martedì 25 maggio 2021

Autori che meriterebbero di uscire dalla nicchia - Thomas Tryon

 Tempo fa mi trovavo a scrollare su Instagram quando mi cade l'occhio su una nuova uscita della Fazi editore.

Ammetto di essere rimasto stupito quando ho visto che l'opera in questione era L'altro di Thomas Tryon.

Tryon è uno di quegli autori praticamente dimenticati, che io ho visto citato sul saggio Danse Macabre di Stephen King e che da allora ( circa una ventina d'anni fa ) speravo saltasse fuori in qualche mercatino dell'usato oppure per altre vie traverse.

Sono riuscito a rintracciare e successivamente leggere La festa del raccolto, ma L'altro era praticamente introvabile.

La festa del raccolto è tutt'ora appartenente al limbo dei fuori catalogo e viene venduto su Ebay ad un prezzo non proprio concorrenziale per essere un libro non di prima mano.

A questo punto spero che la Fazi ristampi anche quest'ultimo, ma è una vana speranza, poiché L'altro non mi pare sia stato poi pubblicizzato molto, anche da coloro che hanno ricevuto il libro gratis in quanto bookblogger ( anche se a qualcuno di loro va il merito di avermelo almeno messo sotto il naso ).

Ed è un vero peccato, perché L'altro è una bomba.

Thomas Tryon non è nato scrittore.

Faceva di mestiere l'attore, ed era anche abbastanza noto, fin quando non si è ritrovato a leggere Rosemary's Baby di Ira Levin ed incantato da quella lettura, decise di provare a cimentarsi con le storie dell'orrore.

Beh, direi con ottimi risultati.

Parliamo dell'epoca pre-Stephen King, un'epoca pressoché dimenticata dal lettore odierno e dove pochi scrittori sono arrivati ai giorni nostri, a parte Shirley Jackson, Ira Levin ( e manco tanto ) e Blatty con il suo L'esorcista.

Sia L'altro che La festa del raccolto hanno in comune la provincia rurale americana ed il secondo trova terreno fertile proprio nelle tradizioni, nel conservatorismo e nel bigottismo di certe comunità rurali.

Mentre L'altro si rivela un ottimo horror psicologico.

E' molto difficile parlare di L'altro perché è un racconto costruito quasi come fosse un thriller e dove tutto non è ma sembra soltanto, persino i personaggi stessi.

Andiamo di sinossi:

Holland e Niles Perry sono gemelli identici di tredici anni. Molto legati, tanto da poter quasi leggere il pensiero l’uno dell’altro, ma anche molto diversi: Holland, audace e dispettoso, negli occhi una luce sinistra, esercita il suo carisma sul fratello Niles, gentile e remissivo, desideroso di compiacere gli altri, il tipo di ragazzo che rende orgogliosi i genitori. Hanno da poco perso il padre in un tragico incidente e vivono in una fattoria del New England con la madre e la nonna. Le giornate estive in campagna sono lunghe e noiose ma la fantasia multiforme dei ragazzi è un’arma efficace, che si alimenta di oggetti preziosi custoditi gelosamente in una vecchia scatola di latta, assi che scricchiolano e orecchie tese a percepire passi misteriosi, spettacoli macabri inscenati in cantina e vecchie storie che sembravano dimenticate. Ecco però che l’incantesimo dell’infanzia si spezza: una dopo l’altra, una serie di figure vicine ai ragazzi vengono coinvolte in cruenti fatti di sangue. E diventerà presto chiaro che la mano dietro a queste inquietanti tragedie può essere una sola…
L’eterno fascino perturbante dei gemelli è protagonista in questo romanzo in cui nulla è come sembra, che rapisce il lettore e lo conduce attraverso una sottile analisi dell’oscurità che dimora dentro ognuno di noi. Il ritorno di un grande classico dell’horror, bestseller da tre milioni e mezzo di copie, paragonato a Shirley Jackson e Patricia Highsmith e precursore dell’esplosione del genere insieme a pietre miliari come L’esorcista.


L'altro è una storia di formazione di stampo rurale.

Pensi a Holland e Niles e ti vengono subito in mente Will Hollowey e Jim Nightshade de Il popolo dell'autunno di Ray Bradbury, però in salsa ancora più cupa.

La trama ricorda anche un film della mia adolescenza ovvero L'innocenza del diavolo con cui ho notato parecchi tratti in comune, quindi potrebbe essere che lo sceneggiatore che altri non è che Ian McEwan uno dei più grandi scrittori contemporanei, abbia potuto prendere ispirazione proprio da questo scritto.

Il romanzo è stato anche paragonato alle atmosfere psicologiche e ambigue dei romanzi di Shirley Jackson ed è abbastanza vero, perché fin dall'inizio i personaggi si muovono in un territorio sottile e subdolo.

