lunedì 16 ottobre 2023

La romanticizzazione social/e dell'accumulo di libri

Credo sia già divenuto un po' old come argomento, ma qualche mese fa divenne virale un articolo di Repubblica firmato Elkann padre, dove parlava male dei giovani virgulti che dentro il treno disturbavano la sua lettura di quotidiani e di un romanzo di Proust parlando a voce alta di futili argomenti.

Caso vuole che in quest'ultimo mese la mia unica lettura è stata proprio un romanzo di Proust, e proprio uno dei romanzi del ciclo che citava lo scrittore dell'articolo, ovvero quello de Alla ricerca del tempo perduto, che nel mio caso era un'edizione di Novecento pubblicata molti anni fa da Repubblica.

E probabilmente anche questa volta, Proust sarà involontario protagonista di una piccola polemica che porterà avanti il sottoscritto.

Ovviamente non sono qui per parlare dell'articolo in questione, che, secondo me, è stato persino involontariamente polemico, visto che è venuto da un uomo di una certa età, con una struttura elitaria ed inconciliabile con quella di un ragazzo odierno, ma volevo citare il parallelo di aver pescato al mercatino dell'usato, qualche settimana dopo, proprio un libro di Proust, che mi ha accompagnato per almeno un mese.

Questo ha dato il là ad alcune riflessioni, nate da alcuni trend su Tik Tok, Instagram e su qualche sito letterario, nel momento in cui io avevo soltanto questo romanzo da leggere, e quindi ero e sono anche adesso, distante eoni, da questo modo di fare e ragionare.

Quali sono questi trend?

Sono quasi tutti ispirati da una sorta di ossessione romantica verso l'accumulazione di libri.

Credo sia basilare che ognuno spenda i soldi come vuole, ma che ci si vanti di avere tanti libri che non sai se leggerai mai, non so quanto possa essere considerata una cosa positiva.

Eppure ragionamenti del genere, mi capita spesso di ascoltarli, leggerli e vederli.

Passi per coloro che collaborano con le case editrici, passi per i/le bookstagrammer o booktoker che per forza di cosa devono rimanere aggiornati/e, ma in generale è un comportamento che non capisco.

Così come non capisco ( e ne ho parlato già ), tutti coloro che affermano con brutalità, che hanno mollato un libro dopo dieci, venti pagine, perché non gli piaceva, e dato che avevano molte altre letture da fare, tempus fugit, ecc.ecc., citando il sempreverde diritto ad abbandonare un libro.

Per non parlare di quei comportamenti quasi ossessivi/compulsivi che si leggono tra le righe di alcuni articoli su alcuni portali dedicati alla letteratura, dove l'articolista in questione, non so se per suscitare empatia nel lettore, afferma che se entra in libreria, deve uscire per forza di cose con un libro in mano.

Queste cose mi hanno fatto pensare molto.

Se avessi avuto delle alternative, ci sarebbe stata la possibilità che io stesso mollassi La strada di Swann di Proust?

Può darsi, chissà.

La strada di Swann è stata una sfida quasi impari.
E' un libro ampiamente descrittivo, dove Proust si focalizza su qualsiasi cosa, in maniera immersiva, ma anche molto prolissa.

Ho sbuffato più volte, ma ho letto anche passaggi e descrizioni molto belle, che mi hanno riportato alla mia stessa infanzia.

Ed anche quando ha iniziato a parlare a lungo di ossessioni amorose, infantili e non, mi ci sono rivisto parecchio, anche se la sua storia è ambientata moltissimi anni prima.

Ci ho rivisto anche un po' le atmosfere alla Fitzgerald, quelle feste altolocate, quelle persone invadenti, arroganti, gelose, e le donne, così amabili, ma spesso arrampicatrici sociali.

Eppure nonostante la difficoltà, nonostante Proust sia forse troppo alto per il sottoscritto, sono riuscito a leggerlo ed apprezzarlo.

Ci ho messo un mese, ma non considero questo tempo perduto.

Anzi ho ritrovato il mio tempo perduto, ed anche un po' della mia infanzia.

Proust mi ha riportato alle vacanze nel paese, ai parenti ed anziani che non ci sono più, alle passeggiate, ai primi amori, nonostante la differenza abissale dal punto di vista dello status sociale ed economico, visto che le persone del romanzo sono tutte molto facoltose.

Segno che anche molte delle loro esperienze, nonostante tutto, possono essere molto terrene come le nostre.

Se fossi uno di quelli che prova invidia sociale ( cosa che i social catalizzano tantissimo ), probabilmente vorrei essere come tutti i protagonisti dei trend attuali, tutti costoro sembra che possano comprarsi, farsi regalare, un libro a settimana o al giorno.

Li vedi scartare quotidianamente pacchi, leggi storie di gente che fa letteralmente shopping in libreria, in un certo senso "urlano" una sorta di ricchezza letteraria, che molti di noi non avranno mai.

Eppure ci può essere qualità anche in una sola lettura.

Forse c'è più libertà di scelta, o quella scelta casuale,  che io amo, che è figlia di una lettura da mercatino.

Non dovrò leggere il libro del momento. Non dovrò seguire i trend, ma scegliere quell'unica lettura.


In fondo, forse, l'importante è leggere, ma sicuramente è più facile farlo avendo pochi libri a disposizione, che sai che finirai, piuttosto che centinaia impilati uno sull'altro, che non sai se davvero leggerai mai.

Forse e dico forse, e lo dico soprattutto a quelli che scrivono di libri, bisognerebbe inculcare ai giovani e vecchi lettori l'invito alla lettura e non all'accumulo, come leggo spesso.


Alla prossima!