martedì 23 febbraio 2021

Imagica - Clive Barker

" Era il principio basilare di Pluthero Quexos, il più celebrato drammaturgo del Secondo Dominio, che in ogni racconto, non importa quanto ambizioso il fine o profondo l'argomento, ci fosse spazio unicamente per tre attori principali. Tra re in guerra, un paciere; tra spose adoranti, un seduttore, o un bambino. Tra gemelli, lo spirito del grembo. Tra amanti, la morte. Altri attori potevano attraversare il dramma in gran numero, persino a migliaia, ma potevano essere solo spettri, comparse o, in rare occasioni, riflessi dei tre esseri reali e vigorosamente caratterizzati che stavano al centro dell'azione. E neppure questo trio essenziale sarebbe rimasto intatto, o almeno così egli insegnava. Si sarebbe ridotto costantemente nel corso della storia: i tre sarebbero diventati due, i due uno, finché la scena fosse rimasta deserta. "

Imagica - Clive Barker



Riemergo dal letargo per parlare di questa rilettura che mi ha preso più tempo del previsto.

Immergersi nei meandri letterari della mente di Clive Barker è sempre piacevole, ma si tratta di uno scrittore che richiede molto impegno ed attenzione e non sempre ho avuto la lucidità e la voglia di stargli dietro.

Questo potrebbe essere un sentore di una certa pesantezza dell'opera ed è giusto tenere conto di questa cosa e delle mie sensazioni in corso d'opera.


Imagica è un tomone di 1000 pagine e in un certo senso segue il percorso intrapreso da questo autore in romanzi come Cabal, Apocalypse ed Il mondo in un tappeto, di cui ho già parlato in passato.

Mondi fantasy ricchi di fascino e personaggi sfaccettati che si muovono in territori popolati da abitanti dalle fattezze mefistofeliche o mostruose in salsa horror.

Luoghi che di solito si trovano paralleli o collegati al nostro tramite la magia, passaggi o oggetti.

Insomma molto vicini ai vecchi racconti di C.A.Smith o Lovecraft, o ad anche a Stephen King de Il Talismano, 11/22/63, La storia di Lisey o La torre nera.

Nel caso di Imagica è molto forte il tema della ricerca di sé stessi e dell'esplorazione on the road di altri mondi ( ivi chiamati Domini ), temi che a me sono sempre molto cari, però in puro stile Barker.

Chi lo conosce sa cosa aspettarsi.

Chi non lo conosce ci pensi bene, perché tocca avere una mente aperta.

Imagica è composto da personaggi contorti, erotismo a go-go e piuttosto estremo che va contestualizzato in toto, specie in un'epoca come quella che stiamo vivendo adesso in cui ogni cosa grida al sessismo.

Sono cose che vanno tenute in conto se si sceglie di affrontare questo romanzo, perché le donne hanno molto da patire e in un certo senso subire in questa storia.

E gli uomini, protagonista compreso, hanno un passato spesso costellato e dominato dagli istinti bassi.

Tanto che buona parte della trama è incentrata su una relazione non proprio sui generis.

Imagica è una vera epopea, per molti appassionati dell'opera di Barker rappresenta uno dei picchi dell'autore, per quel che mi riguarda invece, in entrambe le letture l'ho trovato un po' tortuoso ed alcuni eventi sono un po' confusionari e troppo descrittivi, ed in più ho sempre faticato ad elaborare il tema del doppio e del doppelganger che qui è presente in maniera massiccia, ma quest'ultimo è un mio limite.

Però per chi cerca un fantasy con personaggi meno prevedibili del solito, qui è nel posto giusto, perché in Imagica Barker crea un pantheon piuttosto interessante ed eterogeneo.

Di sicuro questo scrittore è quanto più adulto e lontano di molto del fantasy odierno.

Andrebbe recuperato solo per questo.

Certo, è verboso ed a volte le sue storie tendono a seguire un medesimo schema, ma è un creatore di universi letterari come pochi.

Plasma flora e fauna orrorifica come pochi.

In Imagica c'è tutto ciò che è esistenza: fantasia, amore, territori magici, città degne di Carcosa o Shangri -La, sesso, guerra, solidarietà, amicizia, rivalità, Dei e Dee, maghi ed esseri di ogni tipo.

Però devo essere onesto, come dicevo all'inizio: sono stato coinvolto da questa storia per le prime 600/650 pagine, poi ho faticato parecchio e mi sono persino annoiato, tanto che ci sono stati giorni che non ho letto nemmeno una pagina o mi ammorbavo dopo una decina.

Però ritengo che sia una di quelle opere che andrebbero lette almeno una volta nella vita.

È lungo e faticoso, irto come una salita, ma ripaga come un bel paesaggio.

Ed il viaggio ha i suoi bei posti narrativi da visitare.

Si parte dalla grigia Inghilterra e si finisce in luoghi più suggestivi e pericolosi.

E lo ribadisco ancora una volta: Barker andrebbe riscoperto in pompa magna.

Sarebbe ora che le sue opere venissero ristampate e fatte uscire dal loro limbo o...L' In Ovo, tanto per citare uno dei luoghi più pericolosi di questo romanzo.

Lo so, soffre di elefantiasi letteraria come King, e la lettura di alcuni suoi libri è un parto, ma le sue storie sono scritte benissimo ed arricchiscono.

