sabato 29 luglio 2023

La pietra della luna - James Herbert

Al di fuori dei romanzi pubblicati da Urania, ignoravo l'esistenza di alcuni romanzi di James Herbert pubblicati negli anni '80/90 ed oggi fuori catalogo.

E' strano che mi fossero sfuggiti, e questo non è un bel segnale per il sottoscritto, poiché significa che mi sto lasciando vincere dalla pigrizia, dalla fretta, e dalla voglia di non approfondire più di tanto anche gli autori che tanto decanto come Herbert.

Qualche mesetto fa avevo dieci Euro che volevo buttare su Ebay, e mentre ero alla ricerca di qualche buona offerta per qualche romanzo che non riesco a trovare ai mercatini, mi salta l'occhio su un trio di romanzi di James Herbert che non avevo ancora letto, e di cui ammetto che ne ignoravo l'esistenza.

Il più accessibile è stato questo di cui mi accingo a parlare, e che ho trovato a buon prezzo, in formato con sovracopertina.

Il libro in questione è un'edizione de Armenia editore del 1987.
Spulciando un po' su Ebay ve n'era anche una del ben più noto CDE, che però aveva un titolo diverso Moon, che è anche il vero titolo del romanzo.

Andiamo di sinossi e parliamone:

"Si chiama Jonathan Childes e da qualche tempo insegna informatica nel College femminile di La Roche.
Nessuno conosce il suo passato; nessuno al di fuori di Amy, la ragazza che per amore ha accettato di condividere il suo angoscioso segreto.
Childes, infatti è fuggito da un incubo, da un'incredibile esperienza telepatica che gli aveva fatto predire le date e i luoghi di un'inspiegabile serie di infanticidi. Era stata come una maledizione che, alla fine, aveva distrutto la sua vita e la sua famiglia. Ora, però, tutto sembra dimenticato. Stimato, ammirato, Childes è tornato se stesso, con la mente liberata da quegli strani poteri.
Fino al giorno in cui, d'improvviso, davanti ai suoi occhi cala nuovamente un sipario di sangue. Il suo inconscio sta captando terribili segnali di morte. Per Childes l'incubo è ricominciato..."


Così come per Howard, Stephen King rivolgendosi a James Herbert nel suo saggio Danse Macabre, lo descrisse come di un autore che nelle sue storie andava a battagliare con l'horror.
In effetti La pietra della luna, è un romanzo che prende di petto l'azione e lo fa anche con ferocia e pochi filtri, ma in maniera molto ermetica.
Herbert crea molte aspettative verso questo villain, ma alla fine, non mi è sembrato una figura così centrata e convincente.
Invece il romanzo è ottimo per quel che concerne l'intreccio ed i comprimari.
Certo, non offre nulla di nuovo rispetto al genere, e letto adesso vi verrebbero in mente migliaia di storie simili, ed anche qui non manca l'investigatore amico, ma con i colleghi sospettosi verso il protagonista, tanto per continuare il trait d'union con i romanzi di  King che ho riletto recentemente.

Però tutti i protagonisti di contorno della vicenda, funzionano veramente molto, ed infatti Herbert crea un cast di personaggi molto credibili, familiari del protagonista in primis.

Tutto ciò che riguarda il rapporto di coppia con Amy, ma anche i rapporti con ex moglie e figlia, funzionano molto bene, ed anzi sono ben più interessanti delle scene più creepy, che a me appaiono molto più nella norma, forse perché vi sono fin troppo abituato.

Insomma è un libro che mi ha trasmesso più come soap opera orroristica, che per quel che concerne l'horror in sé, e credo che a conti fatti ci troviamo tra le pagine di uno dei romanzi minori di questo scrittore.

Alcune scelte poi sono fin troppo dei cliché.
Il fatto che la figlia abbia le stesse facoltà del padre è un po' una banalità, mentre è carino che il tramite di trasmissione delle visioni avvenga attraverso una lunarìa che l'assassino lascia sul posto del delitto.

Al di là dell'intreccio che è molto coinvolgente, devo dire che dal punto di vista della coesione e della trama questo libro mi ha detto molto poco.

Sono comunque contento di averlo letto.
E se potrò conto di recuperare anche gli altri romanzi che mi mancano di questo scrittore.
Però ho idea che Urania aveva scelto bene, andando a prendere il materiale migliore che Herbert aveva scritto, perché per me, La pietra della luna vale molto meno degli altri romanzi che avevo letto di questo scrittore.
Segno che forse quest'autore è molto più agio quando si trova nel confine tra il genere fantascientifico e horror, che piuttosto in quest'ultimo in maniera tout court.
Ma quest'ultima è solo un'impressione, che fugherò soltanto quando e se riuscirò a recuperare anche Satana ed Il sepolcro.

Alla prossima!




martedì 11 luglio 2023

Dolores Claiborne - Stephen King

 "...Anche il tempo è uno stretto, sapete, come quello che c'è tra le isole e la terraferma, ma l'unico traghetto che va da una sponda all'altra è il ricordo, ed è come un vascello fantasma: se vuoi che scompare, dopo un po' non c'è più."


Dolores Claiborne mi riporta ad un passato che fu presente, sicuramente pieno di problemi, ma che oggi in qualche modo ricordo con affetto, forse perché c'era una persona che non c'è più.

