lunedì 28 febbraio 2022

Galilee - Clive Barker

Continua il mio excursus di rilettura delle opere di Clive Barker, e questa volta tocca a Galilee.
Devo essere onesto ed affermare che di questo romanzo praticamente non ricordavo nulla.
Ogni volta che mi accade di non ricordare gli stralci della storia mi capita di viverlo come un segnale dall'allarme, nel senso che evidentemente trattasi di un'opera che alla prima lettura non mi ha lasciato nulla.
Che dire, magari sarà stato così quando lo lessi allora, ma stavolta posso dire tranquillamente che Galilee mi è garbato molto.
Se chi si ritroverà a leggere questo post è appassionato di letteratura mitologica di stampo fantasy, e se si è amanti di Sandman o American Gods di Neil Gaiman, beh, questo romanzo è quasi imperdibile, dico quasi perché ci sono due, tre cose che a me non sono piaciute, ma ne parliamo dopo la sinossi:

Ricchi come i Rockfeller, in vista quanto i Kennedy, i Geary dominano sin dalla Guerra Civile la vita degli americani, abilissimi nel celare le origini di tanta influenza e la vastità della corruzione che ne è alla base. Rachel Pallenberg non avrebbe mai immaginato di incontrare - e ancor men di sposare lo scapolo d'oro più ambito di tutta l'America, Mitchell Geary. Ma il suo romantico sogno d'amore si interrompe proprio il giorno del suo matrimonio: Rachel non è pronta ad affrontare l'incubo che ha inizio con la scoperta della vita segreta del clan. Perché i Geary sono una famiglia in guerra. I loro nemici sono i Barbarossa, una dinastia la cui influenza non si manifesta nei palazzi della politica, ma nell'universo sensuale dell'anima e della carne.


Partiamo un attimo dal packaging.
Galilee fu pubblicato una prima volta nel 1998, e successivamente ristampato dalla Sonzogno nel 2001 in formato tascabile al prezzo di 9.900 Lire.
Ed è quest'ultima l'edizione che è in mio possesso, comprata su Ebay intorno al 2014/2015 a pochi Euro.
Parliamo di un'opera che conta 700 pagine, e che quindi è molto difficile considerare un'opera minore, per quanto mi pare che sia uno dei libri meno conosciuti e celebrati del buon Clive.
In verità è un libro parecchio scorrevole e suggestivo.

I topoi narrativi di Barker sono sempre quelli, soprattutto per quel che concerne il ramo fantasy/erotico che è sempre ben presente nelle sue opere, però qui ci troviamo davanti ad una epopea che vede coinvolte due famiglie, una di stampo divino e l'altra umana, ma potente quanto potrebbero esserlo stati nella realtà i Rockfeller o i Kennedy.
A fare da collante di trama tra queste due dinastie, comunque legate a doppio filo fin dagli albori, è Rachel, una giovane ragazza che come in una fiaba conquista il cuore dello scapolo d'oro dei Geary, una famiglia di magnati tra le più potenti d'America, ma che successivamente, in seguito alla rottura del suo matrimonio, farà la conoscenza di Galilee, primogenito di una famiglia divina, ma anche parecchio disfunzionale.
Quello che al quaglio potrebbe sembrare e lo è in un certo senso, un triangolo amoroso, è in realtà molto di più, perché Barker dipinge alla perfezione tutti i personaggi che compongono questo libro.
I personaggi che compongono la famiglia di Galilee, sono tutti spettacolari nella loro eccentricità.
Maddox, Zabrina, Marietta, fino alla matriarca Cesaria sono tutti personaggi cesellati alla perfezione, tanto che viene spontaneo empatizzare con loro anche se si tratta praticamente di divinità.
Ma non voglio parlare troppo della trama, perché è bello scoprire questi personaggi in corso d'opera, ciò che posso dire è che come sempre Barker presenta dei personaggi sopra le righe e piuttosto maliziosi, ma anche molto emozionanti per il lettore.
In un certo senso narrativamente parlando è una sorta di Dinasty o Dallas mitologico, visto che comunque entreremo anche nella vita della famiglia Geary, molto più pragmatica e spietata, per certi versi.
Il libro però non è solo questo, perché è composto anche da delle micro storie di altri personaggi che avranno a che fare con queste due famiglie.
Proprio per questo ho citato Sandman, inizialmente.
Piccole parabole di uomini che durante il loro cammino incontrano dei personaggi speciali.
Il libro stesso che stiamo leggendo in un certo senso ricorda il libro di Destino di Sandman, perché in un perfetto meccanismo di meta lettura, noi lettori stiamo leggendo una biografia familiare che Maddox sta scrivendo in corso d'opera.
Proprio per questi piccoli tocchi di classe, mi permetto di affermare che Galilee è un ottimo libro, o almeno lo è per tre/quarti, secondo me.
C'è qualcosa che non mi torna nel narrato.
Ad un certo punto è molto forte la sensazione che Barker abbia voluto tirare il freno a mano ed abbia editato alcune cose, e persino il finale è fin troppo aperto, come se avesse avuto intenzione di cominciare una saga.
La trama disattende un pochino per quel che concerne alcuni avvenimenti del passato, continuamente accennati, ma mai raccontati veramente, soprattutto per quel che concerne il patriarca di queste divinità ovvero Nicodemus, soprattutto per quel che concerne la sua morte vera o presunta, che resta una questione totalmente aperta ed irrisolta.
Ma non è solo questo, fin dall'inizio ci viene raccontato che siamo davanti ad una sorta di caduta degli Dei, che L'Enfant ( casa costruita nientemeno che da Thomas Jefferson ) ovvero la dimora di queste divinità cadrà e vedrà distrutta, ma all'atto pratico di questo conflitto vedremo poco o nulla.
Dal lato puramente del pathos narrativo mi sento deluso e un po' preso in giro dalla storia, che da questo punto di vista lascia in sospeso troppe cose.
Insomma Barker si concentra più sui sentimenti umani e divini, che sul resto, disattendendo un po' tutto il costrutto narrativo che fin dal principio portava ad altro.
So che un conflitto tra umani e Dei lascia il tempo che trova e sarebbe impari, ma se per tutto il libro parli dello scontro che avverrà, beh, io quello scontro voglio leggerlo.
Insomma Galilee è un bel viaggio, ma personalmente sono rimasto deluso per quel che concerne la coerenza narrativa, però è doveroso aggiungere che dal punto di vista dei personaggi rimane un libro veramente bello ed accattivante.


