martedì 20 luglio 2021

Il Golem - Gustav Meyrink

Chi conosce i miei gusti letterari sa che mi piace andare all'indietro e che in generale preferisco le storie horror del passato rispetto a quelle presenti, e nel mio peregrinare all'inverso sono sempre alla ricerca di vecchi romanzi oggi quasi dimenticati.

Sono molti i romanzi che vorrei recuperare ed alcuni ultimamente sono (ed in futuro saranno ) ristampati dalla RBA nell'edizione I primi maestri del fantastico.


Il Golem, era uno di essi.

Ci ho messo un po' prima di entrarne in possesso, perché non so per quale motivo, ma la distribuzione editoriale nella mia città è in ritardo di una settimana, e quando sono andato a comprarlo ho ricevuto picche, con tanto di perplessità dell'edicolante perché le nostre informazioni sulle uscite non coincidevano ( visto che io mi affidavo al loro sito ).

Comunque una settimana passa in fretta ed alla fine tutto è bene quel che si può leggere bene.

Però problemi distribuitivi a parte, com'è andata la mia immersione nei sobborghi ottocenteschi di Praga?

Irta, parecchio irta, e ricca di dislivelli.

Meyrink è tosto.

Il Golem è una figura magica legata all'ebraismo e molto radicata nei sobborghi di Praga, con tanto di leggenda annessa, che Gustav riporta anche molto fedelmente visto che la storia è ambientata proprio nel quartiere ebraico di Praga.

Con la figura del Golem non ho molta familiarità, se non legata a qualche film ed al fumetto, perché mi pare di ricordare di averla incrociata in qualche comics Marvel e in Berserk del compianto Kentaro Miura.

A dirla tutta nel romanzo di Meyrink è una figura molto eterea ed evanescente, tanto che diventa molto difficile catalogare questo romanzo come gotico o horror.

Forse è più un romanzo del mistero, visto che Meyrink gioca una partita a scacchi con il lettore, legando la figura de Il Golem a doppio filo a quella del protagonista, in un meccanismo letterario in bilico tra realtà e visionarietà, tra onirismo e folclore metropolitano.

Il Golem è un romanzo complesso e molto frammentario, parecchio psicologico, in cui la trama non è proprio linearissima ed è concentrata sul alcuni personaggi del quartiere ebraico che sono uno più sordido e astuto dell'altro.

E' molto difficile empatizzare con costoro, e quasi tutti sono sfuggenti e dominati da secondi fini, in cui anche la descrizione della normalità quotidiana e cittadina ambientata in un bar, lascia intendere una stranezza, una nota stonata.

C'è sempre qualcosa che non quadra nella vita del protagonista e di chi lo circonda, che siano i suoi amici o le donne da cui è attratto.

Una normalità anomala.

La descrizione di Praga è molto bella e suggestiva, ed è difficile affermare che Meyrink non scriva bene, perché da quel punto di vista è molto gradevole da leggere.

Ammetto di essermi trovato in difficoltà e di non essermi raccapezzato del tutto, poiché pur essendo preparato ad una storia che non rispetta i crismi di costruzione della storia odierna visto che parliamo di un romanzo scritto nel 1913/14, non mi aspettavo comunque una struttura su più livelli ed alienante come quella creata da Meyrink.

Ecco, se proprio devo dirlo, è forse uno dei rari casi in cui si può associare l'horror alla narrativa alta, in un romanzo che a me ricorda le atmosfere di Kafka, Hawthorne e Faulkner.

Però è un libro che se affrontato come un romanzo gotico qualsiasi, rischia di deludere non poco il lettore.

E forse è proprio per questo che è un testo quasi dimenticato oggigiorno.

E' strano dirlo per un romanzo gotico, ma non è un libro per tutti.

Credo nemmeno per me.

E' un romanzo che lascia parecchi strascichi e dubbi di sorta.

Sono comunque contento di averlo letto e sono pronto a mettermi alla prova con altre storie scritte agli albori del genere.

Punto molto su Il Monaco di Matthew Gregory Lewis, ma dovrò aspettare un bel po' prima di leggerlo.

Vi lascio con la sinossi del romanzo, che per quanto suggestiva e breve, forse anticipa un po' troppo:

Una nuova traduzione arricchita dalle illustrazioni originali di Hugo Steiner-Prag e da un corredo di note attente ai significati occulti del capolavoro di Meyrink: il Golem, l'antico essere artificiale creato dalla magia di un rabbino, riprende vita grazie allo scambio di un cappello nel Duomo di Praga, squarciando il velo che separa il mondo reale da quello oscuro e segreto dei sogni.



Alla prossima! (?)


lunedì 12 luglio 2021

Non rappresento lo stereotipo del lettore, e non so se è un bene o un male

 

Se ci penso, mi rendo conto di non rappresentare per nulla lo stereotipo del lettore.

