sabato 29 giugno 2013

Joyland - Stephen King

" Quando c' è in ballo il passato, tutti diventiamo romanzieri. "

Stephen King


Edito dalla Sperling & Kupfer alla non modica cifra di 19,90 Euro e scritto a caratteri piuttosto grandi, Joyland è l' ultimo parto della prolifica penna/tastiera del Re.
Romanzo è una parola grossa, le quasi 350 pagine a caratteri più piccoli assumerebbero certamente il contorno di una Novella, ma non sottilizziamo.

- Mi sono accorto di avere fatto uno Spoilerone su un altro libro di King ossia The Dome, quindi per chi non l' ha letto o sta guardando/guarderà il Telefilm, occhio. -

Subito la trama, và :

Estate 1973, Heavens Bay, Carolina del Nord. Devin Jones è uno studente universitario squattrinato e con il cuore a pezzi, perché la sua ragazza lo ha tradito. Per dimenticare lei e guadagnare qualche dollaro, decide di accettare il lavoro in un luna park. Arrivato nel parco divertimenti, viene accolto da un colorito quanto bizzarro gruppo di personaggi: dalla stramba vedova Emmalina Shoplaw, che gli affitta una stanza, ai due coetanei Tom ed Erin, studenti in bolletta come lui e ben presto inseparabili amici; dall'ultranovantenne proprietario del parco al burbero responsabile del Castello del Brivido. Ma Dev scopre anche che il luogo nasconde un terribile segreto: nel Castello, infatti, è rimasto il fantasma di una ragazza uccisa macabramente quattro anni prima. E così, mentre si guadagna il magro stipendio intrattenendo i bambini con il suo costume da mascotte, Devin dovrà anche combattere il male che minaccia Heavens Bay. E difendere la donna della quale nel frattempo si è innamorato.

I più cinici diranno che Stephen King si è rammollito, ed un po' lo penso anch' io.
Ma chi lo segue da tanto tempo, sa che dietro tutto l' Horror ed il soprannaturale di cui spesso parla, si nasconde un animo romantico, un autentico tenerone.
Se nelle sue prime opere questo lato mieloso e sdolcinato usciva fuori soltanto in maniera latente ( La Zona Morta per dirne una è una grande storia d' amore principalmente) con il tempo e l' avanzare dell' età, è saltato fuori in tutta la sua maestosità.
Joyland quindi non è il primo romanzo in cui i misteri passano in secondo piano rispetto ai sentimenti.
Mucchio D' Ossa, 22/11/63, La Zona Morta, Rose Madder, La Sfera Del Buio, ma anche in romanzi come Duma Key e La Storia di Lisey nemmeno troppo velatamente i sentimenti la facevano da padrone, ma ancora non era arrivato ad inserire i cuoricini tra un capitolo e l' altro come in Joyland.

Scherzi a parte, Joyland è un romanzo di formazione dalle vaghissime venature gotiche/Thriller.
Il fantasma della donna uccisa e la conseguente ricerca del colpevole sono solo una scusa per mostrarci il percorso di crescita e l' innamoramento di un giovane ragazzo.
La storia è anche gradevole, ma tutto sommato è piuttosto stantia e insipida, non aggiunge niente di nuovo rispetto agli altri romanzi ed anzi in alcuni punti ricorda parecchio altre opere sue o di altri.
Il fantasma della donna dentro il Tunnel Dell' Orrore ( figa come cosa, da piccolo adoravo i Tunnel dell' orrore erano una delle mie giostre favorite) ricorda moltissimo un altro fantasma però targato Richard Matheson ossia Io Sono Helen Driscoll.
Per non parlare del ragazzino portatore di Handicap con vaghi poteri psichici che è ormai un classico dell' opera di King.
E poi cazzo, i personaggi di King per una volta mi sono sembrati personaggi di finzione e non persone reali, e questo lo considero un difetto.
Devin ma anche alcuni altri personaggi di Joyland mi sono sembrati fin troppo perfetti, bonaccioni e stereotipati per i miei gusti.
Ok, i primi anni '70 erano altri tempi, forse persino più genuini, io non c'ero quindi non posso escluderlo, però francamente mi hanno lasciato perplesso.

Molto bella la descrizione del Luna Park e delle sue attrazioni mentre per quel che concerne la costruzione della storia nulla da dire, intrattiene fino alla fine.
La soluzione del mistero diventa accettabile nel momento in cui accettiamo l' apparizione di un fantasma o i poteri del ragazzino, quindi non metto bocca.

