lunedì 25 dicembre 2023

Un mese in compagnia di Edgar Allan Poe

" Solo certi poeti del male mi sanno cantare..."

Il corvo Joe - Baustelle

Disse il corvo: " Mai più."

Il corvo - E.A.Poe



In questi ultimi mesi ho sperimentato il vuoto letterario.

Non è la prima volta che non posso permettermi di comprare roba nuova da leggere, probabilmente non sarà nemmeno l'ultima.

In passato ebbi la possibilità di continuare a leggere grazie agli ebook, ma è una cosa a cui mi sono disabituato e non ho nemmeno più la possibilità di attingervi gratuitamente come in passato.

Nonostante ciò, e quindi la mia totale assenza da questo blog e dalla comunicazione social, mi sono concentrato sulle riletture ed ho passato questi ultimi mesi in compagnia di due tomoni che comprendono le opere intere di Edgar Allan Poe ed H.P.Lovecraft, autori che non leggevo da più di vent'anni.

Oggi parliamo un po' del primo.

Ci fu un tempo in cui il mio spirito romantico mi portò verso la poesia.

Leopardi, Dylan Thomas, Baudelaire.

Tramite quest'ultimo, con I fiori del male, scoprì il ramo gotico della poesia che mi portò dritto verso Il corvo ed Il verme conquistatore di Edgar Allan Poe.

Sono sempre stato attratto dai corvi, forse per via del film tratto dal fumetto di O' Barr, o per le citazioni in Sandman e nella Torre Nera di King, ma ho sempre sentito una sorta di affinità verso quest'uccello, tanto che non a caso una delle mie canzoni preferite in assoluto è Il corvo Joe dei Baustelle, anch'essa ispirata alla poesia di Edgar.

Sono state le poesie a spingermi verso Poe?

No,non solo, hanno funto da apripista, ma gran parte del merito è frutto dell'inchiostro di Stephen King, come sempre.

Uno di quegli autori che non ha paura di trascinarti non solo verso l'ignoto e l'orrore, ma anche verso altre storie ed universi narrativi di penne altrui.

E' a causa della prefazione di A volte ritornano e del saggio Danse Macabre, che nacque in me la voglia di saperne di più.

La prima cosa che feci all'epoca fu quella di cercare in rete più informazioni possibili su di lui, e successivamente affidarmi alle mie reminiscenze scolastiche, poiché ricordavo che qualche racconto era stato pubblicato nell'antologia di Italiano delle superiori.

Cercai tra i libri miei, di mio fratello e mia sorella, e la memoria non mi trasse in inganno, perché in quelle antologie albergarono alcune delle opere di Poe.


E fu subito amore.

Non ricordo con precisione quali e quanti racconti vi fossero nei libri di italiano, di sicuro ricordo Il gatto nero e L'uomo della folla, ma da allora mi impegnai a procurarmi tutte le sue opere.

Trovai un tascabile Newton da cento pagine mille lire con i racconti dell'impossibile e successivamente un tascabile della Bur che si fregiava del titolo Il meglio di E.A.Poe.

Quel poco che trovai non era abbastanza, quindi andai immediatamente alla ricerca di un libro che comprendesse tutte le opere di questo autore, ed il primo che trovai era un tomone della Sansoni editore con tutte le opere e le poesie.

La lettura non fu tutta rose e fiori.

Non lo è stata nemmeno questa volta.

Poe non è un autore facilissimo da leggere.

Pur nella brevità delle sue opere, vi è un'infinità di citazioni ed omaggi a personaggi storici, filosofici ed altri autori, che bisogna per forza affidarsi alle note a fine pagina.

Poe era una fucina di conoscenza.

In più molto spesso usava il francese come corollario alle storie, e divagava moltissimo.

Quello che mi piace delle sue storie è che il suo è un horror piuttosto analitico, che lascia molto all'immaginazione del lettore.

E' difficile fare un sunto delle sue opere, posso giusto citare quelle che mi sono piaciute di più in questa rilettura.

Alcune sono delle conferme, come Il Corvo, Il cuore rivelatore, Il pozzo e il pendolo, La maschera della morte rossa, Il barile di Amontillado, William Wilson, altre, invece, delle piacevoli sorprese, soprattutto Ligeia, opera di cui mi sono innamorato.

Un po' freddino mi ha lasciato la rilettura di Storia di Arthur Gordon Pym unico romanzo scritto da Poe.

Tanto bello ed inquietante nella fase iniziale, quanto tronco nel finale che sembra terminare sul più bello.

Con il suo talento Poe avrebbe potuto osare di più,  segno che non si è trovato a suo agio nella gestione più ampia di una storia.

Ci ho messo più di un mese a leggere tutta l'opera omnia di Poe, e non è tempo che rimpiango, tutt'altro.

Se dovessi citare una sola storia da tramandare ad un novello lettore, quella sarebbe La maschera della morte rossa, per me la sua opera migliore.

Menzione per le tre storie con protagonista Auguste Dupin, che hanno funto da antesignano per il genere giallo, che ispirarono Arthur Conan Doyle nella creazione del più famoso investigatore di tutti i tempi.

I delitti della Rue Morgue, Il mistero di Marie Roget e La lettera rubata sono tre racconti che consiglio senza riserve.

In verità tutto coloro affascinati dall'horror, dalle storie del mistero e dal gotico, dovrebbero leggere quest'autore, perché non solo la generazione successiva, ma anche quelle odierne sono in gran parte ispirate dal buon Poe.

Augurando a tutti buone feste, mi eclisso ed...


Alla prossima!


lunedì 16 ottobre 2023

La romanticizzazione social/e dell'accumulo di libri

Credo sia già divenuto un po' old come argomento, ma qualche mese fa divenne virale un articolo di Repubblica firmato Elkann padre, dove parlava male dei giovani virgulti che dentro il treno disturbavano la sua lettura di quotidiani e di un romanzo di Proust parlando a voce alta di futili argomenti.

Caso vuole che in quest'ultimo mese la mia unica lettura è stata proprio un romanzo di Proust, e proprio uno dei romanzi del ciclo che citava lo scrittore dell'articolo, ovvero quello de Alla ricerca del tempo perduto, che nel mio caso era un'edizione di Novecento pubblicata molti anni fa da Repubblica.

E probabilmente anche questa volta, Proust sarà involontario protagonista di una piccola polemica che porterà avanti il sottoscritto.

Ovviamente non sono qui per parlare dell'articolo in questione, che, secondo me, è stato persino involontariamente polemico, visto che è venuto da un uomo di una certa età, con una struttura elitaria ed inconciliabile con quella di un ragazzo odierno, ma volevo citare il parallelo di aver pescato al mercatino dell'usato, qualche settimana dopo, proprio un libro di Proust, che mi ha accompagnato per almeno un mese.

Questo ha dato il là ad alcune riflessioni, nate da alcuni trend su Tik Tok, Instagram e su qualche sito letterario, nel momento in cui io avevo soltanto questo romanzo da leggere, e quindi ero e sono anche adesso, distante eoni, da questo modo di fare e ragionare.

Quali sono questi trend?

Sono quasi tutti ispirati da una sorta di ossessione romantica verso l'accumulazione di libri.

Credo sia basilare che ognuno spenda i soldi come vuole, ma che ci si vanti di avere tanti libri che non sai se leggerai mai, non so quanto possa essere considerata una cosa positiva.

Eppure ragionamenti del genere, mi capita spesso di ascoltarli, leggerli e vederli.

Passi per coloro che collaborano con le case editrici, passi per i/le bookstagrammer o booktoker che per forza di cosa devono rimanere aggiornati/e, ma in generale è un comportamento che non capisco.

Così come non capisco ( e ne ho parlato già ), tutti coloro che affermano con brutalità, che hanno mollato un libro dopo dieci, venti pagine, perché non gli piaceva, e dato che avevano molte altre letture da fare, tempus fugit, ecc.ecc., citando il sempreverde diritto ad abbandonare un libro.

Per non parlare di quei comportamenti quasi ossessivi/compulsivi che si leggono tra le righe di alcuni articoli su alcuni portali dedicati alla letteratura, dove l'articolista in questione, non so se per suscitare empatia nel lettore, afferma che se entra in libreria, deve uscire per forza di cose con un libro in mano.

Queste cose mi hanno fatto pensare molto.

Se avessi avuto delle alternative, ci sarebbe stata la possibilità che io stesso mollassi La strada di Swann di Proust?

Può darsi, chissà.

La strada di Swann è stata una sfida quasi impari.
E' un libro ampiamente descrittivo, dove Proust si focalizza su qualsiasi cosa, in maniera immersiva, ma anche molto prolissa.

Ho sbuffato più volte, ma ho letto anche passaggi e descrizioni molto belle, che mi hanno riportato alla mia stessa infanzia.

Ed anche quando ha iniziato a parlare a lungo di ossessioni amorose, infantili e non, mi ci sono rivisto parecchio, anche se la sua storia è ambientata moltissimi anni prima.

Ci ho rivisto anche un po' le atmosfere alla Fitzgerald, quelle feste altolocate, quelle persone invadenti, arroganti, gelose, e le donne, così amabili, ma spesso arrampicatrici sociali.

Eppure nonostante la difficoltà, nonostante Proust sia forse troppo alto per il sottoscritto, sono riuscito a leggerlo ed apprezzarlo.

Ci ho messo un mese, ma non considero questo tempo perduto.

Anzi ho ritrovato il mio tempo perduto, ed anche un po' della mia infanzia.

Proust mi ha riportato alle vacanze nel paese, ai parenti ed anziani che non ci sono più, alle passeggiate, ai primi amori, nonostante la differenza abissale dal punto di vista dello status sociale ed economico, visto che le persone del romanzo sono tutte molto facoltose.

Segno che anche molte delle loro esperienze, nonostante tutto, possono essere molto terrene come le nostre.