Anzi, mi sono sentito spesso a disagio quando ho messo piede in alcune librerie, specie quelle più elitarie e ricercate.

Cioè non me ne frega nulla dei premi letterari, e per dire al premio Strega preferisco i racconti sulle streghe, così come non me ne frega nulla degli sconti con i regali tipo borse da mare o plaid, se un libro è pubblicato da Einaudi o Adelphi ( pur riconoscendone il valore estetico e di editing ) e non me ne frega nulla dei gruppi di lettura.

Non do manco particolare interesse e lustro alle librerie mie ed a quelle altrui, nel senso che leggo, rileggo e poso, finisce lì.

E se mi trovo a casa di qualcuno e non vedo libri, non ne faccio un dramma.

Mi frega poco anche degli incontri con gli autori ed anche dei tweet o le stories di Stephen King o qualsiasi altro scrittore.

Per me conta più una sinossi, una storia, che tutto il carrozzone che c'è dietro.

Non mi sono mai vantato di aver letto un libro, e non mi sento superiore ai miei amici a cui non importa nulla di questo argomento.

Forse è per questo che ultimamente qualifico come falsi o costruiti la maggioranza dei divulgatori su Instagram, Facebook o vattelapesca.

Non può essere che nella nostra vita esistano solo i libri, o che la stragrande maggioranza delle nostre emozioni vengano da lì.

Dite quello che volete, ma non ci credo.

Amo anch'io la letteratura, amo alcuni autori ed alcuni generi, ma a volte sento voglia di provare emozioni vere, e non riesco a fingere che i libri siano l'unica cosa che contino nella vita.

Perché a volte, alcune Bio fanno pensare che sia così.

Ciò fa di me un lettore di serie b ed asociale?

Può darsi.

Io metto la letteratura alla stregua di qualsiasi altra mia passione.

Sarà che provengo da sottoterra, nel senso che prima di arrivare alla letteratura la mia vita è stata costellata di vari substrati tra cui l'amore per il calcio, i videogiochi, cinema, fumetti, ma anche la classica vita di strada fatta di cortili e nascondino.

Ai caffè letterari preferisco i bar sport.

Paradossalmente sono lo stereotipo del non lettore.

Eppure sono un lettore, e probabilmente leggo anche più libri di chissà quanti altri che si considerano membri di un élite perché hanno letto l'ultimo Nobel, Pulitzer o Strega.

E di certo non sto a contare quanti libri ho letto, quanti ne ho comprati, e non piango e mi dispero se per due giorni non leggo nulla.

Insomma non rappresento lo stereotipo del lettore ed a volte non so se è un bene o un male, perché i social, ma anche i blog ed i siti letterari, divulgano tutto il contrario di ciò che sono.


Alla prossima !(?)



sabato 26 giugno 2021

Rose Madder - Stephen King

 Mi sono messo a rileggere questo libro, perché volevo rimanere ancora un po' ancorato nel realismo magico o nel genere fantasy legato al mondo dell'arte e dei quadri.

Come dicevo nella recensione precedente, è un posto che è stato frequentato spesso da autori che prediligo come Stephen King, Clive Barker o persino in uno dei racconti del ciclo de Le cronache di Narnia di Lewis.


Ho scelto Rose Madder perché colpevolmente mi sono dimenticato di citarlo nel post precedente ed anche perché sono tantissimi anni che non lo rileggevo.

L'edizione di questo romanzo che possiedo è quella de I miti Mondadori in formato tascabile da edicola che all'epoca costava sui 4 Euro e dove prezzato risulta anche in Lire ( 7.900) visto che parliamo del 2000 o giù di lì.

Rose Madder non è tra i libri più amati del Re.

Ha una trama basica ed orizzontale, ma che oggi avrebbe tutt'altro effetto, secondo me, visti i temi che tocca che oggi sono molto in voga e in auge ( giustamente ).

Il trema portante è quello della violenza sulle donne, ed è un romanzo di rivalsa e ribellione contro l'uomo violento ed il patriarcato, in cui la protagonista scopre o gli viene offerto un potere, che utilizza per difendersi e riappropiarsi della propria vita.

Insomma fosse uscito oggi sarebbe materiale per pagine social tipo Freeda, Alpha Woman, Siamo Ragazze o come stemma per alcune influencer che portano avanti le bandiere del femminismo.

Superata questa premessa, com'è questo libro?

Parliamone dopo la sinossi:

In fuga da Norman, il marito che la tormenta da quattordici anni, Rose riesce a rifarsi una vita e perfino a incontrare l'uomo giusto. Proprio nella stessa occasione, s'imbatte anche in uno strano quadro, un ritratto, che misteriosamente comincia a interagire con lei... Purtroppo, il sadico Norman si è intanto messo sulle tracce della moglie, lasciandosi dietro una scia di sangue e terrore. E quando la raggiunge, Rose capisce che per salvarsi dovrà calarsi nel "suo" mito - celato nel quadro - e trasformarsi in una dea vendicatrice...


