sabato 27 maggio 2023

The outsider - Stephen King

The outsider è l'unico libro di King che mi mancava.

Tecnicamente non sarebbe l'unico, poiché c'è pure Elevation, ma quest'ultimo è un racconto di meno di cento pagine che sono convinto che presto o tardi verrà inserito in qualche raccolta, quindi sarebbero soldi buttati.

Che poi, io nemmeno volevo prenderlo The outsider.

Ero andato a comprare altro, ma per non tornare a mani vuote, mi sono guardato intorno, e questo tomo mi è apparso davanti con la sua copertina molto accesa e l'ho portato a casa.

Partiamo da una premessa: io questo libro me lo ero spoilerato dopo aver letto la raccolta di racconti Se scorre il sangue, dove una delle storie è praticamente uno spin off di questo libro, con tanto di citazioni al finale ed altre informazioni che quindi di fatto, ne rendevano quasi inutile il recupero, se io fossi stato uno di quei lettori che si preoccupano di sapere il meno possibile di ciò che leggono.

Io non sono così, e mi interessa più il viaggio, che la conoscenza di quello che troverò alla fine.

Detto questo, mi sono letto The outsider ed ho dato una rispolverata anche al racconto che da titolo all'omonima raccolta Se scorre il sangue, che alla seconda rilettura ho trovato abbastanza attaccato con lo sputo in termini di credibilità, nonostante io sia da sempre apertissimo alla sospensione dell'incredulità.

Com'è The outsider?

Ricordo molte recensioni dell'epoca, che lessi con profondo interesse ed un po' di invidia/mestizia perché in quel periodo ero impossibilitato all'acquisto, e ne trassi un profilo in cui si mescolavano nella stessa misura, interesse, ma anche una certa ambivalenza di opinioni, tra coloro che lo esaltavano e coloro che erano propensi a bollarlo come un libro come tanti altri.

Dopo la lettura mi schiero da entrambi le parti.

Il libro è praticamente diviso in due tronconi.

La prima parte è di stampo investigativo/poliziesco.

Nella seconda parte si entra più nel campo kinghiano dell' orrore esterno nell'interno.

Devo ammetterlo, la prima parte è secondo me, molto buona.

Prima andiamo di sinossi:

La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino. Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav'uomo non può essere l'assassino. Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.

La sinossi è abbastanza esplicativa.

Diciamo subito che King sceglie proprio la strada più di pancia che è quella di colpire il lettore narrando dell'omicidio indicibile attraverso sodomizzazione di un bambino.

King vuole che il lettore provi non solo orrore, ma anche rabbia, verso l'unico indiziato di questo delitto, un uomo molto ben visto in comunità.

King fa un gran lavoro da questo punto di vista, perché il lettore si troverà catapultato in un vortice di azioni e di sentimenti talmente contrastanti tra loro, che lo porteranno ad empatizzare anche con il probabile assassino che fin da subito si professa innocente, ma che nonostante un alibi quasi inattaccabile risulta il maggior indiziato per via delle impronte e del DNA.

Questa incertezza nella certezza, rende la prima parte di questo libro veramente coinvolgente, tanto da filare come un treno.

In più King riesce a dare credibilità anche alle forze dell'ordine, rendendoli personaggi umani, anche se moralmente ambigui, nel senso che guardano molto anche alla poltrona, nella loro ricerca spasmodica del colpevole.

Infatti questa parte è costellata anche da comportamenti non proprio irreprensibili di questi tutori, soprattutto nell'ambito di alcune scelte scellerate che ci catapulteranno dritti nella seconda parte del libro.

In questo King non si è molto allontanato da alcuni fatti reali.

La seconda parte del libro è invece molto più discutibile, visto il cambio di tono e di genere, visto che viriamo nell'horror.

La seconda parte di questo libro mi ha ricordato parecchio La metà oscura, come avevo già affermato nel post in questione.

Ci sono tantissimi elementi in comune, ma devo dire che Ralph Peterson, ovvero il Detective che segue questo caso, l'ho trovato molto più centrato rispetto ad Alan Pangborn de la Metà oscura.

Entrambi sono legati dalla razionalità, e quindi rifuggono il paranormale finché non se lo trovano davanti, però Ralph mi è parso più verosimile nelle relazioni umane, forse proprio per la sua fallibilità, anche morale, per certi versi, visto il modo in pompa magna con cui ha fatto l'arresto ad inizio libro.

Nella seconda parte torna Holly, ormai personaggio feticcio di King.

Beh, qui Holly mi è piaciuta, molto più del solito.

Forse perché isolata in un contesto a lei meno familiare, ma come personaggio l'ho trovata molto più credibile che in altri romanzi o racconti.

Inutile raccontare oltre, basta dire che la seconda parte vira molto più nell'horror, ma un horror tutto sommato molto blando, con un villain molto effimero e sfumato, che però non è molto carismatico.

Carino che il finale sia praticamente una sparatoria quasi da romanzo western.

Insomma, The outsider è tutto sommato un buon libro, ma forse sarebbe stato meglio se King avesse dato fondo solo alla prima parte di questa storia rimanendo sul thriller/poliziesco, poiché la storia stava funzionando anche senza i risvolti soprannaturali.

C'è un certo stacco tra le due parti che si nota parecchio.

E va bene il bene supremo e collettivo, ma dopo i fattacci della prima parte, è molto difficile trovare credibile quel clima collaborativo che si viene a creare tra alcuni di questi personaggi a fatti in corso, specie se alcuni familiari passano a miglior vita per errori di quest'ultimi.

Ma tant'è, la storia è questa, e va letta così com'è.


Alla prossima!




venerdì 5 maggio 2023

La metà oscura - Stephen King

Per una coincidenza inconsapevole mi sono ritrovato in poco tempo a leggere due romanzi in qualche modo somiglianti e sovrapponibili, entrambi di Stephen King, ovvero The outsider, che era anche l'unico libro di King che non avevo ancora letto, ed il romanzo di cui sto per parlare, ovvero La metà oscura.

Avevo pochi ricordi di questo libro.
Sicuramente questa sarà stata la seconda o terza rilettura.
Avevo ancora bene in mente alcuni stralci dell'opera, compreso il finale, ma non saprei indicare né quando l'ho comprato e nemmeno quando lo lessi.
Per quanto quasi tutti i libri in paperback di King li presi quasi consecutivamente uno dopo l'altro nell'Ipermercato vicino casa.
Quindi ipotizzo intorno al 2004/2005.

