Il romanzo è ambientato anch'esso a Madrid ( per buona parte ), vi è la medesima struttura narrativa, e c'è persino una scena in corso d'opera in cui cita proprio il monastero teatro di molti dei capitoli del libro di Lewis.
Entrambi sono anche metafore di una feroce critica alla chiesa spagnola del periodo ed ai metodi dell'inquisizione.
In verità pur essendoci parecchi punti in comune ed una struttura similare fatta di interludi, Melmoth è molto più stratificato e di difficile lettura.
Lewis pur concentrandosi su molti personaggi, risultava a livello di lettura molto più coeso, mentre ad un certo punto il libro di Maturin sembra partire per la tangente e lasciare per strada la trama principale.
Parliamone dopo la sinossi:
Nell'autunno del 1816 il giovane John Melmoth lascia il Trinity College di Dublino per assolvere un compito ineludibile: assistere uno zio moribondo dal quale dipendono tutte le sue speranze di indipendenza economica. Nella decrepita casa in cui si reca, John viene accolto da un avvizzito vecchio in preda al delirio, che lo supplica di alleviare le sue pene portandogli del Madeira, conservato gelosamente in un ripostigli chiuso a chiave in cui nessuno mette piede da oltre sessant'anni. Nello sgabuzzino dalle finestre murate John scopre un dipinto datato 1646. L'opera cela qualcosa di oscuro e terribile, che traspare con evidenza dallo sguardo spaventevole dell'uomo ritratto. Dalle labbra dello zio morente, John apprende che quel volto appartiene a un lontano parente, un uomo che avrebbe dovuto essere morto, essendo vissuto oltre centocinquant'anni prima, e invece vive ancora. Un antenato che ha ventudo l'anima al diavolo in cambio dell'immortalità, e che da allora vaga per il mondo in cerca di qualcuno che accetti di prenderne il posto. È «Melmoth l'Errante», un discendente dell'Ebreo Errante, il ciabattino che, secondo una leggenda, vedendo passare Cristo sulla via del calvario, gli scagliò contro una ciabatta e venne condannato a vagare sulla terra fino alla fine dei tempi. Così ha inizio uno dei capolavori della letteratura gotica, un romanzo capace come pochi di suscitare raccapriccio nei lettori. L'autore, il reverendo Charles Robert Maturin, calvinista e prozio di Oscar Wilde, covava in sé l'oscura ambizione di «spingere il romanzo gotico al di là dei limiti più estremi, superando Erode in crudeltà e destando più scandalo e scalpore di chiunque l'avesse preceduto». Ma come ricorda Sarah Perry nell'introduzione e questo volume, «non basta infercire un racconto di ceri e manoscritti, o descrivere fanciulle che vagano in camicia da notte in oscuri sotterranei: per funzionare il racconto gotico esige che il lettore provi lo stesso brivido delizioso dei personaggi che incontra sulla pagina».
La prima parte di questo libro, almeno fino al primo interludio è molto lineare ed evocativa.
Ambientata in quel di Dublino facciamo la conoscenza dell'ultimo degli eredi dei Melmoth mentre torna a casa ad occuparsi del vecchio zio morente.
La richiesta in punto di morte dello zio al nipote è piuttosto strana, ovvero quella di bruciare un ritratto di uno degli avi della famiglia, ma sorpresa delle sorprese l'uomo del quadro si presenta al capezzale dello zio morente, praticamente piombando in stanza dal nulla e scomparendo subito dopo la morte del vecchio Melmoth.
Da qui in poi il giovane John Melmoth cercherà di saperne di più sulla figura di questo individuo che sembra vivere molto più dei comuni mortali e che sembra portare morte e sventura su chi osa incrociarne il cammino.
Come dicevo la prima parte è molto intrigante e suggestiva.
Assistiamo a numerose narrazioni sulle imprese di quella mefistofelica creatura che sembra avere così poco d'umano, e la trama sembra andare in linea retta, fino ad una notte tempestosa in cui una nave si arena e si infrange sotto al promontorio di casa Melmoth sotto lo sguardo sardonico dell'uomo errante nella più potente della apparizioni di questo personaggio che tanto ricorda quella del quadro de il viandante sul mare di nebbia ( che non a caso è stata usata come copertina del libro nell'edizione Neri Pozza ).