Lessi questo libro durante un'estate assolatissima, nelle prime ore di un pomeriggio lavorativo lungo e noioso, in cui, tra un cliente e l'altro, ci si sedeva fuori all'ombra, manco fossero gli anni '80, anni in cui le famiglie solevano portare le sedie fuori e passare le sere a chiacchierare/sparlare sui marciapiedi.

Cosa che dalle mie parti non esiste più.

Cosa ricordavo però del libro in sé?

Poco in realtà.

Ho il ricordo dei giorni in cui l'ho letto, ma poco dell'opera.

Ho posto rimedio nel mese scorso, rileggendolo dopo più di quindici anni.

Quindici anni? Potrebbero anche essere venti.


L'edizione in mio possesso risulta essere del 2003, ed è l'ennesimo acquisto che facevo nel pomeriggio del sabato nell'ipermercato vicino casa, nel periodo del mio delirio per Stephen King, di cui volevo avere tutto.

Riletto oggi, devo dire che l'ho apprezzato molto di più della prima volta.

Per me Dolores Claiborne è un libro perfetto, senza alcuna sbavatura.

Parliamone meglio dopo la sinossi:

"Dolores Claiborne è un'anziana rompiscatole yankee che adesso si trova a doversi discolpare, davanti alla polizia, per la fine misteriosa di Vera Donovan, la ricca invalida di cui era la governante. Ma a Little Tall Island molti si chiedono ancora cosa sia realmente successo in quel giorno spettrale di trent'anni prima - che coincise con un'eclissi totale - in cui morì suo marito. Per difendersi, Dolores si lancia in un racconto trascinante, un avvincente monologo in cui ripercorrere la sua tormentata e terribile esistenza".

Quando scrivo perfetto, non significa che si stia parlando di un capolavoro.

Il romanzo è perfetto per quel che si prefigge di raccontare, ma parliamo di un'opera molto orizzontale ed anche abbastanza semplice come intreccio.

In più possiamo dire che è una delle rare incursioni di King in un genere più drammatico che orroristico.

Non mancano scene forti, e la scena del pozzo è emblematica, potente e disturbante, ma mancano quasi totalmente le scene soprannaturali tanto care allo scrittore del Maine.

Qualche guizzo c'è, ma davvero poca roba.

Il romanzo è sorretto quasi unicamente da un unico personaggio, che ci racconta il tutto sotto il suo solo punto di vista, ma King lo delinea in modo così credibile ed accurato, da renderlo incredibilmente umano, anche se parliamo di un'assassina...

King entra nel campo Dostoevskijiano, e non ne esce con le ossa rotte, anzi...

Tranquilli, comunque, non ho spoilerato poiché il romanzo si apre proprio con la confessione durante un interrogatorio di un assassinio, anche se non è quello per cui Dolores viene accusata.

Dolores Claiborne conta solo 267 pagine, e ci porta dritti in una comunità isolana molto chiusa e molto patriarcale.

King in quest'opera divaga molto poco, e forse è proprio per questo che questo libro non deraglia mai, risultando oltremodo centrato.

Ovviamente essendo un racconto molto orizzontale, e non avendo molte parti dedite all'azione, potrebbe risultare statico, ed infatti capirei benissimo chi mi dicesse che questo libro non gli è piaciuto, però boh, per me è uno dei libri migliori di King, proprio perché è molto più terreno di molti altri.

Il male vero, quello umano, per me è molto più potente di qualunque creatura immaginifica.

Credo non ci sia molto da dire sulla storia, perché è bello scoprirla da sé, soprattutto per quel che concerne la forza e la determinazione di Dolores, uno dei personaggi più complessi e belli mai creati dal Re.

Però anche la dispotica Vera Donovan si rivela un personaggio parecchio incisivo e peculiare.

Ho parlato di atmosfere che ricordano Dostoevskij, ma in verità alcune dinamiche sono molto assimilabili a Shirley Jackson.

Insomma, questo libro ci racconta di una piccola storia, ambientata in una piccola isola, e di un personaggio che vive una vita umile e difficile, che trova riscatto e coraggio durante un'eclissi.

Questo libro porta in dote tanti dubbi di natura morale, perché al di là dell'empatia e delle ragioni di Dolores che subisce soprusi ed angherie dal marito, non si può comunque arrivare a giustificare l'atto in sé, eppure, in un certo qual modo, si arriva a comprenderla.

Un libro che riesce in questo è un gran libro.

Certo, Dosto ed altri ci sono arrivati prima di King, però bisogna dire che il Re ha scritto davvero un libro che forse avrebbe meritato maggior successo di alcuni suoi altri libri.

Dolores Claiborne è davvero un buon libro.

Leggetelo, se potete.

Alla prossima!


mercoledì 21 giugno 2023

Il divulgatore a cui do credibilità non sponsorizza e non si sponsorizzerà.

Foto di Miguel A Amutio su Unsplash
Due volte in pochi giorni, mi sono ritrovato a provare delle sensazioni strane sulla divulgazione via web, soprattutto quella che credevo non sponsorizzata.

L'apparizione della dicitura #Adv, lo sponsorizzare se stessi e le proprie traduzioni/opere in spazi virtuali che fino alla visita precedente trovavo più trasparenti, mi provoca una sorta di mestizia.

