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domenica 12 maggio 2019

La minoranza silenziosa

Quando frequentavo la scuola elementare mi ricordo che i maestri quando non eravamo impegnati a studiare o fare qualche dettato, ecc.ecc. nei momenti di pausa si inventavano questa cosa del gioco del silenzio, dove in pratica dovevamo stare zitti e chi ci riusciva di più ne usciva vincitore morale, ed in quel modo ci tenevano tranquilli fino al suono della campanella o fino a quando volevano loro.

Quando leggevo fumetti mi ricordo sempre che il redattore della pagina della posta cercava di spronare coloro che chiamavano la maggioranza silenziosa a prendere carta e penna per invogliare il lettore a scrivere e far sapere la loro sulle storie pubblicate o su curiosità varie ed eventuali sulla testata o la casa editrice o anche perché no sulle loro vicende personali.

Insomma una volta dovevi essere invogliato a partecipare, e quando leggevo le pagine della posta di qualsiasi fumetto, settimanale, quotidiano o vattelapesca, pensavo che in fondo ammiravo queste persone che mostravano un certo coraggio a metterci la "penna", davanti a tanti occhi che avrebbero letto la loro lettera.

Internet ed i social in particolare hanno ribaltato questa cosa.
Oggi sono più quelli che partecipano che quelli che stanno in silenzio, e la maggioranza silenziosa è diventata di fatto una minoranza silenziosa.

Pensiamoci bene, a meno che non si abbia una certa età penso che quasi tutti abbiano almeno un profilo da qualche parte che sia su Facebook, Twitter o Instagram.

Ci hanno fatto credere che la nostra opinione conta qualcosa e di fatto ormai tutti quanti siamo diventati tuttologi.
Ne ho un po' le palle piene di questa cosa.
Ed infatti è un bel po' che ho perso la voglia di partecipare, persino di leggere, come se in un certo senso mi sia un po' stancato della rete in generale.
Tanto che mi verrebbe voglia di rivendicare il mio diritto al silenzio.
Sto di fatto diventando un fautore ed un membro effettivo della minoranza silenziosa, proprio perché a parte qualche blog faccio fatica a trovare oasi di pace nella rete odierna.

Per un po' ho pensato potesse essere Instagram, ma non mi ritrovo in molti dei suoi aspetti.
Sarà che non sono un tipo socievole e di bell'aspetto ( non è questione di bruttezza, ma per limiti d'età e di mancanza di fotogenia vedermi non è una bella cosa ), ma non sono una persona che ama mostrarsi e partecipare attivamente alla piattaforma, e di fatto questo rende la mia presenza un po' inutile.
Ed in più è un posto dove è troppo labile il confine tra merito, verità e sponsorizzazione.

Insomma se in questo periodo non ho scritto è perché certe volte penso di avere voglia di suicidarmi virtualmente.

Talvolta mi sento troppo vecchio per queste cazzate.

Non posso non invidiare coloro che ancora alla mia età riescono ad interessarsi veramente e con partecipazione a robe nerd o pop, non che io non me ne interessi, ma non riesco ad esaltarmi ed ad avere quell'entusiasmo vero o presunto che hanno tutti quanti per l'ultimo film Marvel, per GOT o per chissà cos'altro.
Cioè faccio fatica a trovare la voglia di parlarne, anche perché ormai lo fanno tutti di tutto.
Ha senso parlare di un libro dopo che migliaia di altri lo hanno fatto sui loro blog, sui loro profili, su Goodreads o su Anobii?
Ha senso fare a gara su chi pubblica prima la recensione di un film, di un giocattolo o dell'ultimo episodio dell'ennesima ed imperdibile serie televisiva?

La rete sta diventando una roba da Mass Market, un agglomerato fatto di persone che vendono tutti le stesse cose.
Spesso le loro idee e persino la loro vita.

Ma questo non è altro che lo sfogo momentaneo di un altro me, forse quello più lucido e vero, perché vedrete che il mio io virtuale mi convincerà ancora a battere le dita sulla tastiera e scrivere ancora ed ancora di vite su carta e di vite vere o presunte.
Fino al prossimo oblio virtuale.
O quello vero,
chissà.




sabato 16 dicembre 2017

Meglio un Ace Merrill che cento false Madre Teresa.

