martedì 30 aprile 2013

Al Di Là Dei Sogni - Richard Matheson

Premessa - Al Di Là Dei Sogni è un libro di difficile reperibilità.
Per prenderlo ho fatto di necessità virtù e me lo sono scaricato dal Torrent ma bene o male si trova anche in altri formati e ci sono persino dei siti dove si può leggere il libro per intero.
Non ci sto a farmi lucrare dai pochi che lo mettono in vendita su Ebay a prezzi fuori mercato e visto che è fuori catalogo, l' occasione ha fatto il Pirkaf ladro.
Non credevo che un giorno mi sarei dato alla pirateria anche per quel che concerne i libri, ma i prezzi del mercato dell' usato a volte ti ci spingono praticamente contro. - Fine Premessa

Ammiro Richard Matheson, ho adorato Io Sono Leggenda e Tre Millimetri Al Giorno, ho apprezzato da morire Duel e Altri Racconti, apprezzato il giusto Io Sono Helen Driscoll e La Casa D' Inferno e quindi parlarne male mi viene difficile, ma leggendo questo romanzo purtroppo capisco perchè è così scarsamente ristampato e di così difficile reperibilità : e' un libro di una pallosità assurda e più smielato di una confezione di Pappa Reale.
Quello che proprio non ho sopportato di questo romanzo sono loro, la coppia protagonista di questa vicenda.
Il loro rapporto al limite del morboso, il loro egoismo, sarà un problema mio che fatico a capire storie d' amore così totalitarie, di gente convinta di essere l' unica ad amare veramente tra milioni di anime, ma i vaffanculo verso di loro si sono sprecati per tutta la durata della lettura.
E' chiaramente un racconto autobiografico, credo che Richard Matheson abbia voluto mettere per iscritto i sentimenti per la sua compagna, esaltandoli oltremodo.
Non ce l' ho con i buoni sentimenti e non sono un acido zitello, ma le Ghost Love Story come in questo caso, che non si fermano nemmeno con la morte, preferisco vengano raccontate in maniera meno ridondante e smielata.
- La Storia - : Chris ed Ann sono una coppia felicemente sposata con quattro figli ormai adulti, quando lui improvvisamente muore a causa di un incidente automobilistico.
L' andazzo iniziale è tipo Ghost con Chris che si risveglia e non si rende conto che è morto e tutto il companatico, vede persino il suo funerale e l' unico a vederlo quando moglie e figli vanno in visita nella sua tomba è una sorta di medium amico del figlio che prova a rievocarlo in una specie di seduta spiritica che andrà male.
Ann, non resisterà al dolore della perdita e fottendosene altamente dei figli, si suiciderà.
Chris nel frattempo è asceso nell' aldilà piuttosto new age creato per l' occasione da Matheson, e una volta scoperta la morte dell' amata in una sorta di viaggio dantesco fino ai confini dell 'inferno si metterà alla ricerca della stessa accompagnato dallo zio che fa chiaramente il verso al Virgilio del sommo poeta.
La cosa che più mi ha fatto incazzare di questo libro è che stando allo zio Virgilio nessuno prima di Chris tra le miliardi di anime, si era preso la briga di andare a ricercare nei meandri più oscuri dell' aldilà la persona amata, capito?
Qui non solo citiamo dante, ma anche Orfeo ed Euridice, per certi versi.
A nessuno prima di lui, era venuta questa cazzo di idea, no, lui è l' unico ad amare così tanto, lui e l' unico a conoscere l' amore universale, roba che manco Shakespeare, Richard ma vaffanculo, và.
Va detto però che alcune descrizioni paesaggistiche e parti del viaggio, sono piuttosto carine e descritte piuttosto bene.
Il finale in verità per quanto romantico sia è piuttosto buono e per certi versi inaspettato, qui Richard si gioca la carta della reincarnazione nella sua macedonia di misticismo new age e devo che per quanto assurdo non mi è dispiaciuto, ma gran parte del libro è praticamente robaccia.
Il mio è un giudizio puramente personale, probabilmente foriero di una mente disillusa e non innamorata, coloro che hanno il cuore pucciato in un bicchiere di zucchero, le pupille degli occhi a forma di cuore, quelli innamorati e felici può darsi che apprezzeranno oltremodo questo libro, che per quel che mi riguarda dal punto di vista dei sentimenti è un Harmony mancato.