Nel momento in cui provi a vendermi qualcosa, io mi chiudo a riccio, ti considero perso.

Non mi fido più.

Proviamo a contestualizzare un attimo, per quanto mi rendo conto di quanto sia un argomento
complesso con numerose derivazioni che resteranno sottintese o ignorate del tutto.

Torniamo indietro nel tempo, prendendola larga.

Da ragazzini le pubblicità ci hanno in un certo senso indottrinato, indotto al desiderio verso alcuni oggetti, soprattutto giocattoli.

Ricordo ancora gli opuscoli natalizi dei vari marchi, ed ancora oggi c'è una nutrita mandria di nerd e divulgatori di oggetti pop, che ancora vivono di quei ricordi, alcuni ci campano anche.

Il vip di turno che provava a venderci un prodotto c'è sempre stato, ma oggi si è moltiplicato con il moltiplicarsi delle possibilità di marketing attraverso non solo il cartaceo e la tv, ma anche il web ed i social.

Oggi però il rapporto di molti di noi con la pubblicità, è controverso, per non dire di fastidio.

Molti cercano modi per skipparla, ed io stesso in molti video/immagini su  Internet, Youtube o sulle app o piattaforme streaming, faccio altrettanto.

Scommetto che come me molti altri, persino i divulgatori stessi, ipotizzo.

Ed allora perché io dovrei sorbirmene ancora delle altre?

Spesso mi faccio questa domanda mentre guardo un video/una stories/ leggo un post sponsorizzato/ecc.ecc.

C'è una certa ipocrisia di fondo in molti di questi creators, ed è un discorso che vale per tutti i creatori di contenuti dei vari media: youtuber, blogger, tiktoker, bookstagrammer, ecc.ecc.

Questo non è un atto di accusa, sia chiaro.

Capisco le regole del gioco, ed io stesso ho usufruito dei consigli, quelli più trasparenti, dei divulgatori in questione.

Anche perché spesso è facilmente intuibile la marchetta di turno, specie se è sponsorizzata in maniera chiara e legale.

Io stesso tempo molto tempo fa, feci un post su un libro che avevo ricevuto in omaggio da un altro blogger.

Ricordo che per me fu una situazione strana, anche alienante, per certi versi, perché sentivo che avrei dovuto dire di no, ma non ne ebbi cuore, conscio che però lo avrei letto più per dovere che per piacere.

Io un libro del genere non lo avrei mai comprato, e non perché era brutto ( non lo era ), ma perché trattava di argomenti che ormai mi interessano poco, anche perché io con il tempo ho un po' superato la nostalgia del passato e dei vecchi giocattoli, ed al massimo me ne è rimasto qualche eco, ma non tanto da considerarmi un rappresentante del geekismo pop.

Quel post mi ha segnato un po', ed oggi quando vedo divulgatori che fino a mesi prima ne dicevano peste e corna e seguitavano a postare in totale libertà, essere a sua volta inglobati ed asserviti al sistema, ammetto che mi perplime un po'.

So che per molti avere seguito significa anche poter cercare di campare con le proprie passioni, che sia di giornalismo, scrittura, ecc.ecc., ma secondo me, è come passare dagli estremi al democristiano.

Sia chiaro, anch'io ho seguito, seguo ed ho followato gente che fa divulgazione e sponsorizzazioni, ma comunque erano degli utenti che lo facevano dal primo istante che li ho visti, e che quindi ho potuto filtrare fin da subito.

Ma come ci si pone verso chi lo fa improvvisamente?

Da chi ad un certo punto viene notato dalle CE, o da qualsiasi agenzia di marketing?

Voi, o sparuti lettori, riuscite ancora a dargli credibilità?

Vi fidate?

Io ammetto che ai miei occhi perdono quella patina di onestà intellettuale, non riesco più a leggerne i post o guardare i loro video allo stesso modo.

Preferisco e preferirò sempre le opinioni di qualcuno che ha comprato quell'oggetto e non lo ha avuto gratis.

Preferisco e preferirò sempre chi scrive in totale libertà e senza nessun guadagno.

Chi non mette Adsense o le pubblicità con foto di funghi ai piedi o pillole per aumentare il desiderio.

Guardo con sospetto anche i siti web più importanti onnipresenti su Tik Tok ed Instagram che danno voce ed importanza ad umani che recensiscono libri in camicia da notte.

Attenzione, auguro a costoro tutto il successo di questo mondo, e sarò sempre dalla parte di chi riesce ad ottenere successo nelle proprie passioni facendone un lavoro.

Lodo la vostra dedizione ed il vostro impegno, come ho lodato la vostra bravura dialettica, la vostra bravura davanti ad una tastiera o una telecamera, ma nel momento in cui provate a vendermi qualcosa, tra me e voi si aprirà una frattura difficilmente sanabile.

E chi te s'incula, direte voi.

Giustamente, anche.

Da un certo punto di vista, soprattutto quello che concerne la letteratura, mi sento una specie di luddista.

E mi sembrava giusto farlo sapere al mondo virtuale.

Il piccolo fratello vi osserva, con sospetto e delusione, prendendo nota dell'ennesima anima perduta, nel giogo della sopravvivenza, del vil denaro, e della fama.

Vi comprendo, ma non vi voglio più bene.