P.s: Mentre ero alla ricerca della sinossi da inserire sul post, mi sono imbattuto in alcune recensioni che fanno degli esempi molto simili ai miei, per quel che concerne le associazioni letterarie o filmiche, segno che leggendo quest'opera a tutti quanti sono venuti in mente gli stessi esempi.
Chiedo scusa in anticipo se qualcuno possa pensare che io abbia copiato da qualche altro post, ma non è così, ve lo assicuro.


Alla prossima!




giovedì 10 febbraio 2022

Ghost Story - Peter Straub

 " Okay, proviamo di nuovo ", disse lui. " Cosa sei? "

" Lo sai. " Rispose lei.

Insistette. " Che cosa sei? "

Sorrise porgendogli quella straordinaria risposta.

" Sono te. "

" No. Io sono io. Tu sei tu. "

" Io sono te. "


Già solo per questo scambio splendido e per tutto quel primo capitolo quasi in medias res che funge sia da prologo che da quasi epilogo, questo romanzo meriterebbe la lettura.

Però andiamo per gradi.

Chi è Peter Straub?

So che è una domanda retorica poiché tutti conosciamo Wikipedia, però è giusto iniziare un articolo parlando prima dell'autore.

In Italia questo autore è noto soprattutto per aver scritto a quattro mani con Stephen King i romanzi Il Talismano e La casa del buio.

Entrambi dovevano essere parte di una trilogia, ma recentemente i due autori hanno dichiarato che difficilmente troveranno il tempo per potersi dedicare al terzo capitolo.

La mia idea è che non ne abbiano poi questa gran voglia, d'altronde da La casa del buio sono passati più di vent'anni.

Però direi di chiudere qui questa parentesi e magari ne riparlerò quando mi deciderò di rileggere La casa del buio con la prospettiva di parlarne qui.

Molti degli scritti di Peter Straub vennero pubblicati dalla Bompiani, credo in scia alla pubblicazione de Il Talismano.

Ebbene, mi piacerebbe molto recuperare alcuni di essi, che oggi credo vaghino nel limbo dei fuori catalogo.

Straub non è un autore su cui ci sia molto hype e quindi i suoi libri si trovano attualmente a pochissimo prezzo su Ebay ed affini.

Mi piacerebbe leggere in futuro sia Koko che Il drago del male.

Del primo ho visto che circolano anche alcune copie in edizione Fabbri, quella blu cartonata che spesso appare in bella vista in qualsiasi mercatino dell'usato librario.

Io ovviamente ho conosciuto Peter Straub tramite il romanzo Il Talismano, ma in verità ne sono stato incuriosito a causa del fatto che Stephen King nel suo Danse Macabre ha inserito Ghost Story non solo come uno dei romanzi che più lo hanno influenzato, ma anche come uno dei migliori romanzi di genere fantastico ed horror di maggior rilievo negli anni che vanno dal 1950 al 1980.

Gli ha dedicato un intero capitolo, e ne ha parlato con così entusiasmo, che all'epoca andai su Ebay e mi decisi a comprarne subito una copia.

Lo lessi a suo tempo, mi piacque, ma non condivisi quell'entusiasmo.

Con lo scorrere del tempo provai a rileggerlo almeno due volte, ma entrambe le volte mi arenai intorno alla pagina 150 o giù di lì.

Dico queste cose per onestà intellettuale, perché mi rendo conto che in alcuni punti questo è un romanzo abbastanza lento e prolisso.

Però la terza rilettura è stata quella giusta, perché ho apprezzato il libro molto più della prima volta.

Oggi posso fare ammenda ed affermare che Ghost Story è un gran bel libro.

Parliamone dopo la sinossi:

"Quattro rispettabili anziani professionisti ci Milburn, una cittadina sperduta fra i monti dello stato di New York, si ritrovano ogni quindici giorni a raccontarsi storie di fantasmi. Hanno sentito il bisogno di farlo da quando un loro amico è morto all'improvviso durante un ricevimento offerto in onore di una misteriosa attrice.
Ora, nell'inverno di Milburn, una strana creatura, che nel passato aveva subito un danno dai quattro amici, è tornata per esigere il suo tributo. Così la città viene conquistata a poco a poco da un orrore che dapprima si insinua nella sonnolenta routine quotidiana, poi si manifesta spaventoso in tutta la sua violenza.
Alleato dei quattro diverrà lo scrittore di storie soprannaturali Don Wanderley, che per quanto esperto in materia, non potrà garantire l'esito dello scontro finale."

Credo che per apprezzare un libro del genere bisogna avere un po' di infarinatura del genere.

Questo mi rendo conto che potrebbe essere visto come un difetto, perché è un libro che è facile associare ad altri libri, altri generi ed altri autori.

Forse è per questo che oggi sono in grado di apprezzarlo di più, perché con il tempo ho assimilato molte storie che hanno ispirato questo libro o che sono state ispirate da questo libro.

Ghost Story è un romanzo del 1979.

Persino King ha usato alcuni dettami di quest'opera per alcuni suoi racconti, e la natura ciclica e temporale del villain di questa storia ricorda tantissimo IT o anche alcuni personaggi mitologici di Neil Gaiman.

Straub a sua volta però afferma di essersi ispirato a Le notti di Salem per quel che concerne la cittadina protagonista di questo libro ovvero Milburn.

Un'altra associazione che mi è venuta subito in mente è quella relativa a Il canyon delle ombre di Clive Barker che per certi versi un po' ricorda le atmosfere di questa storia.

Ebbene, quali sono queste atmosfere?

Ghost Story è una storia di fantasmi come il titolo lascia intendere?

No, non del tutto.

In verità in questo romanzo Peter Straub è abile a giocare con tutti gli archetipi del genere horror presentandoci un nemico che è in grado di essere qualsiasi cosa.

Capito, perché ho nominato IT?

Però qui non c'è nessun pagliaccio, ma solo una bellissima donna.

A conti fatti è un horror che mischia un po' il noir di Raymond Chandler, con le atmosfere che tanto ricordano gli anni dei libri di Scott Fitzgerald fatte di feste e bei vestiti, frullando il tutto con un po' di sano horror alla Stephen King di quando racconta l'arrivo dell'orrore esterno in un sobborgo cittadino qualsiasi.

L'idea della Chowder Society è molto suggestiva e potente, forse ispirata alla famosa sera in cui vennero piantati i semi per la creazione di due degli archetipi horror più famosi di ogni tempo ovvero Frankenstein e Il Vampiro, ma funziona dannatamente bene.