Rose Madder credo che dal punto di vista della costruzione della storia possa essere attaccato poco o nulla.

E' un romanzo coeso che offre una narrazione precisa.

L'unico aspetto criticabile è la trama.

Non vi piace la storia o i personaggi che propone?

Allora ok, ma dal punto di vista del contenuto credo si possa obiettare poco.

E' un libro coerente.

Ci sono degli aspetti poco credibili, ma che fanno proprio parte del modo di raccontare certe storie, quindi va accettato il fatto che questa ragazza che dopo aver subito angherie indicibili dal marito, poco dopo la fuga, trova in una singola botta un lavoro ottimamente retribuito come voce narrante di audiolibri in cui si dimostra talmente brava da essere subito paragonata agli/alle eletti/e del settore ed un nuovo fidanzato, roba che manco nelle favole, un altro poco.

Accettato tutto questo come contorno nella narrazione, la storia fila come un treno.

Bellissimo il fatto che King ci mostri le azioni ed i punti di vista sia di Rose che dell' ex marito, utilizzando il font corsivo quando entriamo nella testa e nelle azioni di questo personaggio.

Ecco, Norman permette alla storia di scivolare anche nel pulp e nel thriller ed infatti le pagine che lo riguardano sono le più serrate e più coinvolgenti del romanzo.

Un romanzo che non risparmia atti violenti contro altre donne o contro chiunque si metta contro Norman nella sua caccia alla ex mogliettina.

Essendo un romanzo di Stephen King non ci si può esimere dal soprannaturale, che qui è rappresentato da un quadro acquistato da Rosie che contiene un paesaggio da mitologia greca.

Ed è su quei miti che verte la parte magica della storia.

Perché Rosie si ritrova ad entrare letteralmente in quel quadro ed avere a che fare con il mito de Le Erinni ed ad affrontare un minotauro ( che simbolicamente rappresenta Norman ).

Il mondo del quadro è anche quello in cui avverrà il duello finale tra lei e Norman.

Ci sono alcuni riferimenti abbastanza criptici che portano questo romanzo a poter essere anch'esso inserito nella saga de La Torre Nera, non a caso, nel rappresentare altre parti di sé in altri mondi ricorda moltissimo anche un altro romanzo del Re ovvero Il Talismano, perché è palese che Rosie e Norman siano in un certo senso la donna del quadro ( una delle Eumenidi o Erinni? Medusa? ) ed il minotauro anche se quest'ultimo non è Asterione, ma viene chiamato Erinni.

Non so se esiste una leggenda simile o se semplicemente Stephen King abbia piegato a suo volere la mitologia.

E' un romanzo di rivalsa e vendetta.

La donna alla fine si rileva più forte e Rose ha così potere e carisma che il nuovo compagno è persino un po' succube.

Rose Madder è un romanzo molto orizzontale, con una storia che definirei molto cinematografica ed in cui il percorso è delineato in maniera netta.

Nello svolgimento è prevedibile come molti horror e molti fantasy che hanno una morale precisa, ma risulta una lettura coinvolgente e coerente.

E' un libro standardizzato, secondo me, bello, ma che non offre chissà quali spunti e riflessioni, forse è proprio per questo che questo libro viene inserito così raramente nelle classifiche dei più amati del Re.

Al di là di tutto però, alcune pagine sono davvero molto crude e violente, anche nelle descrizioni, quindi non è proprio una passeggiata di salute, al di là della prevedibilità o meno.

E' un romanzo che merita?

E' un buon ingresso alle storie di King, e soprattutto dimostra la poliedricità di quest'autore capace di raccontare anche storie con donne protagoniste e non con il macho di turno o il padre di famiglia che va a salvare la damigella in pericolo.

Le femministe apprezzeranno, e probabilmente anche tanti uomini, perché no.

D'altronde è la storia, non i ruoli o il sesso dei protagonisti.


Alla prossima! (?)




sabato 12 giugno 2021

L'assassinio del Commendatore - Murakami Haruki

Quando nel 2019 mi imbattei in Norwegian Wood, non ero convintissimo che presto o tardi io e Murakami ci saremmo incontrati di nuovo, ma un po' di settimane fa L'assassinio del Commendatore uscì in allegato insieme ad un quotidiano ad un prezzo piuttosto favorevole e ne ho approfittato.

Ci ho messo un po' a finirlo, ma alla fine devo dire che è stata una scelta saggia e ne è valsa la pena.