Un grazie a Nordv...no,no, scherzo. :-P


mercoledì 14 giugno 2023

Il falcone maltese - Dashiell Hammett

Nel mio peregrinare su internet alla ricerca di nuovi input, nuovi generi, e nuovi autori da affrontare, mi imbattei anni fa in un post su una pagina Facebook, di un noto fumettista nonché influencer, che parlava del genere noir e dei suoi precursori, partendo dalla recensione di un unico titolo, che era Il lungo addio di Raymond Chandler.

Lo scritto fu talmente convincente che mi fiondai subito sulle opere di quest'autore, di cui mi innamorai perdutamente.

Mi bastarono solo due opere per essere preso, ma accortomi di una struttura narrativa che seguiva una meccanica basilare, mi fermai lì, tenendomelo buono buono in ottica futura.

Non volevo farmelo venire a noia, non dopo aver conosciuto un autore che ho amato fin da subito così tanto.

All'epoca mi fermai con Chandler, ma continuai esplorando il genere con altri autori, di cui ho anche parlato su questo spazio.

Durante la lettura di quel post, presi nota di altri autori che venivano citati, tra cui quello che lui considerava l'antesignano del genere, ovvero Dashiell Hammett, citando proprio l'opera di cui parlerò oggi, ovvero Il falcone maltese.

Prima di farlo, parliamo di come ne sono venuto in possesso, storpiando una frase biblica: " Le vie delle poste sono infinite. "


Presi questo libro su Ebay per circa 4 Euro.

Trattasi di una vecchissima edizione de il giallo d'azione della Mondadori, un po' ingiallita, ma tutto sommato decorosa.

Il problema è che di questo libro se ne perse traccia, manco fosse il falcone della storia stessa.

Dopo un mese ho dovuto contattare il venditore, che mi ha persino rimborsato, e di questo libro mi ero persino dimenticato, quando una mattina di due, tre mesi dopo, me lo ritrovo nella cassetta delle lettere.

Insomma, entrarne in possesso, è stata una roba travagliata.


Prima di parlare di questo libro, va fatta la stessa premessa che feci all'epoca per Il lungo addio di Chandler.

Questo è un romanzo del 1930, ed è figlio di quel periodo.

Va contestualizzato in toto, soprattutto per ciò che concerne i protagonisti, tutti quanti, misogini, sessisti, e con una morale parecchio patriarcale.

Mi è capitato di guardare un video su Tik Tok, tempo fa, di un giovane cineasta, che parlava dei primi film di Bond, bollandoli come dei film piuttosto sessisti, con degli approcci del buon James piuttosto violenti e molesti nei confronti delle donne.

Anche in questo romanzo vi è una sorta di sessismo strisciante nei confronti della giovane protagonista, ma anche nei riguardi della segretaria dell'investigatore Sam Spade.

E' incredibile come questo libro presenti una struttura narrativa, pedissequa a tantissimi romanzi dello stesso genere, venuti dopo.

Sam Spade è sovrapponibile a molti altri personaggi, forse un po' più smussati di lui, ma leggendo questo libro, me ne sono venuti in mente moltissimi altri, soprattutto il personaggio di Douser dei racconti hard boiled di Ray Bradbury.

Uno in particolare, che io lessi nella raccolta Omicidi d'annata, ricorda moltissimo una delle scene che ho preferito de Il falcone maltese.

Che dire del romanzo in sé: la trama è semplice, ma prende delle vie sempre più tortuose e complesse, i dialoghi sono ottimi e molto incisivi, ed i personaggi seguono un po' la natura delle storie di questo tipo.

Chi conosce i topoi del genere sa cosa aspettarsi, non c'è bisogno manco che lo scriva.

Si parte alla ricerca di un oggetto, ma ci si ritrova in un casino di bugie, inseguimenti, pedinamenti, cambi di casacca e prospettiva, omicidi e misteri.

Lo so, il fatto che cambino le storie, ma che la struttura si ripeta romanzo dopo romanzo ed autore dopo autore, può essere visto come un difetto, ed infatti in epoca moderna le storie di questo tipo , basta pensare ad Ellroy o anche Bunker, hanno una struttura meno circoscritta e meno canonica, però resta il fatto che Il falcone maltese è un'opera piuttosto valida, ed ha il merito di avere creato o comunque consolidato un genere.

C'è da dire che Dashiell Hammett è molto più diretto e violento di Raymond Chandler, e forse ha una scrittura meno lirica e romantica di Ray, così come Sam Spade è molto più rude di Philip Marlowe.

Hammett ha meno filtri, è più diretto, ed io ne ho ricavato una lettura veloce e coinvolgente.

In generale l'intreccio mi è piaciuto molto, soprattutto la parte finale.

Mi piacerebbe recuperare anche Raccolto rosso.

Insomma, che dire: sono contento di aver letto questo romanzo, che a questo punto non posso che consigliare, specie agli amanti del genere noir.