Nel 1998 e quindi non molto tempo fa, ci fu anche la riduzione cinematografica di questo romanzo, con Robin Williams e Cuba Gooding Jr protagonisti.
Uscì proprio a ridosso della mia partenza militare e ricordo che durante il CAR, si parlò di andarlo a vedere con alcuni commilitoni.
Quel giorno però non c' erano spettacoli e ci toccò sorbirci Dario Argento e sua figlia nella loro versione del Fantasma Dell' Opera, una schifezza come poche.
Posi rimedio solo un decennio più tardi, quando casualmente lo vidi in Tv e se devo dire che i paesaggi erano fantastici e degni di un quadro, il film mi ha fatto lo stesso effetto del romanzo, risultandomi eccessivamente stucchevole, sorattutto nella figura di Cuba Gooding Jr, veramente insopportabile.
Nemmeno allora per quel che concerne i sentimenti ero troppo per la quale, che il mio sia un cammino lastricato verso l' acidità di uno yogurt andato a male?.



giovedì 25 aprile 2013

Quando leggere diventa anomalia.

" Ma quanti libri leggi..."
" Ma uno come te che a scuola andava malissimo come fa ad avere una passione del genere.? "
" Ti fai una cultura, eh. "
" Dovevi essere bravissimo a scuola visto che leggi così tanto..."
" Ma come fai ad aver voglia di leggere libri, io non ce la farei. "
" Ti stimo perché leggi. "
" Ecco, vedi, lui è quello che legge libri, fumetti ecc.ecc "
" Ah, ti piace leggere, Bravo ! " ( cliente quasi sempre di sesso femminile quando leggo al negozio).


Leggere è una cosa normale, cazzo.
Amare le pagine di un romanzo di Neil Gaiman o di Stephen King non fa di te un modello vincente di questa società, tantomeno un perdente.
Nessuno tra quelli che non legge, riesce anche solo per un attimo a pensare che indipendentemente se fosse acculturante o meno la lettura può essere divertimento, un hobby o nel mio caso specifico un' abitudine.
Questo fa di me una persona compatita se non peggio sopravvalutata, come se leggere significasse necessariamente volersi ergere al di sopra della massa o chissà cos' altro.
Non è così, ovviamente.
Leggere libri è una cosa che può essere alla portata di tutti, nessuno escluso.
Anche le teste di cazzo e gli ignoranti leggono libri o potrebbero farlo.
Lo fanno casalinghe, studenti, avvocati, prostitute, scaricatori di porto, mafiosi, chiunque.
D' altronde lo si impara a fare a 6 anni, non mi pare una cosa così complicata.
E' una passione come tante altre, perché puntualizzarla sempre e comunque?
Mi piace leggere, questo non fa di me un intellettualoide o un demente ma una persona qualunque, che oltre per guardare film, tv, siti Internet, Youtube, culi e tette, usa gli occhi per leggere libri, punto.





 

martedì 23 aprile 2013

Le luci del Luna Park, ai tuoi occhi, ogni anno brillano meno.