Parliamo di un libro che all'epoca della sua uscita fu troncato in due dalla Einaudi ( scelta infelice per quel che mi riguarda visto che parliamo di 850 pagine circa mica 1200 ) e che adesso ho pagato la modica cifra di 8,90 Euro, che è un'ottima cifra se rapportata al numero di pagine.

Se qualcuno all'epoca lesse il mio post inerente Norwegian Wood si ricorderà sicuramente del mio straniamento e della scarsa empatia provata durante la lettura di quel libro, oggi non so se avrei lo stesso giudizio, visto che L'assassinio del Commendatore è oggettivamente più complesso di un semplice romanzo di formazione come il sopracitato Norwegian Wood, eppure sono arrivato ad apprezzarlo comunque.

Ciò mi ha spinto a delle riflessioni sul mio espandere i miei orizzonti di lettore verso altre culture differenti, perché anche con i romanzi scandinavi di Lindqvist all'epoca percepivo non tanto la differenza di stile narrativo che comunque è normale tra autori di lingua e cultura differente, quanto tra i personaggi narrati così differenti nel modo di vivere e di pensare in cui sono raccontati.

Socialmente parlando i personaggi di Murakami, Lindqvist o anche di Kazuo Ishiguro ( perché mi accadde anche con Non Lasciarmi ) sono molto più impenetrabili, più placidi e freddi, persino nell'accettazione del male e della morte, a volte terribilmente alienanti.

Quello che più mi ha colpito è che la narrativa giapponese mi sembra totalmente diversa da quella che siamo abituati a conoscere tramite manga ed anime.

Cioè non tutta, probabilmente alcune delle opere dello Studio Ghibli potrebbero essere affini a questo romanzo, ma pur conoscendo la storia ed il folklore della mitologia giapponese, davanti ad un romanzo come questo di Murakami si rimane sicuramente colpiti, ma anche confusi.

Confusi perché in fondo in fondo si ha la sensazione di una storia raccontata in maniera verticale e sempre più larga, ma non profondissima, quasi senza scopo, per certi versi.

Colpiti perché è un libro molto introspettivo ed intrigante, che accarezza tanti generi, ma che abbraccia più di tutti il cosiddetto realismo magico, anche se in corso d'opera alcuni frangenti virano proprio nel fantastico più puro con echi alla Clive Barker o Stephen King, nei loro romanzi più fantasy incentrati sull'arte ( tipo Duma Key o Apocalypse ).

Così come salta all'occhio una grande cultura letteraria in questo autore, che in corso d'opera arriva ad omaggiare anche Fitzgerald ( credo che moltissimi noteranno i tratti in comune tra Menshiki e il Gatsby di Francis ) e molti altri autori.

L'assassinio del commendatore è un gran bel libro, molto difficile da raccontare e descrivere, ma molto bello da leggere.

Vorrei tanto vedere i ritratti di cui questa storia ci parla, tra tutti quello che porta proprio il titolo del libro.

Come dicevo all'inizio si ha la sensazione di qualcosa di irrisolto in questo romanzo, non è impossibile che qualcuno arrivi alla fine e dica: " E quindi ? "

E' un libro dove conta più l'introspezione, un viaggio onirico attraverso il mistero e i segreti inconfessabili di ognuno di questi personaggi, e dove ci tocca accettare menti ed abitudini diverse, anche quando ci sembrano così astruse e paranoiche come quelle di alcuni personaggi di questa storia.

Per certi versi sono più solide e lineari le parti più fantasy, che quelle reali che sono piuttosto descrittive e lente in alcuni punti, persino ossessive, anche se credo sia una cosa voluta.

Al netto di qualche passaggio poco concreto ( soprattutto sul finale ) è una storia che sono contento di aver letto e che mi spingerà prima o poi verso altre opere di Haruki.

Perché è sicuro che Kafka sulla spiaggia e 1Q84, magari non sarà oggi, magari non domani, ma li leggerò.

Insomma L'assassinio del Commendatore è un romanzo che merita e che consiglio ed a cui va dato atto di scatenare delle riflessioni successive sulla profondità psicologica del narrato, in cui le idee e le metafore la fanno da padrone, in tutti i sensi.

Vi lascio con la sinossi di questo romanzo:

Una borsa con qualche vestito e le matite per disegnare. Quando la moglie gli dice che lo lascia, il protagonista di questa storia non prende altro: carica tutto in macchina e se ne va. Ha trentasei anni, un lavoro come ritrattista su commissione e la sensazione di essere un fallito. Cosí inizia a vagabondare nell'Hokkaidō, finché un vecchio amico gli offre una sistemazione: la casa di suo padre, il grande pittore giapponese Amada Tomohiko, rimasta vuota da quando questi è entrato in ospizio in preda alla demenza senile. Il nostro protagonista accetta e si trasferisce lí, ma un inquietante quadro nascosto nel sottotetto e una misteriosa campanella che inizia a suonare tra gli alberi nel cuore della notte gli fanno capire che la sua vita, anzi la sua realtà, sono cambiate per sempre.