E poi stimolano moltissimo l'immaginazione e il cervello già solo quando si prova a dare una fisionomia alle creature che descrive.

Ed in più è uno dei pochi scrittori capaci di scrivere di sesso in maniera credibile e non manieristica riuscendo a delineare non soltanto la carnalità ma la complessità dei rapporti umani.

Come ho scritto più volte, Barker è uno scrittore erotico mancato.

Infine menzione per alcuni comprimari come Dowd, Pie, Clem e Taylor che per certi versi eclissano spesso e volentieri i protagonisti in quanto a carisma ed empatia .( forse con il primo è meno facile empatizzare in quanto è un personaggio piuttosto subdolo e votato al male )

E quindi, fu vera gloria?

Non lo so, io mi sono impantanato ed ho faticato durante il cammino, ma non sono così pazzo da giudicare come negativo un libro così complesso e variegato come questo.

Come si dice in questi casi?

Ai posteri l'ardua sentenza.

Concludo con la sinossi del romanzo, visto che io mi sono tenuto parecchio sul vago ( non che la sinossi sia il massimo della chiarezza ):

"Imagica: un universo costituito da cinque Domini, cinque mondi paralleli di cui solo il quinto (la Terra), in cui regnano le potenze infernali, ignora l'esistenza degli altri. L'eterna lotta tra forze del Bene e del Male, una misteriosa Società che vuole cancellare dalla Terra ogni forma di magia, le strabilianti avventure del Riconciliatore che assume su di sé una missione impossibile."



Alla prossima (?)!

giovedì 4 febbraio 2021

Dalla terra alla luna e Intorno alla luna - Jules Verne

Quel giorno in cui andai dal mio amico edicolante a prendermi la mia copia messa da parte de La macchina del tempo di Wells mi feci ingolosire da un libro esposto ad altezza sguardo di Dalla terra alla luna di Jules Verne in edizione Mondadori.

Solo successivamente ho scoperto che quell'edizione è una di quelle che escono in allegato ad un quotidiano o un settimanale ( in questo caso Sorrisi & Canzoni e Donna Moderna ).

Per carità, era una buona edizione che comunque mi è costata meno di 8 Euro, ma tornando indietro non la prenderei.

Anzi cercherei un'edizione del libro in cui c'è inglobato anche il suo seguito ovvero Intorno alla luna, seguito di cui ho scoperto l'esistenza solo dopo aver finito il primo romanzo.

Ho visto che esistono edizioni che contengono entrambi i romanzi ed un po' mi sono mangiato le mani, lo ammetto.

Per fortuna Intorno alla luna ho avuto modo di leggerlo gratuitamente, ma a questo punto spero di trovarlo anche in cartaceo e di metterlo in libreria a fianco del primo volume anche se in una diversa edizione.

Ma infine come sono questi romanzi?

Sarò sincero, mi sono piaciuti meno di Ventimila leghe sotto i mari e Viaggio al centro della terra, gli unici due romanzi che finora avevo letto del buon Jules.

La differenza credo che sia a causa della staticità di questi due romanzi.

C'è molta meno azione rispetto alle storie che ho sopra citato e soprattutto il primo volume non è altro che una lunghissima fase preparatoria visto che soltanto gli ultimissimi capitoli sono dedicati al viaggio vero e proprio.

Però è sempre Verne.

Incredibile visionarietà e capacità d'analisi tanto da rendere credibile un viaggio del genere agli occhi del lettore ( inesperto a queste tematiche come il sottoscritto ) a colpi di formule, ingegneria, storia, fisica e chimica.

Parliamo di due romanzi pubblicati tra il 1865 e 1870, rendiamoci conto.

Non si può non ammirare uno scrittore così visionario da anticipare in un certo senso il futuro.

Dalla terra alla luna mi ha portato un po' a mettermi nei panni di un lettore di quel tempo.

Come avrà reagito a quel finale così tronco, evasivo e tragico del libro?

Io inizialmente non essendo a conoscenza del secondo libro ammetto di essere rimasto un po' perplesso e deluso.

Centinaia di pagine di preparazione che fungono praticamente da prologo e poi finisce così?

Beh, sì.

Era un finale che ci poteva stare con il senno di poi.

Sarebbe stato interessante assorbire un colpo del genere.

D'altronde noi di quest'epoca sappiamo che alcune operazioni spaziali non sono andate a buon fine nonostante anni ed anni di preparazione.

Ed invece Verne ha dato un seguito alla storia in cui i tre viaggiatori sono sopravvissuti ( non è uno spoiler altrimenti non ci sarebbe stato nessun seguito ) al viaggio ma dove invece di approdare sulla Luna finiscono con l'orbitare intorno ad essa.

I tre dovranno ingegnarsi per trovare il modo di atterrare e di sfuggire al destino di gravitare per sempre intorno alla luna.

Intorno alla luna si legge molto più velocemente e risulta anch'esso interessante, ma come nel libro precedente c'è sempre una staticità di fondo che potrebbe annoiare i lettori non interessati alla fantascienza ed all'astronomia.

D'altronde tutta la trama verte su tre uomini e un cane intrappolati e condannati a vivere in un proiettile gigante.