Reggio non è mai stata Coney Island.
Così come la Calabria non è come una di quelle regioni che hanno a disposizione parchi giochi come Gardaland, Mirabilandia e via di seguito.
Qui, il massimo era l' Acquapark di Zambrone, che comunque non aveva nessuna attinenza con le giostre.
Per un ragazzino degli anni '80-90 dell' ex capoluogo di regione della Calabria non restava altro da fare che attaccarsi al cazzo e accontentarsi degli scivoli di qualche piazzetta cittadina o di quelle quattro giostrette della Villa Comunale.
Autoscontro per piccini, la giostra dei cavalli, un trenino e poco altro.
Di solito si spaziava con la mente al mese di settembre, mese di gioie e dolori.
Gioie per l' arrivo della Festa Patronale con bancarelle e giostre annesse, dolori per l' imminenza di un nuovo anno scolastico.
Ma l' attrattiva delle giostre aveva sempre la meglio e alla scuola finivi col non pensarci per nulla.
Io ero uno di loro.
Amavo le giostre così come anche le bancarelle.
Amavo i profumi, quell' odore di salsicce e peperoni, di patatine fritte e zucchero filato, le miriade di lucette colorate, ero come Pinocchio nel Paese Dei Balocchi, tale e quale.
L' attrattiva era irresistibile.
Era anche un modo per mettersi alla prova, per finalmente scoprire se avevi il coraggio di salire dove non eri riuscito a salire prima, per paura o perchè eri troppo piccolo per farlo.
Nel momento in cui ricevevi il permesso di salire sul Galeone, La Ballerina o Il Ranger ti sentivi grande, ti sentivi arrivato.
Allo stesso modo quando avevi la libertà di poterci andare da solo con i tuoi amici, quelle primissime volte in cui potevi far tardi, quelle volte in cui i tuoi ti aspettavano ancora alzati a notte inoltrata, in cui avevi voglia e forza di fare chilometri e chilometri a piedi tra andata e ritorno.
Le giostre erano anche una sorta di microcosmo sociale, con i suoi usi e costumi.
Giostre che erano un punto di ritrovo per la Reggio "bene" come il Music Express, con i suoi fumogeni e la musica a palla.
Giostre che raccoglievano il marciume della città come il Takadà, la giostra per eccellenza dei mafiosi e di tutti coloro che si volevano mettere in evidenza.
Giostre come i classici Pungiball dove trovavi solitamente quelli più grandi, che si facevano i fighi davanti alle fidanzate.
Più bancarelle che erano delle vere e proprie bische clandestine come il classico gioco dei dadi.
Chiudevano il tutto sale giochi, case dell' orrore ( che adoravo) e giostre per piccoli, che dal Bruco in giù chiudevano il cerchio di tutto.
Sia chiaro, nel Bruco ci salivo anch' io e quando entravamo nella mela urlavo come tutti gli altri. :-)
Alcuni dei miei più bei ricordi stanno lì, ed i fantasmi di essi, ritornano tutti i mesi di settembre a trovarmi.
Mi capita quasi ogni anno di andarci, di rivivere con lo sguardo e l' olfatto gli odori e i fasti di un tempo, ma allo stesso tempo di rendermi conto che quel tempo è finito ed appartiene ormai ad altri.
Le giostre ( quando vengono perchè ogni anno sono sempre in dubbio) continuano a girare, noi abbiamo smesso di farlo.
Per citare un libro di Ray Bradbury che adoro, che parla proprio di un Luna Park stregato, io ormai appartengo al Popolo Dell' Autunno.


 

sabato 20 aprile 2013

I Bambini Di Cold Rock

Nella cittadina di Cold Rock, classico paesino formato da quattro case e un forno dell' entroterra Americano, si registra la scomparsa di numerosi bambini.
La colpa ricade su una fantomatica figura soprannominata Tall Man ossia " Uomo Alto" che poi è anche il vero titolo del film in originale.
Jessica Biel che è la protagonista della vicenda è l' infermiera della cittadina, che subirà il destino di altre madri del paese, ossia quello di vedersi rapito il figlio da questa " creatura ".
Questa è la trama iniziale, l 'unico punto limpido e lineare di questo film.
Dalla mezz' ora in poi il film è un continuo ribaltamento di ruoli, in cui non si capisce nemmeno cosa vuole essere di preciso se un Horror, un Thriller, un Dramma, ed in cui la vicenda diventa così contorta e intricata da essere intrigante e priva di senso allo stesso tempo.
Altro non posso aggiungere perchè è uno di quei film dove non si può fare a meno di Spoilerare qualcosa, quindi taccio.
Per me ciò che non regge in questo film sono le motivazioni e le scelte dei personaggi, Jessica Biel su tutte ed il finale in tal senso è emblatico.
Carina la fotografia anche se a tratti è fin troppo " finta " non so come spiegarmi, ma la sensazione di trovarsi su un set cinematografico, forse a causa delle luci, era fin troppo evidente.
Jessica Biel a tratti irriconoscibile, anche se persino quando viene mazzulata di botte, riesce ad essere sempre figa, beata lei.
I Bambini Di Cold Rock è un film complesso e ambizioso, forse fin troppo.
Paga secondo me quella scelta di non aver deciso fino in fondo cosa volesse essere di preciso, ma resta comunque una visione interessante.
 

martedì 16 aprile 2013

Un' infanzia a 8 Bit.