Il finale è un po' un salto carpiato triplo, ma è accettabile rispetto agli alieni bambini che si annoiavano di The Dome, tanto per fare un esempio.
Lungi da me dire che è un brutto romanzo, leggere Stephen King è sempre un piacere e credo lo farò finché morte non ci separi, ma certamente non è una delle sue opere migliori e non sarà un romanzo che avrò voglia di rileggere a breve.
Siamo più dalle parti di Colorado Kid, Rose Madder o Buick 8, che da quelle di IT, L' Ombra Dello Scorpione o The Dome tanto per citarne uno degli ultimi piuttosto buono.

Joyland è un romanzo piuttosto nostalgico come solo il passato sa esserlo, sembra strano dirlo ma Stephen King mi ricorda mio Padre quando si mette a raccontare eventi della sua adolescenza non ricordandosi di averlo già fatto migliaia di altre volte.
Forse è per questo che ultimamente i suoi personaggi mi sembrano quasi tutti uguali...





 

martedì 25 giugno 2013

Richard Matheson Is Dead.

E così un anno dopo Ray Bradbury, ci lascia anche Richard Matheson.
Giugno si conferma un brutto mese per i romanzieri del soprannaturale.
Anche Stephen King nel giugno del 1999, per poco non ci rimise le penne.


Come Bradbury, Matheson era uno scrittore così poliedrico che i suoi romanzi sfuggivano ad una catalogazione precisa, spaziavano facilmente dall' Horror, al Fantasy, fino alla Fantascienza.
E' stato anche autore e sceneggiatore televisivo nonché l' ispiratore della generazione successiva di romanzieri Fantasy/ Horror.
Senza di lui, Ray Bradbury e Robert Bloch probabilmente non avremmo avuto Stephen King, Clive Barker, Ann Rice, Dan Simmons, Dean Koontz ecc. ecc.

Non posso che ringraziarlo per i suoi romanzi e racconti che mi hanno fatto compagnia e mi hanno arricchito, anche quelli che non mi sono piaciuti ( Al Di Là Dei Sogni Docet).
Romanzi che consiglio a tutti e che sono il modo migliore per ricordarlo.
Perle come Io Sono Leggenda (scordatevi la mezza tacca di film con il principe di Bel Air), Tre Millimetri Al
Giorno e Duel ma anche gli altri romanzi forse meno famosi e belli ma ugualmente interessanti come Io Sono Helen Driscoll e La Casa D' Inferno e i suoi infiniti racconti della raccolta Shock distribuita in più volumi e ristampati proprio in questi mesi dalla Fanucci ( che presto o tardi prenderò).
Grazie per le tue opere Richard. ;-)




 

sabato 22 giugno 2013

L' estate Della Paura - Dan Simmons

C'è chi usa la penna come fosse una spada per colpirti.
Dan Simmons mi ha ferito con il primo fendente (Il Canto di Kalì), preso di striscio con il secondo (Danza Macabra) e colpito in pieno petto con il terzo, con un colpo degno di Inigo Montoya o Syrio Forel.

L' estate Della Paura, lo dico subito, è un libro bellissimo.
Parte lento, ma quando prende il volo, ciao ciao, ti trascina inesorabilmente.
Però bisogna che io sia onesto, sapevo fin da subito che mi sarebbe piaciuto.
E' un libro che contiene tutti quegli elementi che da sempre fanno presa su di me.
Quelle storie di ragazzini che vivono gli ultimi echi dell' infanzia che sembrano essere usciti da un romanzo di formazione di Mark Twain ma cui via via le loro avventure prendono una piega buia e minacciosa, con il soprannaturale che fa capolino a turbare la normalità di una qualsiasi cittadina rurale Americana.
Atmosfere alla Ray Bradbury o Stephen King, per intenderci.
L' Estate Della Paura mi ricorda parecchio le tematiche di romanzi come Il Popolo Dell' Autunno e L' Estate Incantata di Ray Bradbury mischiate a quelle di IT e Il Corpo di Stephen King.
Ma anche se l' impostazione della storia ricorda parecchio le atmosfere di questi due autori a me tanto cari, riesce comunque a creare una storia ricca di Pathos e dannatamente intrigante.
Pubblicato nel 1991 e vincitore del premio Locus, in Italia è stato edito dalla Mondadori nel 1994 e successivamente ristampato dalla Gargoyle.
Via con la trama, dai:

