sabato 31 dicembre 2022

Cell - Stephen King

Cell è stato tra i primi libri di King che ho comprato in prima edizione.
Per molti è stato il libro che ha certificato il declino di questo autore, ed anch'io con il tempo sono arrivato a pensare lo stesso.
Pubblicato nel 2006 segue un po' la scia di quel periodo, che vedeva gli zombie andare fortissimo soprattutto grazie al fumetto di The Walking Dead che diventò in quel periodo un vero e proprio fenomeno di costume.

Quello di King è però un omaggio diretto a Romero e Richard Matheson ( con tanto di dedica ad entrambi ), ed anche una storia allegorica sull'uso intensivo dei cellulari.
Certo, i social erano ancora al di là di venire, ma ho idea che evidentemente le persone intorno a King utilizzassero moltissimo chiamare con il telefonino.
Qui in Italia non credo fosse poi così, almeno nella mia cerchia di familiari ed amici, nel senso che si cercava di risparmiare il più possibile, e quindi andare di squilli o di SMS solo se necessario.
Conoscevo pochissime persone, tranne alcune fidanzate, che parlavano e consumavano traffico telefonico a iosa.
Ma è inutile parlare degli usi e costumi nostrani ed americani, e concentriamoci sul romanzo.
Com'è Cell, riletto dopo tanti anni?
Andiamo di sinossi e poi parliamone.

"Boston, primo ottobre. Tutto va bene. È un luminoso pomeriggio di sole, la gente passeggia nel parco, gli aerei atterrano quasi in orario. Per Clayton Riddell è il più bel giorno della sua vita. In quel preciso istante, il mondo finisce. A milioni, quelli che hanno un cellulare all'orecchio impazziscono improvvisamente, regredendo allo stadio di belve feroci. In un attimo, un misterioso impulso irradiato attraverso gli apparecchi distrugge il cervello, azzerando la mente, la personalità, migliaia di anni di evoluzione. In poche ore, la civiltà è annientata, l'homo sapiens non è mai esistito, lasciando al suo posto un branco di sanguinari subumani privi della parola. Ma questo è solo l'inizio."


Gli omaggi diretti ai due grandi autori non sono stati messi a caso, poiché la storia narrata ha una critica sociale come quella di Romero ( ma poco approfondita ) ed un modus operandi che ricorda tantissimo Io sono leggenda, ma solo dalla metà in poi.

E' uno di quei pochi libri in cui si percepisce la costruzione dello stesso in corso d'opera, e non so è una cosa positiva.
E' un po' strano da dire, poiché d'altronde tutti i suoi lettori conoscono il suo metodo di scrittura, ma in Cell è dannatamente tangibile, poiché la narrazione si evolve in maniera spesso repentina, cambiando le prospettive ed anche il linguaggio dei protagonisti.
E soprattutto è uno dei primi libri in cui il background dei protagonisti è fin troppo ermetico.
Ho idea che trattandosi di un libro che tratta di tematiche post apocalittiche che potrebbero ricordare L'ombra dello scorpione, King abbia in qualche modo cercato di evitare le lungaggini e concentrarsi più sull'azione.
Da questo punto di vista Cell è un romanzo veloce e coinvolgente.
L'azione si svolge in pochissimo tempo, e spesso, soprattutto nelle prime centinaia di pagine, si concentra in pochissimi giorni, se non in ore.

La storia è semplicissima, e vede le persone letteralmente impazzire dopo aver ricevuto una telefonata che gli trasmette un impulso che li trasforma letteralmente in bestie assetate di sangue e violenza.
La prima parte è veramente ottima, tutte le persone intorno al protagonista impazziscono, e vediamo esplosioni e scene di distruzione di massa da tutte le parti.

Il romanzo diventa una corsa alla sopravvivenza per i pochi e sparuti sopravvissuti, ovvero coloro che non avevano con sé un telefono cellulare.

La trasfigurazione degli sfortunati utilizzatori dei cellulari però non è che un primo sintomo, poiché in poco tempo si evolvono arrivando non solo a muoversi come una coscienza collettiva, ma anche ad avere dei poteri telepatici e telecinetici.
Diciamolo chiaramente, da un certo punto in avanti è bene spegnere il cervello, poiché la storia dal punto di vista narrativo non appare molto credibile.
Un nerd dodicenne diventa il cervello pensante di tutte le soluzioni della storia ( tutte azzeccate ), ed anche alcune dinamiche narrative, sono molto abbozzate ed attaccate con lo sputo, specie per quel che concerne la globalità della storia, se uno arriva a porsi domande che esulano un po' dalla geografia narrativa.

Manca anche l'empatia verso i protagonisti, non dico che non ci si affeziona a loro, specie verso i due personaggi più giovani, ma conoscendo poco della loro storia e del loro passato, non ci si sente molto attaccati a tutti loro.

