martedì 22 novembre 2022

La chiusura letterale, esistenziale e metaforica di un cerchio fumettistico

Questo post esula un po' dalla direzione naturale che aveva intrapreso questo blog negli ultimi anni, ma in qualche modo rappresenta la prosecuzione di due miei vecchi post: Svendersi e Le nostre eredità librarie.

Diciamo quindi che in qualche modo rappresenta la chiusura di un cerchio o di una trilogia, fate vobis.

Mettiamola giù dura e in maniera netta, quest'estate durante dei lavori di ristrutturazione nella camera mia e di mio fratello, ho deciso di donare quasi tutti i fumetti Marvel che mi erano rimasti, ad eccezione degli X-Men, dei manga, di alcuni speciali, e qualche opera sparsa che ho comprato negli ultimi anni.

Ho fatto un annuncio sul marketplace di Facebook ed ho deciso di donare un gran numero di fumetti Marvel, che sicuramente superavano le trecento unità o anche più.

Non me lo aspettavo, ma mi hanno contattato un considerevole numero di persone, segno che la gran mole di uscite televisive e cinematografiche targate Marvel, ha reso di fatto i supereroi un fenomeno pop.

C'era chi mi scriveva dalla Sicilia, offrendosi di pagare la spedizione, e chi era disposto a pagarmi.

Io ho scelto di regalarli, a patto che venissero a prenderseli fino a casa mia.

Alla fine i fumetti sono andati ad un ragazzino, che è venuto a ritirarseli con il padre, dopo che la madre mi aveva contattato su Messenger asserendo che suo figlio è un grande fan della Marvel, e che ne sarebbe stato entusiasta.

A dirla tutta non mi è sembrato, di fatto mi è parso un po' torvo, ma magari era solo timidezza, chi può dirlo, ma sono stato contento di averglieli donati, poiché io non riuscivo a guardare quei fumetti con quell'amore e quell'entusiasmo di un tempo.

Ed anzi, li vedevo come un peso.

In termini di spazio, ma anche di tara mentale e di salute.

Per me che soffro saltuariamente di asma, mi era stato consigliato di dormire in una camera quanto più asettica possibile, e quella di prima non lo era, dato che era piena di libri e fumetti.

Un altro stilema mentale era che guardare quelle librerie stipate fino all'inverosimile di fumetti, che ormai non toccavo e leggevo più, mi procurava una certa ansia e tristezza, che denotava quanto io sia cambiato ed invecchiato nel frattempo.

Ed in più mi ricordavano dei bei tempi, che poi diventarono brutti.

Il che ci riporta un po' al primo post di questo ciclo, quello in cui ho dovuto vendere buona parte dei fumetti per ristrettezze improvvise economiche.

Fu un periodo terribile in cui avevo paura di non riuscire nemmeno ad avere i soldi per fare la spesa o pagare la luce.

Quella volta cento fumetti o giù di lì mi fruttavano 20 Euro, una sorta di elemosina che mi elargiva un librario che conoscevo, questa volta è stata una mia scelta personale e gratuita, direi che sia stato un significativo balzo in avanti in positivo.

Ora mi domando cosa sarà dei miei libri o di quegli albi che mi sono rimasti.

Mi sono accorto con il tempo di quanto un po' tutti quanti vivano con una certa ansia la mancanza di spazio o il riempimento dello stesso.

Da adolescente me ne fregavo e non ci pensavo affatto, mentre da adulto ogni acquisto è quasi un mattoncino d'ansia che accresce un'eredità inutile.

E questo ci riporta al post sulle eredità librarie, ed ad un fatto che ho vissuto tempo addietro.

Non molto tempo fa assistetti alla fine dell'esistenza di un parente, e già pochi secondi dopo la dipartita si discuteva del fatto di cosa farne di tutti i mobili, vestiti, e di oggetti di una vita intera.

Una vita che è praticamente finita dentro un furgoncino pochi giorni dopo.

So che sono solo oggetti, ma a volte mi domando il senso di comprare e collezionare cose che un giorno magari verranno gettate via nella pattumiera più vicina o saranno vendute a costo quasi zero ad un rigattiere.

Ed è incredibile come questa cosa mi tormenti dopo qualsiasi acquisto librario o fumettistico.

Forse è anche questo che mi ha portato a quella scelta, anche un po' autolesionistica, di donare tutti quei fumetti, e chissà, magari farò lo stesso con i miei libri, un giorno, ed anche con quei pochi albi Marvel, Vertigo, e chissà cos'altro che mi sono rimasti.

Forse è qui che si annida la scelta di affidare quegli albi ad un affiliato della nuova generazione di lettori, però mi ha colpito in negativo quella tranquillità, quella mancanza di gioia ed entusiasmo, davanti a qualcuno che in un certo senso gli ha donato parte della sua esistenza.

Avrò scelto la persona sbagliata? Chissà.


Alla prossima!




venerdì 4 novembre 2022

Koko - Peter Straub

 

Koko, da quel che ho capito girovagando per la rete, doveva essere il primo di una trilogia, denominata de La rosa blu, di cui purtroppo non vedremo più la fine, visto che il terzo volume non è mai uscito*, e con la morte dell'autore, è morta anche questa trilogia, insieme a quella a quattro mani con Stephen King de Il Talismano e La casa del buio, che a questo punto resteranno tronche per sempre.

Sicuramente almeno il secondo volume, Mistery, lo recupererò, appena potrò, anche perché sia Koko che quest'ultimo sono stati ristampati recentemente da Fanucci.