La chowder society è composta da quattro amici un po' attempati che si riuniscono una tantum per bere e raccontarsi storie dell'orrore o comunque surreali.

In principio erano in cinque ed uno di loro muore in un modo strano.

Aveva da poco conosciuto una bellissima donna.

Straub per alcuni di questi personaggi sceglie il nome di scrittori veramente esistiti, non a caso uno dei protagonisti si chiama Hawthorne ed un altro Sears James.

Non a caso la storia che quest'ultimo racconterà sembra pari pari uscita da Il giro di vite di Henry James, molto subdolo Straub, vero? XD

Scherzi a parte, Straub fa un gran lavoro con i personaggi di questo libro, tutti sviscerati benissimo, e tutti quanti molto credibili nelle proprie peculiarità, caratteristiche e debolezze.

In verità dal punto di vista corale, inteso come sobborgo cittadino, il tutto funziona benissimo e risulta oltremodo coeso dal punto di vista narrativo.

Magari qualcuno storcerà il naso nel vedere quattro protagonisti così attempati, ma in verità andando avanti faranno capolino nella storia anche il giovanissimo Peter e quello che alla fine sarà il vero protagonista della storia, Don Wanderley, che poi è il nipote del quinto membro della Chowder Society che è deceduto.

Nelle vite di questi personaggi, che sia al passato o al presente, farà o avrà fatto capolino una donna, che si chiami Eva, Alma, Anna o Angie, è sempre lei, così diversa, ma così uguale...

Mi fermo qui con la descrizione di questo libro, sennò andrei per le lunghe.

Descritto così sembra un romanzo in cui succede poco, ma la parte horror c'è ed è moltissima, fidatevi.

Le ultime centinaia di pagine sono un crescendo continuo e c'è parecchia azione e parecchia...morte.

Tra le fila dei buoni soprattutto.

Ci sono difetti in questo romanzo?

Quelli figli del genere direi.

Quindi non insormontabili.

Quali, direte?

Direi che come in ogni film, romanzo o fumetto di quel periodo, il male all'inizio sembra implacabile, poi invece soprattutto nei confronti finali, sembra quasi che venga sconfitto facilmente.

E' una cosa che nella narrativa di una storia incrocio spesso e ci ho fatto il callo, ed in più mi rendo conto che non è facile scrivere di una lotta.

Cioè in un film o in un fumetto, una coreografia o un disegno risultano molto più coinvolgenti e credibili di una scena narrata.

Non so se sono riuscito a spiegarmi, in tal caso mi scuso.

Insomma Ghost Story è un gran bel libro, e se vi capita sottomano, non fatevelo sfuggire.

Inizialmente vi sembrerà altro, e questo mi dà la possibilità di parlare anche dell'inizio.

Beh, quella parte è molto ambigua e lolitesca.

Ed è dannatamente bella e inquietante.

So che in una delle ultime ristampe, proprio l'inizio è stato usato come sinossi, cosa per me sbagliata, visto che il libro per trecento pagine o più, è proprio tutt'altro.

Ma li capisco, è un inizio al fulmicotone.

Un uomo viaggia in auto con una una bambina che non è sua figlia, la tiene praticamente prigioniera, ed in più progetta di ucciderla.

Ditemi se non è un inizio meraviglioso.

Ehm, volevo dire, narrativamente accattivante, non denunciatemi per istigazione alla violenza. XD

Chiedo venia per la lunghezza, ma credo che un post del genere possa essere tranquillamente letto a pezzetti con lo scorrere del tempo, anche perché difficilmente riuscirò a scrivere altro per questo mese in corso, poiché il materiale da leggere scarseggia.



Alla prossima!










domenica 30 gennaio 2022

Gli occhi del drago - Stephen King

E' di pochi giorni la notizia ufficiale che il prossimo romanzo di Stephen King sarà un fantasy intitolato Fairy Tale ( da non confondersi con il quasi omonimo titolo di un manga ed anime molto famoso ).

E' una bella coincidenza che nello stesso periodo io stessi rileggendo l'unico fantasy classico che finora King avesse mai scritto, ovvero Gli occhi del drago.

King non è nuovo al fantasy.

Da la saga de La Torre Nera, passando per Il talismano, King ha spesso raccontato storie fantastiche.

Che tra la miscellanea di ispirazioni per la saga de la Torre vi sia Il signore degli anelli, è lo stesso King ad affermarlo nella prefazione.

Possiamo dire tranquillamente che alcune sue storie siano più affini al fantastico che all'horror, ma Gli occhi del drago è l'unica che è propriamente del genere, anche se siamo più dalle parti del fantasy medievale.

Anche Gli occhi del drago è un romanzo che orbita intorno all'universo de La torre nera, ed alcuni suoi personaggi avrebbero dovuto fare capolino in quella saga, ma ad onor del vero, non verranno sfruttati per nulla nella saga, ma soltanto citati o poco più.

La genesi del romanzo è piuttosto semplice: la figlia Naomi, all'epoca appena adolescente, chiese al padre una storia da poter leggere che non fosse horror e King la accontentò.

Gli occhi del drago è di fatto un romanzo per ragazzi, uno di quei libri ( quasi ) favolistici che molto probabilmente oggi sarebbero etichettati come YA.

In un certo senso Naomi è persino nel romanzo, visto che uno dei comprimari più importanti ha il suo stesso nome, ed è la persona a cui è dedicato il romanzo insieme a Ben Straub ( figlio dello scrittore Peter Straub, autore di cui voglio parlare presto ).

Anche Ben avrà l'onore di avere un personaggio che porterà il suo nome ( ho idea che King " shippasse " la coppia Naomi/Ben visto la direzione che prenderanno i due personaggi in corso d'opera ).

Gli occhi del drago è un romanzo che io ho trovato strano, ma parliamone meglio dopo la sinossi:


Trama. Nel regno di Delain, il vecchio e gobbo re Roland vive con la moglie Sasha e il suo primo figlio Peter. ... A distanza di anni i due ragazzi sono cresciuti e Flagg complotta l'omicidio di Roland, con in mente il piano di colpevolizzare Peter, in modo da sbarazzarsi del legittimo erede al trono.


Perché Gli occhi del drago è strano?

Perché a mio avviso questo libro ha una sorta di doppia natura.

King si sforza di essere più leggero e scorrevole del solito.

La prima parte è molto fiabesca.

King sfonda più volte la quarta parete, come per alleggerire la tensione, ed infatti la prima parte suona molto accademica, quasi come se ci venisse sussurrata come una storia che viene raccontata prima di andare a letto.