L'unico a cui King concede una sorta di background è il protagonista, ed anche qui, si fa fatica a capire perché è l'unico che gli altri sono disposti a seguire.
Cioè, si suppone che anche gli altri abbiano qualche parente che possa essere ancora in vita e non trasformato, eppure loro si rassegnano subito e seguono il protagonista nella sua ricerca di ex moglie e figlio.

Cell è un romanzo che parte benissimo, ma che nella sua trasformazione in una citazione diretta di Io sono leggenda, perde moltissimo.

Infatti è molto bella la prima parte on the road in cui i protagonisti si mettono in viaggio e provano in qualche modo a trovare un metodo per dare battaglia ai cosiddetti telepazzi, mentre nel proseguo diventano quasi teleguidati da quest'ultimi, tanto che si viene a perdere quel poco di epicità e di quell'antieroismo da quasi villain che li rendeva interessanti fino a quel momento.
So che King voleva creare una sorta di ineluttabilità, ma in quel modo ha reso il finale incredibilmente stupido.

E' come se ad un certo punto non sapesse più dove andare a parare.

Mi rendo conto che è un post molto astruso, ma ho voluto evitare dei riferimenti diretti che potrebbero spoilerare molte parti della storia.

Cell è uno di quei romanzi che parte come un treno, ma che poi perde pezzi per strada.
Forse, e dico forse, King poteva semplicemente fare una storia con degli zombi, senza per forza farli diventare essere onniscienti che sembrano uscire ad un certo punto da una storia di John Wyndham.

E' veramente un peccato, perché alcune parti di questa storia sono anche molto epiche e suggestive.
Le scene di distruzione di massa, in cui gli eroi aspettano che questi esseri vadano a riposare tutti insieme negli stadi, per poi bruciarli letteralmente vivi, è piuttosto forte, ma narrativamente potentissima.
Peccato per le soluzioni narrative successive molto raffazzonate, ed in qualche caso, veramente facilone ed anche illogiche.

Insomma, con Cell godi solo a metà.
E ci è servito a capire che King al tempo non aveva una grande considerazione per tutti coloro che stavano costantemente al cellulare, che considerava a tutti gli effetti dei lobotomizzati e cerebrolesi.
Ci ha visto lungo, in un certo senso.
Soprattutto considerando che con questa storia ha mancato per un soffio la nascita di Facebook, giunta poco dopo, e che in un certo senso, come diceva Eco, ha lentamente dato voce ad una manica di imbecilli. 
C'è qualcosa di buono in Cell? Per me sì.
E' un romanzo veloce e molto coinvolgente.
All'epoca della prima lettura lo paragonavo ad un film horror di serie b mandato in onda in seconda serata.
Non è la lettura della vita, e non è il romanzo di King che consiglierei.
E' un King in formato action.
Magari vi piace.

Ed è tutto qui per questo 2022.
Un anno non proprio da incorniciare per questo blog, che a tutti gli effetti è ormai morente ed inutile.
Segno che se non sei parte attiva della bolla blogger e se non coltivi quei rapporti, diventi una goccia nel mare del web.
Vorrà dire che sarò una barca alla deriva o cibo per pesci.

Qui già sparano, e la fine si avvicina.
Buon 2023 a tutti.

Alla prossima?
Chissà. Magari no.





venerdì 2 dicembre 2022

Trilogia della città di K. - Agota Kristof

Dopo un post in cui parlavo dell'ansia di comprare e collezionare nuova roba, eccomi a parlare di uno dei miei ultimi acquisti, tanto per rendere palesi tutte le contraddizioni che albergano nella mia coscienza.
Ormai però il danno è fatto, e non perdiamoci in chiacchiere filosofiche ed ansiogene.
Non sarà facile parlare de la Trilogia della città di K.
E' un libro complicato, molto.

Senza contare che parliamo di un titolo piuttosto in voga anche adesso, e parecchio presente su Instagram e Tik Tok.
Diciamo che se siete dei fautori della bolla divulgativa sulla letteratura, la copertina ed il titolo di questo libro saranno piuttosto familiari.

Quindi sarà difficile aggiungere qualcosa di valido, che non siano mie elucubrazioni personali, che si sono formate in corso d'opera.

Perché questo è un libro parecchio complesso ed imprevedibile, che cambia più e più volte come un mutaforma anche per quel che concerne la struttura narrativa.

Andiamo di sinossi:

Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

«Una prosa di perfetta, innaturale secchezza, una prosa che ha l'andatura di una marionetta omicida» – Giorgio Manganelli

Quando Il grande quaderno apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell'Est, ma né l'Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati. Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell'ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una “vecchia strega” sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un'anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni. Un avvenimento tira l'altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele.» (Rosetta Loy)


Trilogia della città di K., lo dice anche in titolo, è una storia divisa in tre tronconi ( grazie al caxxo, direte voi :-P ): Il grande quaderno, La prova, La terza menzogna.

Pur essendo abbastanza edotto sulla trama generale grazie alle tante recensioni lette ed ascoltate tramite stories, reels, e mazzi vari, sono voluto arrivare vergine alla lettura, non approfondendo in alcun modo le recensioni e non andando a spulciare in blog, siti, Anobii, ecc.ecc.