Elm Haven, Illinois, 1960. È estate, la scuola è appena finita e cinque ragazzi di 12 anni stanno cementando un'amicizia che durerà tutta la vita e assaporando i primi, timidi corteggiamenti alle loro coetanee. Ma, fra i giochi in mezzo ai campi di grano assolati e le spensierate corse in bicicletta, qualcosa si nasconde in agguato. Una mostruosa entità senza tempo sta mietendo vittime fra i ragazzi della Old Central School, e gli adulti o rifiutano di capire quel che sta succedendo o sono essi stessi emissari di quel Male. Toccherà proprio a quei cinque amici indagare sulla natura di quell'incubo tremendo e affrontare il mostro, prima di finire anche loro preda della sua rapace avidità. E così Mike, Duane, Dale, Harlen e Kevin vivranno il loro passaggio all'età adulta lottando contro un arcano abominio che infesta le ore del buio...

Oltre l' introspezione psicologica e il Background dei personaggi che ho apprezzato enormemente e che te li fa sembrare vivi come non mai, quelle che mi sono saltate all' occhio in assoluto sono due cose:

- Una svolta della sceneggiatura a metà del libro davvero inaspettata che mi ha lasciato di stucco, come solo George R.R. Martin in Tempesta Di Spade ( chi ha visto la terza serie del Telefilm sa di cosa parlo) e Stephen King Nell' Ombra Dello Scorpione con il personaggio di Nick Andros era riuscito a fare.

- La natura ambigua, contorta e subdola del male, per certi versi molto Lovecraftiana.
A parte i suoi agenti, non vedremo mai veramente in faccia il male, esso viene solo descritto, mostrato in parte.
E' una sensazione più immaginifica che reale, esso non si mostrerà mai del tutto.
Questa scelta potrà piacere ad alcuni, risultare indigesta ad altri.
La Campana Dei Borgia sarà un Po' la Torre di Barad-Dur di Sauron e un po' una delle rappresentazioni degli antichi Dei di H.P. Lovecraft.


Di questo libro esiste anche una sorta di seguito, dal titolo ( ma guarda un po' ) L' inverno Della Paura pubblicato nel 2008 e che vede uno dei ragazzi protagonisti ormai adulto.
Inutile dire che lo leggerò entro breve tempo, giusto il tempo di riuscire a mettere le mani prima su Joyland di Stephen King, che finora su due librerie su due risultava finito e in ordinazione.
E poi dicono che Stephen King non vende più, vacca boia.






 

martedì 18 giugno 2013

Stitches

Ci sono quei ricordi che con il tempo assumono le fattezze di sogni, tanto che ti chiedi se quell' episodio in questione è accaduto davvero o è stato un parto della tua fantasia da infante.
In uno di questi episodi che con il passare del tempo è arrivato ad assumere un contorno onirico e sfuggente, c' era un Clown.
Un Clown più simile a quello della pubblicità della Galbusera che a Ronald Mcdonald.
Circondato da persone che si assiepavano ai suoi lati, egli saliva lentamente dalla traversa a pochi metri da casa mia, annunciato da una macchina con l' altoparlante che pubblicizzava chissà quale circo.
Il suo passo era lento ma regolare e di lui vedevo inizialmente solo la chioma rossa.
Arrivato all'angolo si voltò, guardò verso la mia direzione ( dubito guardasse me che manco comparivo tra la folla), ed io scappai piangendo.
Non so se è una realtà che si è trasfigurata in un sogno o viceversa so solo che il suo volto mi faceva paura, chissà perché.
Questo nei primissimi anni '80, prima ancora che Stephen King partorisse quel capolavoro di It, che come tutti sanno parla di un Clown molto particolare.
La paura dei Clown in tenera età è molto diffusa, ma al di là di quell' episodio, di loro non me ne è mai sbattuto un' emerita mazza.
A dirla tutta non amavo moltissimo nemmeno il circo, soprattutto per via dei suoi odori sgradevoli e pungenti, anche se poi finivo con l' andarci puntualmente lo stesso ogni anno trascinato da scolaresca, amici e parenti vari.
Tutta sta premessa perché il Film di cui mi accingo a parlare parla appunto di un Clown che punta a vendicarsi e fare il culo ad un gruppetto di ragazzini scassapalle.