Alla prossima! (?)





giovedì 3 giugno 2021

La divulgazione letteraria è sbarcata su Tik Tok

Immagino già le risate, ma è un argomento da prendere sul serio, secondo me.

La divulgazione è in continuo mutamento ed i creators o comunque molti degli appassionati o chiunque cerca di farsi notare dalle case editrici cerca di colonizzare in genere qualsiasi piattaforma di successo, anche per arrivare ad una nuova generazione di utenti.

Lo abbiamo visto in passato con i Blog, Facebook, Instagram, ci hanno parlato di Clubhouse come il nuovo che avanza, ma è su Tik Tok che le nuove leghe della divulgazione stanno attecchendo.

Mi ero accorto di questa cosa già tempo fa, ma negli ultimi mesi mi sono imbattuto in alcuni articoli generalisti che parlavano di questo fenomeno e dei numeri che ci stanno dietro, che non sono pochi.

Parliamoci chiaramente, la divulgazione via Blog è morta o morente, è racchiusa in una sorta di bolla in cui ci si alimenta solamente tra altri blogger, è come un acquario, non certo un mare.

I gruppi Facebook sono un riciclo continuo di utenti e di domande ricorrenti, alla centesima volta in cui si legge : " vale la pena leggere questo libro", " che ne pensate di tal dei tali di Stephen King " si scorre e si passa oltre, mentre Instagram è ormai saturo ed è diventato un enorme canale pubblicitario, dove le CE si scannano per pubblicizzare i soliti quattro libri e dove le solite quattro persone mostrano tutte i diversi unboxing del libro in prossima uscita.

Sono passate in secondo piano le foto a natura morta dei libri e persino le recensioni, ed ormai il feed conta poco o nulla, tanto che tutti si stanno lanciando nella rincorsa a ciò che va di moda adesso, copiare Tik Tok attraverso i Reels.

E' un vero peccato, perché scavando su Instagram si trova una bella nicchia di utenti che parlano di libri non di prima mano e che hanno parecchia cultura del genere, utenti che chiaramente hanno pochi like e pochi follower, poiché tutti seguono solo coloro che pubblicizzano e basta.

Ovviamente non demonizzo la piattaforma né gli utenti perché anche lì come un tempo nei forum e nei blog, si creano e si consolidano amicizie e c'è anche molta empatia e solidarietà tra utenti, però diciamo che offre poco a chi come me cerca pochi romanzi attuali e che non sta appresso alle ultime uscite o ai romanzi di moda.

Però torniamo a Tik Tok.

Qualche annetto fa di questi tempi scaricai la piattaforma per testarla.

Mi accorsi subito di una cosa, ovvero che i quattro o cinque video che feci, inerenti per lo più paesaggi della mia città e qualche libro Urania o Newton che lanciavo sul divano, fecero più like e visualizzazioni di qualsiasi cosa io abbia mai pubblicato su Instagram o su questo blog.

E' chiaro che inizialmente l'algoritmo prova a spingere un nuovo iscritto per incentivarne l'utilizzo, ma era indubbio che la modalità random di contenuti con cui è caratterizzata la piattaforma, almeno inizialmente mette tutti gli iscritti sullo stesso piano o quasi.

Non devi essere sponsorizzato e pagare come su Instagram per avere like o proseliti, e questo può essere un incentivo per chi parte da zero.

Dopo averlo testato sono sparito da Tik Tok per parecchio tempo fino a quando non mi accorsi che parenti e amici cominciavano a parlarne.

Tempo fa mi trovavo a pranzo da alcuni parenti e nonostante i più giovani della tavolata avessero 35 anni si parlava di Tik Tok e di alcuni creator della piattaforma, tanto da stupirmi del fatto che io ero tra i pochi a non conoscerli.

Così ho testato di nuovo la piattaforma ed inserendo il tag book mi si è aperto un micromondo, perché quella piattaforma non è solo formata da gnocche che fanno squat o ballano, coppie LGBT comiche o che si sbaciucchiano e spezzoni di film, telefilm o stand up comedy, ma anche una piattaforma in cui si parla di libri, con numeri piuttosto elevati.

Per dire, mi è capitato di vedere alcuni video che avevano un milione di visualizzazioni, roba che sembra fuori dal mondo per quel che concerne la letteratura che per sua natura è sempre stata considerata circoscritta ed elitaria.

Leggevo un articolo americano qualche tempo fa, in cui un libro pubblicizzato su Tik Tok ha contribuito ad elevarne le vendite di parecchio, ed è un fenomeno che sembra si stia affermando anche qui.