Vi lascio con la sinossi:

"San Francisco, sul finire degli anni Venti, non è certo un luogo tranquillo. Per questo il detective Sam Spade ha imparato che è meglio stare sempre sul chi vive. Anche quando nel suo ufficio sulla Baia si presenta un'incantevole ragazza bionda con un nome che è già un programma: Miss Wonderly. La giovane donna vuole che Spade la aiuti a scoprire che fine ha fatto sua sorella Corinne, che si è legata a un poco di buono, un certo Floyd Thursby. Ma presto Spade si accorgerà che la sua cliente non è l'angelica creatura che appare. È invece una dark lady spietata, ipocrita e manipolatrice, disposta a tutto pur di entrare in possesso di un antico e prezioso manufatto, una statua d'oro e di gemme raffigurante un falco, donata dai Cavalieri di Malta all'imperatore Carlo V nel XVI secolo. Pubblicato nel 1930, "Il falco maltese" è considerato il capolavoro di Hammett, il più bel romanzo del "duro" Spade, portato sul grande schermo da un indimenticabile Humphrey Bogart."



Alla prossima!

sabato 27 maggio 2023

The outsider - Stephen King

The outsider è l'unico libro di King che mi mancava.

Tecnicamente non sarebbe l'unico, poiché c'è pure Elevation, ma quest'ultimo è un racconto di meno di cento pagine che sono convinto che presto o tardi verrà inserito in qualche raccolta, quindi sarebbero soldi buttati.

Che poi, io nemmeno volevo prenderlo The outsider.

Ero andato a comprare altro, ma per non tornare a mani vuote, mi sono guardato intorno, e questo tomo mi è apparso davanti con la sua copertina molto accesa e l'ho portato a casa.

Partiamo da una premessa: io questo libro me lo ero spoilerato dopo aver letto la raccolta di racconti Se scorre il sangue, dove una delle storie è praticamente uno spin off di questo libro, con tanto di citazioni al finale ed altre informazioni che quindi di fatto, ne rendevano quasi inutile il recupero, se io fossi stato uno di quei lettori che si preoccupano di sapere il meno possibile di ciò che leggono.

Io non sono così, e mi interessa più il viaggio, che la conoscenza di quello che troverò alla fine.

Detto questo, mi sono letto The outsider ed ho dato una rispolverata anche al racconto che da titolo all'omonima raccolta Se scorre il sangue, che alla seconda rilettura ho trovato abbastanza attaccato con lo sputo in termini di credibilità, nonostante io sia da sempre apertissimo alla sospensione dell'incredulità.

Com'è The outsider?

Ricordo molte recensioni dell'epoca, che lessi con profondo interesse ed un po' di invidia/mestizia perché in quel periodo ero impossibilitato all'acquisto, e ne trassi un profilo in cui si mescolavano nella stessa misura, interesse, ma anche una certa ambivalenza di opinioni, tra coloro che lo esaltavano e coloro che erano propensi a bollarlo come un libro come tanti altri.

Dopo la lettura mi schiero da entrambi le parti.

Il libro è praticamente diviso in due tronconi.

La prima parte è di stampo investigativo/poliziesco.

Nella seconda parte si entra più nel campo kinghiano dell' orrore esterno nell'interno.

Devo ammetterlo, la prima parte è secondo me, molto buona.

Prima andiamo di sinossi:

La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino. Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav'uomo non può essere l'assassino. Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.

La sinossi è abbastanza esplicativa.

Diciamo subito che King sceglie proprio la strada più di pancia che è quella di colpire il lettore narrando dell'omicidio indicibile attraverso sodomizzazione di un bambino.

King vuole che il lettore provi non solo orrore, ma anche rabbia, verso l'unico indiziato di questo delitto, un uomo molto ben visto in comunità.

King fa un gran lavoro da questo punto di vista, perché il lettore si troverà catapultato in un vortice di azioni e di sentimenti talmente contrastanti tra loro, che lo porteranno ad empatizzare anche con il probabile assassino che fin da subito si professa innocente, ma che nonostante un alibi quasi inattaccabile risulta il maggior indiziato per via delle impronte e del DNA.

Questa incertezza nella certezza, rende la prima parte di questo libro veramente coinvolgente, tanto da filare come un treno.

In più King riesce a dare credibilità anche alle forze dell'ordine, rendendoli personaggi umani, anche se moralmente ambigui, nel senso che guardano molto anche alla poltrona, nella loro ricerca spasmodica del colpevole.

Infatti questa parte è costellata anche da comportamenti non proprio irreprensibili di questi tutori, soprattutto nell'ambito di alcune scelte scellerate che ci catapulteranno dritti nella seconda parte del libro.

In questo King non si è molto allontanato da alcuni fatti reali.

La seconda parte del libro è invece molto più discutibile, visto il cambio di tono e di genere, visto che viriamo nell'horror.

La seconda parte di questo libro mi ha ricordato parecchio La metà oscura, come avevo già affermato nel post in questione.

Ci sono tantissimi elementi in comune, ma devo dire che Ralph Peterson, ovvero il Detective che segue questo caso, l'ho trovato molto più centrato rispetto ad Alan Pangborn de la Metà oscura.

Entrambi sono legati dalla razionalità, e quindi rifuggono il paranormale finché non se lo trovano davanti, però Ralph mi è parso più verosimile nelle relazioni umane, forse proprio per la sua fallibilità, anche morale, per certi versi, visto il modo in pompa magna con cui ha fatto l'arresto ad inizio libro.

Nella seconda parte torna Holly, ormai personaggio feticcio di King.

Beh, qui Holly mi è piaciuta, molto più del solito.