Stitches è un film che mi ha divertito moltissimo, il che per un Horror può essere considerato anche un difetto.
Girato in Irlanda è uno di quei prodotti che puzzano di basso costo da tutti i pori e classificabile facilmente come un Horror di serie B.
Sangue finto, arti smembrati che non fanno nulla per nascondere la propria finizione scenica, è un film che si fa fatica a prendere sul serio ma che intrattiene e diverte.
La trama è semplicissima:
Stitches è un Clown sfaccendato e fallito che viene ingaggiato per la festa di compleanno di un ragazzino.
Il risultato è quello che è e viene talmente osteggiato e deriso che arriva persino a lasciarci le penne durante la sua esibizione.
I bambini di 8-10 anni, si sa che in quelle circostanze sono dei veri e proprio scassacazzo. ;-)
Scherzi a parte, sei anni dopo Stitches ritornerà dall' oltretomba per vendicarsi proprio durante il sedicesimo compleanno dello stesso ragazzo.
La maniera in cui risorge grazie ad una specie di setta formata da altri Clown è parecchio figa ed è la cosa più bella del film, l' unica scena che per certi versi mi ha inquietato, anche se inquietato in questo caso è quasi un parolone.
Stitches durante questa festa troverà vari modi per vendicarsi alcuni veramente assurdi e velati di così macabra ironia che più che paura possono provocare un raglio di risate.
Il film è un classico Teen Horror di formazione, senza chissà quali pretese.
Dubito verrà distribuito in Italia, mi aspetto che esca direttamente in Home Video, nel caso comunque un' occhiata magari in Streaming la merita, diverte ed intrattiene.
Non posso che ringraziare Deeproad per la segnalazione, altrimenti dubito che sarei mai venuto a conoscenza di questo film.
Paragonarlo ad It è una bestemmia anche se il binomio ragazzini vs Clown può ricordarlo vagamente, ma resta una visione piacevole soprattutto se si accettano gli effetti speciali squattrinati e dozzinali, che non fanno nulla per nascondere la propria pochezza scenica.



 

martedì 11 giugno 2013

Danza Macabra - Dan Simmons

La morte è una livella diceva Totò.
La Danza Macabra altro non è che un tema iconografico che ci mostra come davanti alla morte ogni uomo è uguale.
Principe o Re, Superuomo o Quaquaraquà, contadino o garzone, la morte non fa distinzione e con la sua falce taglia tutti, belli e brutti,  come diceva Weah. ;-)
Vede i suoi natali nel Medioevo credo sia una rappresentazione persino in chiave ironica della Peste che in quel periodo mieteva milioni di vittime in Europa.

Nel Figlio Del Cimitero di Neil Gaiman vi è una bellissima rappresentazione di questa danza e sia Dan Simmons che Stephen King scelgono di omaggiarla intitolandole un libro.
Del saggio di Stephen King sull' iconografia Horror ne ho parlato a bizzeffe negli anni passati, del Figlio Del Cimitero idem e mancava all' appello il romanzo di Dan Simmons, cui pongo rimedio adesso.


Pubblicato nel 1989 e vincitore del Locus Award e del Bram Stoker Award, Danza Macabra è un Thriller dalle venature Horror.
Il libro è un tomone di 900 e passa pagine che ho scelto di affrontare in formato digitale (grave errore).
Via con la trama:

"Sono i vampiri della mente, creature dotate della capacità psichica di penetrare nella mente degli altri e di usarli: possono leggerne il pensiero, soggiogarne la volontà, assorbirne le sensazioni, nutrirsi delle loro emozioni, costringerli a commettere atti di violenza folle. Ogni anno, tre di questi vampiri - Melanie, Willi e Nina - si incontrano per discutere l'andamento del loro gioco, quasi una gara, di possessione e sterminio. Ma nel corso dell'ultima riunione accade qualcosa di nuovo e i tre vengono proiettati in un conflitto dal cui esito dipende il futuro dell'intero pianeta. Alcuni normali esseri umani cercano di combattere i vampiri: Saul Laski, psicologo, reduce da un campo di concentramento nazista; Natalie Preston, figlia di un uomo che ha fatalmente incrociato la strada di Melanie; lo sceriffo Bobby Jo Gentry, coinvolto casualmente nella lotta mentre indaga su una serie di omicidi. La caccia è aperta... ma chi è il cacciatore, e chi la preda?"