Personalmente sono sempre positivo nei riguardi del nuovo che avanza, anche quando mi rendo conto di essere fuori target o di non capirlo fino in fondo.

Se Tik Tok può contribuire a far nascere l'interesse nella lettura alle nuove generazioni, ben venga.

Con me in qualche caso ha funzionato, anche se non nella letteratura, ma nel cinema.

Tempo fa vidi alcuni spezzoni di film ( mi pare fossero Wonder ed Il cardellino ) che mi convinsero a cercare le pellicole ed a vederle, quindi perché non può accadere lo stesso con un libro?

Mai dire mai.

E quindi? Ora mollo il blog e mi fiondo su Tik Tok? Non credo, però è l'ennesimo segnale che mi porta a riflettere sul senso della mia esistenza virtuale su blogger.

Il mondo è andato avanti, ed io è come se scrivessi ancora su una Olivetti lettera 32, perché è così che vedo il blog attualmente, vecchio e stantio.

Le parole scritte sembrano avere ormai meno peso di un video.


Alla prossima ! (?)




martedì 25 maggio 2021

Autori che meriterebbero di uscire dalla nicchia - Thomas Tryon

 Tempo fa mi trovavo a scrollare su Instagram quando mi cade l'occhio su una nuova uscita della Fazi editore.

Ammetto di essere rimasto stupito quando ho visto che l'opera in questione era L'altro di Thomas Tryon.

Tryon è uno di quegli autori praticamente dimenticati, che io ho visto citato sul saggio Danse Macabre di Stephen King e che da allora ( circa una ventina d'anni fa ) speravo saltasse fuori in qualche mercatino dell'usato oppure per altre vie traverse.

Sono riuscito a rintracciare e successivamente leggere La festa del raccolto, ma L'altro era praticamente introvabile.

La festa del raccolto è tutt'ora appartenente al limbo dei fuori catalogo e viene venduto su Ebay ad un prezzo non proprio concorrenziale per essere un libro non di prima mano.

A questo punto spero che la Fazi ristampi anche quest'ultimo, ma è una vana speranza, poiché L'altro non mi pare sia stato poi pubblicizzato molto, anche da coloro che hanno ricevuto il libro gratis in quanto bookblogger ( anche se a qualcuno di loro va il merito di avermelo almeno messo sotto il naso ).

Ed è un vero peccato, perché L'altro è una bomba.

Thomas Tryon non è nato scrittore.

Faceva di mestiere l'attore, ed era anche abbastanza noto, fin quando non si è ritrovato a leggere Rosemary's Baby di Ira Levin ed incantato da quella lettura, decise di provare a cimentarsi con le storie dell'orrore.

Beh, direi con ottimi risultati.

Parliamo dell'epoca pre-Stephen King, un'epoca pressoché dimenticata dal lettore odierno e dove pochi scrittori sono arrivati ai giorni nostri, a parte Shirley Jackson, Ira Levin ( e manco tanto ) e Blatty con il suo L'esorcista.

Sia L'altro che La festa del raccolto hanno in comune la provincia rurale americana ed il secondo trova terreno fertile proprio nelle tradizioni, nel conservatorismo e nel bigottismo di certe comunità rurali.

Mentre L'altro si rivela un ottimo horror psicologico.

E' molto difficile parlare di L'altro perché è un racconto costruito quasi come fosse un thriller e dove tutto non è ma sembra soltanto, persino i personaggi stessi.

Andiamo di sinossi:

Holland e Niles Perry sono gemelli identici di tredici anni. Molto legati, tanto da poter quasi leggere il pensiero l’uno dell’altro, ma anche molto diversi: Holland, audace e dispettoso, negli occhi una luce sinistra, esercita il suo carisma sul fratello Niles, gentile e remissivo, desideroso di compiacere gli altri, il tipo di ragazzo che rende orgogliosi i genitori. Hanno da poco perso il padre in un tragico incidente e vivono in una fattoria del New England con la madre e la nonna. Le giornate estive in campagna sono lunghe e noiose ma la fantasia multiforme dei ragazzi è un’arma efficace, che si alimenta di oggetti preziosi custoditi gelosamente in una vecchia scatola di latta, assi che scricchiolano e orecchie tese a percepire passi misteriosi, spettacoli macabri inscenati in cantina e vecchie storie che sembravano dimenticate. Ecco però che l’incantesimo dell’infanzia si spezza: una dopo l’altra, una serie di figure vicine ai ragazzi vengono coinvolte in cruenti fatti di sangue. E diventerà presto chiaro che la mano dietro a queste inquietanti tragedie può essere una sola…
L’eterno fascino perturbante dei gemelli è protagonista in questo romanzo in cui nulla è come sembra, che rapisce il lettore e lo conduce attraverso una sottile analisi dell’oscurità che dimora dentro ognuno di noi. Il ritorno di un grande classico dell’horror, bestseller da tre milioni e mezzo di copie, paragonato a Shirley Jackson e Patricia Highsmith e precursore dell’esplosione del genere insieme a pietre miliari come L’esorcista.