Quanti anni avevo undici?
Era la prima festa di classe a cui venivo invitato e ci andai con quel miscuglio di aspettativa e di ansia.
Dopo la cena veloce fatta di pizzette, arancini, fanta, coca cola, torta e le foto di rito alla festeggiata, mi ritrovai per la prima volta a giocare al gioco della bottiglia, obbligo/verità e tutti quei giochini vari ed eventuali che si sono sempre fatti e sempre si faranno a quell'età.
Rimasi turbato e quasi umiliato ( togliamo il quasi ) quando una delle poche ragazzine estranee alla classe si rifiutò di darmi un bacio sulla guancia e di ballare con me.
Ebbi la dignità di non andarmene, ma dentro di me ero sconvolto ed avvilito.
Fu la mia prima umiliazione e mi fece male, molto.
Perché sentivo di non meritarla. Era solo un gioco ed io non avevo nessun interesse per lei, figuriamoci se pensavo alle ragazze ad undici anni.
Al massimo i miei interessi erano Michel Platini, la Juventus, i Masters o i cartoni animati.

A dodici anni mi ritrovai dall'altro lato della barricata.
Venni invitato alla festa di un'altra mia compagna di classe che non aveva problemi a manifestare apertamente una sua simpatia nei miei confronti.
Non ero interessato alla cosa, ma memore della mia umiliazione precedente ho ballato con lei e mi ricordo ancora il suo sorriso e quanto fu felice e sorpresa della cosa.

Sempre a quell'età ricordo un episodio in una sala giochi.
Attendevo tranquillamente il mio turno a Super Mario Bros quando il tipo prima di me guarda l'orologio e afferma di doversene andare.
Asserisce di avere lasciato due partite inserite e intima al suo amico che era lì ad osservarlo accanto a me di lasciarne una per me.
Fu un gesto gentile e disinteressato che mi colpì molto.
Ovviamente l'amico ben più grande di me non solo di altezza, ma anche di svariati anni, giocò entrambe le partite e se ne strafregò del sottoscritto lasciandomi di sasso con una frase che ricordo ancora esattamente:
 " Faccia di buttana puoi andartene a casa, che tanto non ti faccio giocare. "
Tornai a casa avvilito e deluso, ma in un certo senso consapevole che io non avrei mai tenuto quei comportamenti verso il prossimo.

Questi sono alcuni esempi su centinaia che potrei raccontare ma non è importante il numero è importante il fatto che vivere e crescere in strada mi ha insomma indottrinato e preparato spesso ai comportamenti scorretti altrui.
E nella vita virtuale, invece?
Come orientarsi nella scorrettezza virtuale, così spesso astratta e sfumata?
Perché è qui che voglio andare a parare.
C'è una sorta di disumanizzazione sconcertante in rete.
Vorrei chiamarla maleducazione, ma secondo me è qualcosa di peggio.
E' indifferenza, ergersi in nome del like e del follow, al di sopra degli altri.
Nei social è terribilmente tangibile come cosa.
Basta vedere la velocità da Far West con cui vieni defollowato su Instagram o la facilità con cui vieni ignorato magari da una persona che hai seguito ed apprezzato nei suoi scritti per anni.
E' la facilità di cancellazione che mi turba.
L'eliminazione in un istante con un semplice movimento di dito.
L'ipocrisia del: Seguimi su Instagram! ( che tanto io non ti aggiungo perché non mi interessi, ma io devo interessare a te )
Del menefreghismo totale nella mancata risposta ad un commento, mentre poi sotto rispondi a quello dell'amichetto di turno.
Certo, lui merita la risposta perché ha più iscritti di te ed è quindi più famoso.
Io la trovo una cosa terribile.
E mi dispiace dirlo spesso lo vedo anche in molti blogger che amo e seguo questa sorta di menefreghismo, di sentirsi superiori, di non pensare minimamente che dietro un nickname che ti segue o che ti lascia un commento, ci sia un individuo pensante e non un Bot.
Poi magari sono gli stessi che nei post sui blog, Youtube, Facebook o vattelapesca parlano di uguaglianza e tolleranza, inneggiano alla morale comune, e criticano la maleducazione altrui appellandosi all'ormai sempreverde analfabetismo funzionale.
E sapete che vi dico?
Che personalmente preferisco 1000 volte la sincerità di quella ragazzina e di quell'essere di merda che mi sbatterono in faccia il loro menefreghismo che gente ipocrita che fa post sui blog, Facebook ed affini per strappare consensi facili salvo poi trattare a pesci in faccia i loro seguaci.
Meglio un Ace Merrill che cento false Madre Teresa.

Alla Prossima!