Se fossi uno di quelli che prova invidia sociale ( cosa che i social catalizzano tantissimo ), probabilmente vorrei essere come tutti i protagonisti dei trend attuali, tutti costoro sembra che possano comprarsi, farsi regalare, un libro a settimana o al giorno.

Li vedi scartare quotidianamente pacchi, leggi storie di gente che fa letteralmente shopping in libreria, in un certo senso "urlano" una sorta di ricchezza letteraria, che molti di noi non avranno mai.

Eppure ci può essere qualità anche in una sola lettura.

Forse c'è più libertà di scelta, o quella scelta casuale,  che io amo, che è figlia di una lettura da mercatino.

Non dovrò leggere il libro del momento. Non dovrò seguire i trend, ma scegliere quell'unica lettura.


In fondo, forse, l'importante è leggere, ma sicuramente è più facile farlo avendo pochi libri a disposizione, che sai che finirai, piuttosto che centinaia impilati uno sull'altro, che non sai se davvero leggerai mai.

Forse e dico forse, e lo dico soprattutto a quelli che scrivono di libri, bisognerebbe inculcare ai giovani e vecchi lettori l'invito alla lettura e non all'accumulo, come leggo spesso.


Alla prossima!

 

martedì 19 settembre 2023

La casa del sonno - Jonathan Coe

Jonathan Coe è potenzialmente uno di quegli autori di cui potrei leggere tutto. 

Mi piace come scrive, mi piacciono i suoi personaggi, e soprattutto ha una particolarità che è propria di pochi, ovvero quella di essere un pozzo di conoscenza di tutte le arti, ma allo stesso tempo è molto accessibile e commerciale.

Pur trattando a volte di temi che possono sembrare alieni ai non anglofoni, riesce comunque ad ammaliare il lettore, ed anche ad insegnargli qualcosa. 
 La casa del sonno l'ho pescato al solito mercatino dell'usato a 2 Euro circa.
Come ben sa chi mi conosce, non è il primo Coe che ho letto, e nemmeno il primo post che faccio su questo autore.
 La saga de La banda dei brocchi ( il primo in particolare ) è una delle mie opere preferite in assoluto, e quindi parto sempre carico di aspettative e fiducia ogni volta che lo incrocio in qualche mercatino.
 La casa del sonno è la sua quinta opera che leggo, ma a livello cronologico è una delle sue prime opere.
Si nota la differenza con le successive o con La famiglia Winshaw, sua prima opera?

Non saprei, nel senso che La famiglia Winshaw l'ho letto una sola volta e lo avevo adorato, ma è passato tanto tempo.

 La casa del sonno è un libro un po' più contorto, ma mi è comunque piaciuto molto, anche se ci sono delle scelte narrative che non sempre sono state di mio gusto.
Andiamo di sinossi: 


"Dopo La famiglia Winshaw, un altro caleidoscopio di invenzioni narrative e un'altra girandola di personaggi ora commoventi ora comici, in un dormiveglia caotico che non conosce riposo. In La casa del sonno si racconta l'avventura di un gruppo di giovani. Da studenti, nei primi anni Ottanta, vivono tutti nella severa Ashdown: Gregory, che studia medicina e ha la mania di spiare il sonno altrui; Veronica, una lesbica volitiva, ultrapoliticizzata e appassionata di teatro; Terry, che dorme quattordici ore al giorno e da sveglio sogna di girare un film che richiederà cinquant'anni di riprese; Robert, romantico studente di lettere, che scrive poesie d'amore per Sarah; e Sarah, appunto, intorno alla quale girano le vicende di tutti gli altri. Dodici anni dopo, Ashdown è diventata una clinica dove si cura la narcolessia e nei sotterranei si svolgono oscuri esperimenti. E' un autentico "castello dei destini incrociati", dove si avverano sogni e si dissolvono visioni; dove c'è chi dorme troppo e chi troppo poco, chi ama sognare piuttosto che vivere e chi non vorrebbe perdere un solo minuto di vita nel sonno. E, mentre si interroga ossessivamente sul valore e il significato del sonno, l'eterogenea comunità di studenti, diventata adulta, inciampa nel malessere, nella follia e nelle comiche incongruenze della vita."




Dal punto di vista delle idee e dell'intreccio, La casa del sonno è un buonissimo libro. La suddivisione dei capitoli tra presente e passato, è ben congegnata ed interessante, anche se non originalissima.
 
L'idea che i quattro protagonisti abbiano tutti dei disturbi dedicati al sonno, lo è altrettanto.

Il problema è che a parte Terry, è molto difficile comprendere caratterialmente e socialmente gli altri tre personaggi. Questo ovviamente non è un problema dal punto di vista narrativo, ma a volte Robert, Sarah e Gregory sono scritti in un modo così sopra le righe, da sembrare dei personaggi usciti da un film di Muccino. 

Nel libro ci sono anche alcune intersecazioni di troppo, nel senso di coincidenze un po' surreali, ma su cui comunque ci si può chiudere un occhio. 

Il problema mio personale su questo libro è quello legato al rapporto tossico tra Robert e Sarah, che è un po' il tema centrale del libro. Robert è una sorta di simp ossessionato da quest'ultima, tanto da prendere delle decisioni estreme, a volte basate quasi sul nulla. 

La realtà è piena di storie di questo tipo, quindi nell'economia della storia è accettabile, però è un rapporto talmente assurdo ed enfatico, che ho faticato a leggerne le gesta, ed a comprenderle. 

Molto più dinamica ed avvolgente tutta la parte dedicata alla clinica del sonno ed agli esperimenti, ed in quel contesto risalta oltremodo il personaggio di Terry, che secondo me è il più centrato ed interessante tra tutti.

Altrettanto lo sono le pagine dedicate al cinema ed ai film perduti, che dimostra tutta la poliedricità e la capacità di argomentazione di quest'autore, cosa che si era vista già negli altri romanzi che avevo letto, dove aveva già mostrato una grande dimestichezza nell'affrontare temi come la politica inglese, la musica classica, la fotografia.

Ovviamente non sono un esperto di narcolessia e dei disturbi legati al sonno, quindi non so quanto di rilevante e veritiero ci sia in quest'opera, ma fatto sta che Coe riesce comunque a rendere l'argomento centrale ed interessante. 

La casa del sonno è in generale un buonissimo libro, forse più adatto ad un lettore che era ventenne nel 1997, l'anno in cui venne pubblicato. 

Le ossessioni sentimentali, che sono molto tipiche in quella età, con quegli amori un po' da soap opera, propri dei telefilm con cui siamo cresciuti, avrebbe fatto sì che io mi districassi meglio nella storia e nella vita di alcuni di questi personaggi. 

Oggi personaggi come Sarah e Robert, faccio un po' fatica a digerirli. Però, davvero, a parte questo, La casa del sonno è un libro coinvolgente, e con una struttura narrativa accattivante. Poi conoscere dei personaggi con disturbi legati al sonno, mi connette ancora di più a loro, visto che anch'io saltuariamente soffro di insonnia ciclica.

Insomma, si può definire La casa del sonno un romanzo dai due volti.
In primis un romanzo di formazione, dove i quattro protagonisti frequentano l'università e gli stessi ambienti, ed è probabilmente la parte con più " cuore ", ed una seconda parte che li vede adulti problematici, in cui i semi piantati nell'adolescenza diventano radici di sofferenza.

L'insieme, come ho detto più su è sicuramente riuscito, e lo rende un buon libro, ma secondo me, alcuni rapporti umani sarebbero dovuto essere sviscerati ancora di più.

Coe ha scelto la strada più subdola, forse per cogliere di sorpresa il lettore nelle pagine agro-dolci finali, però il percorso di alcuni di questi personaggi non è molto delineato, secondo me.

Alcune scelte di narrazione le ho trovate troppo immediate, esagerate e soap operistiche.

Eppure, nonostante ciò, ho finito il libro con rimpianto, e confido di incrociarne nuovamente il cammino, prima o poi.


Alla prossima!

mercoledì 9 agosto 2023

Cosa si trova al giorno d'oggi, in un mercatino di libri, in una città di media grandezza del Sud Italia ?

Feci questa foto qualche anno fa, perché volli focalizzare a memoria duratura quella sorta di moto di anticipazione e curiosità, che mi prende quando dedico un paio d'ore al mese al mercatino delle pulci della mia città in cerca di qualche affare librario.

E' vero, qualcuno potrebbe farmi notare che le bancarelle si intravvedono appena, ma mi vergogno a fotografare le robe altrui, non posso farci nulla.

Ormai frequento quel posto da anni, tanto da conoscere usi e costumi dei rivenditori, e quindi so chi porta sempre gli stessi libri o chi diversifica la bancarella di volta in volta, e quest'ultimi sono quelli da cui vado per primo.

Con il tempo, quindi, ho assimilato non solo il materiale librario di cui potrebbero disporre, ma anche il prezzo, e con il tempo si è creata anche una certa familiarità, visto che comunque mi vedono di sovente.

Il che mi ha portato spesso a parlarci ed a rapportarmi con loro, soprattutto per quel che concerne alcune riflessioni e domande che vengono a crearsi quando ci troviamo di fronte a qualcosa che è già stato di qualcun'altro.

- La prima domanda che mi pongo sempre davanti ad una bancarella è quella più logica: da dove vengono quei libri?

Quale è la loro storia?

A volte mi capita di trovarci delle dediche, degli appunti, delle cartoline, ed è quasi come assistere ad uno stralcio della vita e delle esistenze altrui, anche quando ci trovi delle macchie di caffè o di muffa.

In base alle chiacchiere fatte con loro ( ma anche esperienze personali che ho vissuto ), vi sono molteplici motivi per cui un libro finisce nelle bancarelle.

Però bisogna partire da un presupposto per eliminare subito una delle derivazioni più comuni, ovvero quello che un libro non piaccia e che quindi venga subito ceduto ad un rivenditore.

La risposta a questa possibile derivazione è negativa, perché oggi un libro che si è comprato di recente e che ritieni non possa far parte della tua libreria, lo rivendi facilmente su Vinted o Ebay, e difficilmente lo porti ad un rivenditore d'usato.