Per carità, niente di impossibile, in un certo senso molto è spoilerato dal prologo iniziale, ma L'altro è un romanzo costruito benissimo, e risulta molto amorale e malsano in quasi ogni aspetto, persino in quello della normalità rurale di una famiglia contadina.

Uno degli aspetti che più mi ha colpito è la normalità con cui viene accettata la morte in quel contesto.

In questo libro accadono eventi sempre più nefasti via via che si prosegue con la narrazione, ma la comunità familiare continua a vivere ed elaborare il lutto apparentemente con semplicità.

Apparentemente, appunto.

Probabilmente a livello di thriller è un romanzo che forse oggi appare vecchio, di plot twist simili è pieno il fosso poiché l'horror cinematografico e televisivo ha praticamente sdoganato tutto, però bisogna dare il merito a Tryon di aver avuto questa pensata molto prima di molti prodotti odierni.

Secondo me, L'altro è un romanzo horror con i fiocchi.

Andrebbe letto e conservato con cura.


La festa del raccolto è un romanzo molto più sui generis, molto più orizzontale, ma prima andiamo di sinossi:

Ned Constantine, un pubblicitario newyorkese, si è sottratto alla massacrante futilità della corsa al successo rifugiandosi in un paesino del New England. Fino a quel momento la sua vita scorreva placida e un po' astratta in un mondo che sembrava uscito per sortilegio da un album sul primo ottocento americano. A contatto con la gente del luogo, legata alla terra da un cordone ombelicale millenario, Ned scopriva valori antichi e imparava a capire pregiudizi e superstizioni ancora più antichi. Accettava e, soprattutto, veniva accettato.
Poi, d'un tratto, qualcosa cambia: un quid impalpabile, elusivo come un gioco di specchi. Intorno a lui si fa un silenzio opaco, senza echi. La realtà quotidiana si accende lentamente di luci spettrali. Nessuno gli sembra più quello che dice di essere. Ned si domanda se non è uno scherzo della fantasia... ha persino creduto di vedere un fantasma. Ma poi vede, sicuramente, uno scheletro nel cavo di un albero... dissotterra una bara colma di granturco... si trova di fronte un uomo insanguinato e quasi demente, con la lingua mozza e le labbra cucite. E tutto il paese, con feroce serenità, si rifiuta di dargli spiegazioni che esulino dalla normalità più piatta e riduttiva. Questo, più di ogni altra cosa, fa scattare in lui l'angoscia, e con l'angoscia il bisogno ossessivo di sapere. Mentre l'irrealtà più barbara gli si presenta come la sola realtà possibile, il terrore. Quasi primordiale, cresce come un frastuono che supera ogni soglia di sopportazione fino a diventare un mostruoso silenzio. E nel silenzio la storia termina, con un guizzo di gelida ironia, mentre Ned, come in un rito preomerico, sconta la pena di chi ha voluto vedere troppo

Qualcuno qui ha scomodato I figli del grano di Stephen King, ma a me viene più in mente un film moderno ovvero Mindsommar.

Ho percepito la stessa atmosfera via via sempre più ostile, chiusa ed inesorabile, nascosta dietro una patina di convivialità rurale.

Anche qui ci troviamo in un paese sperduto, in cui praticamente si vive di coltivazione del granturco e in cui le tradizioni si rivelano più rituali che folkloristiche, tanto da sfociare nel paganesimo.

Bisogna essere onesti, qui Tryon si prende tutto il tempo per far ambientare la famiglia nel contesto rurale cittadino, e la narrazione parte lenta, molto lenta.

Avete presente quei paesi che prendono vita soltanto in prossimità di una festa mariana?

Ecco, qui accade lo stesso.

Questo paese ha una botta di vita con l'ausilio di una festa del raccolto molto peculiare che ha radici nel culto della Dea Demetra.

Potrebbe essere una storia di Neil Gaiman ambientata nel mondo di American Gods, però ancora più malata.

La festa del raccolto è un romanzo molto femminile.

Qui è la donna ad avere più potere in un certo senso, e sono i personaggi maschili ad essere più sacrificabili e a rischiare di fare la fine della moglie di Barbablù.

Lunga vita alle messi, e charyou tree urlavano i personaggi de La sfera del buio de La torre nera di Stephen King, e questa festa ricorda parecchio quei tragici avvenimenti.

Una festa, ma di sangue e sacrificio.

Di terra e di raccolto, e di costumanza e tradizioni.

Personalmente trovo La festa del raccolto un romanzo pazzesco.

E' vero, è parecchio lento e Tryon si prende tutto il tempo di questo mondo a delineare i contorni ed i personaggi peculiari di quella cittadina, ma tramite minimi accenni, assistiamo ad un crescendo via via sempre più malsano e strano, fottutamente strano.

