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lunedì 19 aprile 2021

La casa in collina - Cesare Pavese

"...E Cesare perduto nella pioggia

sta aspettando da sei ore il suo amore ballerina

e rimane lì a bagnarsi ancora un po'

e il tram di mezzanotte se ne va

ma tutto questo Alice non lo sa. "


Ho scoperto da poco che in un verso di una delle canzoni di De Gregori che mi piacciono di più viene citato un episodio veramente accaduto a Cesare Pavese, quando innamoratosi perdutamente di una famosa ballerina stette inutilmente ad aspettarla sotto la pioggia tanto da ammalarsi.

Se anche De Gregori è stato colpito da quest'individuo qualcosa vorrà dire, perché anch'io ultimamente credo di essere pazzo d'amore per le sue opere.

Di solito non ritorno mai nel luogo " letterario " del delitto, poiché in genere mi piace parlare in questo spazio di autori sempre diversi, King a parte, ma La casa in collina è un libro che mi ha colpito nel profondo, e Pavese di cui ho già parlato qualche mese fa, si candida sempre più ad essere uno dei miei autori preferiti di sempre, tanto che ho sentito l'esigenza di buttare giù due righe su La casa in collina.

Andiamo di sinossi:

La storia di una solitudine individuale di fronte all'impegno civile e storico; la contraddizione da risolvere tra vita in campagna e vita in città, nel caos della guerra; il superamento dell'egoismo attraverso la scoperta che ogni caduto somiglia a chi resta e gliene chiede ragione. "Ora che ho visto cos'è la guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse, dovrebbero chiedersi: "E dei caduti che facciamo? Perché sono morti?" Io non saprei cosa rispondere. Non adesso almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero". La grande intuizione delle ultime pagine de "La casa in collina" sarà ripresa e portata alle estreme conseguenze artistiche e morali nell'altro grande libro di Cesare Pavese, "La luna e i falò".

Ognuno di noi, credo, ha sentito narrare da qualche parente o conoscente, racconti sugli orrori della seconda guerra mondiale, racconti sui bombardamenti o come nel  mio caso, le vicissitudini dei miei genitori, in quell'epoca poco più che bambini, di quando erano sfollati e dovettero fuggire in campagna perché i quartieri dove vivevano venivano bombardati.

Molti di questi racconti mi sono tornati in mente mentre leggevo questo libro, perché al di là della guerra, dei bombardamenti, delle truppe tedesche, di quelle fasciste o della lotta sovversiva dei partigiani, la gente in questa storia continua a vivere nonostante tutto ed anche trovare il modo di amare, sbarcare il lunario ed ad andare avanti, nonostante le sirene, ed i rumori delle bombe e dei fucili tra le montagne.

Pavese in questo racconto riesce a raccontare di tutto questo con incredibile serenità e pacatezza, ed anche quando le vicissitudini si fanno più serie ed ombrose, riesce a mostrare la normalità dell'esistenza.

La casa in collina è semplicemente un romanzo incredibile.

E' vero, Pavese non è un autore per tutti, io ritengo anche abbastanza naturale che qualcuno possa venire a dirmi che nei suoi romanzi succede poco o nulla, che spesso si narra di uomini interessati solo a stendersi sui prati con l'amata di turno, spesso fancazzisti o in fuga dalle responsabilità, o che generalmente si parli di paesi rurali e sperduti di campagna, o di esuli in una spiaggia del sud, e credetemi vi capisco, ma cosa vi perdete!

Quanta umanità e riflessione nei suoi personaggi, quanta bellezza, e poi, che prosa incredibile quella di Pavese.

Particolarmente consigliato a chi ama le storie di vita rurale alla Kent Haruf o alla Bradbury de L'estate Incantata, o anche a coloro che amano le ambientazioni pre o post seconda guerra mondiale.

Com'era la vita di paese al tempo della seconda guerra?

Così, vi direbbe Cesare.

Leggete le sue storie, e soprattutto state ad ascoltare le storie di vita vissuta dei nostri parenti più anziani, perché un giorno quelle storie non saranno più raccontate ed andranno via con loro.

Io stesso rimpiango di non aver ascoltato di più le storie che i miei avevano da raccontare e che oggi non possono essere ascoltate più.


Alla prossima ( ? )!


lunedì 11 maggio 2020

Scrittori italiani che guariscono temporaneamente la mia esterofilia: Cesare Pavese

" Verrà la morte ed avrà i tuoi occhi. "

Sono bastati due titoli molto evocativi, due sinossi che lo erano altrettanto, e il passo iniziale della poesia citata in alto a spingermi a leggere le opere di Cesare Pavese.
Quel che ho trovato è uno scrittore molto lirico, pacato, e le cui storie estive e torride di paese, mi hanno ricordato due degli autori di questo genere che amo di più, Ray Bradbury e Kent Haruf.
La differenza è che Pavese ha una visione della storia molto più adulta e simbolica, mentre i due sopracitati puntano più sul sentimentalismo e l'empatia.
Non che queste non ci siano in Pavese, ma sono meno dirette.
Soprattutto ne Il diavolo sulle colline.