L'altro è una storia di formazione di stampo rurale.

Pensi a Holland e Niles e ti vengono subito in mente Will Hollowey e Jim Nightshade de Il popolo dell'autunno di Ray Bradbury, però in salsa ancora più cupa.

La trama ricorda anche un film della mia adolescenza ovvero L'innocenza del diavolo con cui ho notato parecchi tratti in comune, quindi potrebbe essere che lo sceneggiatore che altri non è che Ian McEwan uno dei più grandi scrittori contemporanei, abbia potuto prendere ispirazione proprio da questo scritto.

Il romanzo è stato anche paragonato alle atmosfere psicologiche e ambigue dei romanzi di Shirley Jackson ed è abbastanza vero, perché fin dall'inizio i personaggi si muovono in un territorio sottile e subdolo.

Per carità, niente di impossibile, in un certo senso molto è spoilerato dal prologo iniziale, ma L'altro è un romanzo costruito benissimo, e risulta molto amorale e malsano in quasi ogni aspetto, persino in quello della normalità rurale di una famiglia contadina.

Uno degli aspetti che più mi ha colpito è la normalità con cui viene accettata la morte in quel contesto.

In questo libro accadono eventi sempre più nefasti via via che si prosegue con la narrazione, ma la comunità familiare continua a vivere ed elaborare il lutto apparentemente con semplicità.

Apparentemente, appunto.

Probabilmente a livello di thriller è un romanzo che forse oggi appare vecchio, di plot twist simili è pieno il fosso poiché l'horror cinematografico e televisivo ha praticamente sdoganato tutto, però bisogna dare il merito a Tryon di aver avuto questa pensata molto prima di molti prodotti odierni.

Secondo me, L'altro è un romanzo horror con i fiocchi.

Andrebbe letto e conservato con cura.


La festa del raccolto è un romanzo molto più sui generis, molto più orizzontale, ma prima andiamo di sinossi:

Ned Constantine, un pubblicitario newyorkese, si è sottratto alla massacrante futilità della corsa al successo rifugiandosi in un paesino del New England. Fino a quel momento la sua vita scorreva placida e un po' astratta in un mondo che sembrava uscito per sortilegio da un album sul primo ottocento americano. A contatto con la gente del luogo, legata alla terra da un cordone ombelicale millenario, Ned scopriva valori antichi e imparava a capire pregiudizi e superstizioni ancora più antichi. Accettava e, soprattutto, veniva accettato.
Poi, d'un tratto, qualcosa cambia: un quid impalpabile, elusivo come un gioco di specchi. Intorno a lui si fa un silenzio opaco, senza echi. La realtà quotidiana si accende lentamente di luci spettrali. Nessuno gli sembra più quello che dice di essere. Ned si domanda se non è uno scherzo della fantasia... ha persino creduto di vedere un fantasma. Ma poi vede, sicuramente, uno scheletro nel cavo di un albero... dissotterra una bara colma di granturco... si trova di fronte un uomo insanguinato e quasi demente, con la lingua mozza e le labbra cucite. E tutto il paese, con feroce serenità, si rifiuta di dargli spiegazioni che esulino dalla normalità più piatta e riduttiva. Questo, più di ogni altra cosa, fa scattare in lui l'angoscia, e con l'angoscia il bisogno ossessivo di sapere. Mentre l'irrealtà più barbara gli si presenta come la sola realtà possibile, il terrore. Quasi primordiale, cresce come un frastuono che supera ogni soglia di sopportazione fino a diventare un mostruoso silenzio. E nel silenzio la storia termina, con un guizzo di gelida ironia, mentre Ned, come in un rito preomerico, sconta la pena di chi ha voluto vedere troppo

Qualcuno qui ha scomodato I figli del grano di Stephen King, ma a me viene più in mente un film moderno ovvero Mindsommar.

Ho percepito la stessa atmosfera via via sempre più ostile, chiusa ed inesorabile, nascosta dietro una patina di convivialità rurale.

Anche qui ci troviamo in un paese sperduto, in cui praticamente si vive di coltivazione del granturco e in cui le tradizioni si rivelano più rituali che folkloristiche, tanto da sfociare nel paganesimo.

Bisogna essere onesti, qui Tryon si prende tutto il tempo per far ambientare la famiglia nel contesto rurale cittadino, e la narrazione parte lenta, molto lenta.

Avete presente quei paesi che prendono vita soltanto in prossimità di una festa mariana?

Ecco, qui accade lo stesso.

Questo paese ha una botta di vita con l'ausilio di una festa del raccolto molto peculiare che ha radici nel culto della Dea Demetra.