Andiamo subito di sinossi:

"Thad Beaumont è uno scrittore di successo che per anni ha pubblicato romanzi con lo pseudonimo di George Stark: storie violente e di successo, che lo hanno reso ricco e famoso. Ora può finalmente scrivere con il vero nome, ma non sa che la figura di Stark, la sua metà oscura, non intende affatto sparire: più viva e spietatata che mai, diventa una macchina di morte che distrugge quanto incontra sulla strada che conduce al suo creatore. Per difendersi da questa orribile minaccia, Thad dovrà spingersi negli angoli più inquietanti della sua mente…"


Mi sembra abbastanza palese, che in qualche modo La metà oscura possa essere inserito tra i libri minori del Re, non a caso non è uno di quelli più rinomati, e raramente lo troviamo inserito in classifiche varie, ed anzi, persino le recensioni, nel caso di questo libro latitano abbastanza.
Sicuramente non è tra i libri più in voga su Instagram e Tik Tok, per dire.
Sì, lo so che è un libro del 1989, ma vi assicuro che King ha una fan base molto solida nei social, tanto che le recensioni di romanzi ancora più vecchi, non mancano.

E' un libro che soprattutto nella prima parte travalica il confine dell'horror buttandosi a capofitto nel genere slasher, ed è molto affilato, proprio come se fosse stato scritto da...qualcun'altro, e qui credo che caschi il proverbiale asino.

Per parlare di questo romanzo bisogna un attimo divagare e citare l'alter ego di Stephen King, ovvero Richard Bachman.

Chi segue King da tempo sa che per molto tempo ha scritto delle opere sotto quello pseudonimo, e spesso si trattava di storie molto più sovversive ed immediate, quasi delle sperimentazioni, e per me, sia nella trama, che nella prima parte di questo libro, si respira quell'aria lì.

A conti fatti George Stark è l'alter ego malvagio del Richard Bachman di Stephen King.
King infatti non fa altro che prendere spunto dalla sua storia editoriale personale, per creare un alter ego narrativo, che non ha niente da invidiare all'Hyde di Stevenson o al Wilson di E.A.Poe ( citato anche nel romanzo The outsider e che per questo considero sovrapponibile).

Come sappiamo, nella realtà un fan zelante scoprì l'identità del fu Bachman, e King venuto meno il giochetto è stato costretto ad uccidere il suo alter ego.

In questo libro accade qualcosa di molto simile.
Thad Beaumont è uno scrittore un po' in crisi, che ottiene successo solamente quando sotto pseudonimo scrive libri di genere firmandosi George Stark.
Solo che ad un certo punto viene scoperta la sua identità e con tanto di sepoltura metaforica via stampa, decide di mettere sotto terra il suo alter ego.

Che però ritorna letteralmente in vita, ed è pronto a vendicarsi di tutti coloro che erano presenti a quella sepoltura.

Al di là dell'assurdità della trama, l'idea di base è molto valida.

King ci prova anche a dare un po' di contesto e credibilità a questa resurrezione.
Non che ce ne fosse bisogno, secondo me.
Infatti tutta la parte relativa al gemello che ingloba l'altro nell'utero materno, così come l'operazione al cervello di Thad durante l'adolescenza, per me è un po' una fuffa pretestuosa.
Avrei accettato tranquillamente il ritorno dai morti di un essere che non dovrebbe esistere.

Detto questo, il libro è parecchio orizzontale.
C'è una parte iniziale con il cattivo inesorabile che uccide senza pietà a destra e a manca, c'è tutta una parte investigativa che incolpa Thad degli omicidi perché gli indizi portano tutti a lui, e l'ultima parte scivola nell'horror psicologico più classico, con tanto di intervento soprannaturale, che però è parte strisciante di questa storia, visto che la sua presenza viene urlata a più riprese da King in corso d'opera.
In più il libro è infarcito di dialoghi davvero poco credibili.
Lo sceriffo che si presenta a casa del principale indiziato con sei birre, dopo che il giorno prima lo aveva accusato di omicidio, perché non è più convinto sia lui l'assassino, è una roba che non accetterò mai, nemmeno in un romanzo di genere, così come il dialogo con l'insegnante e collega di Thad, con tanto di consegna di un oggetto di fondamentale importanza per il finale, che sembra un po' surreale ed inserito un po' a caso.
Andiamo oltre la sospensione dell'incredulità.

Stark non ha pietà di nessuno, ma stranamente non uccide lo sceriffo Alan Pagborn quando potrebbe, solo perché a King serve per i romanzi futuri.
Ecco, in corso d'opera, ho trovato spesso facilonerie di questo tipo, come se in questo libro, King in qualche modo abbia scelto un percorso fin troppo semplicistico.
Ed è un peccato perché ci sono dei risvolti narrativi psicologici, che se approfonditi, avrebbero potuto portare il libro verso sentieri ancora più tortuosi.
Infatti, è molto interessante il fatto che i figli infanti di Thad provassero simpatia verso il mostro, perché in fondo è un riflesso del padre, così come la sua stessa moglie si accorga che una parte di suo marito, vorrebbe essere come Stark.

E' strano dirlo, ma probabilmente George Stark, è il personaggio migliore del libro.
La parte slasher iniziale che lo vede protagonista, probabilmente è la più riuscita del libro, ed anche l'idea che perda consistenza e vada in decomposizione lenta ed inesorabile, se Thad non si mette a scrivere il libro che certifica il suo ritorno in vita, è altrettanto interessante.
Infatti il finale è un vero crescendo, in tal senso.
C'è del bello e dell'inquietante in quella scena in cui entrambi si chiudono nello studio di Thad per dare vita al libro.

Insomma, questo libro ha delle belle idee, soprattutto quella di base, ma segue un percorso narrativo che non sempre mi ha convinto.

Rimane un libro coinvolgente, che si legge con gusto e con velocità.
Agli appassionati di King lo consiglierei, d'altronde fa parte dell'arazzo narrativo che vede Castle Rock e zone limitrofe, come protagoniste, in una sorta di composizione narrativa crossmediale, che è sempre interessante da leggere.
King ha creato un vero e proprio universo narrativo, che invoglia il lettore a scoprire delle piccole informazioni romanzo dopo romanzo, su personaggi e percorsi narrativi che sembravano già chiusi.
Non a caso Alan Pagborn sarà protagonista indiscusso anche di Cose Preziose, ed è un po' quello che ancora oggi Stephen King continua a fare con il personaggio di Holly Gibney.


Alla prossima!





martedì 4 aprile 2023

Le strade di Laredo - Larry McMurtry

Marzo non mi è molto affine negli ultimi anni.