Il Commodore 128 rappresenta in toto il mio breve percorso iniziatico videoludico ai tempi delle medie.
Per intenderci, il momento in cui cominciavo a capirci qualcosa, il momento in cui mio fratello si sentiva tranquillo a lasciarmici smanettare da solo, quello breve ma intenso.
Breve perchè il 128 macchina che doveva mandare in soffitta il vetusto 64 e le macchine concorrenti, fu un vero e proprio Flop a livello commerciale.
Poco dopo la Commodore corse ai ripari acquisendo l' Amiga che divenne il loro marchio di punta per quel che concerne i neonati 16 Bit dell' epoca.
Ma di quell' intermezzo ne vado oltremodo fiero.
Il Commodore 128 è stato un compagno di giochi, oggetto d' invidia di amici e compagni di scuola che all' epoca non lo conoscevano nemmeno e di smanettamenti vari grazie a riviste come Input e i suoi programmi del cazzo di Basic che tanto divertivano me e mio fratello all'epoca.
La particolarità del Commodore 128 era la possibilità di usare l'interfaccia del Commodore 64 premendo un apposito tasto che ti consentiva di poter così caricare i videogiochi, perchè ecco, i giochi non erano altro che quelli del Commodore 64, nè più nè meno.
I videogiochi li trovavi principalmente in edicola nel formato in cassetta, decine di giochi inseriti tutti insieme in una sola cassetta, con nomi inventati di sana pianta, di cui ricordo il davanti dedicato alla Commodore e il retro ai giochi per lo Zx Spectrum.
Le cassette venivano inserite nell' apposito registratore della Commodore che tante bestemmie, insulti ed epiteti si prendeva dal sottoscritto perchè di punto in bianco era solito distruggersi o distruggere cassette a volontà.
Tante volte per rabbia lo buttavo nel secchio della spazzatura per poi andare a riprenderlo una volta acquistato un barlume di lucidità con varie lavate di capo di fratello e familiari annessi.
Per i più sgamati dell' epoca c'era la possibilità di munirsi di un apposito Floppy Disk esterno che però ebbe scarsa diffusione rispetto al formato cassetta più pratico e più facile da usare.
Di cassette ne avevamo una scrivania piena, spesso fonte di vergogna di mia madre quando aveva ospiti visto che venivano lasciate alla rinfusa dappertutto.
Tra i giochi che ricordo con più piacere sicuramente vanno citati Arkanoid, The Last Ninja, International Soccer, Karate Champ e Barbarian.
Più ovviamente una carrettata di altri giochi passati in quel tritacarne che era il mio registratore dell' epoca.
Anche se non raggiunge i fasti dell' Amiga 500 sicuramente il Commodore 128 ha un posto speciale nelle Texture di Pixel che formano il mio cuore.
Molto più dei suoi predecessori Commodore 64 e Intellivision dove ero troppo piccolo per goderne appieno.
A conti fatti fu un Flop per tutti, sicuramente per la Commodore Business Machines, ma non per il sottoscritto, cui deve gran parte del divertimento del triennio che va dagli 11 ai 13 anni.


