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mercoledì 11 novembre 2020

In zona rossa con Hemingway

 " Il fatto che un libro fosse tragico non mi rendeva infelice perché ero convinto che la vita è una tragedia e sapevo che può avere soltanto una fine. "

Addio alle armi - Ernest Hemingway



Ho preso questa frase da un libro in cui si potevano sottolinearne e farle proprie parecchie altre molto più belle e significative, perché ho notato una costante che a quanto pare quindi era voluta.

C'è una sorta di ineluttabilità inevitabile nei romanzi di Hemingway.

Ma non solo nei suoi, ma in quelli di molti altri grandi della letteratura, soprattutto di quella della prima metà del '900.

E' la tragedia a rendere grande un romanzo quindi?

Pensiamoci un attimo, molte delle più grandi storie letterarie non hanno quasi mai un lieto fine, e in tre dei quattro libri di Hemingway che ho letto, tutto ciò è praticamente una costante.

Ho sempre avuto il magone quando sono arrivato alla fine di un suo libro.

Eppure inizialmente alcune delle sue storie non mi sono arrivate subito.

Qui lo ammetto che alla prima lettura Fiesta ed Addio alle armi non mi erano piaciuti, mentre Per chi suona la campana ed Il vecchio e il mare li ho apprezzati all'istante.

Per quanto riguarda l'ultimo è facilmente intuibile il perché visto che è un romanzo piuttosto breve ed immediato, è quasi una parabola molto facilmente leggibile rispetto agli altri romanzi che hanno una struttura narrativa molto più corposa.

Ciò non toglie che Il vecchio e il mare sia una storia bellissima.

D'altronde è con questo piccolo testo che il buon Ernest ha vinto il premio Pulitzer e soltanto un anno dopo insignito con il Nobel della letteratura.



In queste settimane che sono coincise con l'entrata nella zona rossa della mia regione, Hemingway è stata una buona compagnia, e fortuna abbia voluto che nelle scorse settimane mi ero fatto una buona scorta di libri alle bancarelle dell'usato, dove per pochi Euro trovai delle vecchie copie di Fiesta e Addio alle armi.

Come ho scritto più su, ho apprezzato tantissimo la rilettura di questi due tomi, forse perché ero più tranquillo e rassegnato dal fatto di non poter uscire e quindi con un atteggiamento più concentrato, perché gli scritti di Hemingway hanno molti dialoghi ed hanno bisogno di una soglia alta di attenzione, ergo forse la prima volta ho sbagliato approccio.

C'è molto della sua vita in queste storie.

Ernest ha vissuto una vita molto vivida ed avventurosa, ed ha messo molte delle sue esperienze nei suoi romanzi, ed infatti i suoi personaggi risultano piuttosto vividi e suggestivi, anche nelle loro emozioni, che talvolta sfiorano un po' la meliosità, va anche detto.

Ma va bene così, visto che comunque i protagonisti di Fiesta e Addio alle armi sono uomini e donne piuttosto giovani.

Non sono qui per raccontare di questi romanzi, sarebbe inutile, visto che l'opera di Hemingway è stata pesata e giudicata dai più grandi critici dell'ultimo secolo, ed esistono numerosi saggi che parlano delle sue storie, ed io non ne sarei all'altezza, ma lasciatemi dire che nelle sue storie c'è tutto.

Dalle corride e alle fieste spagnole con le corse dei tori di Pamplona, alle montagne italiane della prima guerra mondiale, dagli amori al sesso, fino alla tragedia e alla morte.

D'altronde anche lui ha condiviso il destino di alcuni personaggi dei suoi romanzi, anche se nel suo caso è stato per morte scelta.

C'è un vecchio racconto del mio amatissimo Ray Bradbury in cui un uomo con una macchina del tempo prova a salvare la vita di molti scrittori vittime di morte violenta tra cui Hemingway.

Perché anche Ray, come me, come chissà quanti migliaia di altri, pensa che avrebbe ancora potuto regalarci delle opere immortali come queste.

Ma Ernest non la pensava così.

Non ricordo dove, tempo fa, lessi una delle sue ultime interviste, in cui affermò che lui sarebbe vissuto fin quando avrebbe avuto altre storie da scrivere e raccontare.

Comunque sono contento che esistano sue opere che io non ho ancora letto, e che quindi conto di reperire appena potrò, quindi per me, almeno narrativamente parlando, sarà ancora vivo.


" Nessun uomo è un'isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto. Se anche una zolla venisse lavata via dal mare, l'Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell'umanità. e dunque non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te."

John Donne


Alla prossima!