Forse è poco per soddisfare il lettore moderno, ma contestualizzato all'epoca è comunque una trama incredibile che avrà fatto sognare ed appassionare all'astronomia ed all'astrofisica un buon numero di lettori.

Già solo per la sua visionarietà mi sento di consigliare entrambi i romanzi, ma in un'unica edizione.


" Nonostante le opinioni di certe persone dalla mentalità ristretta, che rinchiuderebbero la razza umana su questo globo, come all'interno di un cerchio magico che non deve mai superare, un giorno viaggeremo verso la luna, i pianeti e le stelle, con la stessa facilità, rapidità e certezza, con cui facciamo ora il viaggio da Liverpool a New York!. "

Dalla terra alla luna - Jules Verne


Alla prossima!


martedì 26 gennaio 2021

Faccio un titolo clickbait da quotidiano o sito qualunque: Andate a comprare La macchina del tempo, subito!

Chi frequenta le edicole, bazzica siti letterari o di science fiction, oppure segue la nicchia letteraria su Instagram saprà già della bellissima edizione della RBA di questo romanzo che viene venduta a 2,99 Euro.

Un prezzo terribilmente favorevole con tanto di illustrazioni.

Certo parliamo di una prima uscita, credo che già l'edizione di Frankenstein che dovrebbe essere uscita in questi giorni avrà un prezzo ben più maggiorato, ma comunque almeno La macchina del tempo andrebbe comprata immantinente.

Ho avuto un rapporto altalenante con le opere di H.G.Wells, ma adesso sono proiettato a pensare che in qualche caso possa essere stato a causa di qualche edizione troppo vetusta.

Mi spiego meglio: avevo già letto a suo tempo La macchina del tempo, ma non mi aveva lasciato granché.

Mi era successo anche con La guerra dei mondi e L'uomo invisibile.

Ho apprezzato tutte e tre le opere, ma facevo fatica a rileggerle.

Sembrerà normale ai più questa cosa, perché so che esiste un'enorme categoria di lettori che non rilegge mai, ma per me non è così.

Quando faccio fatica a rileggere significa che c'è qualcosa che non va nei romanzi in questione o nelle loro edizioni.

Caso a parte quello de L'isola del Dottor Moreau, la cui edizione Newton rileggo sempre volentieri e che finora era la mia opera preferita di H.G.

Probabilmente per apprezzare meglio questo scrittore avevo bisogno di leggere un'edizione con un font meno fitto e nettamente più chiara, perché questa volta La macchina del tempo è stata una lettura spettacolare, tanto che finalmente ho capito perché quest'opera appare in quasi tutte le classifiche dei capolavori di fantascienza.

Che poi parlare di fantascienza è persino riduttivo.

La macchina del tempo tocca numerosi temi e si insinua in molti rami della letteratura, da quella utopica a quella distopica, passando per quella evoluzionistica, fino a spingersi quasi nell'horror.

E' incredibile quello che l'autore è riuscito ad infilare in sole 100 pagine.

Fare una recensione di un'opera simile mi pare un po' assurdo e anacronistico, nel senso che parliamo di un romanzo che è stato sviscerato in ogni salsa, e l'unica cosa che vorrei fare in questo post è stra-consigliarlo, perché merita, fidatevi.

Leggetelo e conservatelo come merita.

2,99 Euro per un'opera così bella sono un furto...ai danni dell'editore.

Senza contare che il libro contiene anche numerosi racconti di H.G.Wells inerenti mondi paralleli, strane creature, e storie di ogni tipo, alcuni molto godibili.

Beh, che dire non mi sarei mai aspettato di apprezzare così tanto questo mio secondo viaggio nel futuro e di trovarlo così profondo e pregno di significati.

Di arrivare a temere la notte per l'arrivo dei Morlock ed ad invidiare la vita diurna " scialla " e senza obiettivi degli Eloi, ma compatirla allo stesso tempo.

Strano dirlo ad una seconda lettura, ma mi unisco al coro di chi trova questo libro un capolavoro.

D'altronde è comunque un capostipite della narrazione sui viaggi del tempo.


Alla prossima!


venerdì 15 gennaio 2021

Il giro di vite - Henry James / The haunting of bly manor

 "...Convengo, nei riguardi del fantasma di Griffin o di quello che fosse, che il fatto di essere apparso prima che ad altri a un fanciullo, e in così tenera età, dia alla storia un mordente particolare. Ma, per quanto ne so, non è la sola volta che un così simpatico fenomeno accade a un bambino. Se il fatto che ci sia un bambino dà un giro di vite di più all'effetto, che direste, allora, di due bambini? "





In questi giorni ho recuperato ed apprezzato abbastanza la seconda stagione di Hill House, questa volta denominata The haunting of bly manor ed ispirata liberamente ad Il Giro di vite di Henry James.

Questo ha fatto sì che mi venisse voglia di rileggere il romanzo e di ripescare in libreria la vecchissima copia che ne ho a casa.

Una copia degli anni '60 che pagai cinquanta centesimi in un mercatino dell'usato, e le cui pagine mi si scollano in mano sempre di più ad ogni rilettura.

Però non l'ho mai sostituita e nemmeno ho intenzione di farlo, anche perché le edizione vetuste hanno sempre un fascino enorme sul sottoscritto.

Pensate che quest'edizione è prezzata a 250£.