A dirla tutta l'edizione di Koko che ho io, è una di quelle dell'edizione Club che circolavano negli anni '90 e che ho trovato a pochissimo su Ebay.

Koko è molto diverso dagli altri romanzi di Straub, il che mi ha fatto riflettere molto.

Ho idea che sia con questo e con i suoi due romanzi successivi, Mistery e Mr. X, che quest'autore sia finito nel dimenticatoio.

Leggendo le trame di questi altri due romanzi, appare evidente come in un certo senso Straub si sia sempre più allontanato dall'horror per elaborare trame molto più complesse, drammatiche e mature, che sfociano soprattutto nel thriller, come è il caso di Koko.

Parliamone dopo la sinossi:

"Solo quattro uomini sanno chi è Koko. E devono fermarlo. Sono trascorsi ormai molti anni dalla fine della guerra in Vietnam quando quattro reduci appartenenti allo stesso plotone si ritrovano a Washington: un pediatra, un semplice operaio, un avvocato e uno scrittore. Non hanno nulla in comune. Il motivo del loro incontro è legato al passato, a un unico traumatico episodio, improvvisamente rievocato da un agghiacciante fatto di cronaca. A Singapore si sta verificando un'efferata catena di inspiegabili delitti firmati da un misterioso killer che lascia su ogni vittima, orribilmente sfigurata, una carta da gioco sulla quale è scarabocchiato il nome "Koko". Solo loro ne conoscono il significato e sanno che non hanno tempo da perdere. Dai cimiteri e bordelli dell'Estremo Oriente alla giungla umana di New York, daranno la caccia a qualcuno che è risorto dall'oscurità per uccidere, uccidere e uccidere ancora."

Lo dico subito, Koko mi è piaciuto molto, ma allo stesso tempo è un libro molto asettico ed è difficile empatizzare con i personaggi che lo compongono.

Non solo perché sono un cast di persone che hanno vissuto e combattuto la guerra in Vietnam portandosi dietro un bagaglio di ricordi dolorosi e drammatici, ma anche perché i postumi psicologici se li portano dietro anche dopo vent'anni.

La trama, come si evince anche dalla sinossi, è molto semplice: quattro ex commilitoni vengono a conoscenza che esiste in giro un assassino che ammazza le vittime utilizzando dei metodi che uno della loro squadriglia si inventava nelle sue storie, quindi ipotizzano subito che è per forza uno di loro, e partono alla ricerca di colui che ha inventato la storia, e che ritengono essere l'assassino o comunque uno dei sospettati.

Straub fa un gran bel lavoro con i personaggi, e soprattutto i fatti del passato in Vietnam e i capitoli dedicati alla figura di Koko, sono tra i più belli del romanzo.

In più Straub è sempre bravissimo nella scrittura, ed il punto di vista di Koko è veramente scritto da Dio, quasi in maniera onirica, per certi versi, entriamo in una mente paranoica che ha una visione della realtà e dell'esistenza tutta sua.

Essendo un thriller è molto importante l'intreccio.

E' bene essere chiari, non è molto difficile ipotizzare l'assassino, non dico che ci si arriva facilmente, ma comunque la cerchia è così ristretta che l'identità attraverserà i pensieri di qualsiasi lettore.

E' un difetto? Non lo so, però di sicuro siamo lontani da autori che sorprendono di più a livello di trama come un Dennis Lehane, per dire.

A parte la soluzione del mistero, devo dire che invece il finale, pur se un po' anticlimatico, è parecchio incisivo e funzionale e mi è garbato molto.

Un' altra cosa che mi ha lasciato perplesso è un capitolo in particolare, quello in cui tre dei quattro protagonisti partono alla ricerca di Underhill colui che pensano possa essere l'assassino, visto che è proprio l'autore di quella storia che Koko sta facendo diventare realtà.

Ebbene, passi per colui che non parte e resta a casa per esigenze di narrazione, e che quindi non è impossibile dedurne il destino, nel viaggio delle altre tre persone, Straub non ci parla minimamente di uno di loro.

Ora, capisco che si parla del personaggio più problematico del gruppo,  probabilmente stava sulle palle all'autore stesso, però è strano che Straub lo abbia saltato così a piè pari, mentre per gli altrui due ci racconta per filo e per segno tutto il viaggio, per altro in alcuni dei migliori capitoli del romanzo.

Una scelta che narrativamente parlando non capisco.

Lo mandi a Taipei? Beh, raccontaci qualcosa, e no, non bastano quelle quattro parole in croce nel viaggio di ritorno.

Insomma, probabilmente Koko è un thriller convenzionale, ma i temi della storia e come vengono trattati sono parecchio incisivi.

Straub ci dà la sua personale visione della guerra in Vietnam e delle sue conseguenze sulla psiche dei protagonisti, e lo fa bene, e soprattutto ci racconta il dramma in un paio di capitoli ambientati proprio lì che sono veramente forti e crudi.

In più ci descrive alcuni sottoboschi di alcune città come Singapore e Bangkok davvero molto fetidi e malsani, in alcune pagine on the road davvero ispiratissime.

Koko è probabilmente l'opera più coesa e matura di Peter Straub.

Non ha raggiunto la fama e la popolarità di Ghost story, ma resta un bel romanzo, che forse paga delle soluzioni narrative un po' telefonate, ma che allo stesso tempo offre al lettore molti capitoli bellissimi.

Io lo consiglio senza riserve.


*Come mi è stato segnalato nei commenti, in verità il terzo e conclusivo libro della trilogia dal titolo The Throat è uscito in patria nel 1993, e dovrebbe a breve uscire per Fanucci.

Alla prossima!(?)