sprofondati nel silenzio irreale di una tranquilla strada di periferia, per sconvolgere la vita di Luke, per sempre. Quando si sveglia, il ragazzo si trova in una camera del tutto simile alla sua, ma senza finestre, nel famigerato Istituto dove sono rinchiusi altri bambini come lui. Dietro porte tutte uguali, lungo corridoi illuminati da luci spettrali, si trovano piccoli geni con poteri speciali – telepatia, telecinesi. Appena arrivati, sono destinati alla Prima Casa, dove Luke trova infatti i compagni Kalisha, Nick, George, Iris e Avery Dixon, che ha solo dieci anni. Poi, qualcuno finisce nella Seconda Casa. «È come il motel di un film dell'orrore», dice Kalisha. «Chi prende una stanza non ne esce più.» Sono le regole della feroce signora Sigsby, direttrice dell'Istituto, convinta di poter estrarre i loro doni: con qualunque mezzo, a qualunque costo. Chi non si adegua subisce punizioni implacabili. E così, uno alla volta, i compagni di Luke spariscono, mentre lui cerca disperatamente una via d'uscita. Solo che nessuno, finora, è mai riuscito a evadere dall'Istituto.






Prima di tutto: L'istituto è scritto da Stephen King.
Lo si evince dallo stile di scrittura, che anche quando non lo leggo da anni, mi risulta sempre familiare e kinghiano al 100%.
No, Steve, secondo me, non ha dei ghostwriter che lo aiutano nel suo lavoro.

Detto questo, L'istituto è un romanzo scorrevole, avvincente ( specie nella prima parte ), ma dannatamente pre-confezionato, quasi come fosse una sceneggiatura già pronta per essere una serie Tv Netflix.
E soprattutto, non è un horror.
Ha molta più attinenza con la letteratura Ya, ed oscilla tra tematiche già affrontate in alcuni suoi romanzi ed un pizzico di fantascienza alla John Wyndham.

Chi ben conosce l'opera di King troverà delle similitudini con Carrie, L'incendiaria, I Lupi Del Calla e persino un capitolo dell'ultimo volume de La Torre Nera.
Steve ha già raccontato di bambini con superpoteri e con agenzie governative e/o militari o cattivi che ne vogliono fare il proprio comodo.

Ne L'istituto però serpeggia una certa pacatezza, ed anche se i temi a volte si fanno oscuri, raramente si fanno crudi e dettagliati, ed anche quando si arriva a scene di quel tipo, Steve sceglie la strada della dissolvenza, ed è proprio per questo che non mi sento di considerare questo libro un horror.
King tradisce proprio in quel punto, come se avesse perso un po' dell'audacia e della spietatezza di un tempo.
Insomma ha scelto la strada del mainstream, ed infatti credo che questo romanzo possa essere tranquillamente letto anche da ragazzi delle medie.

Questo non significa necessariamente che perché è un romanzo "quasi" per ragazzi, non possa essere letto ed apprezzato da tutti gli altri.

La trama come si evince dalla sinossi è piuttosto semplice:
Luke è un intelligentissimo ragazzo di 12 anni che improvvisamente viene rapito ( con conseguente assassinio dei suoi genitori ) e rinchiuso in un istituto militare nascosto tra le montagne del Maine.
Si risveglia in una camera che sembra una copia della sua stanzetta di casa in un luogo dove vi sono rinchiusi altri bambini e ragazzi dotati come lui, su cui vengono condotti degli esperimenti.

Luke sfruttando la sua intelligenza ed alcune falle del sistema di sorveglianza, tenterà ben presto la fuga, non prima di subire anch'esso alcuni esperimenti molto poco ortodossi, volti a potenziarne le latenti facoltà telecinetiche.

Partiamo da un presupposto: è un romanzo su cui bisogna essere indulgenti.
Ci sono delle falle narrative non da poco, e difficilmente accettabili.
Ok, questi agenti governativi con il tempo sono diventati parecchio "scialla" e molto sicuri di sé, tanto da trascurare e sottovalutare i bambini e l'intelligenza di Luke, ma tutta la seconda parte della storia è parecchio presa per i capelli.

Non manca, come quasi sempre, il super-poliziotto buono capace di tenere testa quasi da solo a intere squadriglie di professionisti ben più armati di lui, ed anche semplici cittadini capaci di fare altrettanto.
Insomma, da un punto di vista action è parecchio fracassone e cinematografico.

L'istituto non è il romanzo o il king che mi aspettavo.
E' più un King che sembra omaggiare Stranger Things o The Umbrella Academy, o comunque quelle avventure per ragazzi molto più fumettistiche che romanzesche.

Quindi se dovessi esprimermi come se stessi parlando di un romanzo horror, direi che è più un no ( anche se la prima parte a me ha avvinto non poco ), ma visto che lo ritengo più un romanzo fantastico old style con sprizzate di Ya e strizzatine d'occhio ai fumetti, mi sento di dire che visto da ques'ultima ottica è un buon libro per ragazzi.

Però bisogna chiudere tutte e due gli occhi su alcune "licenze" narrative.
Per quel che mi riguarda, è sempre un piacere leggere un romanzo nuovo del Re.
E' quasi come un vecchio rituale.
Forse non sono più tra quei fan che lo venerano sempre e comunque, che lo chiamano zio e gli muoiono dietro come ragazzine svenevoli, anche quando scrive le fascette o consiglia buoni (?) film e buone (?) serie tv, ma nella mia libreria troverà sempre un posto.
Così come sono sicuro, che prima o poi, recupererò anche i libri che mi sono perso.


Alla prossima!