Ma a volte, tra le righe, si evince il fatto che King non possa fare a meno di quella che è la sua natura, ovvero di spaventare il lettore.

La morte del Re è puro horror.

Flagg in ogni sua apparizione lo è altrettanto.

Ci sono anche alcune chicche in quest'opera: Flagg che prima di dormire legge una pagina del Necronomicon ogni giorno.

Una citazione letteraria ispirata da una delle poesie più famose di Stephen Crane.

Ed in più, per essere stato scritto negli anni '80, il libro è parecchio inclusivo e progressista.

Peter, il futuro Re, che gioca da bambino con il telaio giocattolo della madre ( che sarà fondamentale ai fini della storia ) è quanto più lontano ci sia dal patriarcato regale.

Mi rendo conto di non aver ancora parlato della storia, ma invero non credo vi sia da dire molto.

Gli occhi del drago è un fantasy molto lineare.

I personaggi sono piuttosto ermetici, ma comunque abbastanza accattivanti.

E' strano dirlo, ma probabilmente il personaggio cardine della storia, ossia Peter, è probabilmente il più stereotipato del libro.

Peter è il classico eroe senza macchia e senza paura, bello, coraggioso, intelligente e di buon cuore, praticamente monolitico fin dall'infanzia.

Il romanzo ha un'impostazione molto medievale e feudale e ruota tutto intorno a quattro figure: Re Roland, il mago di corte Flagg ed i due figli del Re, Peter e Thomas.

Quanto Peter è eroico e coraggioso, quanto Thomas che è il figlio minore oltre ad essere la copia sputata del padre ( non proprio un adone ) è anche pavido e geloso del fratello ( spesso a ragione visto che il padre lo ignora bellamente in favore del primogenito ).

Flagg, che i lettori della Torre Nera e de L'ombra dello scorpione conoscono bene, è una figura machiavellica e mefistofelica, che tesse trame nemmeno tanto nell'ombra e che punta a far diventare Re Thomas ai danni del fratello maggiore che ritiene una minaccia.

Beh, diciamo che si ingegnerà parecchio per riuscirci.

Flagg è sicuramente il personaggio meglio riuscito del romanzo.

Una figura arcana e ciclica che nel corso dei secoli ha seminato panico e distruzione nella città di Delain.

Molto buono anche il lavoro che King fa con Thomas e il Re Roland, entrambe figure molto complesse e suggestive.

Cioè, sono abbastanza ermetiche in generale, ma hanno entrambi delle caratterizzazioni interessanti.

C'è una scena in particolare che mi ha molto colpito, probabilmente la sequenza migliore del romanzo, che mi ha ricordato moltissimo la lettera di Valerie in V. For Vendetta.

Insomma in definitiva ritengo che Gli occhi del drago sia una buona lettura, sicuramente parliamo di un romanzo minore della narrativa di King, ma fa il suo ed è un buon ingresso nelle sue storie, soprattutto per un giovane lettore.

Ogni tanto King si lascia prendere la mano e graffia il lettore con due, tre scene molto potenti e parecchio creepy ( l'avvelenamento del Re Roland è degno di Martin ), e forse la parte centrale soffre di qualche rallentamento di troppo ( comunque necessario ai fini della trama ), ma direi che in generale il romanzo faccia il suo.

Bisogna essere indulgenti riguardo qualche licenza narrativa, ma d'altronde parliamo di un romanzo fantasy che ha molto di fiabesco, quindi si può chiudere tranquillamente un occhio o anche due su qualcosa che riflettendoci può sembrare assurda per quel che concerne la coerenza narrativa.

Era parecchio che volevo rileggere Gli occhi del drago, e parlarne mi è risultato persino più difficile del previsto, forse perché è uno di quei libri che non ti aspetteresti da Stephen King.

E' un King strano, leggero, ma non troppo.

Un po' ferro e un po' piuma.

Ah, dimenticavo: il romanzo è condito anche da alcune illustrazioni tutto sommato gradevoli.


Alla prossima!



giovedì 13 gennaio 2022

Il banditore - Joan Samson

Prima di parlare della mia ultima lettura dell'anno 2021, volevo un po' spiegare la mia assenza dalla blogosfera ( anche se dubito se ne sia accorto qualcuno o che sia una cosa che possa interessare più di tanto ).
Non ci sono grossi motivi alla base, se non che sto preferendo spendere il mio tempo in altre cose, persino più banali del leggere libri o divulgare, per certi versi.
Sta anche venendo meno la possibilità di leggere e comprare libri.
Ecco, questo è un problema grosso quanto una casa.
Ormai nel mercatino dell'usato sta diventando raro che io trovi qualcosa che mi interessi, mentre per ciò che riguarda i romanzi in prima edizione, ma anche le librerie fisiche in generale, è altrettanto raro che io abbia la possibilità di spendere quei 20 Euro canonici per ogni libro, previa un'attenta e scrupolosa selezione.
Ecco perché ultimamente per me sta diventando così difficile trovare argomenti per scrivere su questo spazio.
C'è anche un'ultima componente aggiuntiva: mi sto sempre più disinnamorando di Internet, dei social ed anche della blogosfera, che sta andando sempre più verso interessi e disgressioni, che sento non mi interessano più.
Però chiudiamo questo preambolo ed andiamo verso discorsi più attinenti alla natura di questo blog.

Come dicevo inizialmente Il banditore è stata la mia ultima lettura del 2021 ed anche il mio ultimo acquisto di genere librario.
Ci sono arrivato dopo un'attenta selezione, e sapendo di poter spendere denaro in una sola opera, ho scelto quella più nei miei canoni.
Ovvero non quella migliore, ma quella che desideravo più leggere.
Ho sempre dato priorità all'horror nella mia vita letteraria, e sempre sarà così.
Per quanto sia una prima edizione, l'opera di Joan Samson è un libro del 1975.
La prima volta che mi ci sono imbattuto è stata frutto del caso.
Comprai l'ultimo libro di King e come segnalibro vi era la pubblicità di una nuova collana da libreria della S & K denominata Macabre con la presentazione di tre romanzi, tra cui questo.
Quando ho letto la sinossi, e visto che si trattava di un romanzo horror di stampo rurale, l'istinto mi ha teleguidato verso quest'opera, e con il senno di poi ho fatto più che bene.