Infatti nelle bancarelle vi sono per lo più delle tipologie di libri che più tardi elencherò, ma che partono da un range temporale che va dagli anni '60 al massimo ai primi anni del duemila.

Tanto per fare un esempio, è rarissimo trovare in una bancarella un libro pubblicato dopo il duemila, a meno che non sia uscito in un allegato con un quotidiano o una rivista.

Gli Adelphi e gli Einaudi, manco a parlarne.

E' apparso qualche sparuto libro de la Feltrinelli, ma comunque poca roba.

Sono ormai molti anni che frequento quelle bancarelle e di libri di queste case editrici ne avrò visti al massimo due o tre ( ed uno l'ho anche comprato, visto che era un'edizione Einaudi de L'urlo e il furore di Faulkner ).

Ovviamente bisogna tenere conto anche della grandezza del mercatino e della città che lo ospita.

Qui io parlo di una città del sud Italia di 180.000 abitanti, e non di Napoli o Roma, dove presumo che nei mercatini possano circolare anche numerose copie di Adelphi, Einaudi ecc.ecc.

D'altronde è un trend anche abbastanza in voga nei social o su Youtube quello dell'affare ai mercatini, quindi mi è capitato spesso di vedere copie di libri di quelle edizioni a Porta Portese o altri mercati simili.

Eliminando quindi gli appartenenti alle generazioni x,y, millenial ecc.ecc., che molto probabilmente userebbero internet per rivendere un libro, non restano che i cosiddetti boomer o in alternativa  che molti di questi libri giacessero in qualche magazzino da decenni, come è il caso di uno dei rivenditori, che praticamente porta i libri un po' a caso pescando dal mucchio di libri che ha sugli scaffali.

Ma quali sono i principali motivi per cui la gente si sbarazza dei libri?

- In primis la mancanza di spazio o la riduzione dello stesso.

Ed è una cosa che ho vissuto con mano.

- La morte del collezionista.

Magari un nonno o uno zio che è passato a miglior vita ed i cui eredi ( se ci sono ) non hanno lo spazio o l'interesse a coltivarne gli stessi interessi o il lascito.

Ed è una cosa, che a parer dei rivenditori con cui ho parlato, accade più sovente di quel che si pensi.

- Perdita d'interesse.

E' una cosa che ho vissuto io stesso con i videogiochi, la musica ed i fumetti, che spesso ho rivenduto o persino buttato, come nel caso di qualche vecchio CD o musicassetta.

- Trasferimento in un'altra città, altro paese, altra casa.

Convivenza.

Spesso ci si fidanza o ci si sposa con gente che non condivide le nostre passioni, e con cui bisogna trovare la quadra per quel che concerne la condivisione dello spazio.

Il fatto che si tratti per la maggior parte di vecchie collane o di libri degli anni antecedenti al duemila porta a pensare che vengano principalmente da case che si sono svuotate di gente che è passata a miglior vita o ragazzi/e che oggi sono uomini, donne, padri, madri, e magari anche nonni/e.

E quindi quali sono le collane o le case editrici che circolano di più nel piccolo mercatino della mia città?

Prime tra tutte le belle edizioni de il novecento italiano ed europeo che uscivano in allegato con La famiglia cristiana.

Edizioni molte curate, spesso foriere di capolavori.

Io stesso con il tempo ne ho recuperati sei ( a circa 1 Euro l'uno ) e conto di recuperarne altri.

In tutto dovrebbero essere ventiquattro libri.

Dodici dedicati al novecento italiano e dodici al novecento europeo.

Mi pare siano datati 1997, quindi non sono nemmeno tanto vecchi.


I tascabili Newton che si dividono in tante micro-categorie, ma che comunque fanno bella mostra di sé in qualsiasi bancarella dell'usato.

Con il tempo ne ho recuperati tantissimi.

In primis ci sono gli indimenticabili 100 pagine, 1000 lire con la costoletta nera, poi quelli della collana il fantastico economico classico con costoletta bianca sempre al prezzo di 1000 lire, ed infine i classici Super Ten da 250 pagine al prezzo di 2000 Lire.

Credo che qualunque appassionato di letteratura ne abbia almeno qualcuno a casa.


Le edizioni Fabbri in copertina rigida.

Alcuni dei miei libri preferiti li ho recuperati in questa economicissima edizione, che anche attualmente è parecchio presente nei mercatini dell'usato.





I mitici Urania.

Beh, questi non mancano mai, ed anche di questi ne ho fatta incetta.

A volte ci ho passato letteralmente ore a sfogliarli, perché è la collana principe di qualsiasi bancarella.

Che siano quelle dalla copertina bianca, o quelle più vetuste dalle copertine coloratissime prezzate a 130 Lire.



La biblioteca di Repubblica, Novecento.

Per me il non plus ultra.

Sono le edizioni che preferisco in assoluto, soprattutto per quel che concerne il lato estetico, ma anche perché a buon prezzo vi ho trovato dei veri e propri capolavori.

Di pregio anche I grandi romanzi del Corriere della sera, che sono molto vicini esteticamente a quelli di Repubblica.

Anche qui ne ho preso qualcuno, e conto in futuro di prenderne altri.


Chiudiamo con gli Oscar Mondadori.

Quelli vetusti degli anni '60 circolano moltissimo, ed infatti ne ho presi parecchi, a cui vanno aggiunti i classici del giallo di cui ne vedo sempre un'infinità.

Bene o male queste sono le collane che spesso mi trovo più davanti, e che per la maggior parte è facile portare via ad 1 o 2 Euro.

Senza le bancarelle, io probabilmente avrei letto meno della metà dei libri che ho letto, anche perché è raro che io possa permettermi di comprare un libro in prima edizione.

Insomma, queste sono le collane che mi hanno dato più soddisfazioni, e che hanno reso la mia libreria più vintage del necessario, rendendomi non sempre un uomo del mio tempo.

Certo, quando ho potuto ho fatto incetta di libri comprati su internet o in libreria, ma per quel che concerne le emozioni, per me, le bancarelle restano imbattibili, se non altro perché non so mai cosa troverò e cosa e se comprerò.

Quella sensazione di pescare un libro che cercavi da tempo, e quel senso di curiosità e di voglia che mi prende quando arrivo nei pressi di una bancarella, è qualcosa di impagabile, che nessuna libreria potrà darmi, soprattutto quelle di catena.


Alla prossima, e per chi può permettersele, buone vacanze!






sabato 29 luglio 2023

La pietra della luna - James Herbert

Al di fuori dei romanzi pubblicati da Urania, ignoravo l'esistenza di alcuni romanzi di James Herbert pubblicati negli anni '80/90 ed oggi fuori catalogo.

E' strano che mi fossero sfuggiti, e questo non è un bel segnale per il sottoscritto, poiché significa che mi sto lasciando vincere dalla pigrizia, dalla fretta, e dalla voglia di non approfondire più di tanto anche gli autori che tanto decanto come Herbert.

Qualche mesetto fa avevo dieci Euro che volevo buttare su Ebay, e mentre ero alla ricerca di qualche buona offerta per qualche romanzo che non riesco a trovare ai mercatini, mi salta l'occhio su un trio di romanzi di James Herbert che non avevo ancora letto, e di cui ammetto che ne ignoravo l'esistenza.

Il più accessibile è stato questo di cui mi accingo a parlare, e che ho trovato a buon prezzo, in formato con sovracopertina.

Il libro in questione è un'edizione de Armenia editore del 1987.
Spulciando un po' su Ebay ve n'era anche una del ben più noto CDE, che però aveva un titolo diverso Moon, che è anche il vero titolo del romanzo.

Andiamo di sinossi e parliamone:

"Si chiama Jonathan Childes e da qualche tempo insegna informatica nel College femminile di La Roche.
Nessuno conosce il suo passato; nessuno al di fuori di Amy, la ragazza che per amore ha accettato di condividere il suo angoscioso segreto.
Childes, infatti è fuggito da un incubo, da un'incredibile esperienza telepatica che gli aveva fatto predire le date e i luoghi di un'inspiegabile serie di infanticidi. Era stata come una maledizione che, alla fine, aveva distrutto la sua vita e la sua famiglia. Ora, però, tutto sembra dimenticato. Stimato, ammirato, Childes è tornato se stesso, con la mente liberata da quegli strani poteri.
Fino al giorno in cui, d'improvviso, davanti ai suoi occhi cala nuovamente un sipario di sangue. Il suo inconscio sta captando terribili segnali di morte. Per Childes l'incubo è ricominciato..."


Così come per Howard, Stephen King rivolgendosi a James Herbert nel suo saggio Danse Macabre, lo descrisse come di un autore che nelle sue storie andava a battagliare con l'horror.
In effetti La pietra della luna, è un romanzo che prende di petto l'azione e lo fa anche con ferocia e pochi filtri, ma in maniera molto ermetica.
Herbert crea molte aspettative verso questo villain, ma alla fine, non mi è sembrato una figura così centrata e convincente.
Invece il romanzo è ottimo per quel che concerne l'intreccio ed i comprimari.
Certo, non offre nulla di nuovo rispetto al genere, e letto adesso vi verrebbero in mente migliaia di storie simili, ed anche qui non manca l'investigatore amico, ma con i colleghi sospettosi verso il protagonista, tanto per continuare il trait d'union con i romanzi di  King che ho riletto recentemente.

Però tutti i protagonisti di contorno della vicenda, funzionano veramente molto, ed infatti Herbert crea un cast di personaggi molto credibili, familiari del protagonista in primis.

Tutto ciò che riguarda il rapporto di coppia con Amy, ma anche i rapporti con ex moglie e figlia, funzionano molto bene, ed anzi sono ben più interessanti delle scene più creepy, che a me appaiono molto più nella norma, forse perché vi sono fin troppo abituato.

Insomma è un libro che mi ha trasmesso più come soap opera orroristica, che per quel che concerne l'horror in sé, e credo che a conti fatti ci troviamo tra le pagine di uno dei romanzi minori di questo scrittore.