Prima il Covid, poi la zona rossa, e quest'anno una rogna familiare, che anche se programmata, ha di fatto reso difficoltosa la mia struttura temporale per quel che concerne la letteratura, trovando raramente la voglia e la lucidità per dedicare tempo ai libri.

Ho approfittato comunque degli sconti Einaudi di quel periodo e mi sono portato due libri a casa: La strada di Cormac McCarthy e Le strade di Laredo di Larry McMurtry.

Ad onor del vero, il secondo non era in programma, poiché cercavo altro, ma in tutte e le tre librerie che ho girato non ve n'era traccia, quindi ho preso Le strade di Laredo, e male non ho fatto.

Parliamo di quest'ultimo, ma prima andiamo di sinossi:

Texas, fine di un’epoca. Gli infiniti spazi aperti su cui scorrazzavano le grandi mandrie del West sono ora solcati dai binari dei treni, e su quei treni viaggiano merci preziose che i banditi possono rubare. Per fermarne uno astuto e spietato come Joey Garza serve «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi». Il capitano Woodrow Call è di nuovo in sella e, affiancato da compagni vecchi e nuovi, deve affrontare la piú insidiosa delle sfide: quella contro il tempo.

Texas, ultimo scampolo dell’Ottocento. Il mondo è cambiato, ma la storia continua. Niente piú mandrie di bestiame che percorrono praterie immense, ma treni che tagliano l’orizzonte. Tutto riprende da dove era iniziato, però con un salto di una ventina d’anni: Woodrow Call è di nuovo nella terra da cui si era allontanato per un’ormai leggendaria spedizione nel Montana. Tanti suoi amici di un tempo non ci sono piú, come non ci sono piú i nemici che conosceva bene, gli indiani e i messicani. I nuovi nemici sono i fuorilegge, che imperversano su entrambe le sponde del Rio Grande. Il capitano Call, «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi», è ormai un cacciatore di taglie. La sua fama lo precede e proprio per questo viene ingaggiato da un magnate delle ferrovie yankee per scovare un giovane bandito messicano che rapina i suoi treni e uccide i passeggeri. Sembrerebbe una faccenda di ordinaria amministrazione, ma Call è un eroe al tramonto, pieno di acciacchi e prigioniero dei ricordi, e ha bisogno di un compagno fedele per condurre la caccia. Come sempre convoca Pea Eye, suo caporale ai tempi dei ranger. Ma il mite Pea Eye ora è sposato con Lorena, l’ex bellissima prostituta dai tempi di Lonesome Dove, ha cinque figli e una fattoria da mandare avanti: la sua fedeltà va soprattutto alla famiglia. Call scopre di colpo che il suo rassicurante passato lo respinge, proprio mentre un irriconoscibile presente gli si para davanti sotto le sembianze di Ned Brookshire, un timoroso ragioniere di Brooklyn che gli viene messo alle costole dalla compagnia ferroviaria per tenere i conti della missione, ma soprattutto del terribile Joey Garza, un imberbe messicano gelido e individualista che colpisce con metodi inediti e imprevedibili. Carico di azione, violenza, umorismo e malinconia, Le strade di Laredo prosegue e completa la storia dei personaggi già cari ai lettori di Lonesome Dove e la intreccia con quella dei suoi nuovi, memorabili protagonisti – tra i quali giganteggia Maria, l’indomita madre di Joey Garza. Tutti saranno riuniti in una mirabile resa dei conti che, nello stile di Larry McMurtry, smonta qualsiasi stereotipo western. Le strade di Laredo non è un semplice sequel né soltanto la storia di un’estenuante caccia all’uomo, ma racconta un mondo brutale, in rapido cambiamento, dove i valori tradizionali quali l’amore, l’amicizia, la fedeltà e la solidarietà verranno rifondati alla luce della nuova era che sta per nascere.


Allora, questo libro si porta il macigno sulle spalle di essere il seguito di uno dei più bei libri sul genere western mai scritti, ovvero Lonesome Dove.

Sapevo già che sarebbe stata un'impresa improba, poiché mancava proprio il personaggio che era il cuore di quel libro, ovvero Gus McRae, ma la sua presenza aleggia anche in questo, anche se in maniera astratta.

Le strade di Laredo è un gran bel western, ed è un libro veramente ben strutturato, McMurtry fa un gran bel lavoro per quel che concerne i personaggi, mostrandoci le gesta ed i punti di vista di tutti i personaggi, anche quelli più infidi e cattivi.

Ritroviamo Woodrow Call, che ormai viene considerato un Texas Ranger leggendario, ma è una figura ormai invecchiata, quasi arrugginita, per certi versi.

Gli viene affidata la missione di fermare in ogni modo un sadico e freddo rapinatore di diligenze dalla mira infallibile, e molto più giovane di lui.

C'è un che di ineluttabile in questo libro, fin dall'inizio.

Tutti coloro che accompagnavano Call nel suo cammino sono morti o profondamente cambiati, chi è impazzito, o chi come Pea Eye, ha messo su famiglia e non è più convinto.

E' un libro molto malinconico, per certi versi, come se questi personaggi, in fin dei conti, facessero ormai parte di un'epoca precedente.

Come sempre ho adorato il tema della ricerca e del viaggio.

I terreni aridi e scoscesi dell'Ovest, del Texas, fino ad arrivare in Messico.

La narrazione di McMurtry è dannatamente spietata, ed in ogni pagina, ci si può veramente aspettare il peggio, per ciò che concerne qualsiasi personaggio che fa parte di questa compagnia di avventurieri.

Il libro è formato da tanti POV che poi vanno ad intersecarsi uno con l'altro, e da questo punto di vista, il libra è veramente splendido, perché McMurtry fa un lavoro enorme anche per quel che concerne i comprimari, dandogli veramente spessore e vita.

In tutto questo spiccano anche le donne del libro, che non sono quelle classiche donnine che si fanno i pianti aspettando i mariti, ma personalità complesse e coraggiose, la vera forza e l'anima di questo libro.

Lorena e Maria, sono per me i personaggi cardini di questo libro.

Ci sono dei difetti?

Beh, ci sono delle parti discutibili.

Un lettore "preso" si accorgerà di alcuni errori di valutazione di protagonisti e villain molto grossolani, in corso d'opera, però la bravura di McMurtry sta proprio nel fatto che non si limita solo a raccontarceli, ma ci mostra le conseguenze di quelle azioni, anche in termini di riflessioni personali dei protagonisti, quindi in qualche modo ce li rende accettabili.