L'edizione è curata e molto carina.
La filigrana rossa, il packaging molto compatto e la copertina molto suggestiva, rendono questo libro molto bello anche dal punto di vista estetico.
Certo, il prezzo è un po' caro, ed è innegabile.
E visto il problema delle materie prime, questo sarà uno dei temi cardini dei prossimi anni.
Non so quanto in futuro la gente sarà disposta a tollerare aumenti su aumenti per quel che concerne libri, fumetti e graphic novel.
Ma non è tempo e luogo per simili quesiti, ed andiamo di sinossi:


Nell'isolata comunità agricola di Harlowe, nel New Hampshire, la vita è cambiata poco negli ultimi decenni. Ma dal momento in cui il carismatico Perly Dunsmore arriva in città e inizia a sollecitare donazioni per le sue aste, le cose cominciano lentamente e insidiosamente a mutare. ...

La prima domanda che bisogna porsi è questa:
Fu vero horror?
No, Il banditore, per me, non è un romanzo dell'orrore, ma un libro sulla paura.
E no, non c'entra un'acca con Cose Preziose, come ho letto da più parti.
Leland Gaunt era una figura arcana, mentre Perly Dunsmore è fin troppo umano.
Se proprio vogliamo trovare delle associazioni, ci dobbiamo rivolgere o all'episodio dei Simpsons della monorotaia, o a Midnight Mass, con cui quest'opera in quanto ad atmosfera cittadina ha molto in comune.

" Cosa sei disposto a perdere ? " diceva Jovanotti in una sua canzone, è anche il quesito che si pone Paola Barbato nella prefazione, ed è probabilmente la chiave di volta di questo romanzo.

L'opera è ambientata in una minuscola cittadina rurale del New Hampshire.
L'atmosfera è tipica di molti romanzi, ma anche di molti telefilm americani ambientati in piccole cittadine.
Cioè, contesti isolati, e possibilità di aggregazione solo per messe, dibattimenti, aste comunali o le spese nell'unico market della zona.
Improvvisamente in questa comunità, appare questo individuo, un banditore che con la scusa della solidarietà, si insinua lentamente nella comunità.
Lo fa con metodi subdoli e melliflui, chiedendo prima alla comunità oggetti in disuso nelle cantine e nelle soffitte, ma arrivando settimana dopo settimana a depredare le famiglie di ogni suo bene.
Lo fa con metodi molto squadristi e mafiosi, tanto che il substrato di questo libro, diventa credibile, pur nell'incredulità a prima vista dell'opera.
Pensiamoci bene, non è così che funziona il pizzo?
Ma non è soltanto il tratto distintivo della Mafia, Mano Nera, 'Ndrangheta, Yakuza, ecc.ecc.
Quanti politici, rivoluzionari, fomentatori di guerre civili, con la scusa di fare del bene o del migliorare le condizioni dei popoli, utilizzano metodi da squadrismo?
Ecco, Perly Dunsmore utilizza una psicologia e dei mezzi simili.
Non a caso, cosa fa con i primi soldi guadagnati dalle aste?
Assume vice-sceriffi a iosa.

La famiglia Moore, protagonista di quest'opera si vedrà privare ogni giovedì di un pezzo della propria vita, inizialmente roba poco impegnativa, ma via via si vedrà privata di ogni bene e sostentamento, con la minaccia finale di vedersi portare via anche la propria figlia infante.

Il Banditore è un gran bel libro che cresce lentamente, con il crescere della tensione e della frustrazione dei protagonisti.
Il finale forse è un po' anticlimatico, ma è un finale giusto.
Non posso dire di più, ma finisce come finiscono molti contesti simili.

E' un vero peccato che Joan Samson non abbia potuto pubblicare altro.
E' morta giovane ed era già ammalata quando ha scritto questo libro.
Chissà quante altre belle opere avrebbe potuto scrivere.
Di sicuro, per quel che mi riguarda, è stata una gran bella lettura, che consiglio senza riserve.


Alla prossima!






venerdì 10 dicembre 2021

Melmoth l'uomo errante - Charles Robert Maturin

Pubblicato nel 1820, Melmoth l'uomo errante può essere considerato una sorta di seguito apocrifo de Il Monaco di Lewis o quantunque un palese omaggio a quest'ultimo.

Il romanzo è ambientato anch'esso a Madrid ( per buona parte ), vi è la medesima struttura narrativa, e c'è persino una scena in corso d'opera in cui cita proprio il monastero teatro di molti dei capitoli del libro di Lewis.

Entrambi sono anche metafore di una feroce critica alla chiesa spagnola del periodo ed ai metodi dell'inquisizione.

In verità pur essendoci parecchi punti in comune ed una struttura similare fatta di interludi, Melmoth è molto più stratificato e di difficile lettura.

Lewis pur concentrandosi su molti personaggi, risultava a livello di lettura molto più coeso, mentre ad un certo punto il libro di Maturin sembra partire per la tangente e lasciare per strada la trama principale.

Parliamone dopo la sinossi:

Nell'autunno del 1816 il giovane John Melmoth lascia il Trinity College di Dublino per assolvere un compito ineludibile: assistere uno zio moribondo dal quale dipendono tutte le sue speranze di indipendenza economica. Nella decrepita casa in cui si reca, John viene accolto da un avvizzito vecchio in preda al delirio, che lo supplica di alleviare le sue pene portandogli del Madeira, conservato gelosamente in un ripostigli chiuso a chiave in cui nessuno mette piede da oltre sessant'anni. Nello sgabuzzino dalle finestre murate John scopre un dipinto datato 1646. L'opera cela qualcosa di oscuro e terribile, che traspare con evidenza dallo sguardo spaventevole dell'uomo ritratto. Dalle labbra dello zio morente, John apprende che quel volto appartiene a un lontano parente, un uomo che avrebbe dovuto essere morto, essendo vissuto oltre centocinquant'anni prima, e invece vive ancora. Un antenato che ha ventudo l'anima al diavolo in cambio dell'immortalità, e che da allora vaga per il mondo in cerca di qualcuno che accetti di prenderne il posto. È «Melmoth l'Errante», un discendente dell'Ebreo Errante, il ciabattino che, secondo una leggenda, vedendo passare Cristo sulla via del calvario, gli scagliò contro una ciabatta e venne condannato a vagare sulla terra fino alla fine dei tempi. Così ha inizio uno dei capolavori della letteratura gotica, un romanzo capace come pochi di suscitare raccapriccio nei lettori. L'autore, il reverendo Charles Robert Maturin, calvinista e prozio di Oscar Wilde, covava in sé l'oscura ambizione di «spingere il romanzo gotico al di là dei limiti più estremi, superando Erode in crudeltà e destando più scandalo e scalpore di chiunque l'avesse preceduto». Ma come ricorda Sarah Perry nell'introduzione e questo volume, «non basta infercire un racconto di ceri e manoscritti, o descrivere fanciulle che vagano in camicia da notte in oscuri sotterranei: per funzionare il racconto gotico esige che il lettore provi lo stesso brivido delizioso dei personaggi che incontra sulla pagina».