Ammetto di non averlo amato molto, ma la lettura in digitale, frammentaria e intervallata da altre letture, è una parziale giustificazione ( Dan perdonami).
Del resto ha vinto due premi, qualcosa vorrà dire.
Non ho problemi ad accettare qualsiasi Cliffangher e Deus Ex Machina, sono un esperto della sospensione dell' incredulità e d' altronde appartengo alla generazione dei Rambo e dei Commando, gente che da sola faceva più danni di un intero esercito, ma alcune pagine di questo romanzo sono troppo anche per il sottoscritto.
Non ho mai amato i personaggi con poteri Psichici, sono personaggi che praticamente hanno la vittoria certa in qualunque scontro.
Se Chris Claremont faceva allontanare Charles Xavier dagli X-Men ogni volta che poteva, un motivo c'era.
Ma il problema qui non sono loro ossia Willi, Melanie e Nina o gli altri che hanno questi poteri ( c'è un intero Club che si diletta in una sorta di Isola Dei Famosi Vampiri), ma gli eroi di turno che alla fine diventano un misto tra Rambo, McGiver e Jack Bauer.
A parte questo, è un romanzo piuttosto buono.
A tratti un po' prolisso, ma le prime duecento pagine vanno via che è una bellezza, tutta la parte iniziale inerente la guerra interna tra i tre nemici/ amici Nina, Willi e Melanie è bellissima e ricca d' azione e alcune descrizioni dei personaggi sono veramente suggestive.
La storia di Saul Laski nei campi di concentramento e il suo incontro/scontro con la sua nemesi Willi Von Borchert sono certamente tra le pagine più ispirate del romanzo e anche i personaggi di contorno hanno tutti un' adeguata introspezione psicologica, dal punto di vista della costruzione dei personaggi obiettivamente non ho proprio nulla da dire.
E' Natalie Preston e tutta la parte relative all' Isola che non sono riuscito a mandare giù, ma è un dettaglio personale, il libro è piacevole e divertente, chi cerca un thriller d' azione ballerà la Danza Macabra che è un piacere.
Menzione per l' assurda quanto intrigante partita a scacchi "umana" finale, in cui tutti, vittime e carnefici diventano pedoni, Alfieri, Re e Regine nella stessa scacchiera.


Da leggere con in sottofondo la Danse Macabre di Camille Saint-Saëns. ;-)










 

venerdì 7 giugno 2013

Paranoie... e le 5 musiche di videogiochi che preferisco in assoluto.

Avete presente quegli Swatch con gli ingranaggi visibili che andavano di moda un tempo?
Ebbene, ci sono delle persone che sono tali e quali a quegli orologi.
Quelle persone chiare e trasparenti che sembrano non avere pelle, quelle che non hanno paura di mostrare il proprio cervello e il proprio cuore agli altri, condividendo con tutti sia nel virtuale che nel reale i loro pensieri e  i loro sentimenti.
Io non sono così purtroppo, indosso una corazza che copre tutto, tranne gli occhi.
Tutto questo si ripercuote anche su Internet.
Sia su Facebook che su Twitter arrivo ad essere paranoico e molto restio a comunicare le mie sensazioni e pensieri con conoscenti e parenti vari e finisco generalmente a parlare di minchiate e questo Blog non fa eccezione.
L' errore è stato anni fa di parlare di questo spazio ad amici e conoscenti vari, perdendo quella libertà che contraddistingueva le mie escursioni in questo diario virtuale.
D' altronde chi è che si sognerebbe di far leggere il suo diario segreto agli altri? Solo una persona esibizionista o coloro che non hanno paura di essere giudicati.
Con il tempo sono arrivato a modificare il mio account Facebook proprio per evitare di accettare amicizie di conoscenti con cui non avevo voglia di interagire e allo stesso tempo di trattenermi su Twitter per evitare di vomitare addosso pensieri che sono sicuro darebbero piuttosto fastidio a quei pochi tra amici e parenti che conoscono quel profilo.
Non che ci sarebbe da nascondere granchè, ma dei miei pensieri e sentimenti sono piuttosto geloso e tendo a difenderli come posso.
Tutta questa premessa per dire cosa?
Che anche oggi parlerò dell' ennesima minchiata ossia le mie cinque Soundtrack preferite dei videogiochi di sempre, stranamente tutte di giochi dell' Amiga 500 chissà perché. :-P

- Al quinto posto il tentativo di risposta sulla piattaforma Commodore allo strapotere di Mario che all' epoca spaccava di brutto.
Realizzato nel 1987 dalla Time Warp Corporation e distribuito dalla Raimbow Arts The Great Giana Sisters era la copia spudorata di Super Mario solo con una protagonista femminile invece del baffuto idraulico della Nintendo.
Musiche bellissime di Chris Hülsbeck, che non mi vergogno di dire che ascolto sovente tutt' ora.