Ed a farne le spese sono le persone più progressiste e meno legate a tradizioni che sanno di millenario.

Spero che un giorno questo romanzo venga ristampato e letto da più persone possibili.


Alla prossima!










domenica 16 maggio 2021

Anna - Niccolò Ammaniti ( serie Tv )

Era il 2015 quando dopo anni di silenzio Niccolò Ammaniti tornò in libreria con un romanzo di formazione giovanile distopico ed a suo modo inquietante ripensando al nostro odierno.

Rileggendo il mio post ( che si trova qui: https://pirkaff.blogspot.com/2015/10/anna-niccolo-ammaniti.html ), credo di non essere stato molto tenero, ma all'epoca c'era un po' una sovraesposizione del genere distopico/apocalittico con protagonisti i ragazzi, quindi ero anche un po' stufo del filone, mentre oggi sono sicuro che analizzerei il libro in maniera più lucida e con meno sicumera ed arroganza.

Oggi come prima di Anna, Niccolò è un po' sparito dai radar editoriali, ma sta apparendo spesso come autore televisivo, prima con Il miracolo e poi con la serie dedicata al suo ultimo romanzo scritto, Anna appunto.

Normalmente non parlo delle serie Tv, non mi considero un esperto e ci sono migliaia e migliaia di blogger e siti che se ne occupano, ma visto che è  tratta da un libro che ho letto, credo possa essere attinente con ciò di cui parlo abitualmente su questo spazio.

Infatti in futuro mi piacerebbe fare lo stesso anche con un'altra serie, Noi i ragazzi dello zoo di Berlino, che ho visto anch'essa recentemente.

Sto avendo l'ardire di uscire fuori dal mio seminato abituale anche perché mi pare che di Anna se ne sia parlato poco.

Credo di intuire il perché.

Il fatto che sia andata in onda su Sky ha inciso parecchio.

Infatti la serie è stata enfatizzata su canali più generalisti tipo quotidiani, radio, telegiornali e salotti della tv o siti culturali, meno nel mainstream dei social o di Youtube.

La mia idea è che Sky sia ormai vicina alla Tv generalista e molto lontana dalle mode giovanili.

Sa di vetusto.

Oggi la divulgazione passa soprattutto dal marketing e Netflix, Disney e Prime, riescono a parlare molto più facilmente ai giovani coinvolgendo youtuber, influencer, streamer e portali vari.

Non a caso troverete la parola capolavoro ed imperdibile per qualsiasi cosa pubblicata dalla Marvel praticamente o per l'ennesimo telefilm sui supereroi di Netflix o di Prime, mentre tutto il resto rappresenta la parte sommersa di un iceberg.

Ed è un peccato, perché Anna è un bell'esempio tutto all'italiana di serie Tv.

Ammaniti e gli altri autori hanno espanso il testo scritto creando una serie veramente riuscita ed anche piuttosto cattiva e disturbante, molto più del libro.

I bambini sanno essere tiranni e crudeli se lasciati a cavarsela da soli, e la serie riesce ad essere più incisiva del libro che in alcuni punti risultava piuttosto ermetico.

Qui tutti i protagonisti fanno più cose ed anche i comprimari assumono risonanza maggiore.

Anna si rivela essere un'opera derivativa de Il signore delle mosche per certi versi ancora più grottesca e violenta, esacerbata fino all'estremo, ma anche molto poetica e stilosa in alcuni punti.

So che di storie distopiche e post apocalittiche ne è pieno il fosso, e probabilmente il tema narrato che è quello di un'epidemia che lascia in vita soltanto i bambini non è proprio il massimo visto il periodo che stiamo vivendo, ma ritengo che è una serie che avrebbe meritato di essere chiacchierata di più.

E poi quando vi ricapita una storia apocalittica ambientata in Sicilia invece che nelle solite lande americane?

Personalmente la stra-consiglio.


Alla prossima!



lunedì 3 maggio 2021

Mucchio D'ossa - Stephen King

" Un personaggio romanzato, altro non è, che un mucchio d'ossa. "


Mi è sempre rimasta impressa un'intervista a Stephen King che venne pubblicata alla fine di non ricordo quale romanzo in cui il Re affermò che Mucchio D'ossa era il libro in cui ebbe la sensazione di essere arrivato al livello massimo di scrittura.

Magari sarà così, ma universalmente non è tra i suoi lavori più famosi e celebrati, ed anzi è raro che venga inserito nelle classifiche di gradimento degli appassionati.

Rileggendolo dopo tanto tempo, credo di aver capito perché King ebbe quell'impressione.

Le tematiche affrontate in questo romanzo sono indiscutibilmente serie, complesse ed importanti.

Con Mucchio D'ossa siamo più vicini al genere drammatico che al genere horror, che c'è sia chiaro, ma che per gran parte della storia funge quasi da corollario.

