martedì 16 luglio 2019

Scrittori italiani che guariscono temporaneamente la mia esterofilia: Michele Mari

Al di là della sua prosa forse un po' troppa fitta ed accademica per i miei gusti, devo ammettere che mi sono lasciato sedurre dai libri di Michele Mari.
Entrambe le opere che ho letto mi hanno convinto, ed in futuro leggerò sicuramente altri suoi libri.
La mia ritrosia per la letteratura gotica e del mistero italiana è ben nota a chi mi conosce, ma a volte mi lascio convincere a vincere le mie insicurezze ed a sperimentare, e vittoria è stata, in quasi tutti i sensi.
Ci ho messo un po' a lasciarmi andare,  ho letto varie recensioni, letto sinossi, sentito stories su stories sui suoi romanzi, ed alla fine ho deposto lo scudo del pregiudizio, ed ho sconfitto la mia esterofilia.


La lettura di Verderame e Roderick Duddle non è stata indolore, perché a me lo stile di Mari non piace, trovo la sua scrittura un po' fitta e "stilosa", ma è un problema mio, perché entrambi i libri dal punto di vista della trama mi sono piaciuti molto.

L’estate del 1969 sembra interminabile, tra gli sceneggiati con Arnoldo Foà, le pagine dei romanzi d’avventura e il caldo immobile del lago Maggiore. Michelino ha tredici anni e ha già letto troppi libri, Felice ne ha sessanta e sta perdendo la memoria: il primo deve trascorrere le vacanze dai nonni, in una casa enorme e misteriosa di cui il secondo è da sempre il custode. Per ingannare la noia, Michelino si inventa un gioco: rimettere ordine fra i ricordi di Felice, «l’uomo del verderame» – incarnazione mitica e spaventosa di migliaia di mostri fantasticati.
La memoria di Felice si sta sbriciolando: per tutta la vita si è occupato della grande casa di campagna dove Michelino trascorre le sue vacanze, dell’orto, del verderame da spargere sull’uva, dei conigli da ingrassare, poi uccidere e scuoiare. Ma adesso qualcosa sembra non funzionare più. I suoi ricordi riaffiorano sfalsati e contraddittori, componendo una geografia mentale sempre più inaffidabile.
Felice all’improvviso si mette a raccontare una balzana storia di esuli russi, di francesi che parlano sottoterra, di scheletri in divisa nazista: e le lumache che appestano l’orto si trasformano in nemici invincibili, sentinelle di un mondo ctonio e minaccioso. Quale sfida migliore, per un ragazzino che si annoia, di un «viaggio al centro della testa» di quest’orco bonario che da sempre accende la sua immaginazione? Così Michelino si ritrova, come un piccolo Sancho Panza, scudiero nella lotta di Felice contro il mulinare impazzito della sua memoria, consigliere e compagno nella battaglia disperata che l’uomo sta combattendo dentro di sé.
Giocando con la tradizione del romanzo d’avventura – e innestando nell’immaginario di Stevenson le ossessioni di Edgar Allan Poe – Michele Mari conduce il lettore lungo un percorso imprevedibile alla scoperta dei propri demoni. Con una passione affabulatoria mai così divertita e travolgente, illumina ancora una volta la natura «sanguinosa» dei ricordi d’infanzia. E riesce così a sfiorare un territorio altro, una zona d’ombra dove ciascuno di noi ha un doppio che lo attende, e poco importa se non sappiamo dargli un nome, «perché non ci dobbiamo preoccupare della storia delle cose e delle parole, dobbiamo usarle solo per il nostro comodo».


Verderame è un libro molto particolare, un racconto di formazione e del mistero dai toni forse un po' troppo accademici e ricercati, ma che mi è piaciuto molto.
Ho sofferto un po' la scelta di far parlare ad uno dei personaggi principali un dialetto lombardo così stretto che per un calabrese come me è quasi un'altra lingua, visto che capivo una parola su quattro, ma sono scelte di narrazione che non possono essere discusse.
D'altronde è più naturale che un giardiniere un po' tocco che non ha fatto altro nella vita parli il dialetto piuttosto che si esprima in un italiano perfetto.
La mia sensazione è che Verderame non scorra benissimo, ma tiene incollato fino alla fine, se non altro per carpire del tutto cosa frulla nella testa "visionaria" di Felice.
Un romanzo sicuramente ampolloso, ma che è in toto il mio genere.


Roderick ha dieci anni, e tutto quello che possiede è un medaglione. Ancora non lo sa, ma quell’oggetto lo porterà piú lontano di qualsiasi nave al largo dell’oceano. Figlio di una prostituta, cresce tra furfanti e ubriaconi in una fumosa locanda con annesso bordello. Quando la madre muore, il proprietario pensa bene di cacciarlo: quello che entrambi ignorano è che nel destino di Roderick è nascosta un’immensa fortuna, e il medaglione che porta al collo ne è la prova. Il ragazzino si ritrova alle calcagna una folla di balordi, loschi uomini di legge, suore non proprio convenzionali, tutti disposti anche ad uccidere per averlo. E cosí fugge, per terra e per mare, in un crescendo di equivoci e imprevisti rocamboleschi, tragici ed esilaranti, come ogni vita romanzesca che si rispetti. Con Roderick Duddle Michele Mari ha scritto una storia capace di rifondare il gesto stesso del narrare. Un libro travolgente, dal quale non si vorrebbe piú uscire.