 
 
- Al numero quattro uno dei miei giochi preferiti di sempre: Apidya.
Apidya è uno sparatutto a scorrimento orizzontale pubblicato dalla Kaiko nel 1992.
L' intro di questo gioco è spettacolare e con essa la Soundtrack del sempre bravissimo Chris Hülsbeck, un fottuto genio.
Non so scegliere se è più bella l' Intro o la Soundtrack del primo livello, quindi mi sa che inserirò entrambe. ;-)

 
 
 

- Al numero tre forse il gioco più famoso dell' era Commodore e successivamente di quella Pc quel The Secret  Of  Monkey Island che è rimasto nel cuore di tutti.
Pubblicato dalla LucasArts nel 1990 vede il giovane e aspirante pirata Guybrush Threepwood vivere fantastiche avventure sull'l'isola di Mêlée nel Mar dei Caraibi.
Che dire dell' intro di questo gioco?
Composto da Michael Land il tema musicale è a dir poco epico. ;-)

 
 
- Al numero due la traccia del primo livello del Plattform Jim Power in Mutant Planet, firmata come al solito da Chris Hülsbeck.
Stranamente questa traccia mi ricorda tantissimo una delle Ost all' interno de Il Mistero Delle Pietra Azzurra, ma suppongo sia una coincidenza.
Non è un gioco che amavo particolarmente ma la musica del primo livello è sempre stata tra quelle che ho amato di più in assoluto.


- Al numero uno non può che esserci lui : Turrican II.
Turrican II è probabilmente il più famoso gioco per Amiga insieme a Monkey Island e Sensible World of Soccer, sicuramente uno di quelli a cui ho giocato di più.
Prodotto dalla Raimbow Arts nel 1991 è un Plattform futuristico bello come pochi.
Musiche di indovinate chi?
Dell' immenso Chris Hülsbeck, ovviamente. :-)
 
Anche qui come per Apidya non si può prescindere dalla splendida Intro e dalla spettacolare Ost del primo livello, veramente da urlo.



Passo e chiudo. ;-)

 

martedì 4 giugno 2013

" Nostalgia, Nostalgia Canaglia..."

Il pensiero di un uomo è innanzitutto la sua nostalgia.
Albert Camus
 
Per citare a modo mio Shakespeare : " io sono fatto della stessa sostanza di cui è fatta la nostalgia."
I sogni li lascio da parte, sono per chi con il cervello si proietta in avanti, io guardo principalmente all' indietro.
E' la mia natura, ci posso fare ben poco.
Potrei chiuderla qui, postare magari la canzone di Albano e Romina " Nostalgia Canaglia " e far partire la dissolvenza, ma vado avanti, anzi indietro.

 
Guardo Ebay et similia e vedo come giocattoli e roba vintage vanno che è una bellezza e ci si guadagna un botto.
Invidio quelli che riescono a conservare parti della loro infanzia, io di mio non ho praticamente più nulla.
Di me restano solo foto, palesemente ingiallite.
 
Ho smesso di giocare con i giocattoli relativamente presto.
L' arrivo dei primi Computer e Console ha sicuramente contribuito ma più di tutto era la possibilità di uscire, di giocare in quel cortile che pullulava di bambini, di coltivare amicizie, sbucciature, di imparare improperi, di mangiare più schifezze possibili e farsi venire l' acetone.
Spazi per i giocattoli ce n' erano pochi.
Piste, automobiline, soldatini e Play Mobil giusto quando si andava da un bambino che ne aveva a carrettate.
Qualcun' altro sfoggiava Big Jim e la sua Jeep, io i miei Puffi, Masters ed i Transformers, ma davvero per lo più si stava fuori a giocare a calcio e tutti quei giochi del cazzo che ora non si fanno più.
 

Da quanto non vedete disegnata con il gesso la sagoma del Campanaro?
E uno, due, tre stella e strega comanda colore? C'è qualcuno che ancora ci gioca? Non penso proprio.
I bambini di adesso sembrano più vecchi di un 30enne al giorno d' oggi.
 