Potrebbe essere una storia di Neil Gaiman ambientata nel mondo di American Gods, però ancora più malata.

La festa del raccolto è un romanzo molto femminile.

Qui è la donna ad avere più potere in un certo senso, e sono i personaggi maschili ad essere più sacrificabili e a rischiare di fare la fine della moglie di Barbablù.

Lunga vita alle messi, e charyou tree urlavano i personaggi de La sfera del buio de La torre nera di Stephen King, e questa festa ricorda parecchio quei tragici avvenimenti.

Una festa, ma di sangue e sacrificio.

Di terra e di raccolto, e di costumanza e tradizioni.

Personalmente trovo La festa del raccolto un romanzo pazzesco.

E' vero, è parecchio lento e Tryon si prende tutto il tempo di questo mondo a delineare i contorni ed i personaggi peculiari di quella cittadina, ma tramite minimi accenni, assistiamo ad un crescendo via via sempre più malsano e strano, fottutamente strano.

Ed a farne le spese sono le persone più progressiste e meno legate a tradizioni che sanno di millenario.

Spero che un giorno questo romanzo venga ristampato e letto da più persone possibili.


Alla prossima!










domenica 16 maggio 2021

Anna - Niccolò Ammaniti ( serie Tv )

Era il 2015 quando dopo anni di silenzio Niccolò Ammaniti tornò in libreria con un romanzo di formazione giovanile distopico ed a suo modo inquietante ripensando al nostro odierno.

Rileggendo il mio post ( che si trova qui: https://pirkaff.blogspot.com/2015/10/anna-niccolo-ammaniti.html ), credo di non essere stato molto tenero, ma all'epoca c'era un po' una sovraesposizione del genere distopico/apocalittico con protagonisti i ragazzi, quindi ero anche un po' stufo del filone, mentre oggi sono sicuro che analizzerei il libro in maniera più lucida e con meno sicumera ed arroganza.

Oggi come prima di Anna, Niccolò è un po' sparito dai radar editoriali, ma sta apparendo spesso come autore televisivo, prima con Il miracolo e poi con la serie dedicata al suo ultimo romanzo scritto, Anna appunto.

Normalmente non parlo delle serie Tv, non mi considero un esperto e ci sono migliaia e migliaia di blogger e siti che se ne occupano, ma visto che è  tratta da un libro che ho letto, credo possa essere attinente con ciò di cui parlo abitualmente su questo spazio.

Infatti in futuro mi piacerebbe fare lo stesso anche con un'altra serie, Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, che ho visto anch'essa recentemente.

Sto avendo l'ardire di uscire fuori dal mio seminato abituale anche perché mi pare che di Anna se ne sia parlato poco.

Credo di intuire il perché.

Il fatto che sia andata in onda su Sky ha inciso parecchio.

Infatti la serie è stata enfatizzata su canali più generalisti tipo quotidiani, radio, telegiornali e salotti della tv o siti culturali, meno nel mainstream dei social o di Youtube.

La mia idea è che Sky sia ormai vicina alla Tv generalista e molto lontana dalle mode giovanili.

Sa di vetusto.

Oggi la divulgazione passa soprattutto dal marketing e Netflix, Disney e Prime, riescono a parlare molto più facilmente ai giovani coinvolgendo youtuber, influencer, streamer e portali vari.

Non a caso troverete la parola capolavoro ed imperdibile per qualsiasi cosa pubblicata dalla Marvel praticamente o per l'ennesimo telefilm sui supereroi di Netflix o di Prime, mentre tutto il resto rappresenta la parte sommersa di un iceberg.

Ed è un peccato, perché Anna è un bell'esempio tutto all'italiana di serie Tv.

Ammaniti e gli altri autori hanno espanso il testo scritto creando una serie veramente riuscita ed anche piuttosto cattiva e disturbante, molto più del libro.

I bambini sanno essere tiranni e crudeli se lasciati a cavarsela da soli, e la serie riesce ad essere più incisiva del libro che in alcuni punti risultava piuttosto ermetico.

Qui tutti i protagonisti fanno più cose ed anche i comprimari assumono risonanza maggiore.

Anna si rivela essere un'opera derivativa de Il signore delle mosche per certi versi ancora più grottesca e violenta, esacerbata fino all'estremo, ma anche molto poetica e stilosa in alcuni punti.

So che di storie distopiche e post apocalittiche ne è pieno il fosso, e probabilmente il tema narrato che è quello di un'epidemia che lascia in vita soltanto i bambini non è proprio il massimo visto il periodo che stiamo vivendo, ma ritengo che è una serie che avrebbe meritato di essere chiacchierata di più.

E poi quando vi ricapita una storia apocalittica ambientata in Sicilia invece che nelle solite lande americane?

Personalmente la stra-consiglio.


Alla prossima!