Ma ciance a parte, sul libro ci tornerò successivamente, parliamo un attimo della serie:

Lo dico subito, io guardo molti telefilm ma non mi considero un esperto, ci sono blog molto più attinenti e molti siti sul mondo delle serie Tv e sul cinema, e non voglio sostituirmi a loro.

Però da amante dell'horror vorrei spenderci due paroline.

The haunting of bly manor è una bella serie.

Già a partire dalla sigla molto elegante e d'atmosfera, passando poi per i due bambini protagonisti molto bravi e perfettamente in parte, fino ad arrivare all'istitutrice, vera anima della serie, altrettanto brava.

Per coloro che non conoscono questa storia la trama è esilissima e più gotica che non si può:

Una giovane istitutrice viene mandata a badare a due bambini in una residenza estiva dallo zio degli stessi, in una casa in campagna in cui non avrà nemmeno il tempo di ambientarsi ed affezionarsi ai due bambini, che si ritroverà a vedere strane figure dentro e fuori il maniero, che episodio dopo episodio sembrano sempre più interessate ai fanciulli.

La più classica delle storie di fantasmi, ma d'altronde Il giro di vite viene considerato un vero e proprio archetipo del genere.

C'è però una differenza sostanziale tra linguaggio narrativo e cinematografico, il che rende i due prodotti molto diversi e non solo a livello temporale ( Flanagan ambienta la storia negli anni '80 ).

Flanagan & soci sono costretti ( per avvicinarsi il più possibile all'utenza Netflix e quindi rendere più chiare possibili le dinamiche ) a trovare delle motivazioni all'irrazionale.

Infatti, secondo me, questo serial perde colpi proprio nel momento in cui cerca di dare spiegoni sul perché ci sono questi fantasmi, cosa che banalizza e di molto le apparizioni.

Di tutto ciò nel romanzo di Henry James non ne troverete traccia, la storia resterà vaga e subdola fino alla fine, tanto che alla fine è anche possibile pensare nemmeno velatamente che tutto possa essere frutto della fantasia dell'istitutrice.

E' questa la grande forza di quel libro.

Non ha bisogno di spiegare l'ignoto, e se ci pensate, è consuetudine dei vecchi horror essere così.

Raramente Lovecraft, Poe, Hodgson, Shirley Jackson ci donano delle spiegazioni, ci lasciano immaginarle, ed io lo trovo meglio così.

Non a caso, l'ottavo episodio, che dal punto di vista tecnico viene osannato da molti, a me ha deluso abbastanza pur riconoscendone le qualità dal punto di vista visivo e dalla bravura delle due attrici, proprio perché funge da spiegone e da risolutore nel più classico cliché del genere horror cinematografico.

Però è una serie che funziona, che ci dona anche una bella storia d'amore, che nell'episodio finale fa davvero commuovere, devo dirlo.

The haunting of bly manor è un bel telefilm, che consiglio senza riserve.

Ma...Il giro di vite è meglio.

Con poco più di centocinquanta pagine Henry James ci rappresenta la perfetta storia di fantasmi da racconto del focolare.

Per giunta James non solo è uno scrittore scorrevole ed elegante, ma anche un fine cesellatore, che inventa dei personaggi subdoli ed ambigui veramente accattivanti.

Soprattutto nei dialoghi, sembra nascondersi sempre qualcosa, ed è questo uno dei punti di forza dell'opera.

Capitolo dopo capitolo assistiamo ad un vera e propria battaglia mentale e verbale, tra l'istitutrice e i bambini, che tra sottintesi e non detto, sembrano quasi " proteggere " le apparizioni dei due fantasmi che li perseguitano.

Due bambini che James non esita a definire più volte bellissimi ed angelici, come a voler creare un contrasto tra la loro beltà e la loro ambiguità di fondo.

Certo, parliamo di un romanzo di fine '800 ed è figlio del periodo.

Sia dal punto di vista dei personaggi che presenta, che nel modo che loro stessi hanno di fare e di esprimersi, e va accettato così.

Qualcuno potrebbe vederci qualcosa di morboso e malsano nel rapporto che alla fine lega l'istitutrice al piccolo Miles, però preferirei non addentrarmi in tali questioni.

Ripeto che Henry James è talmente ambiguo ed abile, da farti pensare di tutto.

Insomma, è uno di quei libri che alla fine ti lasciano elucubrare e con la sensazione di non aver capito tutto, che si è perso qualche passaggio.

Non a tutti piace questo tipo di storia, ed infatti gli scrittori contemporanei dell'horror raramente scrivono storie frammentate, ma anzi sono costretti a spiegare anche l'inspiegabile, e quindi capisco, veramente, chi critica Il giro di vite perché lo trova alienante e poco chiaro.

Però, boh, io l'adoro.



Alla prossima!


venerdì 8 gennaio 2021

Middle England - Jonathan Coe

 E' un po' strano scrivere di un romanzo del genere dopo i recenti fatti accaduti al congresso negli Stati Uniti, perché Middle England è un libro fortemente politico.

Anzi si può dire che la componente politica è in primo piano rispetto alle vicissitudini dei personaggi che tanto ho imparato ad amare con La banda dei brocchi prima e Circolo Chiuso poi.

Middle England è la vera e proprio chiusura di questa trilogia che parte dagli anni '70 arrivando nel terzo romanzo fino al 2018, con tutte le conseguenze politiche e sociologiche che hanno sempre avuto una parte attiva in questi romanzi.