In questo libro sono presenti tanti temi: morte giovanile, elaborazione del lutto, razzismo, stupro, ed è ben radicato anche il genere legal drama con tanto di bambino conteso, il tutto condito in salsa ghost story.

Andiamo di sinossi e parliamone meglio:


Mike Noonan - quarant'anni, autore di best-seller - è un privilegiato: un discreto successo, un buon conto in banca, la consapevolezza di sentirsi arrivato; tutte cose che ovviamente non hanno alcun senso se l'unica persona a cui tieni un giorno esce di casa e non ritorna più, folgorata per strada dalla morte. Quattro anni dopo è uno scrittore finito, afflitto da un'esistenza vuota. E' alla resa dei conti ma è anche angosciato dalla sensazione che "qualcos'altro", oltre a lui, non sappia rassegnarsi all'ineluttabile di un'esistenza troncata, qualcosa che si fa strada nella sua mente insinuando dubbi tormentosi, procurando incubi che travalicano i limiti del reale...



Per quanto il primo capitolo sia indiscutibilmente triste e colpisce come un pugno allo stomaco a tradimento, Mucchio D'ossa parte lento, lentissimo.

Al di là dell'empatia che si può provare per il protagonista che perde la moglie in giovane età, per di più mentre era incinta, è stato parecchio difficile superare indenni il primo centinaio di pagine.

Pagine che ho trovato ripetitive e noiose, devo dirlo.

Non mi stupirei se qualcuno mi dicesse che lo ha abbandonato dopo poche pagine.

Mike Noonan è inizialmente un personaggio molto irritante.

Ci sono anche belle pagine di crossmedialità quando appaiono altri personaggi di altri libri incentrati su Castle Rock e dintorni, ma King persevera sulle paturnie del protagonista fino a quasi lo sfinimento.

La storia trova la sua vera voce quando il protagonista decide di lasciare la cittadina e trasferirsi per l'estate nella sua casa al lago.

Da lì le cose si fanno fosche e torbide, dopo l'incontro con una giovane ragazza madre in lotta per l'affidamento della propria bambina contro l'ottuagenario ma perfido e ricchissimo suocero.

Il tutto mentre una tremenda tara ereditaria affligge quella cittadina.

Ecco, visto che l'ho nominata, parliamo un attimo di questo personaggio. 

Mattie, la giovanissima madre di cui Mike si invaghisce appare fin dall'inizio un co-protagonista  troppo idealizzato e romanzato.

La classica ragazza della porta accanto ( in questo caso roulotte ), bella, brava, quasi una cenerentola, visto che fa innamorare un ragazzo facoltoso, e successivamente uno scrittore famoso, e persino l'avvocato che si occupa della battaglia per l'affidamento.

Non ti pare di esagerare un po', Steve?


A parte questo, Mucchio D'ossa ha una struttura molto complessa e solida.

Alcune scene, soprattutto quelle oniriche, sono molto inquietanti.

Ed il salto all'indietro nel 1900 in cui vengono narrati alcuni eventi sconvolgenti ai danni di una comunità itinerante di artisti di strada afroamericani ha dell'indicibile, con scene terribilmente forti.

Probabilmente sono le parti più riuscite ed incisive del romanzo.

In mezzo però ci sono un finale indubbiamente forzato ed alcune scene poco credibili tipo quando il vecchietto con l'ausilio della sua assistente ugualmente malmessa riesce ad attentare alla vita di Mike Noonan in una scena alquanto risibile per quel che mi riguarda.

Ecco, c'è molto di scenico in questo libro e non tutto risulta credibile.

Le parti più serie e quelle orrorifiche non riescono sempre ad incastrarsi benissimo, e paradossalmente sono proprio le scene ambientate nel reale a sembrare più finte.

A parte la battaglia finale in cui King inserisce degli elementi un po' a caso, la parte dichiaratamente horror quando decolla è parecchio riuscita.

Per giunta ci presenta una figura orrorifica che ha delle motivazioni oggettivamente comprensibili nella sua vendetta.

Insomma un personaggio molto suggestivo e sfumato.

Ottima anche l'atmosfera che si respira nella cittadina in corso d'opera, all'inizio tutta convenevoli, e via via sempre più chiusa e ostile.

Insomma, Mucchio D'ossa è un romanzo contorto, che probabilmente paga un po' il fatto di non essere una di quelle storie immersive e scorrevoli.

King alza l'asticella, ma non è detto che abbia preso bene la mira.

A me questo libro continua a non arrivare del tutto, ma ne percepisco l'intento.

Mi è difficile sostenere che Mucchio D'ossa sia un brutto romanzo, ma nemmeno quel grande romanzo che King crede(va) di aver scritto.


Alla prossima ( ? )!