Alcune scelte poi sono fin troppo dei cliché.
Il fatto che la figlia abbia le stesse facoltà del padre è un po' una banalità, mentre è carino che il tramite di trasmissione delle visioni avvenga attraverso una lunarìa che l'assassino lascia sul posto del delitto.

Al di là dell'intreccio che è molto coinvolgente, devo dire che dal punto di vista della coesione e della trama questo libro mi ha detto molto poco.

Sono comunque contento di averlo letto.
E se potrò conto di recuperare anche gli altri romanzi che mi mancano di questo scrittore.
Però ho idea che Urania aveva scelto bene, andando a prendere il materiale migliore che Herbert aveva scritto, perché per me, La pietra della luna vale molto meno degli altri romanzi che avevo letto di questo scrittore.
Segno che forse quest'autore è molto più agio quando si trova nel confine tra il genere fantascientifico e horror, che piuttosto in quest'ultimo in maniera tout court.
Ma quest'ultima è solo un'impressione, che fugherò soltanto quando e se riuscirò a recuperare anche Satana ed Il sepolcro.

Alla prossima!




martedì 11 luglio 2023

Dolores Claiborne - Stephen King

 "...Anche il tempo è uno stretto, sapete, come quello che c'è tra le isole e la terraferma, ma l'unico traghetto che va da una sponda all'altra è il ricordo, ed è come un vascello fantasma: se vuoi che scompare, dopo un po' non c'è più."


Dolores Claiborne mi riporta ad un passato che fu presente, sicuramente pieno di problemi, ma che oggi in qualche modo ricordo con affetto, forse perché c'era una persona che non c'è più.

Lessi questo libro durante un'estate assolatissima, nelle prime ore di un pomeriggio lavorativo lungo e noioso, in cui, tra un cliente e l'altro, ci si sedeva fuori all'ombra, manco fossero gli anni '80, anni in cui le famiglie solevano portare le sedie fuori e passare le sere a chiacchierare/sparlare sui marciapiedi.

Cosa che dalle mie parti non esiste più.

Cosa ricordavo però del libro in sé?

Poco in realtà.

Ho il ricordo dei giorni in cui l'ho letto, ma poco dell'opera.

Ho posto rimedio nel mese scorso, rileggendolo dopo più di quindici anni.

Quindici anni? Potrebbero anche essere venti.


L'edizione in mio possesso risulta essere del 2003, ed è l'ennesimo acquisto che facevo nel pomeriggio del sabato nell'ipermercato vicino casa, nel periodo del mio delirio per Stephen King, di cui volevo avere tutto.

Riletto oggi, devo dire che l'ho apprezzato molto di più della prima volta.

Per me Dolores Claiborne è un libro perfetto, senza alcuna sbavatura.

Parliamone meglio dopo la sinossi:

"Dolores Claiborne è un'anziana rompiscatole yankee che adesso si trova a doversi discolpare, davanti alla polizia, per la fine misteriosa di Vera Donovan, la ricca invalida di cui era la governante. Ma a Little Tall Island molti si chiedono ancora cosa sia realmente successo in quel giorno spettrale di trent'anni prima - che coincise con un'eclissi totale - in cui morì suo marito. Per difendersi, Dolores si lancia in un racconto trascinante, un avvincente monologo in cui ripercorrere la sua tormentata e terribile esistenza".

Quando scrivo perfetto, non significa che si stia parlando di un capolavoro.

Il romanzo è perfetto per quel che si prefigge di raccontare, ma parliamo di un'opera molto orizzontale ed anche abbastanza semplice come intreccio.

In più possiamo dire che è una delle rare incursioni di King in un genere più drammatico che orroristico.

Non mancano scene forti, e la scena del pozzo è emblematica, potente e disturbante, ma mancano quasi totalmente le scene soprannaturali tanto care allo scrittore del Maine.

Qualche guizzo c'è, ma davvero poca roba.

Il romanzo è sorretto quasi unicamente da un unico personaggio, che ci racconta il tutto sotto il suo solo punto di vista, ma King lo delinea in modo così credibile ed accurato, da renderlo incredibilmente umano, anche se parliamo di un'assassina...

King entra nel campo Dostoevskijiano, e non ne esce con le ossa rotte, anzi...

Tranquilli, comunque, non ho spoilerato poiché il romanzo si apre proprio con la confessione durante un interrogatorio di un assassinio, anche se non è quello per cui Dolores viene accusata.

Dolores Claiborne conta solo 267 pagine, e ci porta dritti in una comunità isolana molto chiusa e molto patriarcale.

King in quest'opera divaga molto poco, e forse è proprio per questo che questo libro non deraglia mai, risultando oltremodo centrato.

Ovviamente essendo un racconto molto orizzontale, e non avendo molte parti dedite all'azione, potrebbe risultare statico, ed infatti capirei benissimo chi mi dicesse che questo libro non gli è piaciuto, però boh, per me è uno dei libri migliori di King, proprio perché è molto più terreno di molti altri.

Il male vero, quello umano, per me è molto più potente di qualunque creatura immaginifica.

Credo non ci sia molto da dire sulla storia, perché è bello scoprirla da sé, soprattutto per quel che concerne la forza e la determinazione di Dolores, uno dei personaggi più complessi e belli mai creati dal Re.

Però anche la dispotica Vera Donovan si rivela un personaggio parecchio incisivo e peculiare.

Ho parlato di atmosfere che ricordano Dostoevskij, ma in verità alcune dinamiche sono molto assimilabili a Shirley Jackson.

Insomma, questo libro ci racconta di una piccola storia, ambientata in una piccola isola, e di un personaggio che vive una vita umile e difficile, che trova riscatto e coraggio durante un'eclissi.

Questo libro porta in dote tanti dubbi di natura morale, perché al di là dell'empatia e delle ragioni di Dolores che subisce soprusi ed angherie dal marito, non si può comunque arrivare a giustificare l'atto in sé, eppure, in un certo qual modo, si arriva a comprenderla.

Un libro che riesce in questo è un gran libro.

Certo, Dosto ed altri ci sono arrivati prima di King, però bisogna dire che il Re ha scritto davvero un libro che forse avrebbe meritato maggior successo di alcuni suoi altri libri.

Dolores Claiborne è davvero un buon libro.

Leggetelo, se potete.

Alla prossima!


mercoledì 21 giugno 2023

Il divulgatore a cui do credibilità non sponsorizza e non si sponsorizzerà.

Foto di Miguel A Amutio su Unsplash
Due volte in pochi giorni, mi sono ritrovato a provare delle sensazioni strane sulla divulgazione via web, soprattutto quella che credevo non sponsorizzata.

L'apparizione della dicitura #Adv, lo sponsorizzare se stessi e le proprie traduzioni/opere in spazi virtuali che fino alla visita precedente trovavo più trasparenti, mi provoca una sorta di mestizia.

Nel momento in cui provi a vendermi qualcosa, io mi chiudo a riccio, ti considero perso.

Non mi fido più.

Proviamo a contestualizzare un attimo, per quanto mi rendo conto di quanto sia un argomento
complesso con numerose derivazioni che resteranno sottintese o ignorate del tutto.

Torniamo indietro nel tempo, prendendola larga.

Da ragazzini le pubblicità ci hanno in un certo senso indottrinato, indotto al desiderio verso alcuni oggetti, soprattutto giocattoli.

Ricordo ancora gli opuscoli natalizi dei vari marchi, ed ancora oggi c'è una nutrita mandria di nerd e divulgatori di oggetti pop, che ancora vivono di quei ricordi, alcuni ci campano anche.

Il vip di turno che provava a venderci un prodotto c'è sempre stato, ma oggi si è moltiplicato con il moltiplicarsi delle possibilità di marketing attraverso non solo il cartaceo e la tv, ma anche il web ed i social.

Oggi però il rapporto di molti di noi con la pubblicità, è controverso, per non dire di fastidio.

Molti cercano modi per skipparla, ed io stesso in molti video/immagini su  Internet, Youtube o sulle app o piattaforme streaming, faccio altrettanto.

Scommetto che come me molti altri, persino i divulgatori stessi, ipotizzo.

Ed allora perché io dovrei sorbirmene ancora delle altre?

Spesso mi faccio questa domanda mentre guardo un video/una stories/ leggo un post sponsorizzato/ecc.ecc.

C'è una certa ipocrisia di fondo in molti di questi creators, ed è un discorso che vale per tutti i creatori di contenuti dei vari media: youtuber, blogger, tiktoker, bookstagrammer, ecc.ecc.

Questo non è un atto di accusa, sia chiaro.

Capisco le regole del gioco, ed io stesso ho usufruito dei consigli, quelli più trasparenti, dei divulgatori in questione.

Anche perché spesso è facilmente intuibile la marchetta di turno, specie se è sponsorizzata in maniera chiara e legale.

Io stesso tempo molto tempo fa, feci un post su un libro che avevo ricevuto in omaggio da un altro blogger.

Ricordo che per me fu una situazione strana, anche alienante, per certi versi, perché sentivo che avrei dovuto dire di no, ma non ne ebbi cuore, conscio che però lo avrei letto più per dovere che per piacere.

Io un libro del genere non lo avrei mai comprato, e non perché era brutto ( non lo era ), ma perché trattava di argomenti che ormai mi interessano poco, anche perché io con il tempo ho un po' superato la nostalgia del passato e dei vecchi giocattoli, ed al massimo me ne è rimasto qualche eco, ma non tanto da considerarmi un rappresentante del geekismo pop.

Quel post mi ha segnato un po', ed oggi quando vedo divulgatori che fino a mesi prima ne dicevano peste e corna e seguitavano a postare in totale libertà, essere a sua volta inglobati ed asserviti al sistema, ammetto che mi perplime un po'.

So che per molti avere seguito significa anche poter cercare di campare con le proprie passioni, che sia di giornalismo, scrittura, ecc.ecc., ma secondo me, è come passare dagli estremi al democristiano.