Non a caso il romanzo si apre con questo piccolo paragrafo pubblicato nel The Guardian a firma di Jan Jack:

" Negli ultimi decenni, la parola " inglese " come denominazione di un popolo cominciò

ad aprirsi ad altro... ad ampliarsi per includere chi veniva dall'estero e chi, come me, 

trovava in questa capienza e condiscendenza un motivo di attrazione. Il risultato era una

forma di nazionalismo civile che serpeggiava piacevolmente come un vecchio fiume, il cui

impeto minaccioso era stato interamente speso a monte. "


Beh, possiamo dire tranquillamente che questo fiume è esondato.


Coe è come sempre bravissimo a rendere chiare anche a noi non inglesi le cause che hanno portato alla Brexit coinvolgendo noi lettori nel caos politico e sociologico che si ritrovano a vivere i personaggi di questa storia, che mai avrebbero pensato di vivere un periodo simile.

Forse il contesto annacqua un po' le problematiche personali di questi personaggi che sembrano quasi passare in secondo piano, ma Middle England è un romanzo scorrevolissimo che si legge con estremo piacere.

Certo, narra di personaggi ormai di mezza età che si trovano non solo a vivere in un periodo turbolento, ma anche vicissitudini personali ed amare come divorzi e morte di genitori.

E' lontana la propulsione e l'esuberanza giovanile de La banda dei brocchi che rendeva quel romanzo così forte ed empatico, è lontano l'amore che in quel romanzo sembrava così eterno, ma si vuol bene a questi personaggi e si vogliono conoscere le loro vicissitudini finali, almeno per coloro che come me hanno amato i primi due capitoli di questa trilogia.

Certo Coe per rendere più funzionale la storia ha reso protagonista principale il membro più giovane di questi personaggi ovvero Sophie, la figlia di Lois Trotter, ed ha anche inserito dei personaggi che gli gravitano intorno, ma come dicevo all'inizio e come dirà lo stesso Coe nella post-fazione, è l'Inghilterra la vera protagonista di questo romanzo e le scelte che il popolo ha espresso.

Scelte che sconvolgeranno anche le vite dei protagonisti di questa trilogia.

Trilogia che consiglio senza riserve.

Non c'è molto da dire su questo romanzo, che sicuramente non è all'altezza del primo volume, diciamo che è una trilogia in fase discendente, ma d'altronde rivivere i fasti dell'adolescenza è sempre difficile, perché è l'età a cui la maggior parte delle persone resta legata e che spesso forma l'individuo, sia nel bene che nel male.

In un certo qual modo può valere anche per questi romanzi con personaggi che abbiamo conosciuto da studenti pieni di ribellione, ideali, confusione e sentimenti che sembrano eterni e che volume dopo volume ritroviamo più adulti, più consapevoli, più cinici, ma anche sorpresi in negativo dalla loro gente e dalla loro patria.

Ogni altro discorso su questo libro andrebbe a parare sulla politica ed io vorrei evitare di farlo, ma i semi che hanno portato a questo scenario politico sono, secondo me, ben radicati anche qui da noi.

Non è difficile intuire il pensiero di Coe sulla Brexit, che appare piuttosto netto, e forse questo può essere un difetto per qualcuno che avrebbe preferito non prendesse posizione, ma d'altronde ha lasciato parlare i suoi personaggi per lui, anche se ad onor del vero racconta molto anche dell'altro punto di vista.

Dal canto mio posso solo dire che sono stato felice di aver ritrovato Benjamin, Lois, Douglas, Philip, Sophie e tutti i personaggi di Birmingham e dintorni.

E chissà, magari un giorno Coe ci parlerà anche del loro destino finale, chi può dirlo.

Anche se non credo, è forte il senso di chiusura e di arrivo nelle loro vicissitudini.


Alla prossima!



martedì 29 dicembre 2020

Due libri ambientati in Ohio: L'estate che sciolse ogni cosa - Tiffany McDaniel / Ohio - Stephen Markley

" Beautiful Ohio, where the golden grain

Dwarf  the lovely flowers in the summer rain.

Cities rising high, silhouette the sky.

Freedom is supreme in this majestic land;

Mighty factories seem to hume in tune, so grand.

Beautiful Ohio, thy wonders are in view,

Land where my dreams all come true! "


Quelle citate in alto sono le parole del testo della canzone simbolo dello stato americano che è stato casualmente protagonista di alcune delle mie ultime letture.

Mentre leggevo questi due romanzi, mi canticchiava in testa un'altra canzone che è I Provinciali de i Baustelle, forse più attinente a queste storie, con le dovute differenze di contesto culturale:

" Sacrificata vittima 

verso d'amore cerca fiato per non soffocare più

azzittasi crepuscoli, balere ad ore piccole

morire la domenica 

chiesa cattolica

estetica anestetica

provincia cronica

Si vende amore tossico

'ndrangheta e camorra

più Gomorra e meno Sodoma

denunciasi calamità di mariuana e crimine..."

All'epoca dei primi ascolti di questa canzone su Youtube ricordo che mi colpì molto un commento in cui un ragazzo scrisse:

" La provincia è una punizione. "

Nella canzone di Bianconi & co. si parla della vita di provincia in un qualsiasi paese del sud Italia, mentre nei due romanzi di Markley e della McDaniel si parla della vita di provincia nello stato dell' Ohio.

