venerdì 2 dicembre 2022

Trilogia della città di K. - Agota Kristof

Dopo un post in cui parlavo dell'ansia di comprare e collezionare nuova roba, eccomi a parlare di uno dei miei ultimi acquisti, tanto per rendere palesi tutte le contraddizioni che albergano nella mia coscienza.
Ormai però il danno è fatto, e non perdiamoci in chiacchiere filosofiche ed ansiogene.
Non sarà facile parlare de la Trilogia della città di K.
E' un libro complicato, molto.

Senza contare che parliamo di un titolo piuttosto in voga anche adesso, e parecchio presente su Instagram e Tik Tok.
Diciamo che se siete dei fautori della bolla divulgativa sulla letteratura, la copertina ed il titolo di questo libro saranno piuttosto familiari.

Quindi sarà difficile aggiungere qualcosa di valido, che non siano mie elucubrazioni personali, che si sono formate in corso d'opera.

Perché questo è un libro parecchio complesso ed imprevedibile, che cambia più e più volte come un mutaforma anche per quel che concerne la struttura narrativa.

Andiamo di sinossi:

Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

«Una prosa di perfetta, innaturale secchezza, una prosa che ha l'andatura di una marionetta omicida» – Giorgio Manganelli

Quando Il grande quaderno apparve in Francia a metà degli anni Ottanta, fu una sorpresa. La sconosciuta autrice ungherese rivela un temperamento raro in Occidente: duro, capace di guardare alle tragedie con quieta disperazione. In un Paese occupato dalle armate straniere, due gemelli, Lucas e Klaus, scelgono due destini diversi: Lucas resta in patria, Klaus fugge nel mondo cosiddetto libero. E quando si ritroveranno, dovranno affrontare un Paese di macerie morali. Storia di formazione, la Trilogia della città di K ritrae un'epoca che sembra produrre soltanto la deformazione del mondo e degli uomini, e ci costringe a interrogarci su responsabilità storiche ancora oscure.

«Tutto ha inizio con due gemelli che una madre disperata è costretta ad affidare alla nonna, lontano da una grande città dove cadono le bombe e manca il cibo. Siamo in un paese dell'Est, ma né l'Ungheria né alcun luogo preciso vengono mai nominati. Un inizio folgorante che ci immette di colpo nel tempo atroce dell'ultima guerra raccontandolo come una metafora. La nonna è una “vecchia strega” sporca, avara e senza cuore e i due gemelli, indivisibili e intercambiabili quasi avessero un'anima sola, sono due piccoli maghi dalla prodigiosa intelligenza. Intorno a loro ruotano personaggi disegnati con pochi tratti scarni su uno sfondo di fame e di morte. Favola nera dove tutto è reso veloce ed essenziale da una scrittura limpida e asciutta che non lascia spazio alle divagazioni. Un avvenimento tira l'altro come se una mano misteriosa e ricca di sensualità li cavasse fuori dal cilindro di un prestigiatore crudele.» (Rosetta Loy)


Trilogia della città di K., lo dice anche in titolo, è una storia divisa in tre tronconi ( grazie al caxxo, direte voi :-P ): Il grande quaderno, La prova, La terza menzogna.

Pur essendo abbastanza edotto sulla trama generale grazie alle tante recensioni lette ed ascoltate tramite stories, reels, e mazzi vari, sono voluto arrivare vergine alla lettura, non approfondendo in alcun modo le recensioni e non andando a spulciare in blog, siti, Anobii, ecc.ecc.

Volevo farmi la mia opinione e non farmi influenzare in nessun modo.
Quindi, se ci saranno errori di sorta, se non ho colto determinati passaggi e dinamiche narrative, sarà soltanto colpa della mia incomprensione ed ignoranza.

Quando ho aperto il libro ed ho iniziato Il grande quaderno, mi si è aperto un mondo.
Ultimamente nelle bolle sulla letteratura, si evince come la nuova generazione di lettori cerchi soprattutto i libri con i capitoli brevi.
Ecco, non comprando spesso nuovi libri, mi capita di rado di trovare delle opere asciutte ed ermetiche di questo tipo, ma ad onor del vero, avevo notato come persino King nelle sue opere, abbia di fatto reso il suo stile molto meno argomentato rispetto ad un tempo.