giovedì 11 aprile 2013

World War Z - Max Brooks

World War Z è un libro introvabile al momento.
Ho girato librerie varie, mi sono fiondato su quelle Online ( Amazon, Ibs,Bol, ecc.ecc.) ma di codesto libro nessuna traccia, neppure su Ebay.
L'unico modo in cui si poteva prendere era il formato E-Book ( uffa).
L' E- Book mi comporta fatica, lo ammetto.
Non voglio sembrare una vecchia cariatide ma la lettura in formato cartaceo, personalmente la trovo tutt'altra cosa e soprattutto meno fredda, meno asettica.
Ma era l'unica modo e mi ci sono lanciato a capofitto e credo che lo farò ancora, se è l'unico modo per poter leggere libri fuori catalogo.
Non che questo resterà fuori stampa a lungo, il 27 giugno uscirà nei cinema nostrani il Film tratto da quest' opera con protagonista Brad Pitt e sarà certamente ristampato in pompa magna.
Dicevo della lettura in formato E-Book che forse complice il Tablet a mia disposizione ossia il Nexus, mi è costato una certa fatica e lentezza, rispetto ai miei soliti standard di lettura.
Trattasi comunque di un libro piuttosto buono, anche se molto particolare.
Il tema è ormai un classico: la solita invasione Zombie, la solita lotta per la sopravvivenza, la solita storia che dai Film di Romero in poi è in Loop in qualsiasi salsa e formato, che sia cartaceo (libri e Comics) o di celluloide ( Film e Telefilm).
La particolarità di questa storia è tutta nel modo in cui è raccontata.
Max Brooks sceglie una narrazione puramente giornalistica e documentaristica e funziona alla grande.
Uno dei grandi meriti di quest' opera e di trattare il tema in maniera globale non accontentandosi di trattare la vicenda di un piccolo agglomerato urbano come accade di solito, ma bensì di mostrarci le conseguenze del contagio in tutto il pianeta.
Vedremo così le reazioni e i tentativi di sopravvivenza di molte Nazioni secondo i proprio usi e costumi (soprattutto militari).
Il tutto attraverso una serie di interviste in Flashback fatte dal giornalista ad un manipolo di sopravvissuti, fatte in lungo e in largo per il pianeta.
Probabilmente il racconto puramente giornalistico porterà il lettore a perdere qualcosa in termini di empatia verso i personaggi, visto che la storia è raccontata in maniera fredda e distaccata, ma la lettura scivola via che è un piacere.
Mi sento di consigliarlo vivamente. :-)
Ho dato un' occhiata anche al Trailer del film e mi sembra piuttosto interessante, non giurerei però su una trasposizione fedele a quella cartacea anche perchè non mi pare di ricordare nessun personaggio similare a quello di Brad Pitt, ma aspetterò di vederlo prima di giudicare.

 

sabato 6 aprile 2013

Quelli dell' Invicta.

Lavorando vicino ad un complesso di scuole, mi accorsi tempo fa della debacle ormai storica degli zaini Invicta, che praticamente non indossa più nessuno.
Ormai è un tripudio di Seven, qualche zaino anonimo di marche che non conosco, mentre i più sgamati indossano borsoni e borselli Adidas e Nike, soprattutto i primi.
Gli Invicta è più facile vederli ai 30enni-40enni in stazione o nelle palestre o rinchiusi in fetidi e polverosi armadi, come a casa mia.
Girando per il sito dell' Invicta ho scoperto che ha rimesso in vendita vecchissimi zaini etichettandoli come Vintage e persino sui Ebay degli stessi vetusti zaini se ne trova un buon numero in vendita, segno che alle vecchie cariatidi come il sottoscritto tutto sommato piacciono ancora.
Di certo essi hanno rappresentato non solo a pieno titolo gli anni '80-90 ma anche uno spaccato di vita di tutti noi che vivemmo quel periodo.
All' epoca era prassi durante il passaggio alle scuole medie abbandonare la cartella e passare al più comodo zainetto, visto l'aumento considerevole dei libri da portare.
Caso vuole che la valigeria accanto al mio negozio li vendesse e lì mi mia madre mi prese il primo di una lunga serie di Invicta.
Il primo non mi ricordo nemmeno com'era so solo che era azzurro e violetto e che mi fu rubato dopo pochissimo tempo mentre era steso ad asciugare, non era nemmeno iniziata la scuola, praticamente non l'ho vissuto per nulla.
Poi arrivo lui: l' invicta azzurro e arancione, intervallato talvolta dallo zainetto Alpino che prima di me passò tra le mani di sia di mio sorella che di mio fratello.
La cura dello zaino era quello che era, certo non ero ancora arrivato ai livelli delle scuole superiori dove con lo zaino ci mancasse poco che ci giocassi a calcio ( non posso escluderlo comunque può essere anche capitato) ma posso dire che mi è durato praticamente per tutto il triennio delle scuole medie, prima di decidere di cambiarlo, perchè volevo presentarmi alle superiori con uno zaino nuovo fiammante.
Mi feci portare addirittura il catalogo a casa per scegliere e la scelta ricadde sul mitico Jolly Track nero e giallo, lo zaino a cui rimasi più legato in assoluto.
La cosa bella di quel periodo era anche guardare e spiare quello degli altri, ci si vedeva il carattere e la fantasia dei possessori in quegli zaini.
Frasi e disegni fatti con l'Uni Posca, portachiavi attaccati sopra ( lo stemma della Mercedes andava per la maggiore all' epoca ed ammetto che anch' io partecipai in tal senso andandone a staccare uno per attaccarlo al mio zaino),adesivi vari, in una sorta di microcosmo artistico che mi faceva letteralmente impazzire.
 