E la provincia è veramente una punizione, secondo questi due autori, anche se nel caso di Tiffany McDaniel è un altro scrittore italiano che ci ha parlato dell'estate e della provincia come pochi a calzare a pennello, ovvero Cesare Pavese e il suo Il diavolo sulle colline.

L'estate che sciolse ogni cosa è ambientato nel 1984 in una cittadina dell'Ohio.

La trama è semplicissima quanto splendida nella sua esilità:

Un avvocato scrive una lettera nel giornale locale in cui invita il diavolo a presentarsi a casa sua.

Ed a quanto pare il diavolo risponde all'invito, quando un ragazzino di tredici anni nero si presenta a casa sua affermando di essere il diavolo.

L'avvocato ospiterà il ragazzo a casa sua e tutto ciò avrà ripercussioni sulla sua famiglia e la cittadina intera.

L'estate che sciolse ogni cosa è uno dei romanzi più instagrammati degli ultimi anni.

Nella quarta di copertina viene osannato da critici e giornalisti vari e paragonato ad Harper Lee ( e già qui si può intuire dovrà andrà a parare la storia ), Neil Gaiman, Shirley Jackson e Stephen King.

Ed è vero, è uno di quei libri, dove si riconosce l'impronta di molti altri autori.

E questo secondo me è il suo unico vero limite, perché chi è avvezzo a questi autori, avrà la sensazione di qualcosa di già visto e già raccontato.

Anche le parti più tragiche ed emozionanti in me hanno avuto poca presa perché è come se me l'aspettassi, erano già state scritte.

Ciò non toglie che quello di McDaniel è un gran bel romanzo.

La scrittura è lirica e poetica, ma non pomposa.

E' ermetica, ma allo stesso tempo coinvolgente, asciutta, ma non troppo.

Ed è chiara e pungente.

La storia lascia più domande che risposte, ed è forse per questo che i più hanno scomodato Shirley Jackson.

Nelle parti più solari questo libro ricorda l'estate raccontata da Bradbury e Pavese, in altri frangenti quella di Lansdale o di Harper Lee.

E' un gran libro, ma niente di nuovo sotto il sole.

Ed è un limite?

No, perché comunque è una gran storia, che atterrisce e colpisce, anche con alcuni colpi bassi.

E poi descrive molto bene l'estate dei tredici anni nel 1984 e ti fa percepire il calore, il sudore e la pazzia che si annida nell'animo umano.

Un gran bel romanzo di formazione!

Non posso che ringraziare Michele ( Mr. Ink ) per il consiglio.


Ohio è molto più complesso, almeno per quel che concerne la scrittura.

E' un romanzo che si legge su più livelli, con il punto di vista di più personaggi che si intersecano strada facendo.

Qui qualcuno ha scomodato Faulkner.

Sì, lo stile di scrittura a più livelli, quasi a flusso di coscienza, ricorda un po' l'unico romanzo di questo grande scrittore americano che ho letto, L'urlo e il furore.

Ovviamente non sono così pazzo da paragonare Markley a Faulkner, ma è chiaro che il buon Stephen si sia ispirato a lui.

Ritorna anche qui la vita di provincia, ambientata tra presente e passato.

Ohio è un libro in bilico tra romanzo di formazione e il classico ritorno a casa in ambiente ostile e deformato dagli anni.

Tutti i personaggi protagonisti portano i segni della vita di provincia, e tutti ne sono stati colpiti, nessuno escluso.

C'è un che di troppo romanzato in questa storia, che è l'unica cosa che non mi ha convinto, poiché non c'è un personaggio tra questi ex studenti che non porta i segni della vita di provincia.

Anche stavolta la provincia è punizione.

E l'Ohio non si dimostra bellissimo come nella canzone, o almeno non lo sono taluni che ci crescono e ci vivono.

E' la violenza o il drogarsi per noia, di partire per la guerra perché non si hanno sbocchi lavorativi, è sesso facile, è l'alcool.

Ed è morte.

Chi cresce in un ambiente ristretto lo sa, cerchi rifugio in qualcosa, emozioni forti in piccoli spazi.

Non tutti i personaggi sono sviscerati allo stesso modo ed è un peccato, ma Ohio è un romanzo che racchiude tanti temi, una sorta di vaso di Pandora da cui fuoriescono tutti i peccati capitali, ma è anche pregno di umanità ed amicizia, narra bene l'amore e la falsità, e soprattutto l'adolescenza.

Secondo me è una grande opera prima.

Soprattutto all'inizio non è semplicissimo da leggere, anche perché mostra vari personaggi e vari punti di vista, ma la trama alla fine trova la sua coerenza.

Anche qui ci troviamo davanti uno dei romanzi più chiacchierati dell'ultimo anno, ed anche questo l'ho scoperto grazie a Michele, che ringrazio ancora.

Segno che anche nel mare delle prime edizioni, si pescano pesci grossi e letture che lasciano il segno.

Due romanzi che mi sento di consigliare in toto e che ho grandemente apprezzato.


Buon anno e... alla prossima!





martedì 22 dicembre 2020

L'ombra dello scorpione - Stephen King

" Lui non muore mai ", rispose Tom. " E' nei lupi, cavoli, sì. I corvi. I serpenti a sonagli.