D'altronde nessuno è infallibile, ed in un mondo spietato come quello del west di quegli anni, anche il minimo sbaglio può portare alla morte.

Insomma, Le strade di Laredo è un gran bel libro, che consiglio senza riserve.

Certo, non raggiunge i fasti di Lonesome Dove, ma è un libro che si difende bene.

Qualche riserva ce l'ho sull'epilogo, che è molto pacificatore, ma che mi aspettavo molto più chiuso e definitivo.

McMurtry è una garanzia, per quel che mi riguarda, e mi piacerebbe molto leggere anche le altre sue opere, soprattutto L'ultimo spettacolo, che corteggio da tanto.


lunedì 13 marzo 2023

Tommyknocker / Le creature del buio - Stephen King

"Iernotte a tarda ora,

i Tommyknocker, i Tommyknocker,

hanno bussato e oggi ancora.

Vorrei uscire, ma non so se posso,

per la paura che mi hanno messo addosso. " 



Se andassimo a spulciare le classifiche di gradimento dei vecchi e nuovi fan di Stephen King, non mi stupirei di trovare agli ultimissimi posti questo romanzo.

Credo di avercelo messo anch'io, a suo tempo.

Ed a proposito di questo, direi di tornare un po' nel mio passato:

Cosa ricordavo di questo libro prima che lo riprendessi in mano nell'ultimo mese?

Uno spezzone della miniserie televisiva, ovvero la scena dello spettacolo di magia con conseguente sparizione del fratellino di uno dei protagonisti minori della storia, e successivamente un piccolo trafiletto in una rivista, in cui nello spazio relativo alle lettere, la redattrice affermava che il libro gli era piaciuto, ma che la serie televisiva faceva schifo.

Su quest'ultimo punto potrei essere d'accordo, non piacque manco a me.

Mentre per quel che concerne la mia prima lettura di questo libro, ricordo poco o nulla, se non che non mi piacque particolarmente, e che era difficile non cogliere un certo senso di estraneità nel background dei due protagonisti principali, come se Stephen King non li amasse particolarmente.

Questa seconda componente l'ho percepita un pizzico di meno, ma è tuttora lampante, soprattutto nella scelta di utilizzare l'articolo prima del cognome di uno dei personaggi principali, ma questo potrebbe essere una scelta del traduttore.

Comunque leggere " la Anderson " è terribilmente cacofonico.

E soprattutto conferma un certo senso di distanza verso questo personaggio, da parte dell'autore, che mi lascia il dubbio possa essere voluto.

Anche perché a parte l'inizio, poi mi pare smetta di farlo.

Comunque è una quisquilia, quindi andrei oltre.

Andiamo di sinossi, e poi parliamo del romanzo in toto:

"La scrittrice Roberta Anderson scopre un giorno, nel bosco dietro casa, un enorme, sinistro oggetto sepolto lì da milioni di anni, e che tuttavia vibra ancora di un'ignota forma di vita. Con cautela, la giovane comincia a scavare per disseppellirla e, man mano che il suo lavoro procede, gli abitanti del borgo in cui lei risiede cominciano a cambiare, fondendosi in un'entità spaventevole asservita ai misteriosi esseri che ogni notte bussano alle loro porte: i Tommyknocker... Un'indimenticabile parabola del terrore "firmata" dal geniale Stephen King."


La sinossi di Amazon, non è un granché, è giusto dirlo.


Tommyknocker è un romanzo horror?

Non direi, o almeno non lo è principalmente.

La base è soprattutto fantascientifica.

Anche se è ambientato negli anni '80, King sembra ispirarsi più alla letteratura fantascientifica degli anni '40, tanto che lo fa anche affermare ad uno dei personaggi principali.

Sebbene ci siano chiari omaggi ad opere degli anni '50/60 come Il villaggio dei dannati e Gli invasati, ma anche a romanzi contemporanei come Il drago del male di Straub.

A livello concettuale, non è propriamente un romanzo originalissimo.

Anche se rimane un romanzo molto più espanso e descrittivo di quelli da cui ha preso spunto.

E' anche un'opera molto crossmediale.

In questo libro ci sono tante piccole citazioni di altri romanzi di King, tra cui It, La zona morta e Il talismano.

Lo scopo della mia rilettura era quello di poter rivalutare in qualche modo il romanzo, approcciarlo in un modo più analitico, e meno da lettore di King, e devo dire che in questa rilettura il libro mi è sembrato molto migliore di quel che ricordassi.

Prima di tutto il libro è molto corposo.

Sono 780 pagine di narrato, e l'arazzo della storia ha una bella struttura.

King si prende tutto il tempo necessario per il prologo della storia, e mi rendo conto che i capitoli dedicati ai due personaggi principali possano apparire prolissi e portare alcuni lettori alla noia.

Non li biasimerei, se qualcuno di loro avesse abbandonato questo romanzo nelle fasi iniziali.

In verità, quelle pagine servono, perché ci permettono di conoscere a fondo entrambi i personaggi.

La trama è molto semplice:

Bobbi Anderson porta a spasso il suo cane e si imbatte in un disco volante interrato.

La curiosità uccise...il cane ( in questo caso ) visto che questa scoperta la porterà a subirne un influsso durante lo scavo, molto simile ad una possessione lenta, ma inesorabile, che la porterà a mutare.

Ecco, questa parte non è chiarissima, ma va presa così com'è.

Praticamente nello scafo è presente qualche sostanza che portata dal vento, porta inesorabilmente tutti gli abitanti della cittadina di Haven a subirne gli effetti.

Di fatto, Tommyknocker è un romanzo corale che può ricordare Cose Preziose, Le notti di Salem e IT.

Ora, non solo questi lentamente mutano fisicamente, tanto da perdere i denti, ma la mutazione gli porta anche delle intuizioni tecnologiche geniali, tanto che gli elettrodomestici subiscono delle modifiche tali, da diventare delle armi di distruzioni di massa o dei prototipi energetici impensabili per l'epoca, e soprattutto gli abitanti iniziano anche lentamente ad avere una coscienza di massa.

Gli unici a resistere alla mutazione ed ad averne degli effetti più lenti, sono coloro che hanno delle piastre metalliche nel corpo, il che ci porta all'altro protagonista, cioè Jim Gardener.

Gard non è proprio il prototipo dell'eroe di un romanzo.

Qui, secondo me, si annida una delle particolarità, ma anche uno dei problemi di questo libro.

Gardener non è una figura positiva.

E' alcolizzato, è un complottista energetico, del tipo più odioso ed aggressivo, ed in più ha sparato all'ex moglie.