Ma torniamo per un attimo ai giocattoli.
La cultura un po' " paesana " di mia madre e dei parenti era quella di conservare tutto per non conservare nulla.
Tutto ciò che non veniva usato veniva dato ad altri familiari che avrebbero potuto usarlo.
E così capi vestiari, libri e anche giocattoli passavano di mano in mano e di generazione in generazione, fino alla completa distruzione.
Tutti i miei giocattoli sono passati ai miei cugini, in primis i Transformers.
 
Non ci pensi per anni e poi quando arrivi a trenta, quando ormai tutti fanno un passo verso la maturità, verso il mondo degli adulti, io resto fermo e guardo al passato e lo faccio costantemente da anni.
Dicono che la nostalgia è il vestito indossato principalmente dalle persone sole e insicure, quei zitelli e zitelle che fuggono da matrimoni, fidanzamenti e responsabilità, che pensano a ieri e non all' oggi.
Che rivivono in vecchi giochi, vecchie fotografie, vecchie sigle di cartoni animati su Youtube, persone il cui collo è in grado di torcersi a 360° senza provare dolore, tanto sono abituate a guardarsi alle spalle.
 
Tutto sto papello sulla nostalgia e vecchi giocattoli per dire che c'è gente su Internet che ci ha fatto un Business di tutto questo.
Gente che paga un botto, per rivivere per un attimo la propria infanzia, perché collezionismo o no alla finiscono con il ricomprare sempre ciò che hanno amato.
Per qualcuno la nostalgia...paga.
Serve a qualcosa, dopotutto.
Per fortuna che almeno non sono un nostalgico compulsivo. ;-)
 
Adrian Veidt l ' Ozymandias di Watchmen aveva capito tutto.
 
 
 
 
 
 
 
 

sabato 1 giugno 2013

I miei primi quarant' anni , no ehm... Shoot 'Em Up.

Stavo pensando se nell' adolescenza sono state più le volte che ho tenuto in mano il mio pene o la manopola di un joystick.
Mentre mi ponevo questa " filosofica " domanda riflettevo che è un bel po' che non blatero di videogiochi.
Oltre i flipper che sono da sempre il mio love affair preferito, andavo pazzo per i Coin Op e per i Computer, come tutti quelli della mia generazione dopotutto.
Un po' come coloro che crebbero nei primi anni '70 che vissero in toto la nascita e l' ascesa del rock nella musica, noi degli anni '80 abbiamo vissuto la nascita e l' evoluzione dei primi videogame.
Platform e shoot 'em up, erano i generi che andavano per la maggiore ed io li adoravo entrambi.
Ho avuto la fortuna di aver avuto la possibilità di giocare con alcuni dei capostipite del genere, che mi va di elencare.
Oggi  però mi concentro sugli shoot 'em up.
Per ciò che concerne i  platform conto di parlarne in un post successivamente.
Gli shoot 'em up sono quei giochi arcade a scorrimento fisso, verticale od orizzontale dove di solito si guida un astronave o qualsiasi altro mezzo possibile e inimmaginabile (compresi personaggi e talvolta anche animali) con il semplicissimo scopo di distruggere i nemici e arrivare al livello successivo o almeno era sempre lo scopo che mi prefiggevo io, del Record di punti e di scrivere le iniziali del mio nome nella schermata finale del videogioco non me ne è mai fregato una cippa, tanto che la lasciavo sempre vuota la casella. ;-)

Sviluppato dalla Taito nel 1978, Space Invaders è un po' il papà di tutti gli shoot 'em up.
Distribuito dall' Atari e dalla Nintendo ha fatto in breve tempo il giro di tutte le sale giochi e poi di tutti i Computer dell' epoca.
Credo di averci giocato nella versione Commodore 64, ma non ne sono sicuro.
All' epoca i videogiochi erano quasi tutti a schermata fissa, questo non fa eccezione.
Lo scopo era semplicissimo: distruggere tutti i nemici, prima che invadessero il tuo spazio con la tua conseguente dipartita.
La grafica era quello che era, ma ci si giocava con piacere.
Molti anni dopo credo nei primi anni '90 nacque la sua evoluzione successiva dalla grafica nettamente più curata, l' ei fu Super Space Invaders, divertente anch' esso sebbene all' epoca la concorrenza era talmente tanta che faticò a ritagliarsi spazio rispetto al suo ben più famoso predecessore.