L'ombra del gufo a mezzanotte e lo scorpione a mezzogiorno. Se ne sta a testa in giù come i pipistrelli. E' cieco come loro. "


Da questo passaggio, uno dei più interessanti e significativi del romanzo per quel che concerne la descrizione del cattivo della storia, fu ricavato il titolo dell'edizione italiana di questo tomone del Re.

Sicuramente L'ombra dello scorpione è un titolo molto suggestivo del ben più difficile The Stand che risulta abbastanza intraducibile a livello significativo in italiano, visto che dovrebbe suonare come " La resistenza " o comunque qualcosa del genere.

The Stand è il sunto dell'elefantiasi letteraria di cui è affetto Stephen King e si gioca il titolo di romanzo più lungo insieme a It.

L'edizione Bompiani ha pure i caratteri piccoli quindi probabilmente parliamo di un libro che con un font diverso avrebbe tranquillamente raggiunto il migliaio di pagine.

Proprio per questo L'ombra dello scorpione è stato messo in commercio due volte.

La prima volta sul finire degli anni settanta in maniera ridotta e successivamente nel 1989 in versione completa e definitiva.

Prima di addentrarmi nella narrazione voglio parlare di un aneddoto personale.

Lessi la prima volta questo romanzo intorno al 1994 o giù di lì, ero un ragazzo, ed è del parere di quel ragazzo che vi dovete fidare.

La mia reazione fu più genuina delle successive riletture, anche di quella odierna.

Ebbene, la mia prima full immersion in quest'opera fu di meraviglia pura.

Ebbi quel libro in prestito da un mio amico e non riuscivo a staccarmene dalla lettura.

Me lo portavo a scuola, me lo portavo a tavola, dappertutto.

Mi piacque tantissimo e ricordo che rimasi sconcertato da una scena in particolare che non ho più scordato e che mi segnò profondamente, poiché toglieva di scena il mio personaggio preferito a poco più della metà della narrazione.

Non nego di essermi commosso e di aver avuto la tentazione di urlare e lanciare il romanzo contro il muro ( che avrebbe avuto la peggio vista la mole del libro ).

Io credo che un romanzo che riesca ad ottenere un effetto simile, sia un gran romanzo.

E lo penso ancora.

Ma da allora sono passate altre riletture, ho letto centinaia di altre opere, anche con tematiche simili, ed oggi ho letto questo libro con un occhio un po' più clinico, rispetto a quello ingenuo, ma più aperto al senso di meraviglia che avevo all'epoca.

Credo che a ragione io mi facessi sedurre da quel che succedeva rispetto a come succedeva.

L'ombra dello scorpione mi piace ancora, ma mi piace meno il contesto.

Proverò un po' a spiegarmi, per chi avrà un po' di pazienza.

Non pubblicherò estratti della trama anche perché credo che la conoscano un po' tutti a grandi linee la storia.

Un virus sfugge al controllo dell'esercito e decima la razza umana per il suo 99%.

I pochi e sparuti sopravvissuti si muovono in un'America ormai in disfacimento in un'avventura on the road di stampo apocalittico.

E quando parliamo di apocalittico, lo diciamo non in senso lato, ma proprio dal punto di vista biblico.

Perché quest'opera ha una fortissima connotazione biblica da Antico Testamento.

A conti fatti King ci dà la sua personale rappresentazione della parabola di Giobbe mettendo i protagonisti in una scacchiera grande quanto l'America intera ( non si hanno notizie degli altri continenti in quest'opera e dobbiamo farcelo bastare senza porci domande ).

I personaggi hanno un libero arbitrio, ma sono comunque teleguidati attraverso i sogni o le divinazioni.

Tutti i sopravvissuti sognano due persone:

- Una vecchina ultracentenaria di nome Mother Abagail che ispira bontà e li invita a raggiungerli in Colorado.

- Un uomo nero, Randall Flagg, sempre in ombra, che a volte appare vestito casual ed a volte avvolto in una tonaca, che ispira minaccia, terrore, paura, ma anche diavolo tentatore per le anime più tormentate.

I personaggi in corso d'opera faranno le proprie scelte, si metteranno in cammino e raggiungeranno questi due personaggi che fungono praticamente da aggregatori sociali nell'eterna lotta tra il bene ed il male.

La prima metà di questo libro è meravigliosa.

Chi mi conosce sa che vado pazzo per la narrazione on the road, e l'ambientazione di questo romanzo è costruita proprio per piacermi.

King fa un grandissimo lavoro con i personaggi, sia quelli positivi che quelli negativi.

Tutti, nessuno escluso, sono caratterizzati alla perfezione, anche nelle loro complessità d'animo.

Stesso dicasi per la scrittura e l'ambientazione.

Dal punto di vista narrativo, la prima parte sfiora la perfezione.

I capitoli dedicati alla Superinfluenza denominata Captain Trips sono meravigliosi, ed anche i dialoghi e le vicissitudini dei personaggi pre e post-epidemia lo sono altrettanto.

Alcuni capitoli sono iconici ed indimenticabili.

Larry che attraversa il Lincoln Tunnel completamente al buio calpestando i morti e superando gli ingorghi stradali di macchine e vetture militari.

