Reggio non è mai stata Coney Island.
Così come la Calabria non è come una di quelle regioni che hanno a disposizione parchi giochi come Gardaland, Mirabilandia e via di seguito.
Qui, il massimo era l' Acquapark di Zambrone, che comunque non aveva nessuna attinenza con le giostre.
Per un ragazzino degli anni '80-90 dell' ex capoluogo di regione della Calabria non restava altro da fare che attaccarsi al cazzo e accontentarsi degli scivoli di qualche piazzetta cittadina o di quelle quattro giostrette della Villa Comunale.
Autoscontro per piccini, la giostra dei cavalli, un trenino e poco altro.
Di solito si spaziava con la mente al mese di settembre, mese di gioie e dolori.
Gioie per l' arrivo della Festa Patronale con bancarelle e giostre annesse, dolori per l' imminenza di un nuovo anno scolastico.
Ma l' attrattiva delle giostre aveva sempre la meglio e alla scuola finivi col non pensarci per nulla.
Io ero uno di loro.
Amavo le giostre così come anche le bancarelle.
Amavo i profumi, quell' odore di salsicce e peperoni, di patatine fritte e zucchero filato, le miriade di lucette colorate, ero come Pinocchio nel Paese Dei Balocchi, tale e quale.
L' attrattiva era irresistibile.
Era anche un modo per mettersi alla prova, per finalmente scoprire se avevi il coraggio di salire dove non eri riuscito a salire prima, per paura o perchè eri troppo piccolo per farlo.
Nel momento in cui ricevevi il permesso di salire sul Galeone, La Ballerina o Il Ranger ti sentivi grande, ti sentivi arrivato.
Allo stesso modo quando avevi la libertà di poterci andare da solo con i tuoi amici, quelle primissime volte in cui potevi far tardi, quelle volte in cui i tuoi ti aspettavano ancora alzati a notte inoltrata, in cui avevi voglia e forza di fare chilometri e chilometri a piedi tra andata e ritorno.
Le giostre erano anche una sorta di microcosmo sociale, con i suoi usi e costumi.
Giostre che erano un punto di ritrovo per la Reggio "bene" come il Music Express, con i suoi fumogeni e la musica a palla.
Giostre che raccoglievano il marciume della città come il Takadà, la giostra per eccellenza dei mafiosi e di tutti coloro che si volevano mettere in evidenza.
Giostre come i classici Pungiball dove trovavi solitamente quelli più grandi, che si facevano i fighi davanti alle fidanzate.
Più bancarelle che erano delle vere e proprie bische clandestine come il classico gioco dei dadi.
Chiudevano il tutto sale giochi, case dell' orrore ( che adoravo) e giostre per piccoli, che dal Bruco in giù chiudevano il cerchio di tutto.
Sia chiaro, nel Bruco ci salivo anch' io e quando entravamo nella mela urlavo come tutti gli altri. :-)
Alcuni dei miei più bei ricordi stanno lì, ed i fantasmi di essi, ritornano tutti i mesi di settembre a trovarmi.
Mi capita quasi ogni anno di andarci, di rivivere con lo sguardo e l' olfatto gli odori e i fasti di un tempo, ma allo stesso tempo di rendermi conto che quel tempo è finito ed appartiene ormai ad altri.
Le giostre ( quando vengono perchè ogni anno sono sempre in dubbio) continuano a girare, noi abbiamo smesso di farlo.
Per citare un libro di Ray Bradbury che adoro, che parla proprio di un Luna Park stregato, io ormai appartengo al Popolo Dell' Autunno.
Così come la Calabria non è come una di quelle regioni che hanno a disposizione parchi giochi come Gardaland, Mirabilandia e via di seguito.
Qui, il massimo era l' Acquapark di Zambrone, che comunque non aveva nessuna attinenza con le giostre.
Per un ragazzino degli anni '80-90 dell' ex capoluogo di regione della Calabria non restava altro da fare che attaccarsi al cazzo e accontentarsi degli scivoli di qualche piazzetta cittadina o di quelle quattro giostrette della Villa Comunale.
Autoscontro per piccini, la giostra dei cavalli, un trenino e poco altro.
Di solito si spaziava con la mente al mese di settembre, mese di gioie e dolori.
Gioie per l' arrivo della Festa Patronale con bancarelle e giostre annesse, dolori per l' imminenza di un nuovo anno scolastico.
Ma l' attrattiva delle giostre aveva sempre la meglio e alla scuola finivi col non pensarci per nulla.
Io ero uno di loro.
Amavo le giostre così come anche le bancarelle.
Amavo i profumi, quell' odore di salsicce e peperoni, di patatine fritte e zucchero filato, le miriade di lucette colorate, ero come Pinocchio nel Paese Dei Balocchi, tale e quale.
L' attrattiva era irresistibile.
Era anche un modo per mettersi alla prova, per finalmente scoprire se avevi il coraggio di salire dove non eri riuscito a salire prima, per paura o perchè eri troppo piccolo per farlo.
Nel momento in cui ricevevi il permesso di salire sul Galeone, La Ballerina o Il Ranger ti sentivi grande, ti sentivi arrivato.
Allo stesso modo quando avevi la libertà di poterci andare da solo con i tuoi amici, quelle primissime volte in cui potevi far tardi, quelle volte in cui i tuoi ti aspettavano ancora alzati a notte inoltrata, in cui avevi voglia e forza di fare chilometri e chilometri a piedi tra andata e ritorno.
Le giostre erano anche una sorta di microcosmo sociale, con i suoi usi e costumi.
Giostre che erano un punto di ritrovo per la Reggio "bene" come il Music Express, con i suoi fumogeni e la musica a palla.
Giostre che raccoglievano il marciume della città come il Takadà, la giostra per eccellenza dei mafiosi e di tutti coloro che si volevano mettere in evidenza.
Giostre come i classici Pungiball dove trovavi solitamente quelli più grandi, che si facevano i fighi davanti alle fidanzate.
Più bancarelle che erano delle vere e proprie bische clandestine come il classico gioco dei dadi.
Chiudevano il tutto sale giochi, case dell' orrore ( che adoravo) e giostre per piccoli, che dal Bruco in giù chiudevano il cerchio di tutto.
Sia chiaro, nel Bruco ci salivo anch' io e quando entravamo nella mela urlavo come tutti gli altri. :-)
Alcuni dei miei più bei ricordi stanno lì, ed i fantasmi di essi, ritornano tutti i mesi di settembre a trovarmi.
Mi capita quasi ogni anno di andarci, di rivivere con lo sguardo e l' olfatto gli odori e i fasti di un tempo, ma allo stesso tempo di rendermi conto che quel tempo è finito ed appartiene ormai ad altri.
Le giostre ( quando vengono perchè ogni anno sono sempre in dubbio) continuano a girare, noi abbiamo smesso di farlo.
Per citare un libro di Ray Bradbury che adoro, che parla proprio di un Luna Park stregato, io ormai appartengo al Popolo Dell' Autunno.
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