Forse perché isolata in un contesto a lei meno familiare, ma come personaggio l'ho trovata molto più credibile che in altri romanzi o racconti.

Inutile raccontare oltre, basta dire che la seconda parte vira molto più nell'horror, ma un horror tutto sommato molto blando, con un villain molto effimero e sfumato, che però non è molto carismatico.

Carino che il finale sia praticamente una sparatoria quasi da romanzo western.

Insomma, The outsider è tutto sommato un buon libro, ma forse sarebbe stato meglio se King avesse dato fondo solo alla prima parte di questa storia rimanendo sul thriller/poliziesco, poiché la storia stava funzionando anche senza i risvolti soprannaturali.

C'è un certo stacco tra le due parti che si nota parecchio.

E va bene il bene supremo e collettivo, ma dopo i fattacci della prima parte, è molto difficile trovare credibile quel clima collaborativo che si viene a creare tra alcuni di questi personaggi a fatti in corso, specie se alcuni familiari passano a miglior vita per errori di quest'ultimi.

Ma tant'è, la storia è questa, e va letta così com'è.


Alla prossima!




venerdì 5 maggio 2023

La metà oscura - Stephen King

Per una coincidenza inconsapevole mi sono ritrovato in poco tempo a leggere due romanzi in qualche modo somiglianti e sovrapponibili, entrambi di Stephen King, ovvero The outsider, che era anche l'unico libro di King che non avevo ancora letto, ed il romanzo di cui sto per parlare, ovvero La metà oscura.

Avevo pochi ricordi di questo libro.
Sicuramente questa sarà stata la seconda o terza rilettura.
Avevo ancora bene in mente alcuni stralci dell'opera, compreso il finale, ma non saprei indicare né quando l'ho comprato e nemmeno quando lo lessi.
Per quanto quasi tutti i libri in paperback di King li presi quasi consecutivamente uno dopo l'altro nell'Ipermercato vicino casa.
Quindi ipotizzo intorno al 2004/2005.

Andiamo subito di sinossi:

"Thad Beaumont è uno scrittore di successo che per anni ha pubblicato romanzi con lo pseudonimo di George Stark: storie violente e di successo, che lo hanno reso ricco e famoso. Ora può finalmente scrivere con il vero nome, ma non sa che la figura di Stark, la sua metà oscura, non intende affatto sparire: più viva e spietatata che mai, diventa una macchina di morte che distrugge quanto incontra sulla strada che conduce al suo creatore. Per difendersi da questa orribile minaccia, Thad dovrà spingersi negli angoli più inquietanti della sua mente…"


Mi sembra abbastanza palese, che in qualche modo La metà oscura possa essere inserito tra i libri minori del Re, non a caso non è uno di quelli più rinomati, e raramente lo troviamo inserito in classifiche varie, ed anzi, persino le recensioni, nel caso di questo libro latitano abbastanza.
Sicuramente non è tra i libri più in voga su Instagram e Tik Tok, per dire.
Sì, lo so che è un libro del 1989, ma vi assicuro che King ha una fan base molto solida nei social, tanto che le recensioni di romanzi ancora più vecchi, non mancano.

E' un libro che soprattutto nella prima parte travalica il confine dell'horror buttandosi a capofitto nel genere slasher, ed è molto affilato, proprio come se fosse stato scritto da...qualcun'altro, e qui credo che caschi il proverbiale asino.

Per parlare di questo romanzo bisogna un attimo divagare e citare l'alter ego di Stephen King, ovvero Richard Bachman.

Chi segue King da tempo sa che per molto tempo ha scritto delle opere sotto quello pseudonimo, e spesso si trattava di storie molto più sovversive ed immediate, quasi delle sperimentazioni, e per me, sia nella trama, che nella prima parte di questo libro, si respira quell'aria lì.

A conti fatti George Stark è l'alter ego malvagio del Richard Bachman di Stephen King.
King infatti non fa altro che prendere spunto dalla sua storia editoriale personale, per creare un alter ego narrativo, che non ha niente da invidiare all'Hyde di Stevenson o al Wilson di E.A.Poe ( citato anche nel romanzo The outsider e che per questo considero sovrapponibile).

Come sappiamo, nella realtà un fan zelante scoprì l'identità del fu Bachman, e King venuto meno il giochetto è stato costretto ad uccidere il suo alter ego.

In questo libro accade qualcosa di molto simile.
Thad Beaumont è uno scrittore un po' in crisi, che ottiene successo solamente quando sotto pseudonimo scrive libri di genere firmandosi George Stark.
Solo che ad un certo punto viene scoperta la sua identità e con tanto di sepoltura metaforica via stampa, decide di mettere sotto terra il suo alter ego.

Che però ritorna letteralmente in vita, ed è pronto a vendicarsi di tutti coloro che erano presenti a quella sepoltura.

Al di là dell'assurdità della trama, l'idea di base è molto valida.

King ci prova anche a dare un po' di contesto e credibilità a questa resurrezione.
Non che ce ne fosse bisogno, secondo me.
Infatti tutta la parte relativa al gemello che ingloba l'altro nell'utero materno, così come l'operazione al cervello di Thad durante l'adolescenza, per me è un po' una fuffa pretestuosa.
Avrei accettato tranquillamente il ritorno dai morti di un essere che non dovrebbe esistere.