La prima parte di questo libro, almeno fino al primo interludio è molto lineare ed evocativa.

Ambientata in quel di Dublino facciamo la conoscenza dell'ultimo degli eredi dei Melmoth mentre torna a casa ad occuparsi del vecchio zio morente.

La richiesta in punto di morte dello zio al nipote è piuttosto strana, ovvero quella di bruciare un ritratto di uno degli avi della famiglia, ma sorpresa delle sorprese l'uomo del quadro si presenta al capezzale dello zio morente, praticamente piombando in stanza dal nulla e scomparendo subito dopo la morte del vecchio Melmoth.

Da qui in poi il giovane John Melmoth cercherà di saperne di più sulla figura di questo individuo che sembra vivere molto più dei comuni mortali e che sembra portare morte e sventura su chi osa incrociarne il cammino.

Come dicevo la prima parte è molto intrigante e suggestiva.

Assistiamo a numerose narrazioni sulle imprese di quella mefistofelica creatura che sembra avere così poco d'umano, e la trama sembra andare in linea retta, fino ad una notte tempestosa in cui una nave si arena e si infrange sotto al promontorio di casa Melmoth sotto lo sguardo sardonico dell'uomo errante nella più potente della apparizioni di questo personaggio che tanto ricorda quella del quadro de il viandante sul mare di nebbia ( che non a caso è stata usata come copertina del libro nell'edizione Neri Pozza ).

John soccorre un naufrago, e da qui parte un lunghissimo interludio che copre praticamente l'intero romanzo.

Ed è qui, che questo libro si complica.

L'interludio si rivela una sorta di matrioska con una storia nella storia.

Nella lunghissima prima parte si ritorna dalla parti de Il monaco di Lewis.

L'impostazione è quella classica e gotica che ormai ho imparato a conoscere.

Anche qui si parte con un uomo sofferente ed allettato che racconta la sua storia, e come sempre si tratta di un uomo appartenente ad una famiglia facoltosa ovvero quella dei Moncada di Madrid.

Quest'ultimo è il primogenito dei Moncada, ma essendo nato prima del matrimonio dei suoi genitori sarebbe per la gente e la chiesa considerato illegittimo e quindi a soli tredici anni viene convinto con l'inganno e con delle vere e proprie torture psicologiche ad intraprendere la vita monastica.

Le peripezie di questo personaggio ricordano moltissimo quelle di alcuni personaggi del romanzo di Lewis, e l'atmosfera si fa gotica, penitente e punitiva, perché ovviamente il giovane Moncada farà di tutto per sfuggire a quella vita, anche a costo di finire nelle mani dell'inquisizione.

Questo interludio è molto interessante, ma fin troppo lungo.

Ovviamente ci sono dei punti in comune con la trama principale, perché Moncada riceverà l'aiuto non solo del fratello, ma anche...dell'uomo errante.

Ma ogni qual volta che interviene quest'ultimo la sventura è dietro l'angolo.

La seconda parte dell'interludio è dedicata proprio all'uomo errante ed è la parte più strana e prolissa del romanzo, perché praticamente assistiamo ad una dannata storia d'amore tra lui e una giovane naufragata su un'isola, venerata quasi come una Dea e che conosce poco o nulla dell'animo umano.

Questa parte è veramente assurda, perché somiglia più ad una ballata ed ad una tragedia shakesperiana, in cui un'anima votata al male finisce con il provare sentimenti, ma allo stesso tempo non può rinnegare la sua natura demoniaca.

I due si ritroveranno successivamente in quel di Madrid, dove la giovane naufraga che nel frattempo è stata ritrovata dalla famiglia ( ovviamente facoltosa ) è pronta ad essere data in sposa nonostante quest'ultima sia innamorata dell'uomo errante.

Insomma questo romanzo è diviso in tre tronconi con il solo ed unico denominatore comune dell'uomo errante, ma risulta oltremodo sfilacciato, soprattutto perché lascia parecchio in sordina la trama principale che trova il suo snodo solo nei capitoli finali.

In pratica per tre quarti di romanzo troviamo John Melmoth ad assistere ad un racconto al capezzale di Moncada.

Diciamo che la prima parte lasciava presagire un romanzo diverso.

E' molto difficile per me dare un parere su questo romanzo, perché è pieno di avvenimenti sicuramente interessanti e coinvolgenti, ma anche di parti inutilmente lunghe e prolisse.

Le pagine dedicate alla strana ed inquietante storia d'amore tra Immalì/ Isidora e l'uomo errante sono assurde, piene di lungaggini, ma allo stesso tempo molto suggestive, però in un certo senso sono persino inutili nell'economia della storyline.

Sì, ci permettono di conoscere meglio la personalità e la natura dell'uomo errante, ma poco altro.

Insomma, Melmoth l'uomo errante è uno dei libri più strani e particolari che io abbia mai letto.

Non è un libro facile, e sono convinto che oggi gli editori lo avrebbero affettato con l'accetta.

Sicuramente Charles Robert Maturin ci dona uno dei personaggi cattivi più sfaccettati della narrativa gotica, ma non è un libro per tutti.

Io ci sono arrivato dopo aver letto Il Monaco, che avendo una struttura simile mi ha permesso di avere un cammino più agevole nella lettura sul peregrinare di quest'uomo che tanto ricorda il Caino biblico.


Alla prossima!




giovedì 25 novembre 2021

Billy Summers - Stephen King

L'ultima fatica di Stephen King è uscita a ridosso del mio compleanno, e quindi avevo la scusa per auto-assolvermi dal comportamento degno di un fan boy che compra l'opera del proprio autore preferito il giorno della sua uscita.

Ci ho messo un po' a leggerlo poiché Il Monaco si è rivelata una lettura piuttosto impegnativa, e quindi il mio post arriva un po' fuori tempo massimo.

Ormai nella bolla letteraria ne hanno parlato tutti, chi nei blog, chi nei siti di riferimento del settore, e sia sui social.

Basterebbe una sola frase per definire questo libro: Stephen King incontra Ed Bunker.