Il suo prologo è talmente grottesco, che devo essere onesto, mi ha portato anche a ridere delle sue disgrazie.

La scena in cui ubriaco rincorre e prende a botte di ombrello un imprenditore che lavora nel campo del settore dell'energia nucleare, a me ha fatto ridere un sacco, facendomi anche un po' sentire in colpa.

Gardener torna ad Haven da Bobbi, con cui ha avuto una relazione, ma con cui ha mantenuto l'amicizia, e pur trovandola diversa, la aiuta nella sua impresa di archeologia spaziale.

Gard, per tre/quarti di libro, sarà o ubriaco, o in balia della storia.

Si intuisce che King volesse creare una sorta di stallo alla messicana molto teatrale e psicologico tra Bobbi e Gard, con un rapporto complesso che la mutazione di Bobbi porta lentamente al deterioramento, però è una parte fin troppo descrittiva e statica.

Il che porta il libro, per lunghi tratti, a non essere di semplice lettura.

Viene meno il senso di epica ed avventura, quel conflitto tra bene e male.

Questo porta l'intreccio ad essere una lunga sequela di eventi ed interludi, dedicati a personaggi sparuti, che siano poliziotti, parenti, o giornalisti di passaggio, o qualche cittadino che tenta di ribellarsi al cambiamento proprio e/o altrui.

Questa lunga sequela di sparizioni, morti accidentali o volute, è molto coinvolgente.

A livello narrativo, in molti casi, vi è quasi un che di fumettistico o cinematografico alla Nightmare, con delle scene non solo macabre, ma anche da commedia horror, per certi versi.

Insomma, l'intreccio è avvincente, ma pende quasi unicamente da una parte.

E' un romanzo di fantascienza di isteria collettiva.

E' un libro in cui non vi è un percorso dell'eroe, e quindi non è propriamente un libro empatico.

Nelle altre storie di King, c'erano comunque delle figure che contrastavano il male, e quindi la trama era molto più epica, poiché infarcita di scontri, e quindi più avvincente, qui non è così, se non nel finale.

Anche il fatto che i villain siano molto astratti, ed in qualche modo siano poi i cittadini stessi, fa venire meno quel senso di avventura e riconoscibilità.

Per me questo è il motivo principale per cui questo romanzo non è piaciuto a tante persone.

Per avere una ribellione dobbiamo aspettare le ultime cento pagine, il che è molto poco.

Per altro il finale è pure molto sconnesso ed affrettato, oltre che forzato in qualche punto, con una sorta di intervento soprannaturale, che comunque è tipico di King.

Resta comunque un libro molto coeso come struttura narrativa.

Per me è molto più ricco di alcune sue ultime opere, almeno come costrutto.

King ci ha impiegato cinque anni a scriverlo, e si vede l'impegno che gli ha dedicato, ma per me si notano anche alcune sue difficoltà nell'indirizzare la storia, e questo lo si nota in un finale che non è proprio riuscitissimo, secondo me.

Comunque resta un libro molto divertente da leggere.

Certo, le spiegazioni scientifiche sembrano un po' delle supercazzole non molto credibili, ma è molto divertente l'uso di elettrodomestici comuni che solo con l'utilizzo di batterie, cavi coassiali, transistor, diventano delle robe ultra moderne capace di lanciare raggi laser e quant'altro.

E' un libro strano, che probabilmente un lettore di letteratura fantascientifica può smontare in più punti, ma che a me ha divertito.

Però al contempo capisco chi lo critica.

Mancano i componenti per cui fare il tifo e con cui empatizzare, manca l'eroe, ed anche il villain carismatico.

E' bene ribadire che chiunque lo affronti, sappia a cosa va incontro.

E soprattutto è bene dire, che in questo caso il bagliore di una luce verde, non è una cosa amarcord e romantica come nel Gatsby di Fitzgerald, ma qualcosa di molto più ostile e minaccioso. :-P

C'è chi afferma che Jim Gardener in qualche modo rappresenti un po' l'autore stesso che in quel periodo viveva un periodo di dipendenza dall'alcool e le droghe, con la paura di divenire una persona orrenda e violenta, ma non mi sentirei di spergiurarlo.

Di sicuro qualche affinità lontana con un altro personaggio di King, ovvero Jack Torrance, c'è.

Ma soprattutto in questo libro c'è un senso di estraneità e di alienazione che è palpabile nella storia e nei suoi personaggi.

Si denota l'impegno, ma anche una certa presa di distanza, come se in fondo King non abbia amato molto questo romanzo.

Tommyknocker è un romanzo alieno in tutti i sensi.


Alla prossima!








giovedì 9 febbraio 2023

Mystery - Peter Straub

Il fatto che io stia arrivando lentamente a leggere tutto di questo autore, certifica in un certo senso la sua morte non solo fisica, ma anche letteraria.
la cosa mi duole un po'.
Mi consola che ho ancora il terzo volume della saga La rosa blu da leggere e Mr. X, che sto corteggiando nell'usato in attesa che cali di prezzo.
Riguardo The Throat, ovvero il terzo volume della saga, dovrebbe uscire per Fanucci, ma oggettivamente non so quando, visto che nel loro sito non ne ho visto traccia.
Anche se oggettivamente, difficilmente lo comprerei in prima edizione.

Tornando a Mystery, posso dire tranquillamente che ancora una volta, Peter non mi ha deluso.
Andiamo di sinossi e parliamone:

Quando era più piccolo, Tom Pasmore ha quasi perso la vita in un incidente d'auto sull'isola di Mill Walk. Le ferite riportate lo hanno costretto a casa per più di un anno, periodo in cui trascorre molto tempo leggendo romanzi polizieschi. E per qualche oscura ragione, il suo bizzarro vicino di casa, l'anziano di nome Lamont von Heilitz, sembra interessarsi a lui. Tom ha infatti un atteggiamento distaccato nei confronti della vita e delle situazioni. Non è mai stato un ragazzo popolare, semplicemente perché la maggior parte dei suoi amici non lo capisce. Anche la sua passione per i crimini e un certo album di ritagli circa un omicidio degli anni Trenta, contribuiscono a trasformarlo lentamente in un ragazzo introverso e apparentemente disadattato. La situazione in casa non migliora certo le cose: la madre è amorevole ma quasi sempre depressa, il padre è distante e rude, e il nonno uno che è abituato a comandare. Ma quando Tom fa davvero conoscenza con von Heilitz, la sua vita comincia a cambiare lentamente. Scopre infatti che questo vecchio è stato un detective molto famoso il cui soprannome era "l'Ombra" e che sembra voglia coinvolgerlo in alcune piccole indagini. Sarà da quel momento che ogni cosa assumerà un diverso significato...