Sia chiaro, anch'io ho seguito, seguo ed ho followato gente che fa divulgazione e sponsorizzazioni, ma comunque erano degli utenti che lo facevano dal primo istante che li ho visti, e che quindi ho potuto filtrare fin da subito.

Ma come ci si pone verso chi lo fa improvvisamente?

Da chi ad un certo punto viene notato dalle CE, o da qualsiasi agenzia di marketing?

Voi, o sparuti lettori, riuscite ancora a dargli credibilità?

Vi fidate?

Io ammetto che ai miei occhi perdono quella patina di onestà intellettuale, non riesco più a leggerne i post o guardare i loro video allo stesso modo.

Preferisco e preferirò sempre le opinioni di qualcuno che ha comprato quell'oggetto e non lo ha avuto gratis.

Preferisco e preferirò sempre chi scrive in totale libertà e senza nessun guadagno.

Chi non mette Adsense o le pubblicità con foto di funghi ai piedi o pillole per aumentare il desiderio.

Guardo con sospetto anche i siti web più importanti onnipresenti su Tik Tok ed Instagram che danno voce ed importanza ad umani che recensiscono libri in camicia da notte.

Attenzione, auguro a costoro tutto il successo di questo mondo, e sarò sempre dalla parte di chi riesce ad ottenere successo nelle proprie passioni facendone un lavoro.

Lodo la vostra dedizione ed il vostro impegno, come ho lodato la vostra bravura dialettica, la vostra bravura davanti ad una tastiera o una telecamera, ma nel momento in cui provate a vendermi qualcosa, tra me e voi si aprirà una frattura difficilmente sanabile.

E chi te s'incula, direte voi.

Giustamente, anche.

Da un certo punto di vista, soprattutto quello che concerne la letteratura, mi sento una specie di luddista.

E mi sembrava giusto farlo sapere al mondo virtuale.

Il piccolo fratello vi osserva, con sospetto e delusione, prendendo nota dell'ennesima anima perduta, nel giogo della sopravvivenza, del vil denaro, e della fama.

Vi comprendo, ma non vi voglio più bene.

Un grazie a Nordv...no,no, scherzo. :-P


mercoledì 14 giugno 2023

Il falcone maltese - Dashiell Hammett

Nel mio peregrinare su internet alla ricerca di nuovi input, nuovi generi, e nuovi autori da affrontare, mi imbattei anni fa in un post su una pagina Facebook, di un noto fumettista nonché influencer, che parlava del genere noir e dei suoi precursori, partendo dalla recensione di un unico titolo, che era Il lungo addio di Raymond Chandler.

Lo scritto fu talmente convincente che mi fiondai subito sulle opere di quest'autore, di cui mi innamorai perdutamente.

Mi bastarono solo due opere per essere preso, ma accortomi di una struttura narrativa che seguiva una meccanica basilare, mi fermai lì, tenendomelo buono buono in ottica futura.

Non volevo farmelo venire a noia, non dopo aver conosciuto un autore che ho amato fin da subito così tanto.

All'epoca mi fermai con Chandler, ma continuai esplorando il genere con altri autori, di cui ho anche parlato su questo spazio.

Durante la lettura di quel post, presi nota di altri autori che venivano citati, tra cui quello che lui considerava l'antesignano del genere, ovvero Dashiell Hammett, citando proprio l'opera di cui parlerò oggi, ovvero Il falcone maltese.

Prima di farlo, parliamo di come ne sono venuto in possesso, storpiando una frase biblica: " Le vie delle poste sono infinite. "


Presi questo libro su Ebay per circa 4 Euro.

Trattasi di una vecchissima edizione de il giallo d'azione della Mondadori, un po' ingiallita, ma tutto sommato decorosa.

Il problema è che di questo libro se ne perse traccia, manco fosse il falcone della storia stessa.

Dopo un mese ho dovuto contattare il venditore, che mi ha persino rimborsato, e di questo libro mi ero persino dimenticato, quando una mattina di due, tre mesi dopo, me lo ritrovo nella cassetta delle lettere.

Insomma, entrarne in possesso, è stata una roba travagliata.


Prima di parlare di questo libro, va fatta la stessa premessa che feci all'epoca per Il lungo addio di Chandler.

Questo è un romanzo del 1930, ed è figlio di quel periodo.

Va contestualizzato in toto, soprattutto per ciò che concerne i protagonisti, tutti quanti, misogini, sessisti, e con una morale parecchio patriarcale.

Mi è capitato di guardare un video su Tik Tok, tempo fa, di un giovane cineasta, che parlava dei primi film di Bond, bollandoli come dei film piuttosto sessisti, con degli approcci del buon James piuttosto violenti e molesti nei confronti delle donne.

Anche in questo romanzo vi è una sorta di sessismo strisciante nei confronti della giovane protagonista, ma anche nei riguardi della segretaria dell'investigatore Sam Spade.

E' incredibile come questo libro presenti una struttura narrativa, pedissequa a tantissimi romanzi dello stesso genere, venuti dopo.

Sam Spade è sovrapponibile a molti altri personaggi, forse un po' più smussati di lui, ma leggendo questo libro, me ne sono venuti in mente moltissimi altri, soprattutto il personaggio di Douser dei racconti hard boiled di Ray Bradbury.

Uno in particolare, che io lessi nella raccolta Omicidi d'annata, ricorda moltissimo una delle scene che ho preferito de Il falcone maltese.

Che dire del romanzo in sé: la trama è semplice, ma prende delle vie sempre più tortuose e complesse, i dialoghi sono ottimi e molto incisivi, ed i personaggi seguono un po' la natura delle storie di questo tipo.

Chi conosce i topoi del genere sa cosa aspettarsi, non c'è bisogno manco che lo scriva.

Si parte alla ricerca di un oggetto, ma ci si ritrova in un casino di bugie, inseguimenti, pedinamenti, cambi di casacca e prospettiva, omicidi e misteri.

Lo so, il fatto che cambino le storie, ma che la struttura si ripeta romanzo dopo romanzo ed autore dopo autore, può essere visto come un difetto, ed infatti in epoca moderna le storie di questo tipo , basta pensare ad Ellroy o anche Bunker, hanno una struttura meno circoscritta e meno canonica, però resta il fatto che Il falcone maltese è un'opera piuttosto valida, ed ha il merito di avere creato o comunque consolidato un genere.

C'è da dire che Dashiell Hammett è molto più diretto e violento di Raymond Chandler, e forse ha una scrittura meno lirica e romantica di Ray, così come Sam Spade è molto più rude di Philip Marlowe.

Hammett ha meno filtri, è più diretto, ed io ne ho ricavato una lettura veloce e coinvolgente.

In generale l'intreccio mi è piaciuto molto, soprattutto la parte finale.

Mi piacerebbe recuperare anche Raccolto rosso.

Insomma, che dire: sono contento di aver letto questo romanzo, che a questo punto non posso che consigliare, specie agli amanti del genere noir.

Vi lascio con la sinossi:

"San Francisco, sul finire degli anni Venti, non è certo un luogo tranquillo. Per questo il detective Sam Spade ha imparato che è meglio stare sempre sul chi vive. Anche quando nel suo ufficio sulla Baia si presenta un'incantevole ragazza bionda con un nome che è già un programma: Miss Wonderly. La giovane donna vuole che Spade la aiuti a scoprire che fine ha fatto sua sorella Corinne, che si è legata a un poco di buono, un certo Floyd Thursby. Ma presto Spade si accorgerà che la sua cliente non è l'angelica creatura che appare. È invece una dark lady spietata, ipocrita e manipolatrice, disposta a tutto pur di entrare in possesso di un antico e prezioso manufatto, una statua d'oro e di gemme raffigurante un falco, donata dai Cavalieri di Malta all'imperatore Carlo V nel XVI secolo. Pubblicato nel 1930, "Il falco maltese" è considerato il capolavoro di Hammett, il più bel romanzo del "duro" Spade, portato sul grande schermo da un indimenticabile Humphrey Bogart."



Alla prossima!

sabato 27 maggio 2023

The outsider - Stephen King

The outsider è l'unico libro di King che mi mancava.

Tecnicamente non sarebbe l'unico, poiché c'è pure Elevation, ma quest'ultimo è un racconto di meno di cento pagine che sono convinto che presto o tardi verrà inserito in qualche raccolta, quindi sarebbero soldi buttati.

Che poi, io nemmeno volevo prenderlo The outsider.

Ero andato a comprare altro, ma per non tornare a mani vuote, mi sono guardato intorno, e questo tomo mi è apparso davanti con la sua copertina molto accesa e l'ho portato a casa.

Partiamo da una premessa: io questo libro me lo ero spoilerato dopo aver letto la raccolta di racconti Se scorre il sangue, dove una delle storie è praticamente uno spin off di questo libro, con tanto di citazioni al finale ed altre informazioni che quindi di fatto, ne rendevano quasi inutile il recupero, se io fossi stato uno di quei lettori che si preoccupano di sapere il meno possibile di ciò che leggono.

Io non sono così, e mi interessa più il viaggio, che la conoscenza di quello che troverò alla fine.

Detto questo, mi sono letto The outsider ed ho dato una rispolverata anche al racconto che da titolo all'omonima raccolta Se scorre il sangue, che alla seconda rilettura ho trovato abbastanza attaccato con lo sputo in termini di credibilità, nonostante io sia da sempre apertissimo alla sospensione dell'incredulità.

Com'è The outsider?

Ricordo molte recensioni dell'epoca, che lessi con profondo interesse ed un po' di invidia/mestizia perché in quel periodo ero impossibilitato all'acquisto, e ne trassi un profilo in cui si mescolavano nella stessa misura, interesse, ma anche una certa ambivalenza di opinioni, tra coloro che lo esaltavano e coloro che erano propensi a bollarlo come un libro come tanti altri.

Dopo la lettura mi schiero da entrambi le parti.

Il libro è praticamente diviso in due tronconi.