Nel 1979 fu la volta di Asteroids, sempre distribuito dall' Atari.
Per questo gioco, lo ricordo benissimo, ci andava pazzo mio fratello.
Anch' esso a schermata fissa, aveva la particolarità di poter muovere in qualsiasi direzione l' astronave.
Di solito almeno da quel che ricordo, si giocava solo con l' ausilio dei tasti, niente manopola del joystick.
Lo scopo era semplicissimo distruggere e nello stesso tempo evitare il più possibile gli asteroidi che ti arrivavano addosso sempre più a frotte e sempre più velocemente.
Ci ho giocato in sala giochi e forse in qualche piattaforma ( l' Atari? ) a metà degli anni '80, ma non l' ho mai amato particolarmente.

Galaga è l' evoluzione di un altro gioco a cui non ho mai giocato, tale Galaxian.
Sviluppato dalla Namco nel 1981 è uno di quei videogiochi sempreverdi tanto che io ci giocavo nelle sale giochi anche nei primi anni '90.
Galaga oltre ad essere difficilissimo per gli standard dell' epoca, era semplicemente bellissimo.
Fino a qualche anno fa, lo emulavo che era una bellezza ed a parlarne mi torna il magone e la voglia di rigiocarci.
Come Asteroids e Space Invaders era anch' esso a scorrimento fisso ma rispetto ai suoi predecessori aveva molta più varietà grafica di navi nemiche e la particolarità di aumentare la potenza di fuoco affiancando un' altra astronave
a quella di partenza mediante la cattura e successiva liberazione dal particolare raggio di una nave nemica ( come nella foto).
Gioco epico, davvero.
Da sempre uno dei miei prediletti.

1942, chiude un po' il cerchio dei primi giochi dedicati a velivoli ed astronavi, almeno per quel che concerne i cabinati dell' epoca.
Pubblicato dalla Capcom nel 1984, come Galaga lo trovavi in qualsiasi Bar e Sala Giochi dell' epoca e non mancavano le volte che l' adocchiavo anche nel decennio successivo.
Ricordo che a metà degli anni '90 ero solito giocarci nelle mattinate in cui non entravo a scuola.
Perfino più difficile di Galaga, era un mangia monete come pochi.
Il gioco era a scorrimento verticale, fichissimo il power up della capriola in aria che ti permetteva di evitare i proiettili nemici, che tanto prima o poi comunque ti avrebbero preso comunque.
Frustrante come pochi, ammetto di non essere mai andato oltre il quinto, sesto livello.
Se ci penso mi sale il nervoso anche adesso. :-)

Decido di fermarmi in questa prima carrellata di videogame spaziali o guerreschi con Arkanoid sviluppato dalla Taito nell' anno 1986.
La prima volta che lo vidi fu nel bar dei miei cugini, ma non ci capì molto.
Il cabinato aveva invece della manopola classica una sorta di joystick di forma rotonda che all'epoca mi fece strano forte.
A prima vista sembra non azzeccarci un cazzo con gli altri titoli di cui ho parlato, ma sempre di astronave che spara ai nemici si tratta.
A scorrimento fisso, quella specie di cancellino ( all' epoca con i miei amici lo chiamavamo così) doveva semplicemente colpire con una pallina dei nemici dalla forma di mattoncini colorati e poi passare al livello successivo.
Bellissimi i power up presenti tra un livello e l' altro che ti permettevano di ingrandire o rimpicciolire la navetta, moltiplicare le palle da lanciare o di farti passare direttamente ai livelli successivi.
Gran gioco, ci passavo giornate intere all'epoca del Commodore 64.
Difficilissimo il mostro finale, praticamente imbattibile.
A tal proposito ricordo un pomeriggio in cui ci giocai con il mio migliore amico dell' epoca in una sessione ininterrotta che ebbe fine solo dopo 5 ore di gioco.
Cominciai ad accorgermi del tempo che passava, quando dalla cucina di casa sua arrivò un odore di carne arrostita che mi fece rendere conto che era praticamente ora di cena e dovevo scappare via.
Gran bei pomeriggi passati con Arkanoid e gran gioco.
Il mostro finale grida ancora vendetta...

Chiudo qui questa primissima carrellata di titoli, ma altri aspettano ( R-Type, Xenon , Project x, U.N. Squadron, Bomber Bob, Blood Money)  e se tutto va bene ne parlerò in questo specchio virtuale che è questo blog, sabato prossimo (forse).