Entrambe le storie sono ambientate nella valle del Belbo, ma attraverso degli occhi diversi.
Ne Il diavolo sulle colline da tre giovani studenti universitari e ne La luna e i falò attraverso il ritorno e i ricordi di un uomo andato via e ritornato al paese.




Il diavolo sulle colline fa parte di quella che è considerata la cosiddetta trilogia della bella estate.
Opera che tra l'altro gli valse anche il premio Strega.
Non so se e quando leggerò gli altri due volumi, non escludo di farlo, ma non lo farei adesso, sono onesto.

Su Instagram mi espressi così:

Un racconto molto poetico, pacato e poco immediato ma che racchiude molti simbolismi e mette in contrasto la vita ed i ritmi più lenti della vita di campagna, con quelli più sfrenati e spregiudicati della borghesia.
Queste due anime si congiungono con risultati imprevisti dopo quella che è un'apparizione notturna ed improvvisa di un ragazzo di città nella vita di tre studenti d'università di campagna.
Scrittura splendida, ma che a volte sembra incompiuta.
Mi ha lasciato sensazioni contrastanti, ma sono propenso ad amarlo.
Anche perché è uno di quei libri che ti stimola riflessioni successive, e quando accade è sempre un bene.
Pavese mi piace, e sono già pronto per La Luna e i falò.

Ma chi è il diavolo sulle colline?
Il diavolo è un uomo.
E' Poli.
Porta con sé il peccato, la violenza, un nuovo punto di vista, porta la borghesia nella normalità e nello scorrere quotidiano e rurale degli eventi nella vita di tre universitari che si fanno delle domande e a cui forse quella vita comincia a stare stretta.
E' lo scontro/incontro di due punti di vista e di modi di vivere diversi.
E' molto simbolico e potentissimo il suo arrivo.
L'apparizione improvvisa di un auto che si ferma al buio e di un uomo al volante che sembra morto, come precipitato in quella valle.
L'arrivo di qualcosa di alieno.
Un'apparizione che sconvolgerà le loro esistenze.
Un libro molto, molto bello.
Non immediato, ma che attraverso i suoi dialoghi e i suoi simbolismi, lascia parecchio.
Possiamo definirlo tranquillamente un romanzo di formazione.
Poli porta il lusso, la tentazione e la decadenza, in un certo senso porta l' America di Fitzgerald tra le campagne.
Ed il fascino che la moglie di Poli emanerà in tutti e tre i protagonisti, ne è un esempio lampante.
Quello che ho apprezzato di più è che il protagonista funge proprio da Io narrante.
Un protagonista di cui il lettore non saprà il nome, perché quel personaggio è lo scrittore stesso.





" Che cos'è questa valle per una famiglia che venga dal mare, e che non sappia nulla della luna e dei falò? "


Altrettanto lirico, ma ben più diretto è La luna e i falò.
Qui si entra dritto nella valle delle rimembranze.
Il luogo è sempre la valle del Belbo, subito dopo la seconda guerra mondiale, che non pochi strascichi ( e cadaveri ) ha lasciato anche nella rurale e classica vita di paese.
Ma che non ne ha cambiato le abitudini.
E' la storia di un uomo che torna a casa.
Torna dove è cresciuto, in un racconto scandito dal ritmo brado, rude e torrido della vita di paese, e quello più travolgente dei ricordi.
I più forti e simbolici dei quali, sono quelli inerenti la vita ed il destino di tre giovani ragazze a cui quel paese stava stretto e che si sono bruciate in fretta, come legna da ardere.

La Luna e i falò ha dei punti in comune con Il diavolo sulle colline, ma verte più sulla consapevolezza, sulla maturità di un uomo che ha già vissuto.
" Su bastardo, torna a casa. ", disse una volta qualcuno.
E Anguilla ritorna.
Non trova la sua casa di un tempo, dove da orfano fu accolto, ma ritrova il suo paese e la sua rudezza, trova i suoi ricordi, e un ragazzino zoppo che gli ricorda se stesso.

Anche qui narrazione e dialoghi strepitosi, per una storia che non arriva subito.
Pavese non è uno scrittore facile e immediato, ma è dannatamente bello da leggere.
Questi due libri sono pieni di frasi da sottolineare ed amare, ma non di immediata comprensione come un Kent Haruf o di  Ray Bradbury quando parlano delle stagioni nella vita di provincia.
Haruf e Bradbury ti lasciano con una sorta di nostalgia sognante.
Pavese ti confonde e ti costringe a fare i conti con le tue riflessioni.
E spesso quella nostalgia più che sognante, sa di dura realtà.
Va coltivata.
E colta.


Alla prossima!