La prima parte è di stampo investigativo/poliziesco.

Nella seconda parte si entra più nel campo kinghiano dell' orrore esterno nell'interno.

Devo ammetterlo, la prima parte è secondo me, molto buona.

Prima andiamo di sinossi:

La sera del 10 luglio, davanti al poliziotto che lo interroga, il signor Ritz è visibilmente scosso. Poche ore prima, nel piccolo parco della sua città, Flint City, mentre portava a spasso il cane, si è imbattuto nel cadavere martoriato di un bambino. Un bambino di undici anni. A Flint City ci si conosce tutti e certe cose sono semplicemente impensabili. Così la testimonianza del signor Ritz è solo la prima di molte, che la polizia raccoglie in pochissimo tempo, perché non si può lasciare libero il mostro che ha commesso un delitto tanto orribile. E le indagini scivolano rapidamente verso un uomo e uno solo: Terry Maitland. Testimoni oculari, impronte digitali, gruppo sanguigno, persino il DNA puntano su Terry, il più insospettabile dei cittadini, il gentile professore di inglese, allenatore di baseball dei pulcini, marito e padre esemplare. Ma proprio per questo il detective Ralph Anderson decide di sottoporlo alla gogna pubblica. Il suo arresto spettacolare, allo stadio durante la partita e davanti a tutti, fa notizia e il caso sembra risolto. Solo che Terry Maitland, il 10 luglio, non era in città. E il suo alibi è inoppugnabile: testimoni oculari, impronte, tutto dimostra che il brav'uomo non può essere l'assassino. Per stabilire quale versione della storia sia quella vera non può bastare la ragione. Perché il male ha molte facce. E King le conosce tutte.

La sinossi è abbastanza esplicativa.

Diciamo subito che King sceglie proprio la strada più di pancia che è quella di colpire il lettore narrando dell'omicidio indicibile attraverso sodomizzazione di un bambino.

King vuole che il lettore provi non solo orrore, ma anche rabbia, verso l'unico indiziato di questo delitto, un uomo molto ben visto in comunità.

King fa un gran lavoro da questo punto di vista, perché il lettore si troverà catapultato in un vortice di azioni e di sentimenti talmente contrastanti tra loro, che lo porteranno ad empatizzare anche con il probabile assassino che fin da subito si professa innocente, ma che nonostante un alibi quasi inattaccabile risulta il maggior indiziato per via delle impronte e del DNA.

Questa incertezza nella certezza, rende la prima parte di questo libro veramente coinvolgente, tanto da filare come un treno.

In più King riesce a dare credibilità anche alle forze dell'ordine, rendendoli personaggi umani, anche se moralmente ambigui, nel senso che guardano molto anche alla poltrona, nella loro ricerca spasmodica del colpevole.

Infatti questa parte è costellata anche da comportamenti non proprio irreprensibili di questi tutori, soprattutto nell'ambito di alcune scelte scellerate che ci catapulteranno dritti nella seconda parte del libro.

In questo King non si è molto allontanato da alcuni fatti reali.

La seconda parte del libro è invece molto più discutibile, visto il cambio di tono e di genere, visto che viriamo nell'horror.

La seconda parte di questo libro mi ha ricordato parecchio La metà oscura, come avevo già affermato nel post in questione.

Ci sono tantissimi elementi in comune, ma devo dire che Ralph Peterson, ovvero il Detective che segue questo caso, l'ho trovato molto più centrato rispetto ad Alan Pangborn de la Metà oscura.

Entrambi sono legati dalla razionalità, e quindi rifuggono il paranormale finché non se lo trovano davanti, però Ralph mi è parso più verosimile nelle relazioni umane, forse proprio per la sua fallibilità, anche morale, per certi versi, visto il modo in pompa magna con cui ha fatto l'arresto ad inizio libro.

Nella seconda parte torna Holly, ormai personaggio feticcio di King.

Beh, qui Holly mi è piaciuta, molto più del solito.

Forse perché isolata in un contesto a lei meno familiare, ma come personaggio l'ho trovata molto più credibile che in altri romanzi o racconti.

Inutile raccontare oltre, basta dire che la seconda parte vira molto più nell'horror, ma un horror tutto sommato molto blando, con un villain molto effimero e sfumato, che però non è molto carismatico.

Carino che il finale sia praticamente una sparatoria quasi da romanzo western.

Insomma, The outsider è tutto sommato un buon libro, ma forse sarebbe stato meglio se King avesse dato fondo solo alla prima parte di questa storia rimanendo sul thriller/poliziesco, poiché la storia stava funzionando anche senza i risvolti soprannaturali.

C'è un certo stacco tra le due parti che si nota parecchio.

E va bene il bene supremo e collettivo, ma dopo i fattacci della prima parte, è molto difficile trovare credibile quel clima collaborativo che si viene a creare tra alcuni di questi personaggi a fatti in corso, specie se alcuni familiari passano a miglior vita per errori di quest'ultimi.

Ma tant'è, la storia è questa, e va letta così com'è.


Alla prossima!




venerdì 5 maggio 2023

La metà oscura - Stephen King

Per una coincidenza inconsapevole mi sono ritrovato in poco tempo a leggere due romanzi in qualche modo somiglianti e sovrapponibili, entrambi di Stephen King, ovvero The outsider, che era anche l'unico libro di King che non avevo ancora letto, ed il romanzo di cui sto per parlare, ovvero La metà oscura.

Avevo pochi ricordi di questo libro.
Sicuramente questa sarà stata la seconda o terza rilettura.
Avevo ancora bene in mente alcuni stralci dell'opera, compreso il finale, ma non saprei indicare né quando l'ho comprato e nemmeno quando lo lessi.
Per quanto quasi tutti i libri in paperback di King li presi quasi consecutivamente uno dopo l'altro nell'Ipermercato vicino casa.
Quindi ipotizzo intorno al 2004/2005.

Andiamo subito di sinossi:

"Thad Beaumont è uno scrittore di successo che per anni ha pubblicato romanzi con lo pseudonimo di George Stark: storie violente e di successo, che lo hanno reso ricco e famoso. Ora può finalmente scrivere con il vero nome, ma non sa che la figura di Stark, la sua metà oscura, non intende affatto sparire: più viva e spietatata che mai, diventa una macchina di morte che distrugge quanto incontra sulla strada che conduce al suo creatore. Per difendersi da questa orribile minaccia, Thad dovrà spingersi negli angoli più inquietanti della sua mente…"


Mi sembra abbastanza palese, che in qualche modo La metà oscura possa essere inserito tra i libri minori del Re, non a caso non è uno di quelli più rinomati, e raramente lo troviamo inserito in classifiche varie, ed anzi, persino le recensioni, nel caso di questo libro latitano abbastanza.
Sicuramente non è tra i libri più in voga su Instagram e Tik Tok, per dire.
Sì, lo so che è un libro del 1989, ma vi assicuro che King ha una fan base molto solida nei social, tanto che le recensioni di romanzi ancora più vecchi, non mancano.

E' un libro che soprattutto nella prima parte travalica il confine dell'horror buttandosi a capofitto nel genere slasher, ed è molto affilato, proprio come se fosse stato scritto da...qualcun'altro, e qui credo che caschi il proverbiale asino.

Per parlare di questo romanzo bisogna un attimo divagare e citare l'alter ego di Stephen King, ovvero Richard Bachman.

Chi segue King da tempo sa che per molto tempo ha scritto delle opere sotto quello pseudonimo, e spesso si trattava di storie molto più sovversive ed immediate, quasi delle sperimentazioni, e per me, sia nella trama, che nella prima parte di questo libro, si respira quell'aria lì.

A conti fatti George Stark è l'alter ego malvagio del Richard Bachman di Stephen King.
King infatti non fa altro che prendere spunto dalla sua storia editoriale personale, per creare un alter ego narrativo, che non ha niente da invidiare all'Hyde di Stevenson o al Wilson di E.A.Poe ( citato anche nel romanzo The outsider e che per questo considero sovrapponibile).

Come sappiamo, nella realtà un fan zelante scoprì l'identità del fu Bachman, e King venuto meno il giochetto è stato costretto ad uccidere il suo alter ego.

In questo libro accade qualcosa di molto simile.
Thad Beaumont è uno scrittore un po' in crisi, che ottiene successo solamente quando sotto pseudonimo scrive libri di genere firmandosi George Stark.
Solo che ad un certo punto viene scoperta la sua identità e con tanto di sepoltura metaforica via stampa, decide di mettere sotto terra il suo alter ego.

Che però ritorna letteralmente in vita, ed è pronto a vendicarsi di tutti coloro che erano presenti a quella sepoltura.

Al di là dell'assurdità della trama, l'idea di base è molto valida.

King ci prova anche a dare un po' di contesto e credibilità a questa resurrezione.
Non che ce ne fosse bisogno, secondo me.
Infatti tutta la parte relativa al gemello che ingloba l'altro nell'utero materno, così come l'operazione al cervello di Thad durante l'adolescenza, per me è un po' una fuffa pretestuosa.
Avrei accettato tranquillamente il ritorno dai morti di un essere che non dovrebbe esistere.

Detto questo, il libro è parecchio orizzontale.
C'è una parte iniziale con il cattivo inesorabile che uccide senza pietà a destra e a manca, c'è tutta una parte investigativa che incolpa Thad degli omicidi perché gli indizi portano tutti a lui, e l'ultima parte scivola nell'horror psicologico più classico, con tanto di intervento soprannaturale, che però è parte strisciante di questa storia, visto che la sua presenza viene urlata a più riprese da King in corso d'opera.
In più il libro è infarcito di dialoghi davvero poco credibili.
Lo sceriffo che si presenta a casa del principale indiziato con sei birre, dopo che il giorno prima lo aveva accusato di omicidio, perché non è più convinto sia lui l'assassino, è una roba che non accetterò mai, nemmeno in un romanzo di genere, così come il dialogo con l'insegnante e collega di Thad, con tanto di consegna di un oggetto di fondamentale importanza per il finale, che sembra un po' surreale ed inserito un po' a caso.
Andiamo oltre la sospensione dell'incredulità.

