giovedì 27 giugno 2019

La Sottile Linea Scura - Joe R. Lansdale

" Dovevo aver sicuramente offeso gli dèi del male, dovevo aver fatto loro varcare di gran carriera la sottile linea scura che separa i misteri delle tenebre dalla realtà."

A volte se sono da solo e non so che fare, la domenica mattina sono solito andare al mercatino delle pulci nella bancarella di libri mia prediletta per cercare qualcosa da leggere a poco prezzo, anche se sono più le volte che torno a mani vuote che quelle in cui faccio veri affari.
La penultima volta che ci sono stato mi è caduto l'occhio su La Sottile Linea Scura di Joe R. Lansdale e al miserrimo prezzo di due Euro me lo sono portato a casa.

Pensavo di aver superato la mia fase Lansdale.
Perché sì, io le opere di Lansdale le ho lette in sequenza quasi febbrile nel 2013/2014 circa, forse anche prima.


La Sottile Linea Scura era la sua opera che più mi piacque e a cui sono più affezionato, e quindi mi è venuto spontaneo prenderlo.
All'epoca quando lessi in sequenza gran parte dei suoi romanzi potevo attingervi in maniera gratuita, ma non entrarne in effettivo possesso.
Però la cosa non mi disturbava perché era un autore che mi piaceva, ma non uno con cui avere un approccio in libreria e non ai mercatini.
Al contempo se dovessero ricapitarmi in mano La Trilogia Del Drive-In e In Fondo Alla Palude, penso che un posto nella mia libreria glielo concederei tranquillamente ( anche i primi volumi della saga di Hap & Leonard meriterebbero).
Insomma, io ho amato Lansdale, ma ad un certo punto mi è comunque venuto a noia, forse perché troppo sovraesposto e perché ho letto troppo di lui in poco tempo.
Anche se recentemente mi sono imbattuto nella trama di Paradise Sky ed essendo in un periodo dove sto leggendo ed amando molti romanzi western devo ammettere di averci fatto più di un pensierino.

La Sottile Linea Scura è un romanzo di formazione in chiave noir.
E chi mi conosce sa che io amo le storie di formazione.
Sono nato per leggerle e sono fatto per queste storie.

Questo libro pur essendo ambientato nel suo amato Texas orientale in anni e contesti diversi ricorda molto opere come Io Non ho Paura, Come Dio Comanda e Ti Prendo e Ti Porto Via di Ammaniti, e perché no anche il King di Stand By Me e It e un po' i racconti di formazione in salsa Mark Twain.

Via di sinossi, che ho preso in prestito da Ibs:

"Nell'afosa estate texana del 1958, il tredicenne Stanley Mitchell lavora nel drive-in del padre, e mette il naso in un segreto che doveva rimanere celato. E la "perdita dell'innocenza" di Stanley, in quell'estate in cui il mondo per lui cambia per sempre, coincide con il miracolo di una resurrezione davvero magica. In perfetta naturalezza, Lansdale ricrea le voci, il sapore, la vita, di un tempo scomparso del tutto, come non fosse mai esistito. La "sottile linea scura", che segna per Stanley la scoperta del male del dolore e della morte insieme con l'esplosione del sesso e la consapevolezza del conflitto razziale, diventa la parete trasparente da varcare per immergerci in quegli anni Cinquanta lontani ormai come la preistoria."


Per una volta abbiamo una sinossi chiara e precisa che esplica alla perfezione la trama.
Prima di tutto bisogna dire che Lansdale ha una scrittura semplice e lineare, ma che fa scivolare via le pagine che è un piacere.
In più è molto abile a descrivere le giornate e l'ambiente cittadino di quegli anni mostrandolo da più punti di vista.
Per quanto la storia sia descritta principalmente attraverso lo sguardo ed i pensieri del giovane Stanley, Lansdale riesce a farci entrare nei pensieri e nelle azioni di tutti.
La storia prende il via quando Stanley trova nel campo vicino il drive-in del padre una casa abbandonata e bruciata sopra un albero e nelle vicinanze un baule sepolto contenenti delle lettere che appartenevano ad uno degli abitanti della casa, una giovane ragazza morta in circostanze sospette.
Diciamo subito che la parte noir è la meno interessante, i probabili sospetti sono pochi e quindi il mistero non è di difficile soluzione agli occhi del lettore, in quanto le alternative sono poche, anche se fino a quel momento è un mistero ormai vetusto ed irrisolto, ma è interessante tutto il contesto della storia dei protagonisti.
Una storia fatta di tensioni razziali, storie d'amore nascoste ed improbabili per il pudore comune di quegli anni, di violenza, ma anche di spensieratezza, malizia e vigore giovanile soprattutto per quel che concerne il personaggio della sorella di Stanley forse il personaggio più "vero" narrativamente parlando.
Non tutto come dicevo è perfetto, la parte noir viene risolta in maniera un po' repentina ed a volte si ha la sensazione che sia una scusa per narrarci la vita di una cittadina di provincia texana in un periodo di tensioni razziali, dove molto spesso per avere giustizia bisognava difendersi e farsi ascoltare con la forza.
Non a caso penso che il personaggio meno credibile della vicenda sia il padre di Stanley, buono e caro a casa in un periodo tipicamente patriarcale, ma pronto a menare le mani con chiunque anche con un semplice spasimante della figlia.
Un personaggio che sembra un po' troppo un eroe cinematografico per i miei gusti.