Roderick Duddle è innanzitutto un bel mattone, ma molto più scorrevole di Verderame.
In bilico tra atmosfere dickensiane e di provincia ( la copertina è molto esplicativa in tal senso ) e da una parentesi narrativa di avventure marittime che ricordano un po' L'ammutinamento Del Caine o L'isola Del Tesoro.
Un libro che intrattiene e coinvolge.
Mi hanno però lasciato perplesso alcune scelte narrative.
In questo romanzo Mari parla più volte con il lettore, rompendo la quarta parete, rendendo così un po' più lieve la portata degli eventi, come se in fondo, volesse alleggerirne le dinamiche, ed è un vero peccato, perché Roderick Duddle è un romanzo pieno di personaggi senza scrupoli e piuttosto interessanti.

Non che non ci siano eventi nefasti, anzi ve ne sono in abbondanza, ma lo scrittore viene troppo spesso in soccorso del lettore, come se in fondo volesse rassicurarlo, ed è un peccato perché personaggi come Il Probo, La Badessa, Salamoia, Jones o la bellissima e conturbante Suor Allison avrebbero sollucherato ancora di più il lettore senza le avvertenze dello scrittore.
La sua presenza in quanto narrante spesso e volentieri anticipa le dinamiche della trama rendendo prevedibili gli eventi più shockanti.
Nonostante ciò le peculiarità dei personaggi e i ribaltamenti continui di trama ( il povero ragazzino protagonista ne vive di ogni, ma d'altronde è un personaggio dichiaratamente dickensiano ) fanno di Roderick Duddle un gran bel romanzo che mi ha avvinto fino alla conclusione.
Anche qui c'è qualche vezzo stilistico dello scrittore: in questo caso le lettere sgrammaticate del signor Jones, ma in questo caso almeno sono comprensibili.
In generale è un gran bel romanzo che mischia molti elementi e lo fa bene.
E' anche molto conturbante e malizioso, soprattutto nel personaggio di Suor Allison, una donna ermafrodito capace di suscitare erotismo in quasi tutti i personaggi che popolano il romanzo, certamente il personaggio più bello di tutto il libro.

Michele Mari, tra me e te non finisce certo qui, e non è una minaccia, ma una promessa di lettura.

P.s: entrambe le sinossi sono prese dal sito di Einaudi, la casa editrice che detiene i diritti delle opere di Michele Mari.


Alla prossima!





12 commenti:

  1. Proprio un amico che si laurea oggi ci ha fatto una tesi, sopra. Dal poco che ho letto, ricercato e artefatto, non penso faccia per me, però un paio di titoli mi affascino tanto tanto...

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    1. Dal punto di vista della scrittura non piace nemmeno a me, ma entrambi i romanzi che ho letto mi sono piaciuti, ed infatti punto a leggerne anche altri.

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  2. Oddio, vorrei la scorrevolezza di Roderick con la trama italica di Verderame.
    Non mi dispiace il genere (la storia del medaglione mi interesserebbe meno dell'altra, però).

    Moz-

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  3. Peccato per il dialetto ostico del primo libro. Come dici, ci sta ma avrebbero potuto accentuarlo di meno. Io non ho problemi coi dialetti lievi, se però me li rendi stretti, non vedo come si possa raggiungere il grande pubblico. Peccato perché la trama è molto interessante.

    Il narratore che interferisce troppo nel secondo libro, se ha l'effetto di alleggerire i temi, come scrivi, non piace neanche a me.
    Una suora che è ermafrodita e che suscita attrazione… sì, decisamente un personaggio interessante!

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    1. Se serve a caratterizzare un'opera il dialetto è giusto usarlo, penso per esempio ad opere come Gomorra o Montalbano composte spesso da frasi dialettali, però devo ammettere che per la prima volta capisco chi in genere si lamenta di chi non capisce nulla quando in Gomorra parlano napoletano stretto, visto che io di dialetto bergamasco o bresciano non ci capisco un'accidente, ma è una scelta dell'autore che rispetto.

      Suor Allison è un personaggio che fa girare la testa a tutti, maschi e femmine.
      Altro che la monaca di Monza. :-P

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    2. Eh, ho capito ma se mi devo guardare un film arabo senza sottotitoli, che lo faccio a fare?
      Per me basterebbe la calata, qualche parola tra le più comuni ma non il dialetto stretto, oppure mi metti la traduzione accanto (i sottotitoli in film o serie).
      E te lo dico da poliglotta che ama imitare tutti i dialetti e gli accenti.

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    3. O magari aggiungere in postilla la traduzione in italiano. :-P

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  4. Ciao PIrkaf! Ho già comprato Lonesome dove e oggi comincio a leggerlo nel caldo afoso del negozio in cui lavoro! So già che sarà un buon compagno di viaggio, adoro McCharthy e di sicuro mi piacerà McMurtry. Mi incuriosisce molto Michele Mari, non lo conosco, però i suoi libri mi sembrano più moderni e internazionali di altri scrittori italiani che sfornano solo romanzi gialli e thriller. Grazie!

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    1. Lonesome Dove è un viaggio meravigliosa, ma devi accettare un inizio un po' lento, ma quande parte...che meraviglia!
      Grazie per il commento e per la visita. :-)

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  5. Non conoscevo questo scrittore ma leggendo questi stralci dei romanzi che mi proponi mi piace molto e non lo trovo neppure ampolloso. Certo leggere tutto il romanzo è un'altra cosa , se le malattie varie mi danno tregua lo farò, anche caldo permettendo.
    Un bacione Pirkaf

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