 
Anche il modo in cui veniva indossato, rappresentava in toto l' essere dell' individuo in questione o quello che tentava di rappresentare.
I più fichi utilizzavano una bretella soltanto o le incrociavano entrambe per portarlo su una spalla sola, portarle entrambe era roba da primini, da piccoli.
Il Jolly Track è sicuramente quello che ha rappresentato e vissuto più di tutti i cambiamenti del mio corpo, del mio carattere, degli umori, vivendo in pieno entrambe le mie bocciature, le mie "giocate" di scuola e i miei primi amori e desideri sessuali.
A tutt' oggi tra i miei zaini è quello a cui mi sento più legato, una sorta di scrigno di ricordi, anche più di quello che conservo ancora a casa, l'ultimo della serie.
Il Jolly black nero e arancione è l'ultimo zaino che ho indossato, quello che ha visto la fine del mio percorso scolastico, quello certamente più trattato male e meno vissuto, perchè all'epoca avevo ormai così poco da perdere dopo due bocciature che a scuola praticamente ci andavo con lo zaino quasi
semivuoto, con solo il diario ( che usavo come diario personale e non per segnare i compiti), qualche penna e qualche sparuto libro quando ero obbligato a portarne.
Paradossalmente l'ho riempito più durante il militare che in due, tre anni scolastici, eccetto quando dovevo per forza portare quell' immenso tomone che era il vocabolario di tedesco.
In un certo qual modo è stato la fine di un percorso e l' inizio di un altro, non necessariamente migliore, certamente diverso.
Dopo il militare ho praticamente smesso di indossarlo ed in questi quindici anni l'ho giusto tirato fuori due, tre volte, compresa quella di oggi in cui l'ho fotografato.
 

martedì 2 aprile 2013

La Madre

Jessica Chastain, è bona.
Potrei chiudere qui questa specie di recensione, tanto in giro sulla rete se ne trovano a iosa e di migliori.
Però due parole le voglio spendere ugualmente.
Una l'ho già detta e campeggia in alto, l'altra è che ormai tra Remake, Vampiri e licantropi che scopano, Zombie in terre post apocalittiche che fioccano come funghi, di Horror che aggiungono qualcosa di nuovo al genere è inutile aspettarsene.
La Madre si colloca in quella casella che è tra le più classiche e old del genere, quella delle Ghost Story che dal Giro Di Vite in poi fa capannello nei nostri teleschermi quasi quanto Vampiri e Zombie.
La Madre originariamente era un corto, Guillermo Del Toro lo avrà visto e se ne è probabilmente così interessato da produrlo personalmente.
Il risultato è quello che è, una classica Ghost Story dalle tinte gotiche, che strizza un pò l'occhio all' iconografia Giapponese dell' ultimo decennio e alle fiabe nere di gente come Gaiman e Del Toro stesso.
Oltre Jessica Chastain spicca la presenza del Jaime Lannister di Game Of Thrones che fa addirittura due personaggi diversi, il che è alquanto strano davvero.
Va bene che i personaggi in questione erano fratelli, ma non erano mica gemelli, mah, sarà colpa della crisi chissà. :-)
A parte questo e il patetico finale, devo dire che il film regge piuttosto bene.
Bravissime le due ragazzine protagoniste, assolutamente inquietanti nella fase iniziale del film con
quell' incedere selvaggio e a quattro zampe da risultare più disturbante dell' apparizione del fantasma o almeno a me ha fatto molto più effetto.
Ecco, il fantasma o "Mama" come la chiamano le due bambine e forse la più grossa delusione di questo film per quel che mi riguarda.
A parte la maniera figa in cui penetra nei muri e fa breccia nella porta ( cit.) la sua figura è fin troppo prevedibile e stantia per sorprendere lo spettatore fino in fondo ed anche ridondante per essere un Horror.
In questo film la sua presenza più che incombente arriva ad essere fin troppo presente, tanto che ad un certo punto, delle sue continue apparizioni ci si fa così tanto l'abitudine che l'effetto sorpresa è solo per quel che sarà il finale e nient'altro.
Però, tutto sommato è stata una visione piacevole, non aggiunge niente al genere ma non lo fa nemmeno fin troppo sfigurare.
Guardabile.