Stark non ha pietà di nessuno, ma stranamente non uccide lo sceriffo Alan Pagborn quando potrebbe, solo perché a King serve per i romanzi futuri.
Ecco, in corso d'opera, ho trovato spesso facilonerie di questo tipo, come se in questo libro, King in qualche modo abbia scelto un percorso fin troppo semplicistico.
Ed è un peccato perché ci sono dei risvolti narrativi psicologici, che se approfonditi, avrebbero potuto portare il libro verso sentieri ancora più tortuosi.
Infatti, è molto interessante il fatto che i figli infanti di Thad provassero simpatia verso il mostro, perché in fondo è un riflesso del padre, così come la sua stessa moglie si accorga che una parte di suo marito, vorrebbe essere come Stark.

E' strano dirlo, ma probabilmente George Stark, è il personaggio migliore del libro.
La parte slasher iniziale che lo vede protagonista, probabilmente è la più riuscita del libro, ed anche l'idea che perda consistenza e vada in decomposizione lenta ed inesorabile, se Thad non si mette a scrivere il libro che certifica il suo ritorno in vita, è altrettanto interessante.
Infatti il finale è un vero crescendo, in tal senso.
C'è del bello e dell'inquietante in quella scena in cui entrambi si chiudono nello studio di Thad per dare vita al libro.

Insomma, questo libro ha delle belle idee, soprattutto quella di base, ma segue un percorso narrativo che non sempre mi ha convinto.

Rimane un libro coinvolgente, che si legge con gusto e con velocità.
Agli appassionati di King lo consiglierei, d'altronde fa parte dell'arazzo narrativo che vede Castle Rock e zone limitrofe, come protagoniste, in una sorta di composizione narrativa crossmediale, che è sempre interessante da leggere.
King ha creato un vero e proprio universo narrativo, che invoglia il lettore a scoprire delle piccole informazioni romanzo dopo romanzo, su personaggi e percorsi narrativi che sembravano già chiusi.
Non a caso Alan Pagborn sarà protagonista indiscusso anche di Cose Preziose, ed è un po' quello che ancora oggi Stephen King continua a fare con il personaggio di Holly Gibney.


Alla prossima!





martedì 4 aprile 2023

Le strade di Laredo - Larry McMurtry

Marzo non mi è molto affine negli ultimi anni.

Prima il Covid, poi la zona rossa, e quest'anno una rogna familiare, che anche se programmata, ha di fatto reso difficoltosa la mia struttura temporale per quel che concerne la letteratura, trovando raramente la voglia e la lucidità per dedicare tempo ai libri.

Ho approfittato comunque degli sconti Einaudi di quel periodo e mi sono portato due libri a casa: La strada di Cormac McCarthy e Le strade di Laredo di Larry McMurtry.

Ad onor del vero, il secondo non era in programma, poiché cercavo altro, ma in tutte e le tre librerie che ho girato non ve n'era traccia, quindi ho preso Le strade di Laredo, e male non ho fatto.

Parliamo di quest'ultimo, ma prima andiamo di sinossi:

Texas, fine di un’epoca. Gli infiniti spazi aperti su cui scorrazzavano le grandi mandrie del West sono ora solcati dai binari dei treni, e su quei treni viaggiano merci preziose che i banditi possono rubare. Per fermarne uno astuto e spietato come Joey Garza serve «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi». Il capitano Woodrow Call è di nuovo in sella e, affiancato da compagni vecchi e nuovi, deve affrontare la piú insidiosa delle sfide: quella contro il tempo.

Texas, ultimo scampolo dell’Ottocento. Il mondo è cambiato, ma la storia continua. Niente piú mandrie di bestiame che percorrono praterie immense, ma treni che tagliano l’orizzonte. Tutto riprende da dove era iniziato, però con un salto di una ventina d’anni: Woodrow Call è di nuovo nella terra da cui si era allontanato per un’ormai leggendaria spedizione nel Montana. Tanti suoi amici di un tempo non ci sono piú, come non ci sono piú i nemici che conosceva bene, gli indiani e i messicani. I nuovi nemici sono i fuorilegge, che imperversano su entrambe le sponde del Rio Grande. Il capitano Call, «il piú famoso Texas Ranger di tutti i tempi», è ormai un cacciatore di taglie. La sua fama lo precede e proprio per questo viene ingaggiato da un magnate delle ferrovie yankee per scovare un giovane bandito messicano che rapina i suoi treni e uccide i passeggeri. Sembrerebbe una faccenda di ordinaria amministrazione, ma Call è un eroe al tramonto, pieno di acciacchi e prigioniero dei ricordi, e ha bisogno di un compagno fedele per condurre la caccia. Come sempre convoca Pea Eye, suo caporale ai tempi dei ranger. Ma il mite Pea Eye ora è sposato con Lorena, l’ex bellissima prostituta dai tempi di Lonesome Dove, ha cinque figli e una fattoria da mandare avanti: la sua fedeltà va soprattutto alla famiglia. Call scopre di colpo che il suo rassicurante passato lo respinge, proprio mentre un irriconoscibile presente gli si para davanti sotto le sembianze di Ned Brookshire, un timoroso ragioniere di Brooklyn che gli viene messo alle costole dalla compagnia ferroviaria per tenere i conti della missione, ma soprattutto del terribile Joey Garza, un imberbe messicano gelido e individualista che colpisce con metodi inediti e imprevedibili. Carico di azione, violenza, umorismo e malinconia, Le strade di Laredo prosegue e completa la storia dei personaggi già cari ai lettori di Lonesome Dove e la intreccia con quella dei suoi nuovi, memorabili protagonisti – tra i quali giganteggia Maria, l’indomita madre di Joey Garza. Tutti saranno riuniti in una mirabile resa dei conti che, nello stile di Larry McMurtry, smonta qualsiasi stereotipo western. Le strade di Laredo non è un semplice sequel né soltanto la storia di un’estenuante caccia all’uomo, ma racconta un mondo brutale, in rapido cambiamento, dove i valori tradizionali quali l’amore, l’amicizia, la fedeltà e la solidarietà verranno rifondati alla luce della nuova era che sta per nascere.


Allora, questo libro si porta il macigno sulle spalle di essere il seguito di uno dei più bei libri sul genere western mai scritti, ovvero Lonesome Dove.

Sapevo già che sarebbe stata un'impresa improba, poiché mancava proprio il personaggio che era il cuore di quel libro, ovvero Gus McRae, ma la sua presenza aleggia anche in questo, anche se in maniera astratta.

Le strade di Laredo è un gran bel western, ed è un libro veramente ben strutturato, McMurtry fa un gran bel lavoro per quel che concerne i personaggi, mostrandoci le gesta ed i punti di vista di tutti i personaggi, anche quelli più infidi e cattivi.

Ritroviamo Woodrow Call, che ormai viene considerato un Texas Ranger leggendario, ma è una figura ormai invecchiata, quasi arrugginita, per certi versi.

Gli viene affidata la missione di fermare in ogni modo un sadico e freddo rapinatore di diligenze dalla mira infallibile, e molto più giovane di lui.

C'è un che di ineluttabile in questo libro, fin dall'inizio.

Tutti coloro che accompagnavano Call nel suo cammino sono morti o profondamente cambiati, chi è impazzito, o chi come Pea Eye, ha messo su famiglia e non è più convinto.

E' un libro molto malinconico, per certi versi, come se questi personaggi, in fin dei conti, facessero ormai parte di un'epoca precedente.

Come sempre ho adorato il tema della ricerca e del viaggio.

I terreni aridi e scoscesi dell'Ovest, del Texas, fino ad arrivare in Messico.

La narrazione di McMurtry è dannatamente spietata, ed in ogni pagina, ci si può veramente aspettare il peggio, per ciò che concerne qualsiasi personaggio che fa parte di questa compagnia di avventurieri.

Il libro è formato da tanti POV che poi vanno ad intersecarsi uno con l'altro, e da questo punto di vista, il libra è veramente splendido, perché McMurtry fa un lavoro enorme anche per quel che concerne i comprimari, dandogli veramente spessore e vita.

In tutto questo spiccano anche le donne del libro, che non sono quelle classiche donnine che si fanno i pianti aspettando i mariti, ma personalità complesse e coraggiose, la vera forza e l'anima di questo libro.

Lorena e Maria, sono per me i personaggi cardini di questo libro.

Ci sono dei difetti?

Beh, ci sono delle parti discutibili.

Un lettore "preso" si accorgerà di alcuni errori di valutazione di protagonisti e villain molto grossolani, in corso d'opera, però la bravura di McMurtry sta proprio nel fatto che non si limita solo a raccontarceli, ma ci mostra le conseguenze di quelle azioni, anche in termini di riflessioni personali dei protagonisti, quindi in qualche modo ce li rende accettabili.

D'altronde nessuno è infallibile, ed in un mondo spietato come quello del west di quegli anni, anche il minimo sbaglio può portare alla morte.

Insomma, Le strade di Laredo è un gran bel libro, che consiglio senza riserve.

Certo, non raggiunge i fasti di Lonesome Dove, ma è un libro che si difende bene.

Qualche riserva ce l'ho sull'epilogo, che è molto pacificatore, ma che mi aspettavo molto più chiuso e definitivo.

McMurtry è una garanzia, per quel che mi riguarda, e mi piacerebbe molto leggere anche le altre sue opere, soprattutto L'ultimo spettacolo, che corteggio da tanto.


lunedì 13 marzo 2023

Tommyknocker / Le creature del buio - Stephen King

"Iernotte a tarda ora,

i Tommyknocker, i Tommyknocker,

hanno bussato e oggi ancora.

Vorrei uscire, ma non so se posso,

per la paura che mi hanno messo addosso. " 



Se andassimo a spulciare le classifiche di gradimento dei vecchi e nuovi fan di Stephen King, non mi stupirei di trovare agli ultimissimi posti questo romanzo.