Ho pescato questa copia come consuetudine su Ebay a 5 Euro e qualcosa.
E' un'edizione in paperback della Sperling del 1995 tutto sommato ben conservata.
Mystery è il secondo capitolo della trilogia de La rosa blu, ma può essere tranquillamente letto a sé stante, poiché i collegamenti con Koko, sono tutto sommato abbastanza blandi.

Se con Koko eravamo impelagati in una trama che virava tra il drammatico e il thriller, qui ci troviamo in bilico tra il romanzo di formazione, il giallo ed il noir, con chiare ed evidenti citazioni a Arthur Conan Doyle e Raymond Chandler.
Ed ancora una volta salta fuori tutta la poliedricità di quest'autore capace di passare con disinvoltura da un genere all'altro.

Mystery mi è piaciuto molto.
Non è esente da scelte narrative che non mi sono piaciute, ma intrattiene ed è scritto dannatamente bene.
In più ha una struttura molto Kinghiana, tanto che ad un certo punto, mi sembrava di leggere proprio una storia del Re, soprattutto per quel che concerne la scenografia geografica, dove Straub in un certo senso, riesce a trascinarti interamente dentro le esistenze di comunità cittadine ed isolane.

Protagonista della vicenda è Tom Pasmore.
Inizialmente la trama vira proprio nel racconto di formazione duro e puro, ma lentamente dietro la normalità familiare ( abbastanza disfunzionale per certi versi ), il ragazzo, attraverso le sue passioni letterarie e la conoscenza del vicino di casa, solitario, ma famigerato ex investigatore privato, porterà alla luce vecchi segreti, suicidi, omicidi, e morti sospette, e soprattutto corruzioni di ogni tipo, dietro la normalità apparente della comunità.
E soprattutto sulle personalità apicali di questa comunità isolana, tra cui spiccano il nonno del protagonista, ed anche la famiglia più facoltosa ed importante dell'isola, ovvero i Redwing.

Come se non bastasse, la ragazza concupita da Tom, è legata ad uno dei rampolli di questa famiglia, anche se sembra più un legame d'interesse che reale.

Il miglior personaggio del romanzo è senza dubbio Lamont von Heilitz, un vecchio detective che sembra una via di mezzo tra Sherlock Holmes e Philip Marlowe, che spicca non solo per la sua arguzia, ma anche per il suo modo di vestire.

Ebbene, questo personaggio, non avrà chissà quale spazio, ma è una figura importantissima nell'economia della storia, ed una delle sue apparizioni in particolare, mi ha ricordato moltissimo Il mastino dei Baskerville.

Ci sono cose che non mi sono piaciute?
Due in particolare, che sono anche sequenziali.
Ad un certo punto parte dell'azione si svolge durante le vacanze estive, che vede il protagonista invitato tramite suo nonno dai Redwing su un'isola, in un ambiente a lui totalmente ostile, visto che ad una certa tutti si accorgono della tresca tra lui e la ragazza, invitata anch'essa con la sua famiglia, in atto di ufficializzare il fidanzamento con il rampollo dei Redwing.

Durante queste vacanze Tom subisce due tentativi di omicidio.
Qui le cose si fanno meno realistiche, per me.
Capisco che è un investigatore in erba, ma uno qualsiasi tenterebbe di lasciare l'isola in qualche modo, parliamo comunque di un ragazzo di 19 anni, ed invece, non solo è abbastanza cieco da non vedere il disegno contro di lui ( purtroppo ben evidente al lettore, e qui, secondo me, sta la doppia caduta di trama ), ma si fa convincere a rimanere subendo anche un terzo attentato.

Per rendere credibile la trama, sarebbe bastato che Straub avesse dedicato qualche pagina spiegando che magari il ragazzo non avrebbe potuto lasciare l'isola nemmeno volendo, inventandosi che so, che non c'erano aerei o quant'altro, sarebbe veramente bastato poco.
In più come dicevo, il secondo tentativo di omicidio, porta facilmente il lettore alla soluzione narrativa, tanto che appare strano che il protagonista non se ne accorga.

Il fatto che la soluzione della storia sia un po' telefonata, era evidente anche nel romanzo precedente, il che può essere visto come un difetto, in verità però, io mi sono goduto comunque questo romanzo dall'inizio alla fine.

Certo, secondo me, Chandler e Conan Doyle sono più bravi a nascondere i misteri narrativi e a mostrarli sollo alla fine, ma non posso dire di ritenermi deluso, tutt'altro.
A me Peter Straub piace un sacco.
Però, dannazione, nelle sue storie, trovo sempre qualcosa che non permette a quella storia di essere inattaccabile.
A livello di coinvolgimento e scrittura, Mystery resta comunque un romanzo con i fiocchi, che sono felice di aver letto.


Alla prossima!





mercoledì 18 gennaio 2023

L'altro posto - John Ajvide Lindqvist

Ho già parlato in passato di Lindqvist, che un po' tutti in Italia abbiamo conosciuto grazie all'adattamento cinematografico del suo libro Lasciami Entrare, che ha avuto due film ad esso dedicati, tra cui un remake americano.

Lasciami entrare è anche l'unico suo libro che possedevo in cartaceo, perché ricordo all'epoca che un amico virtuale mi prestò le sue copie in e-book di altri libri di Lindqvist che avevo intenzione di recuperare come Il porto degli spiriti, L'estate dei morti viventi e Una piccola stella.
Credo anche di avergli dedicato anche dei post qui sul blog, quello su L'estate dei morti viventi sicuramente, visto che lo lessi in un periodo travagliato della mia vita, che mi vide abbandonare questo spazio per tanti mesi.

Dopo di allora, confesso di averlo totalmente perso di vista, e non avevo certamente in programma di leggere altri suoi libri.
Ho spesso trovato le sue opere stranianti, alcune anche abbastanza originali, tipo Una piccola stella, ma tranne che con Lasciami entrare, non mi ha mai preso fino in fondo, cioè non comprerei mai un suo libro a prezzo pieno.

Ed allora cosa è successo?
Semplice, l'ho pescato al mercatino dell'usato.
Ora, io a dirla tutta avevo altre idee, che erano quelle di comprare in libreria un romanzo classico contemporaneo, ma purtroppo non ho avuto modo e denaro.