Parliamone dopo la sinossi:

Billy Summers è un sicario, il migliore sulla piazza, ma ha una sua etica: accetta l'incarico solo se il bersaglio è un uomo davvero spregevole. Ora ha deciso di uscire dal giro, ma prima deve portare a termine un'ultima missione. Veterano decorato della guerra in Iraq, Billy è tra i più abili cecchini al mondo: non ha mai sbagliato un colpo, non si è mai fatto beccare - una specie di Houdini quanto si tratta di svanire nel nulla a lavoro compiuto. Cosa potrebbe andare storto? Stavolta, praticamente tutto.


Non è la prima volta che Stephen King si cimenta in una storia che vira esclusivamente sul crime e sul pulp, basti pensare ad alcuni racconti pubblicati nelle sue raccolte o anche a libri come La metà oscura che in origine doveva essere un romanzo pulp ( non a caso tra un capitolo e l'altro del libro ci sono alcuni estratti del romanzo d'origine ).

King stesso più volte nei suoi saggi e nelle sue interviste cita spesso autori del genere come MacDonald, Westlake o Ellroy, e se vogliamo anche la trilogia di Mr. Mercedes almeno inizialmente è figlia dei romanzieri del genere.

Insomma, associare Stephen King alla narrativa crime, pulp, thriller o vattelapesca, non è una bestemmia.

Uno degli aspetti che più mi ha sorpreso, è che in questo libro non c'è nessuna deriva orrorifica e soprannaturale ( ok, c'è un cammeo dedicato a Shining, ma è poca roba ), come avveniva nell'ultimo libro della trilogia di Mr. Mercedes, chiusa con un modus operandi diverso ed inspiegabile rispetto ai due precedenti.

Chissà, magari con questo libro, King ha capito che non è obbligatorio che ci sia una commistione di generi, e che quindi può uscire dal suo seminato abituale.

Ed infatti la mia idea in tal senso è che la camminata oltre i confini dell'horror gli ha fatto bene, perché Billy Summers è un'opera più fresca ed interessante rispetto a molti dei suoi ultimi libri.

Sia chiaro, parliamo di un romanzo di genere, un'opera molto scorrevole ed action, ma che si rivela anche più profonda del previsto, anche grazie alla sapiente scrittura del personaggio principale, che personalmente ho trovato ben costruito.

E' tutto oro questo libro?

No, personalmente io l'ho trovato molto altalenante.

La parte action è piuttosto buona, secondo me.

Cioè è avvolgente e ben narrata, e spinge il lettore alla curiosità e trasmette la giusta suspence.

Non vedevo l'ora che Billy Summers portasse a termine il suo incarico e le relative conseguenze, che fin dall'inizio appaiono molto sfumate e pericolose anche per la sua stessa esistenza.

Ciò che non mi ha convinto sono le interazioni tra i personaggi, piuttosto veloci, con dei rapporti umani che si fidelizzano troppo in fretta in corso d'opera.

So che è un libro d'azione, e quindi non rappresentano lo snodo fondamentale, però non mi hanno convinto, devo dirlo.

Però per parlarne è necessario dare un minimo di contesto: Billy è un assassino di professione, ex marine, che per svolgere il suo ultimo incarico deve assumere una nuova identità e mischiarsi agli abitanti di una cittadina.

Ecco, diventa quasi subito il beniamino del quartiere.

Ok, si presenta come un aspirante scrittore, ma mi paiono esagerati tutti i salamelecchi dei vicini di casa.

Per carità, io non conosco molto le abitudini degli americani riguardo al buon vicinato, al massimo ne ho una parziale visione attraverso i telefilm o il cinema, ma a me, cotanta fiducia mi è sembrata implausibile.

Del tipo che i vicini lasciano tranquillamente che i loro figli piccoli giochino a monopoli nello scantinato di casa da soli con il nuovo arrivato o che se lo portino a spasso nelle loro gite.

No, non sono la Signora Lovejoy di turno, ma mi sembra una visione molto vecchio stampo quella di King, dubito che i genitori di oggi siano così bendisposti verso uno semi-sconosciuto, ma magari sbaglio io, chissà.

Insomma la parte iniziale di questo libro a me è sembrata parecchio romanzata.

E' così anche per quel che concerne la co-protagonista del libro, la cui conoscenza con il protagonista avviene in maniera turbolenta e frutto di una coincidenza che definire assurda è poco.

Insomma nel contesto narrativo le relazioni umane sono quelle che mi hanno convinto di meno.

Riguardo il resto, invece è un buon libro, ben più profondo di quel che appare.

Billy Summers è un personaggio ben strutturato.

Billy si finge uno scrittore, ma è anche quello che vorrebbe essere.

Si cimenta scrittore e trova gusto nel farlo.

Si rivela abile non solo nel tenere in mano un'arma, ma anche una penna.

King attraverso questo personaggio ci parla anche della struttura di una storia narrativa e lo fa con maestria.

L'autobiografia di Billy, in cui King utilizza come suo solito un font diverso, è decisamente la parte più bella di questo romanzo.

King è sempre abilissimo nei racconti di formazione, e tutta la storia relativa all'infanzia, all'arrivo in una casa famiglia, ed anche i capitoli dedicati all'arruolamento nell'esercito con relative missioni in Iraq, è parecchio incisiva.

Per certi versi, molto più della parte prettamente action del romanzo, che è fin troppo canonica, secondo me, e su cui c'è poco da segnalare, poiché il percorso narrativo è molto standardizzato.

Cioè è divertente, ben narrato, ma non meritevole di approfondimento, chi ha un minimo di infarinatura del genere, sa già cosa aspettarsi.

Qualche botto a sorpresa c'è, ma tutto sommato è molto lineare.

Menzione anche per il finale, che è piuttosto evocativo.

Insomma, non credo che King ruberà il mestiere ai maestri del genere, ma Billy Summers è certamente un libro scorrevole e divertente.

Insomma, un libro in cui i mostri sono tutti umani, ed in cui il tessuto della realtà è strappato, non da un fantasma o da un mostro con gli artigli, ma a colpi di pistola.


Alla prossima!



giovedì 11 novembre 2021

Il monaco - Matthew G.Lewis

Ho corteggiato questo libro per parecchio tempo, almeno dai tempi in cui ne venni a conoscenza durante la lettura del saggio Danse Macabre di Stephen King.

So che inizio spesso i miei post in questo modo, ma è la realtà dei fatti.

Molti dei romanzi che ho desiderato leggere, soprattutto in salsa gotica ed horror, provengono da quel libro.

Leggere i romanzi precursori del genere che prediligo di più è sempre stato uno dei miei obiettivi, e quindi è da tempo immemore che Il Monaco era in lista.