Credo di avercelo messo anch'io, a suo tempo.

Ed a proposito di questo, direi di tornare un po' nel mio passato:

Cosa ricordavo di questo libro prima che lo riprendessi in mano nell'ultimo mese?

Uno spezzone della miniserie televisiva, ovvero la scena dello spettacolo di magia con conseguente sparizione del fratellino di uno dei protagonisti minori della storia, e successivamente un piccolo trafiletto in una rivista, in cui nello spazio relativo alle lettere, la redattrice affermava che il libro gli era piaciuto, ma che la serie televisiva faceva schifo.

Su quest'ultimo punto potrei essere d'accordo, non piacque manco a me.

Mentre per quel che concerne la mia prima lettura di questo libro, ricordo poco o nulla, se non che non mi piacque particolarmente, e che era difficile non cogliere un certo senso di estraneità nel background dei due protagonisti principali, come se Stephen King non li amasse particolarmente.

Questa seconda componente l'ho percepita un pizzico di meno, ma è tuttora lampante, soprattutto nella scelta di utilizzare l'articolo prima del cognome di uno dei personaggi principali, ma questo potrebbe essere una scelta del traduttore.

Comunque leggere " la Anderson " è terribilmente cacofonico.

E soprattutto conferma un certo senso di distanza verso questo personaggio, da parte dell'autore, che mi lascia il dubbio possa essere voluto.

Anche perché a parte l'inizio, poi mi pare smetta di farlo.

Comunque è una quisquilia, quindi andrei oltre.

Andiamo di sinossi, e poi parliamo del romanzo in toto:

"La scrittrice Roberta Anderson scopre un giorno, nel bosco dietro casa, un enorme, sinistro oggetto sepolto lì da milioni di anni, e che tuttavia vibra ancora di un'ignota forma di vita. Con cautela, la giovane comincia a scavare per disseppellirla e, man mano che il suo lavoro procede, gli abitanti del borgo in cui lei risiede cominciano a cambiare, fondendosi in un'entità spaventevole asservita ai misteriosi esseri che ogni notte bussano alle loro porte: i Tommyknocker... Un'indimenticabile parabola del terrore "firmata" dal geniale Stephen King."


La sinossi di Amazon, non è un granché, è giusto dirlo.


Tommyknocker è un romanzo horror?

Non direi, o almeno non lo è principalmente.

La base è soprattutto fantascientifica.

Anche se è ambientato negli anni '80, King sembra ispirarsi più alla letteratura fantascientifica degli anni '40, tanto che lo fa anche affermare ad uno dei personaggi principali.

Sebbene ci siano chiari omaggi ad opere degli anni '50/60 come Il villaggio dei dannati e Gli invasati, ma anche a romanzi contemporanei come Il drago del male di Straub.

A livello concettuale, non è propriamente un romanzo originalissimo.

Anche se rimane un romanzo molto più espanso e descrittivo di quelli da cui ha preso spunto.

E' anche un'opera molto crossmediale.

In questo libro ci sono tante piccole citazioni di altri romanzi di King, tra cui It, La zona morta e Il talismano.

Lo scopo della mia rilettura era quello di poter rivalutare in qualche modo il romanzo, approcciarlo in un modo più analitico, e meno da lettore di King, e devo dire che in questa rilettura il libro mi è sembrato molto migliore di quel che ricordassi.

Prima di tutto il libro è molto corposo.

Sono 780 pagine di narrato, e l'arazzo della storia ha una bella struttura.

King si prende tutto il tempo necessario per il prologo della storia, e mi rendo conto che i capitoli dedicati ai due personaggi principali possano apparire prolissi e portare alcuni lettori alla noia.

Non li biasimerei, se qualcuno di loro avesse abbandonato questo romanzo nelle fasi iniziali.

In verità, quelle pagine servono, perché ci permettono di conoscere a fondo entrambi i personaggi.

La trama è molto semplice:

Bobbi Anderson porta a spasso il suo cane e si imbatte in un disco volante interrato.

La curiosità uccise...il cane ( in questo caso ) visto che questa scoperta la porterà a subirne un influsso durante lo scavo, molto simile ad una possessione lenta, ma inesorabile, che la porterà a mutare.

Ecco, questa parte non è chiarissima, ma va presa così com'è.

Praticamente nello scafo è presente qualche sostanza che portata dal vento, porta inesorabilmente tutti gli abitanti della cittadina di Haven a subirne gli effetti.

Di fatto, Tommyknocker è un romanzo corale che può ricordare Cose Preziose, Le notti di Salem e IT.

Ora, non solo questi lentamente mutano fisicamente, tanto da perdere i denti, ma la mutazione gli porta anche delle intuizioni tecnologiche geniali, tanto che gli elettrodomestici subiscono delle modifiche tali, da diventare delle armi di distruzioni di massa o dei prototipi energetici impensabili per l'epoca, e soprattutto gli abitanti iniziano anche lentamente ad avere una coscienza di massa.

Gli unici a resistere alla mutazione ed ad averne degli effetti più lenti, sono coloro che hanno delle piastre metalliche nel corpo, il che ci porta all'altro protagonista, cioè Jim Gardener.

Gard non è proprio il prototipo dell'eroe di un romanzo.

Qui, secondo me, si annida una delle particolarità, ma anche uno dei problemi di questo libro.

Gardener non è una figura positiva.

E' alcolizzato, è un complottista energetico, del tipo più odioso ed aggressivo, ed in più ha sparato all'ex moglie.

Il suo prologo è talmente grottesco, che devo essere onesto, mi ha portato anche a ridere delle sue disgrazie.

La scena in cui ubriaco rincorre e prende a botte di ombrello un imprenditore che lavora nel campo del settore dell'energia nucleare, a me ha fatto ridere un sacco, facendomi anche un po' sentire in colpa.

Gardener torna ad Haven da Bobbi, con cui ha avuto una relazione, ma con cui ha mantenuto l'amicizia, e pur trovandola diversa, la aiuta nella sua impresa di archeologia spaziale.

Gard, per tre/quarti di libro, sarà o ubriaco, o in balia della storia.

Si intuisce che King volesse creare una sorta di stallo alla messicana molto teatrale e psicologico tra Bobbi e Gard, con un rapporto complesso che la mutazione di Bobbi porta lentamente al deterioramento, però è una parte fin troppo descrittiva e statica.

Il che porta il libro, per lunghi tratti, a non essere di semplice lettura.

Viene meno il senso di epica ed avventura, quel conflitto tra bene e male.

Questo porta l'intreccio ad essere una lunga sequela di eventi ed interludi, dedicati a personaggi sparuti, che siano poliziotti, parenti, o giornalisti di passaggio, o qualche cittadino che tenta di ribellarsi al cambiamento proprio e/o altrui.

Questa lunga sequela di sparizioni, morti accidentali o volute, è molto coinvolgente.

A livello narrativo, in molti casi, vi è quasi un che di fumettistico o cinematografico alla Nightmare, con delle scene non solo macabre, ma anche da commedia horror, per certi versi.

Insomma, l'intreccio è avvincente, ma pende quasi unicamente da una parte.

E' un romanzo di fantascienza di isteria collettiva.

E' un libro in cui non vi è un percorso dell'eroe, e quindi non è propriamente un libro empatico.

Nelle altre storie di King, c'erano comunque delle figure che contrastavano il male, e quindi la trama era molto più epica, poiché infarcita di scontri, e quindi più avvincente, qui non è così, se non nel finale.

Anche il fatto che i villain siano molto astratti, ed in qualche modo siano poi i cittadini stessi, fa venire meno quel senso di avventura e riconoscibilità.

Per me questo è il motivo principale per cui questo romanzo non è piaciuto a tante persone.

Per avere una ribellione dobbiamo aspettare le ultime cento pagine, il che è molto poco.

Per altro il finale è pure molto sconnesso ed affrettato, oltre che forzato in qualche punto, con una sorta di intervento soprannaturale, che comunque è tipico di King.

Resta comunque un libro molto coeso come struttura narrativa.

Per me è molto più ricco di alcune sue ultime opere, almeno come costrutto.

King ci ha impiegato cinque anni a scriverlo, e si vede l'impegno che gli ha dedicato, ma per me si notano anche alcune sue difficoltà nell'indirizzare la storia, e questo lo si nota in un finale che non è proprio riuscitissimo, secondo me.

Comunque resta un libro molto divertente da leggere.

Certo, le spiegazioni scientifiche sembrano un po' delle supercazzole non molto credibili, ma è molto divertente l'uso di elettrodomestici comuni che solo con l'utilizzo di batterie, cavi coassiali, transistor, diventano delle robe ultra moderne capace di lanciare raggi laser e quant'altro.

E' un libro strano, che probabilmente un lettore di letteratura fantascientifica può smontare in più punti, ma che a me ha divertito.

Però al contempo capisco chi lo critica.

Mancano i componenti per cui fare il tifo e con cui empatizzare, manca l'eroe, ed anche il villain carismatico.

E' bene ribadire che chiunque lo affronti, sappia a cosa va incontro.

E soprattutto è bene dire, che in questo caso il bagliore di una luce verde, non è una cosa amarcord e romantica come nel Gatsby di Fitzgerald, ma qualcosa di molto più ostile e minaccioso. :-P

C'è chi afferma che Jim Gardener in qualche modo rappresenti un po' l'autore stesso che in quel periodo viveva un periodo di dipendenza dall'alcool e le droghe, con la paura di divenire una persona orrenda e violenta, ma non mi sentirei di spergiurarlo.

Di sicuro qualche affinità lontana con un altro personaggio di King, ovvero Jack Torrance, c'è.

Ma soprattutto in questo libro c'è un senso di estraneità e di alienazione che è palpabile nella storia e nei suoi personaggi.

Si denota l'impegno, ma anche una certa presa di distanza, come se in fondo King non abbia amato molto questo romanzo.

Tommyknocker è un romanzo alieno in tutti i sensi.


Alla prossima!