Detto questo, il libro è parecchio orizzontale.
C'è una parte iniziale con il cattivo inesorabile che uccide senza pietà a destra e a manca, c'è tutta una parte investigativa che incolpa Thad degli omicidi perché gli indizi portano tutti a lui, e l'ultima parte scivola nell'horror psicologico più classico, con tanto di intervento soprannaturale, che però è parte strisciante di questa storia, visto che la sua presenza viene urlata a più riprese da King in corso d'opera.
In più il libro è infarcito di dialoghi davvero poco credibili.
Lo sceriffo che si presenta a casa del principale indiziato con sei birre, dopo che il giorno prima lo aveva accusato di omicidio, perché non è più convinto sia lui l'assassino, è una roba che non accetterò mai, nemmeno in un romanzo di genere, così come il dialogo con l'insegnante e collega di Thad, con tanto di consegna di un oggetto di fondamentale importanza per il finale, che sembra un po' surreale ed inserito un po' a caso.
Andiamo oltre la sospensione dell'incredulità.

Stark non ha pietà di nessuno, ma stranamente non uccide lo sceriffo Alan Pagborn quando potrebbe, solo perché a King serve per i romanzi futuri.
Ecco, in corso d'opera, ho trovato spesso facilonerie di questo tipo, come se in questo libro, King in qualche modo abbia scelto un percorso fin troppo semplicistico.
Ed è un peccato perché ci sono dei risvolti narrativi psicologici, che se approfonditi, avrebbero potuto portare il libro verso sentieri ancora più tortuosi.
Infatti, è molto interessante il fatto che i figli infanti di Thad provassero simpatia verso il mostro, perché in fondo è un riflesso del padre, così come la sua stessa moglie si accorga che una parte di suo marito, vorrebbe essere come Stark.

E' strano dirlo, ma probabilmente George Stark, è il personaggio migliore del libro.
La parte slasher iniziale che lo vede protagonista, probabilmente è la più riuscita del libro, ed anche l'idea che perda consistenza e vada in decomposizione lenta ed inesorabile, se Thad non si mette a scrivere il libro che certifica il suo ritorno in vita, è altrettanto interessante.
Infatti il finale è un vero crescendo, in tal senso.
C'è del bello e dell'inquietante in quella scena in cui entrambi si chiudono nello studio di Thad per dare vita al libro.

Insomma, questo libro ha delle belle idee, soprattutto quella di base, ma segue un percorso narrativo che non sempre mi ha convinto.

Rimane un libro coinvolgente, che si legge con gusto e con velocità.
Agli appassionati di King lo consiglierei, d'altronde fa parte dell'arazzo narrativo che vede Castle Rock e zone limitrofe, come protagoniste, in una sorta di composizione narrativa crossmediale, che è sempre interessante da leggere.
King ha creato un vero e proprio universo narrativo, che invoglia il lettore a scoprire delle piccole informazioni romanzo dopo romanzo, su personaggi e percorsi narrativi che sembravano già chiusi.
Non a caso Alan Pagborn sarà protagonista indiscusso anche di Cose Preziose, ed è un po' quello che ancora oggi Stephen King continua a fare con il personaggio di Holly Gibney.


Alla prossima!





martedì 4 aprile 2023

Le strade di Laredo - Larry McMurtry

Marzo non mi è molto affine negli ultimi anni.

Prima il Covid, poi la zona rossa, e quest'anno una rogna familiare, che anche se programmata, ha di fatto reso difficoltosa la mia struttura temporale per quel che concerne la letteratura, trovando raramente la voglia e la lucidità per dedicare tempo ai libri.

Ho approfittato comunque degli sconti Einaudi di quel periodo e mi sono portato due libri a casa: La strada di Cormac McCarthy e Le strade di Laredo di Larry McMurtry.

Ad onor del vero, il secondo non era in programma, poiché cercavo altro, ma in tutte e le tre librerie che ho girato non ve n'era traccia, quindi ho preso Le strade di Laredo, e male non ho fatto.

Parliamo di quest'ultimo, ma prima andiamo di sinossi:

Texas, fine di un’epoca. Gli infiniti spazi aperti su cui scorrazzavano le grandi mandrie del West sono ora solcati dai binari dei treni, e su quei treni viaggiano merci preziose che i banditi possono rubare. Per fermarne uno astuto e spietato come Joey Garza serve «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi». Il capitano Woodrow Call è di nuovo in sella e, affiancato da compagni vecchi e nuovi, deve affrontare la piú insidiosa delle sfide: quella contro il tempo.