Comunque spulciando tra le bancarelle, è saltata fuori questa copia della Marsilio uscita intorno al 2018, e mi ha fatto specie che qualcuno si sia liberato di un romanzo pubblicato da così pochi anni.
Da una parte mi è suonata una campanellina d'allarme, perché ho pensato che questo romanzo potesse essere piaciuto poco al possessore tanto da liberarsene, ma dall'altra, trovare un romanzo praticamente nuovo a 2 Euro, di un autore che comunque ho apprezzato, è sempre una cosa buona e giusta.

Tra l'altro leggendolo ho trovato numerose pagine sottolineate, segno che quindi al lettore, qualche paragrafo deve averlo colpito, quindi è venuta un po' meno l'idea che al possessore del libro non fosse piaciuto, quindi vai a vedere i veri motivi per cui lo ha svenduto.

Ma bando alle elucubrazioni e passiamo al libro vero e proprio.

John Lindqvist ha diciannove anni e vuole diventare un prestigiatore. Il concorso per maghi che si terrà in Danimarca è vicino, e lui si esercita duramente nella speranza di vincere un premio. Non vincerà nulla, anzi, nemmeno riuscirà ad arrivare a Copenaghen. Invece, viene arrestato per furto, e quando esce di prigione e torna al suo condominio buio e stretto nei sobborghi di Stoccolma, proprio accanto al tunnel di Bunkeberg, si accorge che qualcosa è profondamente cambiato. Intorno a lui avverte un movimento strano e spaventoso. Si rende conto che tutto nasce nella lavanderia comune nello scantinato del suo palazzo. E ha a che fare anche con alcuni dei suoi vicini e con quello che fanno nelle docce dietro la lavanderia. C’è qualcosa che regala agli iniziati esperienze incredibili e meravigliose. Qualcosa che li porta in un luogo che John chiama “l’altro posto”. Dove puoi essere quello che sei davvero. C’è un prezzo, ovviamente. All’inizio sembra un prezzo ragionevole. Solo un po’ di sangue. Ma alla fine John capirà che il vero prezzo da pagare è molto più alto.
 
Diverso da qualsiasi cosa Lindqvist abbia mai scritto, L’altro posto, seguito indipendente di Musica dalla spiaggia del paradiso, è un’autobiografia fantastica sospesa tra realtà e finzione, dove la linea di confine tra il vero e il falso, il reale e il surreale è ingegnosamente annullata.

L'altro posto è praticamente una biografia dell'autore romanzata in chiave orrorifica, e per lo più ambientata nella sua post adolescenza.
Il romanzo infatti parla principalmente di un giovane uomo svedese che deve trovare ancora la sua strada, ed in qualche modo solitario e confuso sul suo presente e futuro, e che si guadagna da vivere facendo il prestigiatore in strada o in qualche ristorante.
Il protagonista ovviamente è l'autore stesso.
Diciamolo subito, dal punto di vista orrorifico non racconta nulla di nuovo, anzi, vi verranno in mente altri libri, altri autori, ed altre storie.
Stephen King, Clive Barker, persino Joe Hill.
Detto questo, il libro è incredibilmente scorrevole, tanto che si potrebbe leggere anche in poche ore, visto che comunque conta poco più di 300 pagine, ed i caratteri sono anche abbastanza grandi.

In più Lindqvist non è un autore scontato, e le sue opere hanno pochissime forzature e cadute di tono, pur essendo parecchio ondivaghe e oniriche in più punti.
Certo, per comprenderlo meglio, bisognerebbe avere delle infarinature sulla vita sociale e politica della Svezia di quel periodo, ma ad onor del vero, l'autore riesce a trasmettere l'atmosfera e l'inquietudine giusta, nonché il desiderio e gli stimoli, che l'essere nella lavanderia riesce a evocare nelle menti e nelle esistenze degli abitanti del condominio in cui vive il protagonista della storia.

Molto carino anche il racconto nel racconto che vede protagonista un bambino piuttosto strano ed inquietante, che mi ha ricordato moltissimo L'estate che sciolse ogni cosa.

L'altro posto, per me, è tutto sommato un buon libro, ma che non racconta nulla di nuovo.
Ribadisco che personalmente non spenderei 18 Euro per un libro di Lindqvist, ma allo stesso tempo non mi sento di criticare il libro, che il suo lo fa.
E' una bella storia, scritta in modo molto efficace.

E' un po' strana la parabola avuta da quest'autore, che segue in un certo senso quella di altri romanzieri del suo stesso genere, come Barker o Straub, che ci hanno messo poco tempo a finire nel dimenticatoio.

Non tutti sono Stephen King, e non tutti hanno la sua forza propulsiva.
Ci vedo un parallelo con la società attuale, in cui sei costretto ad essere veloce e sempre presente, quasi come un influencer o un content creator, perché al giorno d'oggi, la gente ci mette poco a scordarsi che esisti, anche se sei un bravo scrittore.

O semplicemente come altri ancora, ha azzeccato un romanzo di massa, e poi si è accontentato di vivere di rendita, chissà.

In ogni modo, Lindqvist è una buona alternativa all'horror di massa del momento.


Alla prossima!


sabato 31 dicembre 2022

Cell - Stephen King

Cell è stato tra i primi libri di King che ho comprato in prima edizione.
Per molti è stato il libro che ha certificato il declino di questo autore, ed anch'io con il tempo sono arrivato a pensare lo stesso.
Pubblicato nel 2006 segue un po' la scia di quel periodo, che vedeva gli zombie andare fortissimo soprattutto grazie al fumetto di The Walking Dead che diventò in quel periodo un vero e proprio fenomeno di costume.

Quello di King è però un omaggio diretto a Romero e Richard Matheson ( con tanto di dedica ad entrambi ), ed anche una storia allegorica sull'uso intensivo dei cellulari.
Certo, i social erano ancora al di là di venire, ma ho idea che evidentemente le persone intorno a King utilizzassero moltissimo chiamare con il telefonino.
Qui in Italia non credo fosse poi così, almeno nella mia cerchia di familiari ed amici, nel senso che si cercava di risparmiare il più possibile, e quindi andare di squilli o di SMS solo se necessario.
Conoscevo pochissime persone, tranne alcune fidanzate, che parlavano e consumavano traffico telefonico a iosa.
Ma è inutile parlare degli usi e costumi nostrani ed americani, e concentriamoci sul romanzo.
Com'è Cell, riletto dopo tanti anni?
Andiamo di sinossi e poi parliamone.

