"Prima di giudicarli troppo severamente, dobbiamo ricordare qual spietata e completa distruzione la nostra specie ha compiuto, non solamente di animali, come lo scomparso bisonte e il dodo, ma delle stesse razze umane inferiori. I tasmaniani, nonostante le loro sembianze umane, furono completamente annientati in une guerra di sterminio sostenuta dagli immigrati europei per ben cinquant'anni. Siamo dunque apostoli di misericordia tali da lamentarci se i marziani combatterono con lo stesso spirito?"
La prima lettura fu abbastanza indolore e devo dire di aver apprezzato il romanzo, ma non di averlo amato eccessivamente.
L'edizione super pocket ed il font troppo piccolo ammetto che mi stancavano la vista e che mi conciliavano una semi pennichella tutte le volte che ne affrontavo la lettura.
Può anche darsi che fosse un periodo in cui ero stanco di mio, ma era ciò che mi accadeva ed è giusto raccontarlo.
Un'altra cosa a cui ultimamente faccio caso, ma che al tempo provavo inconsciamente, è che nelle edizioni economiche viene meno il senso di pausa tra un capitolo e l'altro.
La storia negli albi pocket diventa più fitta e sequenziale.
Questo non significa che l'edizione Mursia fosse brutta, anzi confrontandola con quella che ho letto adesso, condividono la stessa traduzione, ma per ciò che concerne quest'autore, io riesco ad apprezzarlo pienamente solo con l'edizione odierna della RBA che mi appare più chiara e lineare.
Infatti come nel caso de La macchina del tempo, anche con La guerra dei mondi ho realizzato solamente adesso il valore di quest'opera.
Certo, ho dovuto scucire 11,90 Euro, non proprio spiccioli se consideriamo che parliamo di un romanzo del 1897, ma comunque è un'edizione valida condita anche da bellissime illustrazioni.Parlare dell'opera in sé mi pare alquanto anacronistico, credo che bene o male, di fama la conoscano tutti.
Viene considerata come l'antesignana delle opere di fantascienza, e salta all'occhio ancora una volta l'incredibile visionarietà dello scrittore inglese.
Famosissima anche la riduzione radiofonica di Orson Welles del 1938 che destò scalpore e sconcerto perché gli ascoltatori non riuscirono a separare la finzione dalla realtà credendo veramente ad un' invasione aliena dal pianeta rosso.
Ci sono cose che mi sono piaciute moltissimo e che mi sono saltate all'occhio in questa rilettura.
La flora marziana che tanto mi ricorda quella de Le cronache marziane di Bradbury, a cui immagino quest'ultimo si sia ispirato.
L'invasione aliena che nasce tra le campagne rurali, fino ad arrivare a Londra.
L'idea di immaginare gli alieni tra la brughiera è un'immagine potentissima.
Le fughe in carrettino, tra strade di campagna affollate, tra calpestii e confusione, viene descritta in modo magnifico.
Dal punto di vista narrativo H.G.Wells fa un lavoro incredibile in un crescendo di pathos anticipando in un certo senso molti racconti apocalittici in stile The Walking Dead ed affini.
Non a caso il capitolo in cui il protagonista rimane intrappolato in una casa semi distrutta per giorni perché davanti a lui sosta un marziano, è forse il capitolo in cui si respira più il pericolo, la fame e la semi pazzia che ci si ritrova a vivere in una situazione simile.
Non molto dissimile, credo, a quelle che si può immaginare che abbiano vissuto le persone durante i bombardamenti nella seconda guerra mondiale o in uno dei migliaia di interventi bellici anche in tempi recenti.
Il finale probabilmente è anticlimax in termini narrativi.
Lo si evince anche dal film di Spielberg ed anche da altri film che si sono ispirati a quest'opera come Signs di Shyamalan.
Si ha la sensazione di un finale tronco, per quanto plausibile o ipotizzabile concettualmente, se ipotizziamo i marziani non immuni...ai malanni umani.
D'altronde non ce n'è Coviddi su Marte. :-P
Adesso ho la tentazione di recuperare L'uomo invisibile nella medesima edizione, anche se quest'ultimo lo possiedo già in una vetusta, ma molto leggibile edizione della Newton.
Chissà se cederò.
Dal mio angolino di pianeta,
sito anch'esso in zona rossa
è tutto.
Alla prossima (?)!