Volevo farmi la mia opinione e non farmi influenzare in nessun modo.
Quindi, se ci saranno errori di sorta, se non ho colto determinati passaggi e dinamiche narrative, sarà soltanto colpa della mia incomprensione ed ignoranza.

Quando ho aperto il libro ed ho iniziato Il grande quaderno, mi si è aperto un mondo.
Ultimamente nelle bolle sulla letteratura, si evince come la nuova generazione di lettori cerchi soprattutto i libri con i capitoli brevi.
Ecco, non comprando spesso nuovi libri, mi capita di rado di trovare delle opere asciutte ed ermetiche di questo tipo, ma ad onor del vero, avevo notato come persino King nelle sue opere, abbia di fatto reso il suo stile molto meno argomentato rispetto ad un tempo.

Il grande quaderno è così.
I capitoli sono brevissimi, e spesso occupano al massimo una, due pagine.
La cosa incredibile è che la lettura non ne risente per nulla.
In quelle poche frasi, Kristof riesce a metterci di tutto, ed a trasmetterci qualsiasi emozione e qualsiasi elemento descrittivo e scenografico, facendo un lavoro pazzesco.
Ritengo il primo capitolo della trilogia, il più riuscito, e il più scorrevole in assoluto.

Trilogia della città di K. è un po' tutto.
E' un po' racconto di formazione, un po' un libro dal sapore postmoderno, ed è un po' distopia.
C'è una guerra in corso, ma ne sentiremo solo gli echi e gli effetti, sentiremo il rumore delle bombe, la vita d'accatto, i nascondigli, la frontiera, mi è sembrato quasi di ritrovarmi a riscorrere le pagine de La storia di Elsa Morante.
Solo che qui non siamo a Roma, ma in un luogo imprecisato, in una nazione imprecisata, e con due protagonisti di cui in questa prima parte non sapremo nemmeno il nome.

Due bambini intelligentissimi che si ritrovano a crescere in un ambiente ostile, e con una nonna che vive allo stato brado e li tollera, più che amarli ed accudirli, tanto da chiamarli " figli di cagna. "
Nonostante la prosa ermetica, questo primo capitolo è rappresentato soprattutto da una cruda ed aspra vita sociale che non risparmia nulla al lettore, anche per ciò che concerne la sessualità.
Diciamo tranquillamente che è un libro per stomaci forti, e che soprattutto ha una trama imprevedibilissima e parecchio estrema.
Non voglio usare paroloni, ma Il grande quaderno, per me è stata una lettura totale.

Con La prova e La terza menzogna, il libro diventa più canonico per quel che concerne la struttura narrativa, ma la trama diventa molto più ingarbugliata e meno lineare.
Queste due parti di questa trilogia mi sono sembrate quelle meno comprensibili, e meno immediate.
Mi hanno ricordato molto le dinamiche di romanzi come L'urlo e il furore di Faulkner, L'altro di Thomas Tryon, e Trilogia di New York e 4321 di Paul Auster.
La storia scorre a bivi, ed ad un certo punto, molti di questi percorsi ed alcune dinamiche di questi due fratelli non si sa più se sono reali o solo parti narrate in una storia dentro un quaderno.

La prova e la terza menzogna sono quasi una sfida al lettore, il terzo in particolare, ed io stesso non mi sono raccapezzato in più punti, perdendo di vista ciò che era reale da ciò che non lo era.
E' un libro che andrebbe letto con molta attenzione e costanza, insomma se siete tipi come me che leggono quaranta o cinquanta pagine al giorno potreste trovare difficoltà con un libro dalla struttura simile.

Lo consiglio? Certamente sì.
Probabilmente non è il capolavoro che mi aspettavo di leggere, poiché seconda e terza parte mi sono piaciute di meno, ma va detto che è un libro molto impegnativo e che non è adatto a tutti, quindi io potrei tranquillamente essere parte di quest'ultimi, ma è una di quelle storie che sono stato contento di leggere.
In più le tematiche sono estremamente attuali se pensiamo a quello che sta succedendo in Ucraina, ed è incredibile quanta ansia mi ha trasmesso l'idea che qualcuno un giorno decida in maniera arbitraria di cambiare la tua cultura, la tua lingua, la tua terra, la tua bandiera, ed i tuoi ideali.
K. potrebbe essere qualsiasi città, anche la nostra.

Per quel che concerne l'edizione, il libro è un'edizione economica dell'Einaudi che ho pagato 13 Euro e che conta circa 370 pagine.
Non è nemmeno costosissimo, pensando a quello che si sta per leggere.
Parliamo di un classico contemporaneo che merita tutto il successo che ha avuto.
In un futuro relativamente breve, magari nella cornice del Natale, vorrei tornare nuovamente al classico contemporaneo.
Ora però è tempo di andare via, ed è tempo di tornare dal mio amato Stephen King, per cercare qualcosa di buono in uno dei suoi libri universalmente riconosciuto tra i suoi più brutti.


Alla prossima!