"Boston, primo ottobre. Tutto va bene. È un luminoso pomeriggio di sole, la gente passeggia nel parco, gli aerei atterrano quasi in orario. Per Clayton Riddell è il più bel giorno della sua vita. In quel preciso istante, il mondo finisce. A milioni, quelli che hanno un cellulare all'orecchio impazziscono improvvisamente, regredendo allo stadio di belve feroci. In un attimo, un misterioso impulso irradiato attraverso gli apparecchi distrugge il cervello, azzerando la mente, la personalità, migliaia di anni di evoluzione. In poche ore, la civiltà è annientata, l'homo sapiens non è mai esistito, lasciando al suo posto un branco di sanguinari subumani privi della parola. Ma questo è solo l'inizio."


Gli omaggi diretti ai due grandi autori non sono stati messi a caso, poiché la storia narrata ha una critica sociale come quella di Romero ( ma poco approfondita ) ed un modus operandi che ricorda tantissimo Io sono leggenda, ma solo dalla metà in poi.

E' uno di quei pochi libri in cui si percepisce la costruzione dello stesso in corso d'opera, e non so è una cosa positiva.
E' un po' strano da dire, poiché d'altronde tutti i suoi lettori conoscono il suo metodo di scrittura, ma in Cell è dannatamente tangibile, poiché la narrazione si evolve in maniera spesso repentina, cambiando le prospettive ed anche il linguaggio dei protagonisti.
E soprattutto è uno dei primi libri in cui il background dei protagonisti è fin troppo ermetico.
Ho idea che trattandosi di un libro che tratta di tematiche post apocalittiche che potrebbero ricordare L'ombra dello scorpione, King abbia in qualche modo cercato di evitare le lungaggini e concentrarsi più sull'azione.
Da questo punto di vista Cell è un romanzo veloce e coinvolgente.
L'azione si svolge in pochissimo tempo, e spesso, soprattutto nelle prime centinaia di pagine, si concentra in pochissimi giorni, se non in ore.

La storia è semplicissima, e vede le persone letteralmente impazzire dopo aver ricevuto una telefonata che gli trasmette un impulso che li trasforma letteralmente in bestie assetate di sangue e violenza.
La prima parte è veramente ottima, tutte le persone intorno al protagonista impazziscono, e vediamo esplosioni e scene di distruzione di massa da tutte le parti.

Il romanzo diventa una corsa alla sopravvivenza per i pochi e sparuti sopravvissuti, ovvero coloro che non avevano con sé un telefono cellulare.

La trasfigurazione degli sfortunati utilizzatori dei cellulari però non è che un primo sintomo, poiché in poco tempo si evolvono arrivando non solo a muoversi come una coscienza collettiva, ma anche ad avere dei poteri telepatici e telecinetici.
Diciamolo chiaramente, da un certo punto in avanti è bene spegnere il cervello, poiché la storia dal punto di vista narrativo non appare molto credibile.
Un nerd dodicenne diventa il cervello pensante di tutte le soluzioni della storia ( tutte azzeccate ), ed anche alcune dinamiche narrative, sono molto abbozzate ed attaccate con lo sputo, specie per quel che concerne la globalità della storia, se uno arriva a porsi domande che esulano un po' dalla geografia narrativa.

Manca anche l'empatia verso i protagonisti, non dico che non ci si affeziona a loro, specie verso i due personaggi più giovani, ma conoscendo poco della loro storia e del loro passato, non ci si sente molto attaccati a tutti loro.

L'unico a cui King concede una sorta di background è il protagonista, ed anche qui, si fa fatica a capire perché è l'unico che gli altri sono disposti a seguire.
Cioè, si suppone che anche gli altri abbiano qualche parente che possa essere ancora in vita e non trasformato, eppure loro si rassegnano subito e seguono il protagonista nella sua ricerca di ex moglie e figlio.

Cell è un romanzo che parte benissimo, ma che nella sua trasformazione in una citazione diretta di Io sono leggenda, perde moltissimo.

Infatti è molto bella la prima parte on the road in cui i protagonisti si mettono in viaggio e provano in qualche modo a trovare un metodo per dare battaglia ai cosiddetti telepazzi, mentre nel proseguo diventano quasi teleguidati da quest'ultimi, tanto che si viene a perdere quel poco di epicità e di quell'antieroismo da quasi villain che li rendeva interessanti fino a quel momento.
So che King voleva creare una sorta di ineluttabilità, ma in quel modo ha reso il finale incredibilmente stupido.

E' come se ad un certo punto non sapesse più dove andare a parare.

Mi rendo conto che è un post molto astruso, ma ho voluto evitare dei riferimenti diretti che potrebbero spoilerare molte parti della storia.

Cell è uno di quei romanzi che parte come un treno, ma che poi perde pezzi per strada.
Forse, e dico forse, King poteva semplicemente fare una storia con degli zombi, senza per forza farli diventare essere onniscienti che sembrano uscire ad un certo punto da una storia di John Wyndham.

E' veramente un peccato, perché alcune parti di questa storia sono anche molto epiche e suggestive.
Le scene di distruzione di massa, in cui gli eroi aspettano che questi esseri vadano a riposare tutti insieme negli stadi, per poi bruciarli letteralmente vivi, è piuttosto forte, ma narrativamente potentissima.
Peccato per le soluzioni narrative successive molto raffazzonate, ed in qualche caso, veramente facilone ed anche illogiche.

Insomma, con Cell godi solo a metà.
E ci è servito a capire che King al tempo non aveva una grande considerazione per tutti coloro che stavano costantemente al cellulare, che considerava a tutti gli effetti dei lobotomizzati e cerebrolesi.
Ci ha visto lungo, in un certo senso.
Soprattutto considerando che con questa storia ha mancato per un soffio la nascita di Facebook, giunta poco dopo, e che in un certo senso, come diceva Eco, ha lentamente dato voce ad una manica di imbecilli. 
C'è qualcosa di buono in Cell? Per me sì.
E' un romanzo veloce e molto coinvolgente.
All'epoca della prima lettura lo paragonavo ad un film horror di serie b mandato in onda in seconda serata.
Non è la lettura della vita, e non è il romanzo di King che consiglierei.
E' un King in formato action.
Magari vi piace.

Ed è tutto qui per questo 2022.
Un anno non proprio da incorniciare per questo blog, che a tutti gli effetti è ormai morente ed inutile.
Segno che se non sei parte attiva della bolla blogger e se non coltivi quei rapporti, diventi una goccia nel mare del web.
Vorrà dire che sarò una barca alla deriva o cibo per pesci.

Qui già sparano, e la fine si avvicina.
Buon 2023 a tutti.

Alla prossima?
Chissà. Magari no.