martedì 20 luglio 2021

Il Golem - Gustav Meyrink

Chi conosce i miei gusti letterari sa che mi piace andare all'indietro e che in generale preferisco le storie horror del passato rispetto a quelle presenti, e nel mio peregrinare all'inverso sono sempre alla ricerca di vecchi romanzi oggi quasi dimenticati.

Sono molti i romanzi che vorrei recuperare ed alcuni ultimamente sono (ed in futuro saranno ) ristampati dalla RBA nell'edizione I primi maestri del fantastico.


Il Golem, era uno di essi.

Ci ho messo un po' prima di entrarne in possesso, perché non so per quale motivo, ma la distribuzione editoriale nella mia città è in ritardo di una settimana, e quando sono andato a comprarlo ho ricevuto picche, con tanto di perplessità dell'edicolante perché le nostre informazioni sulle uscite non coincidevano ( visto che io mi affidavo al loro sito ).

Comunque una settimana passa in fretta ed alla fine tutto è bene quel che si può leggere bene.

Però problemi distribuitivi a parte, com'è andata la mia immersione nei sobborghi ottocenteschi di Praga?

Irta, parecchio irta, e ricca di dislivelli.

Meyrink è tosto.

Il Golem è una figura magica legata all'ebraismo e molto radicata nei sobborghi di Praga, con tanto di leggenda annessa, che Gustav riporta anche molto fedelmente visto che la storia è ambientata proprio nel quartiere ebraico di Praga.

Con la figura del Golem non ho molta familiarità, se non legata a qualche film ed al fumetto, perché mi pare di ricordare di averla incrociata in qualche comics Marvel e in Berserk del compianto Kentaro Miura.

A dirla tutta nel romanzo di Meyrink è una figura molto eterea ed evanescente, tanto che diventa molto difficile catalogare questo romanzo come gotico o horror.

Forse è più un romanzo del mistero, visto che Meyrink gioca una partita a scacchi con il lettore, legando la figura de Il Golem a doppio filo a quella del protagonista, in un meccanismo letterario in bilico tra realtà e visionarietà, tra onirismo e folclore metropolitano.

Il Golem è un romanzo complesso e molto frammentario, parecchio psicologico, in cui la trama non è proprio linearissima ed è concentrata sul alcuni personaggi del quartiere ebraico che sono uno più sordido e astuto dell'altro.

E' molto difficile empatizzare con costoro, e quasi tutti sono sfuggenti e dominati da secondi fini, in cui anche la descrizione della normalità quotidiana e cittadina ambientata in un bar, lascia intendere una stranezza, una nota stonata.

C'è sempre qualcosa che non quadra nella vita del protagonista e di chi lo circonda, che siano i suoi amici o le donne da cui è attratto.

Una normalità anomala.

La descrizione di Praga è molto bella e suggestiva, ed è difficile affermare che Meyrink non scriva bene, perché da quel punto di vista è molto gradevole da leggere.

Ammetto di essermi trovato in difficoltà e di non essermi raccapezzato del tutto, poiché pur essendo preparato ad una storia che non rispetta i crismi di costruzione della storia odierna visto che parliamo di un romanzo scritto nel 1913/14, non mi aspettavo comunque una struttura su più livelli ed alienante come quella creata da Meyrink.

Ecco, se proprio devo dirlo, è forse uno dei rari casi in cui si può associare l'horror alla narrativa alta, in un romanzo che a me ricorda le atmosfere di Kafka, Hawthorne e Faulkner.

Però è un libro che se affrontato come un romanzo gotico qualsiasi, rischia di deludere non poco il lettore.

E forse è proprio per questo che è un testo quasi dimenticato oggigiorno.

E' strano dirlo per un romanzo gotico, ma non è un libro per tutti.

Credo nemmeno per me.

E' un romanzo che lascia parecchi strascichi e dubbi di sorta.

Sono comunque contento di averlo letto e sono pronto a mettermi alla prova con altre storie scritte agli albori del genere.

Punto molto su Il Monaco di Matthew Gregory Lewis, ma dovrò aspettare un bel po' prima di leggerlo.

Vi lascio con la sinossi del romanzo, che per quanto suggestiva e breve, forse anticipa un po' troppo:

Una nuova traduzione arricchita dalle illustrazioni originali di Hugo Steiner-Prag e da un corredo di note attente ai significati occulti del capolavoro di Meyrink: il Golem, l'antico essere artificiale creato dalla magia di un rabbino, riprende vita grazie allo scambio di un cappello nel Duomo di Praga, squarciando il velo che separa il mondo reale da quello oscuro e segreto dei sogni.



Alla prossima! (?)


lunedì 12 luglio 2021

Non rappresento lo stereotipo del lettore, e non so se è un bene o un male

 

Se ci penso, mi rendo conto di non rappresentare per nulla lo stereotipo del lettore.

Anzi, mi sono sentito spesso a disagio quando ho messo piede in alcune librerie, specie quelle più elitarie e ricercate.

Cioè non me ne frega nulla dei premi letterari, e per dire al premio Strega preferisco i racconti sulle streghe, così come non me ne frega nulla degli sconti con i regali tipo borse da mare o plaid, se un libro è pubblicato da Einaudi o Adelphi ( pur riconoscendone il valore estetico e di editing ) e non me ne frega nulla dei gruppi di lettura.

Non do manco particolare interesse e lustro alle librerie mie ed a quelle altrui, nel senso che leggo, rileggo e poso, finisce lì.

E se mi trovo a casa di qualcuno e non vedo libri, non ne faccio un dramma.

Mi frega poco anche degli incontri con gli autori ed anche dei tweet o le stories di Stephen King o qualsiasi altro scrittore.

Per me conta più una sinossi, una storia, che tutto il carrozzone che c'è dietro.

Non mi sono mai vantato di aver letto un libro, e non mi sento superiore ai miei amici a cui non importa nulla di questo argomento.

Forse è per questo che ultimamente qualifico come falsi o costruiti la maggioranza dei divulgatori su Instagram, Facebook o vattelapesca.

Non può essere che nella nostra vita esistano solo i libri, o che la stragrande maggioranza delle nostre emozioni vengano da lì.

Dite quello che volete, ma non ci credo.

Amo anch'io la letteratura, amo alcuni autori ed alcuni generi, ma a volte sento voglia di provare emozioni vere, e non riesco a fingere che i libri siano l'unica cosa che contino nella vita.

Perché a volte, alcune Bio fanno pensare che sia così.

Ciò fa di me un lettore di serie b ed asociale?

Può darsi.

Io metto la letteratura alla stregua di qualsiasi altra mia passione.

Sarà che provengo da sottoterra, nel senso che prima di arrivare alla letteratura la mia vita è stata costellata di vari substrati tra cui l'amore per il calcio, i videogiochi, cinema, fumetti, ma anche la classica vita di strada fatta di cortili e nascondino.

Ai caffè letterari preferisco i bar sport.

Paradossalmente sono lo stereotipo del non lettore.

Eppure sono un lettore, e probabilmente leggo anche più libri di chissà quanti altri che si considerano membri di un élite perché hanno letto l'ultimo Nobel, Pulitzer o Strega.

E di certo non sto a contare quanti libri ho letto, quanti ne ho comprati, e non piango e mi dispero se per due giorni non leggo nulla.

Insomma non rappresento lo stereotipo del lettore ed a volte non so se è un bene o un male, perché i social, ma anche i blog ed i siti letterari, divulgano tutto il contrario di ciò che sono.


Alla prossima !(?)