Avevo deciso di aspettare l'uscita dell'edizione RBA, ma poi girovagando tra le bancarelle librarie mi è capitato sottomano in un'edizione vecchia de I Mammut della Newton contenente alcuni dei libri gotici più famosi.

In quella raccolta c'erano alcuni romanzi che ho già letto, uno a cui non ero interessato, ma anche altri due che ho sempre desiderato leggere: Il Monaco e Melmoth l'errante, ma del secondo parleremo in un prossimo futuro, ancora non l'ho nemmeno letto.

Magari l'edizione non è il massimo della leggibilità per via della massa, ma anche del font parecchio fitto, ma al prezzo di 2 Euro è stato un affarone.

Andiamo di sinossi, pescata su Amazon, e fin troppo spoiler per i miei gusti:

Il romanzo, ambientato a Madrid, narra del monaco cappuccino Ambrosio, il quale, celebrato per la propria presunta santità, diviene il confessore più ricercato e colui alle cui prediche domenicali presenzia tutta la città. Ma il demonio è in agguato: sfruttando alcuni aspetti della sua personalità che egli non riconosce come proprie debolezze, lo condurrà nell'abisso della perdizione, avviluppato nel quale Ambrosio compirà una serie di azioni nefande che culmineranno nella vendita della propria anima. Il Monaco (A Monk: a romance), pubblicato per la prima volta nel 1796, è una gothic novel, il primo e più famoso lavoro dell'autore britannico M.G. Lewis. Il romanzo ebbe subito notevole successo, tuttavia non senza suscitare grande scandalo. L'opera infatti si pone nell'ambito della tradizione del romanzo gotico tedesco, e ne contiene tutti gli elementi di genere: castelli, abbazie, conventi, segrete, fantasmi, ma anche violenze, stupri, incesti, presenze demoniache. Nel 1798, allora, l'autore ne propose una versione censurata, priva di alcune delle situazioni più scabrose, ma ciò nonostante dai toni ancora molto forti, anche per lettori del XXI secolo.



Partiamo dal fatto che io ho letto questo libro senza conoscere nulla del suo contenuto e quindi me lo sono goduto molto di più.

E' stato bello scoprire la natura di un personaggio in corso d'opera, che appariva fin troppo surreale già dalle pagine iniziali, ma di cui anche facendone il nome sarebbe come spoilerare mezzo romanzo.

Ecco, trovo assurdo che già nella sinossi si parli della natura infernale di parte di questa storia, che per gran parte del romanzo non viene nemmeno accennata.

Capisco che parliamo di un romanzo del 1796, ma praticamente è come svelare gli snodi principali della trama, mah.

infatti mi giustifico fin dall'inizio dicendo che non sarà facile parlare di questo libro.

Prima di tutto parliamo di un romanzo del 1795/96 con tutto ciò che comporta in termini stilistici, ma anche contenutistici.

Contestualizzarlo è importantissimo, e bisogna entrare nel modo di vivere e porsi di quel periodo, quindi accettare una certa pomposità di fondo, e dei personaggi che si comportano in maniera un po' enfatica e teatrale.

Soprattutto per quel che concerne i rapporti sentimentali.

Questo romanzo all'epoca della sua uscita fu un autentico caso poiché è un romanzo dalla forte componente erotica.

Una componente erotica piuttosto malsana in realtà.

E' un libro di tentazioni, che sfociano in maniera sordida e lussuriosa, di cui cade vittima Ambrosio, il monaco protagonista di questa storia.

In realtà Ambrosio non è l'unico protagonista, le sue vicende si intrecciano con quelle di alcuni personaggi, e sono parecchi gli interludi in cui il monaco è fuori fuoco.

Prima di tutto parliamo di lui.

Ambrosio è un personaggio assurdo.

Un personaggio che cede alla lussuria e che si comporta peggio di un quindicenne ai primi approcci.

Rinuncia al voto di castità per una donna, ma si stanca di lei dopo una settimana, si invaghisce di un'altra, e per averla è disposto anche ad uccidere ed a stuprarla.

Minchia, che persona retta, vero?. :-P

Il monaco è un libro davvero ricco di eventi.

Superata una certa ampollosità iniziale, si viene catapultati in un romanzo che è anche abbastanza action per l'epoca.

Infatti le vicende di Ambrosio si mischiano a quelle di altri personaggi, tra cui Antonia, la giovane donna concupita sia da Ambrosio che dall'altro protagonista della storia ovvero Lorenzo, per poi passare ad Agnes sorella di Lorenzo e novizia suora che però ha una relazione con un marchese amico di Lorenzo, Raymond.

Gran parte degli avvenimenti avvengono in un monastero ed un convento di suore collegati tra loro attraverso una cripta in quel di Madrid.

Il romanzo ha anche una forte componente non solo gotica, ma anche religiosa, quella più bigotta ed intransigente, ma anche parecchio ipocrita.

Lewis ci infila veramente di tutto, fughe, omicidi, tradimenti, cripte terrificanti con tanto di passaggi segreti, riti magici, briganti, fantasmi, e persino l'ebreo errante e l'inquisizione.

Devo ammetterlo, è un libro che a tratti mi ha preso davvero tanto.

Certo, forse c'è fin troppa carne al fuoco, e bisogna passare sopra ad un po' di scene che come dicevo all'inizio sono molto teatrali e sopra le righe, ovvero quelle classiche scene di donne svenevoli e piuttosto ingenue, scene di pianti al capezzale o uomini che si contorcono nel letto per settimane e mesi per il dolore, o riti di corteggiamento un po' desueti che oggi fanno un po' sorridere, e che Lewis utilizza benissimo ai fini della trama.

Il monaco è un gran bel libro.

Anche se tratta di argomenti non proprio idilliaci, riesce ad essere piuttosto conturbante, e quest'ultimo è un aggettivo che non ho usato a caso.

Non è un romanzo per tutti, lasciatemelo dire.

Capisco perché all'epoca della sua uscita fu giudicato così scabroso.

Il finale è veramente terrificante e sorprendente, cioè lo sarebbe se non leggeste la sinossi. XD

Cioè, sorprendente forse no, però spiega almeno un po' il comportamento assurdo di un personaggio in particolare, che fino a quel momento è molto difficile trovare credibile.

Sono veramente contento di aver colmato l'ennesima lacuna, e spero che anche Melmoth mi risulti interessante quanto Il monaco di Lewis.

Prima però mi dedicherò all'ultimo libro di Stephen King, che per una volta sono riuscito a comprare proprio il giorno della sua uscita.


Alla prossima!