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venerdì 1 maggio 2020

In quarantena con Francis Scott Fitzgerald

" Ma alle tre del mattino, un pacchetto dimenticato assume la stessa importanza tragica d'una condanna a morte, e la cura non ha effetto, e in una reale notte in fondo all'anima sono sempre le tre del mattino, giorno dopo giorno."

Ho desiderato per tanto tempo di imbattermi in Fitzgerald solo per questa frase, trovata come aforisma in non so quale libro, in pagina bianca, prima di un capitolo iniziale.
Però tempo e desiderio non sempre coincidono.
E non sempre coincidono con la mia volubilità letteraria, che è molto incostante.
La verità è che quando mi sono imbattuto nel Mammut con gran parte delle opere di Francis, ho avuto paura. Ho avuto paura della mole del libro e del fatto che avevo già una nutrita pila di libri da iniziare e portare a termine.
Ho rimandato e rimandato per settimane che poi sono diventate mesi, e solo adesso, complice la penuria di libri e la quarantena, ho trovato il coraggio di affrontarlo.
E com'è andata?

E' andata che Fitzgerald è un grandissimo, ma che non è propriamente nelle mie corde, ed adesso bestemmio, a parte Il Grande Gatsby ed alcuni racconti della raccolta dell' Età Del Jazz, mi sono spesso impantanato, tanto da dovermi dedicare ad altre opere, perché la lettura mi era risultata pesante e prolissa.

C'è del bello nelle atmosfere delle storie di Fitzgerald.
L'atmosfera dell'America del primo novecento, i cambiamenti in corso d'opera della pre o post grande guerra, le feste sfrenate e l'alcool, il proibizionismo e la ricerca smodata della ricchezza e degli agi.
E soprattutto le donne dei suoi romanzi: tutte bellissime, tutte ricche non solo di fascino, ma anche di potere, soprattutto seduttivo.
Quelle donne che sono le vere protagoniste dei suoi romanzi.
Spesso quasi irraggiungibili e smaniose, e che alla fine della giostra, cadono sempre in piedi rispetto alla controparte maschile tutta uguale in ogni racconto e romanzo, uomini spesso in odore di decadenza e nichilismo da trasudare l'ineluttabilità.

Ecco ciò che non ho molto apprezzato nelle sue storie, tutti gli uomini sono uguali, è come se in un certo modo, Francis abbia messo molto di se stesso nelle sue opere.
Tutti gli uomini delle sue storie sono mossi dallo stesso senso di arrivismo, inadatti alla vita ed al lavoro, se non nella ricerca di una eredità o di un amore troppo spesso fragile ed idealizzato.
E se in Al di qua del paradiso tutto questo è appena abbozzato poiché è un racconto di formazione giovanile che trasuda intraprendenza, rabbia  e inesperienza ed anche un po' di arroganza tipica di un personaggio di quell'età, già traspare moltissimo nel suo secondo romanzo, Belli e Dannati.
Una storia d'amore forte e distruttiva.

Ovviamente ogni personaggio va contestualizzato a quel periodo, ma l'uomo di Fitzgerald è fragile e debole, difficilmente amabile.
Ed ho idea che i primi due romanzi siano quasi di preparazione per quel che sarà il suo grande capolavoro, Il Grande Gatsby.

Persino lui, il grande e famigerato Gatsby, è mosso da un desiderio naturale, quanto banale, come l'amore idealizzato.
Il Grande Gatsby rispetto a Tenera La Notte, Belli e dannati e Al di qua del Paradiso, ha però una struttura narrativa molto più avvincente e coesa, che comunque me lo ha fatto apprezzare di più.
E' un gran romanzo, anche se purtroppo avendo visto il film di Luhrmann poco tempo fa, mi ero già spoilerato gli eventi principali.
Avrei voluto arrivarci vergine alle pagine finali, dove probabilmente mi avrebbe ferito di più.
Resta però un romanzo che mi piacerebbe ritrovare in formato cartaceo e che vorrei inserire nella mia libreria.
Delle altre storie mi restano tante belle frasi, tanti bei dialoghi, e le splendide descrizioni dell'America e di altri luoghi di quel periodo storico, il che non è poco, ma non mi hanno lasciato moltissimo.

Bellissimi invece I Racconti dell'età del jazz, che forse proprio perché più brevi, arrivano subito al punto risultando oltremodo gustosi.
E' probabilmente l'opera che ho trovato più di mio gradimento del libro.

Di tenera è la notte posso dire poco, credo che ci sia molto d'autobiografico nella storia, visto che la moglie del protagonista è gravata da uno squilibrio mentale, molto simile a quello della moglie dello scrittore.
Anche qui protagonista è l'amore forte, ma incostante, e con una controparte maschile che lo è altrettanto, come in ogni opera di Fitzgerald, dopotutto.
Non credo che Francis avesse una grande opinione del genere maschile, visto le vicissitudini tendenti all'oblio dei suoi personaggi.

Passare comunque la quarantena con Francis è stato bello, e di questo lo ringrazio.
E' stato impegnativo, spesso al limite dell'arrendevolezza, ma riconosco che è un limite mio.
Sono anche giustificato dal fatto che sono state 1300 pagine di storie.
Io non sono all'altezza della sua narrativa alta e pomposa, ma in qualche modo, ho indossato l'abito nuovo e mi ci sono imbucato.
E per un po' sono stato anch'io in una delle grandi feste di Gatsby e in quel pontile a guardare da lontano il bagliore di una luce verde.

" E così andiamo avanti, barche contro la corrente, incessantemente trascinati verso il passato."

Alla prossima!