La sconcertante narrazione di un'operazione di appendicite in un mondo dove medici ed ospedali non ci sono più.

Un capitolo non solo da stomaci forti, ma che ci dà ben l'idea di un mondo ormai alla deriva ed in disfacimento.

Il cammino iniziale di ogni personaggio in solitaria o in compagnia, in un'America ormai spopolata e perduta, con cibo d'accatto, sogni, incubi, paura e bivacchi, è narrata in maniera splendida.

So che oggi è un tema stra-abusato, soprattutto in tv, ma King lo descrive splendidamente il tema del viaggio.

Steve sa narrare del pellegrino.

Quindi cos'è che mi perplime?

Il linguaggio ed il modo di atteggiarsi dei personaggi maschili, in primis.

Sono costruiti con un modus operandi da anni '80 che levati.

Gran parte di loro sono machisti che si esprimono con frasi da film americano del tipo " Ehi, piccola ", " Pupa ",

" E' la mia donna." Ed altre amenità varie.

Anche quelli scritti meglio come Larry.

Per non parlare di Stu, il vero protagonista del libro, classico uomo silenzioso e tenebroso che non deve chiedere mai.

Anche se in corso d'opera è uno dei personaggi che evolve di più.

Vogliamo parlare delle donne di questo romanzo?

Lucy e Frannie sono stereotipate altrettanto, con frasette e dialoghi che spesso sembrano uscite da un romanzo Harmony.

" Ho bisogno di un uomo che scaldi il mio letto."

o frasi tipiche tipo: " Scegli me", che manco Beautiful.

Dirò di più: il diario che tiene Frannie è probabilmente il punto più basso dell'opera, non tanto per il suo contenuto imbarazzante ( d'altronde Fran ha solo vent'anni e ci sta che scriva determinate cose ), ma anche perché è un espediente piuttosto di bassa lega per permettere a King di spingere un personaggio verso il lato oscuro.

C'è parecchio di cinematografico e soap operistico nella narrazione di questi personaggi, che spesso vengono trattati in maniera persino bigotta.

E quelli che ne escono peggio sono i personaggi femminili trattati spesso come angeli del focolare che devono farsi i pianti guardando dalle verandine i loro uomini mentre vanno a salvare il mondo.

Come se la funzione della donna in quest'opera sia quella di farsi mettere incinta o poco più.

Infatti è terrificante una frase di Mother che si comporta come una commare di paese qualsiasi quando si rallegra che una delle ragazze ha i fianchi larghi e che quindi è in grado di sfornare tanti figli.

Capisco che si debba riformare la società, ma c'è uno strisciante bigottismo religioso che è difficile accettare oggigiorno.

Difficilmente accettabile anche il fatto che l'unico personaggio femminile cazzuto e pronto alla battaglia sia, indovinate un po', bisessuale, ed in un certo senso è considerato anche sacrificabile in corso d'opera ( infatti viene spedito come spia in una vera e propria missione suicida), pensate un po'.

Sembrerà che io ne stia parlando male, ma non è così.

Io amo questo romanzo e mi sono goduto anche questa rilettura.

Pur contestualizzandolo però ad una rilettura attenta salta all'occhio un tipo di narrazione che oggi appare un po' manichea e superata, per lo meno nel modo di esprimersi di alcuni dei personaggi principali.

Ed è un peccato, perché tolto quel contesto, L'ombra dello scorpione è un viaggio meraviglioso e spaventoso.

Randall Flagg è un cattivo bellissimo, delineato splendidamente.

E fa specie che funzioni più qui, che nella saga dove ci si aspettava che figurasse di più come quella della Torre Nera, dove doveva essere uno dei protagonisti.

Ed in più io mi metto tra quelli che accetta tranquillamente uno tra i finali più discussi di sempre tra i libri del Re.

Perché è un finale che in un'opera biblica come questa ci sta tutto.

So che in questi giorni dovrebbe debuttare l'ennesima miniserie tratta da questo libro, e sono molto curioso del fatto se avranno il coraggio di tenere un finale simile o se sceglieranno di cambiarlo.

E' valsa la pena rileggerlo?

Sì.

L'ombra dello scorpione è e resterà sempre una delle mie opere preferite di King, e non m'importa se alcuni personaggi spesso parlino e si comportino come delle macchiette, perché l'essenza del viaggio e dell'avventura è palpabile ugualmente.

Nella seconda parte il libro forse perde un po' e risulta un po' prolisso soprattutto quando i personaggi hanno compiuto il loro percorso e quindi si prodigano per riformare la società, ma diciamo che va considerata come quella parte in cui le fazioni si preparano per il gran finale.

Menzione per alcuni personaggi negativi: penso che Pattume e LLoyd siano tra i personaggi meglio riusciti di questo libro.

E poi c'è lui, il mio personaggio preferito.

Non perdonerò mai King per averlo fatto fuori, era pure uno dei pochi che non si esprimeva come un tamarro da film action.

Non ho parlato del paradosso o della premonizione di King di narrare di un'epidemia di influenza in epoca Covid come questa, ma non lo faccio perché nella narrazione funge più da prologo che altro e perché non l'ho riletto con quella sensazione in mente.

Il che è abbastanza brutto, perché significa che in un certo senso mi sono abituato a quel che stiamo vivendo.



Buone feste ed...

Alla prossima!