Pur nella semplicità del narrato, Lansdale regala anche delle pagine ricche d'azione e di violenza, ed alcuni paragrafi sono bellissimi.
In più è terribilmente bravo nel descrivere le scene d'azione.
Ci sarebbe tanto da dire soprattutto sui due personaggi di colore protagonisti della vicenda, descritti in maniera bellissima, così come il miglior amico di Stanley, Richard, che sembra uscito da una storia di Mark Twain, un ragazzo sempre sporco che ha conosciuto solo fame e violenza, ma così rischierei di dire troppo e di trarne un poema.

Mi limito a dire che ci troviamo davanti un gran bel romanzo di formazione in uno dei periodi più turbolenti della storia americana.
Si parla anche di cinema, e di sesso.
Si parla di vita e di morte.
Perché la morte ed il sangue non hanno razza.
Consigliatissimo!

"Non sempre la vita dà soddisfazione e, al tirar delle somme, carne e polvere finiscono per rivelarsi la stessa cosa."


Alla prossima!







lunedì 17 giugno 2019

X- Men - La Saga Di Fenice Nera

" Osservate la nascita di una Dea!"

Non molto tempo fa, feci un post dedicato alla passione che durante l'adolescenza nutrivo per il fumetto degli Incredibili X-Men, un amore durato almeno un decennio.
Il mio unico grande rimpianto di quei tempi era di non aver avuto mai la possibilità di leggere la saga che viene considerata tuttora come un caposaldo degli uomini x e dell'universo Marvel in generale, quella della Fenice Nera.
Oggi rimpianto non è più.

La saga è stata ripubblicata in un formato economico in allegato con la Gazzetta Dello Sport in concomitanza con l'uscita dell'omonimo film al cinema, e mi ci sono fiondato sopra come un falco.

E' una saga bella come tutti dicono?
Per me è un Nì.

Spero di non farne un poema, ma va fatta una premessa.
Gli X-Men non sono più al centro del mio universo, come lo erano ai tempi della mia adolescenza. Io sono cambiato, cresciuto ed i miei gusti sono relativamente diversi.
Un'altra cosa da dire è che io sono cresciuto leggendo le storie di Chris Claremont successive che vedevano alcuni degli stessi personaggi inseriti però in un contesto più cupo e graffiante, i cui semi comunque vengono piantati proprio nella saga di Fenice Nera.
Allo stesso tempo nonostante io sia cresciuto e non apprezzi più alcune delle dinamiche supereroistiche ho apprezzato enormemente la rilettura dei numeri in mio possesso della serie regolare a firma di Claremont/  Romita Jr./ Mark Silvestri, Jim Lee, ecc.ecc. ( in pratica i numeri che vanno dal numero 8 al numero 50).

Quindi cos'è che mi spinge a non apprezzare del tutto le storie di Claremont/Byrne pur riconoscendone la bellezza?
La costruzione di alcuni personaggi e proprio dei due protagonisti della storia in primis ovvero Ciclope e Jean Grey alias Fenice.
Due personaggi che sembrano tra le righe non essere apprezzati dal loro scrittore stesso.
Fossero vissuti al giorno d'oggi Jean e Scott probabilmente avrebbero un profilo in comune su Facebook e non parlerebbero mai in maniera individuale ma solo come coppia.
A volte si ha la sensazione che la funzione di Jean Grey nelle storie sia quella di essere salvata e di lanciarsi in una pomiciata finale con Scott.
I pensieri e le parole della Jean pre-fenice nera? " Oh, Scott."
Manca solo che Chris gli mettesse in bocca: " Baciami, mio virile maschione."
E nella parte iniziale della saga che funge da prologo alla storia, tutto questo accade veramente, anche se il protagonista non è Scott. :-P

Scherzi a parte, il rapporto tra i due protagonisti è qualcosa di terrificante, al limite del patriarcale, ed è molto forte la differenza con le x-girls successive di Claremont solo pochi anni dopo.

La saga di Fenice Nera permette a Jean di scoprire la propria individualità e la propria forza rimanendone soggiogata in quella che è a tutti gli effetti una tragedia Shakespeariana in chiave cosmica.
Fenice Nera passa al lato oscuro, distrugge un intero sole provocando la morte di miliardi di esseri viventi, come mai nessun supercattivo era riuscito a fare.
Le ultime 60 pagine di questa storia sono stupende, disegnate con perizia ed arguzia da John Byrne e che mettono gli stessi X-Men in mezzo ad un dilemma etico e morale sul permettere o meno alle razze aliene Skrull e Kree di processare ( in maniera sommaria ) Fenice o meno.

Oltre Jean che finalmente non è più succube del suo rapporto con Scott, è molto emblematica ed interessante la figura del Professor X che Claremont e Byrne ci mostrano in una versione molto più arcigna e dispotica del solito, forse perché ormai non più in grado di essere padre/padrone dei suoi ragazzi che ormai cominciano a prendere decisioni autonome.
Il finale è storia.
Anche se nei fumetti il the end è quasi mai per sempre.

Da ex lettore di fumetti il mio è un Sì acclarato, soprattutto per quel che concerne le ultime 60 pagine.
C'è da dire che tutto il prologo della vicenda, con le scaramucce con Il Club Infernale, è un racconto ben narrato ma molto sui generis per quel che concerne il plot narrativo supereroistico.

Insomma è una saga che son felice di aver letto e che entrerà a pieno titolo nella mia libreria, ma non è il Claremont che io amo di più.
Però lo sapevo già che sarebbe stato così, quindi il mio è un giudizio di parte e per ciò da prendere con le molle.
La saga della Fenice Nera andrebbe letta, perché merita.




Alla Prossima!