John soccorre un naufrago, e da qui parte un lunghissimo interludio che copre praticamente l'intero romanzo.
Ed è qui, che questo libro si complica.
L'interludio si rivela una sorta di matrioska con una storia nella storia.
Nella lunghissima prima parte si ritorna dalla parti de Il monaco di Lewis.
L'impostazione è quella classica e gotica che ormai ho imparato a conoscere.
Anche qui si parte con un uomo sofferente ed allettato che racconta la sua storia, e come sempre si tratta di un uomo appartenente ad una famiglia facoltosa ovvero quella dei Moncada di Madrid.
Quest'ultimo è il primogenito dei Moncada, ma essendo nato prima del matrimonio dei suoi genitori sarebbe per la gente e la chiesa considerato illegittimo e quindi a soli tredici anni viene convinto con l'inganno e con delle vere e proprie torture psicologiche ad intraprendere la vita monastica.
Le peripezie di questo personaggio ricordano moltissimo quelle di alcuni personaggi del romanzo di Lewis, e l'atmosfera si fa gotica, penitente e punitiva, perché ovviamente il giovane Moncada farà di tutto per sfuggire a quella vita, anche a costo di finire nelle mani dell'inquisizione.
Questo interludio è molto interessante, ma fin troppo lungo.
Ovviamente ci sono dei punti in comune con la trama principale, perché Moncada riceverà l'aiuto non solo del fratello, ma anche...dell'uomo errante.
Ma ogni qual volta che interviene quest'ultimo la sventura è dietro l'angolo.
La seconda parte dell'interludio è dedicata proprio all'uomo errante ed è la parte più strana e prolissa del romanzo, perché praticamente assistiamo ad una dannata storia d'amore tra lui e una giovane naufragata su un'isola, venerata quasi come una Dea e che conosce poco o nulla dell'animo umano.
Questa parte è veramente assurda, perché somiglia più ad una ballata ed ad una tragedia shakesperiana, in cui un'anima votata al male finisce con il provare sentimenti, ma allo stesso tempo non può rinnegare la sua natura demoniaca.
I due si ritroveranno successivamente in quel di Madrid, dove la giovane naufraga che nel frattempo è stata ritrovata dalla famiglia ( ovviamente facoltosa ) è pronta ad essere data in sposa nonostante quest'ultima sia innamorata dell'uomo errante.
Insomma questo romanzo è diviso in tre tronconi con il solo ed unico denominatore comune dell'uomo errante, ma risulta oltremodo sfilacciato, soprattutto perché lascia parecchio in sordina la trama principale che trova il suo snodo solo nei capitoli finali.
In pratica per tre quarti di romanzo troviamo John Melmoth ad assistere ad un racconto al capezzale di Moncada.
Diciamo che la prima parte lasciava presagire un romanzo diverso.
E' molto difficile per me dare un parere su questo romanzo, perché è pieno di avvenimenti sicuramente interessanti e coinvolgenti, ma anche di parti inutilmente lunghe e prolisse.
Le pagine dedicate alla strana ed inquietante storia d'amore tra Immalì/ Isidora e l'uomo errante sono assurde, piene di lungaggini, ma allo stesso tempo molto suggestive, però in un certo senso sono persino inutili nell'economia della storyline.
Sì, ci permettono di conoscere meglio la personalità e la natura dell'uomo errante, ma poco altro.
Insomma, Melmoth l'uomo errante è uno dei libri più strani e particolari che io abbia mai letto.
Non è un libro facile, e sono convinto che oggi gli editori lo avrebbero affettato con l'accetta.
Sicuramente Charles Robert Maturin ci dona uno dei personaggi cattivi più sfaccettati della narrativa gotica, ma non è un libro per tutti.
Io ci sono arrivato dopo aver letto Il Monaco, che avendo una struttura simile mi ha permesso di avere un cammino più agevole nella lettura sul peregrinare di quest'uomo che tanto ricorda il Caino biblico.
Alla prossima!