Texas, ultimo scampolo dell’Ottocento. Il mondo è cambiato, ma la storia continua. Niente piú mandrie di bestiame che percorrono praterie immense, ma treni che tagliano l’orizzonte. Tutto riprende da dove era iniziato, però con un salto di una ventina d’anni: Woodrow Call è di nuovo nella terra da cui si era allontanato per un’ormai leggendaria spedizione nel Montana. Tanti suoi amici di un tempo non ci sono piú, come non ci sono piú i nemici che conosceva bene, gli indiani e i messicani. I nuovi nemici sono i fuorilegge, che imperversano su entrambe le sponde del Rio Grande. Il capitano Call, «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi», è ormai un cacciatore di taglie. La sua fama lo precede e proprio per questo viene ingaggiato da un magnate delle ferrovie yankee per scovare un giovane bandito messicano che rapina i suoi treni e uccide i passeggeri. Sembrerebbe una faccenda di ordinaria amministrazione, ma Call è un eroe al tramonto, pieno di acciacchi e prigioniero dei ricordi, e ha bisogno di un compagno fedele per condurre la caccia. Come sempre convoca Pea Eye, suo caporale ai tempi dei ranger. Ma il mite Pea Eye ora è sposato con Lorena, l’ex bellissima prostituta dai tempi di Lonesome Dove, ha cinque figli e una fattoria da mandare avanti: la sua fedeltà va soprattutto alla famiglia. Call scopre di colpo che il suo rassicurante passato lo respinge, proprio mentre un irriconoscibile presente gli si para davanti sotto le sembianze di Ned Brookshire, un timoroso ragioniere di Brooklyn che gli viene messo alle costole dalla compagnia ferroviaria per tenere i conti della missione, ma soprattutto del terribile Joey Garza, un imberbe messicano gelido e individualista che colpisce con metodi inediti e imprevedibili. Carico di azione, violenza, umorismo e malinconia, Le strade di Laredo prosegue e completa la storia dei personaggi già cari ai lettori di Lonesome Dove e la intreccia con quella dei suoi nuovi, memorabili protagonisti – tra i quali giganteggia Maria, l’indomita madre di Joey Garza. Tutti saranno riuniti in una mirabile resa dei conti che, nello stile di Larry McMurtry, smonta qualsiasi stereotipo western. Le strade di Laredo non è un semplice sequel né soltanto la storia di un’estenuante caccia all’uomo, ma racconta un mondo brutale, in rapido cambiamento, dove i valori tradizionali quali l’amore, l’amicizia, la fedeltà e la solidarietà verranno rifondati alla luce della nuova era che sta per nascere.


Allora, questo libro si porta il macigno sulle spalle di essere il seguito di uno dei più bei libri sul genere western mai scritti, ovvero Lonesome Dove.

Sapevo già che sarebbe stata un'impresa improba, poiché mancava proprio il personaggio che era il cuore di quel libro, ovvero Gus McRae, ma la sua presenza aleggia anche in questo, anche se in maniera astratta.

Le strade di Laredo è un gran bel western, ed è un libro veramente ben strutturato, McMurtry fa un gran bel lavoro per quel che concerne i personaggi, mostrandoci le gesta ed i punti di vista di tutti i personaggi, anche quelli più infidi e cattivi.

Ritroviamo Woodrow Call, che ormai viene considerato un Texas Ranger leggendario, ma è una figura ormai invecchiata, quasi arrugginita, per certi versi.

Gli viene affidata la missione di fermare in ogni modo un sadico e freddo rapinatore di diligenze dalla mira infallibile, e molto più giovane di lui.

C'è un che di ineluttabile in questo libro, fin dall'inizio.

Tutti coloro che accompagnavano Call nel suo cammino sono morti o profondamente cambiati, chi è impazzito, o chi come Pea Eye, ha messo su famiglia e non è più convinto.

E' un libro molto malinconico, per certi versi, come se questi personaggi, in fin dei conti, facessero ormai parte di un'epoca precedente.

Come sempre ho adorato il tema della ricerca e del viaggio.

I terreni aridi e scoscesi dell'Ovest, del Texas, fino ad arrivare in Messico.

La narrazione di McMurtry è dannatamente spietata, ed in ogni pagina, ci si può veramente aspettare il peggio, per ciò che concerne qualsiasi personaggio che fa parte di questa compagnia di avventurieri.

Il libro è formato da tanti POV che poi vanno ad intersecarsi uno con l'altro, e da questo punto di vista, il libra è veramente splendido, perché McMurtry fa un lavoro enorme anche per quel che concerne i comprimari, dandogli veramente spessore e vita.

In tutto questo spiccano anche le donne del libro, che non sono quelle classiche donnine che si fanno i pianti aspettando i mariti, ma personalità complesse e coraggiose, la vera forza e l'anima di questo libro.

Lorena e Maria, sono per me i personaggi cardini di questo libro.

Ci sono dei difetti?

Beh, ci sono delle parti discutibili.

Un lettore "preso" si accorgerà di alcuni errori di valutazione di protagonisti e villain molto grossolani, in corso d'opera, però la bravura di McMurtry sta proprio nel fatto che non si limita solo a raccontarceli, ma ci mostra le conseguenze di quelle azioni, anche in termini di riflessioni personali dei protagonisti, quindi in qualche modo ce li rende accettabili.

D'altronde nessuno è infallibile, ed in un mondo spietato come quello del west di quegli anni, anche il minimo sbaglio può portare alla morte.

Insomma, Le strade di Laredo è un gran bel libro, che consiglio senza riserve.

Certo, non raggiunge i fasti di Lonesome Dove, ma è un libro che si difende bene.

Qualche riserva ce l'ho sull'epilogo, che è molto pacificatore, ma che mi aspettavo molto più chiuso e definitivo.

McMurtry è una garanzia, per quel che mi riguarda, e mi piacerebbe molto leggere anche le altre sue opere, soprattutto L'ultimo spettacolo, che corteggio da tanto.