Il grande quaderno è così.
I capitoli sono brevissimi, e spesso occupano al massimo una, due pagine.
La cosa incredibile è che la lettura non ne risente per nulla.
In quelle poche frasi, Kristof riesce a metterci di tutto, ed a trasmetterci qualsiasi emozione e qualsiasi elemento descrittivo e scenografico, facendo un lavoro pazzesco.
Ritengo il primo capitolo della trilogia, il più riuscito, e il più scorrevole in assoluto.

Trilogia della città di K. è un po' tutto.
E' un po' racconto di formazione, un po' un libro dal sapore postmoderno, ed è un po' distopia.
C'è una guerra in corso, ma ne sentiremo solo gli echi e gli effetti, sentiremo il rumore delle bombe, la vita d'accatto, i nascondigli, la frontiera, mi è sembrato quasi di ritrovarmi a riscorrere le pagine de La storia di Elsa Morante.
Solo che qui non siamo a Roma, ma in un luogo imprecisato, in una nazione imprecisata, e con due protagonisti di cui in questa prima parte non sapremo nemmeno il nome.

Due bambini intelligentissimi che si ritrovano a crescere in un ambiente ostile, e con una nonna che vive allo stato brado e li tollera, più che amarli ed accudirli, tanto da chiamarli " figli di cagna. "
Nonostante la prosa ermetica, questo primo capitolo è rappresentato soprattutto da una cruda ed aspra vita sociale che non risparmia nulla al lettore, anche per ciò che concerne la sessualità.
Diciamo tranquillamente che è un libro per stomaci forti, e che soprattutto ha una trama imprevedibilissima e parecchio estrema.
Non voglio usare paroloni, ma Il grande quaderno, per me è stata una lettura totale.

Con La prova e La terza menzogna, il libro diventa più canonico per quel che concerne la struttura narrativa, ma la trama diventa molto più ingarbugliata e meno lineare.
Queste due parti di questa trilogia mi sono sembrate quelle meno comprensibili, e meno immediate.
Mi hanno ricordato molto le dinamiche di romanzi come L'urlo e il furore di Faulkner, L'altro di Thomas Tryon, e Trilogia di New York e 4321 di Paul Auster.
La storia scorre a bivi, ed ad un certo punto, molti di questi percorsi ed alcune dinamiche di questi due fratelli non si sa più se sono reali o solo parti narrate in una storia dentro un quaderno.

La prova e la terza menzogna sono quasi una sfida al lettore, il terzo in particolare, ed io stesso non mi sono raccapezzato in più punti, perdendo di vista ciò che era reale da ciò che non lo era.
E' un libro che andrebbe letto con molta attenzione e costanza, insomma se siete tipi come me che leggono quaranta o cinquanta pagine al giorno potreste trovare difficoltà con un libro dalla struttura simile.

Lo consiglio? Certamente sì.
Probabilmente non è il capolavoro che mi aspettavo di leggere, poiché seconda e terza parte mi sono piaciute di meno, ma va detto che è un libro molto impegnativo e che non è adatto a tutti, quindi io potrei tranquillamente essere parte di quest'ultimi, ma è una di quelle storie che sono stato contento di leggere.
In più le tematiche sono estremamente attuali se pensiamo a quello che sta succedendo in Ucraina, ed è incredibile quanta ansia mi ha trasmesso l'idea che qualcuno un giorno decida in maniera arbitraria di cambiare la tua cultura, la tua lingua, la tua terra, la tua bandiera, ed i tuoi ideali.
K. potrebbe essere qualsiasi città, anche la nostra.

Per quel che concerne l'edizione, il libro è un'edizione economica dell'Einaudi che ho pagato 13 Euro e che conta circa 370 pagine.
Non è nemmeno costosissimo, pensando a quello che si sta per leggere.
Parliamo di un classico contemporaneo che merita tutto il successo che ha avuto.
In un futuro relativamente breve, magari nella cornice del Natale, vorrei tornare nuovamente al classico contemporaneo.
Ora però è tempo di andare via, ed è tempo di tornare dal mio amato Stephen King, per cercare qualcosa di buono in uno dei suoi libri universalmente riconosciuto tra i suoi più brutti.


Alla prossima!









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