martedì 31 marzo 2020

L.A. Confidential - James Ellroy

Ed ecco quello che in questo tempo sospeso potremmo definire il mio ultimo libro cartaceo.
Non credevo che sarei arrivato ad azzerare la pila di libri che si era formata, ma viviamo in un limbo in cui devi occupare il tempo, ed io non essendo uno che guarda Tv o le pareti, devo riempire la mia giornata in qualche modo.
E quindi leggo e vivo nelle vite di persone immaginarie.

A dirla tutta L.A. Confidential non sarebbe il mio ultimo libro cartaceo, ma il penultimo, ma l'altro aprendolo ho scoperto che gli mancavano sessanta pagine, e quindi lo tengo in sospeso finché non troverò il modo di recuperarle.

Sapevo che prima o poi mi sarei imbattuto in James Ellroy, è un autore che soppesavo da tanto tempo, ed è un po' l'evoluzione moderna di Raymond Chandler.
O almeno così ho trovato scritto tra le note della prefazione di questo libro.
Però tra i due scrittori, a livello di stile di scrittura, c'è un abisso.
Ellroy è più crudo, più realistico, più moderno.
Moderno per quel che concerne l'approccio e la struttura dei personaggi, visto che comunque gli eventi del romanzo si svolgono negli anni '50.
Forse perché in qualche modo ha vissuto un'infanzia ed un'adolescenza entrambe problematiche, ma la sua scrittura è più rabbiosa di quella decadente e un po' romantica di Chandler.


Resta il fatto che però la prosa di Chandler è più nelle mie corde, e continuo a preferirla.
Ciò non toglie che L.A. Confidential sia una bomba.
Un romanzo trascinante e travolgente, che non perde un colpo e che soprattutto presenta tre personaggi molto diversi tra loro e tutti con un passato da nascondere, sfaccettati e complessi come non mai.
In bilico tra poliziesco, noir e giallo è un romanzo serrato e dalla trama intricatissima ( forse un po' troppo ) ed a volte un po' artificiosa, i cui snodi però alla fine mi hanno lasciato un po' insoddisfatto, perché per tre quarti di storia la storia stava virando verso una piega inevitabile che mi intrippava di più.
Per me l'ultima parte tradisce un po' il percorso che i personaggi avevano fatto fino a quel punto.
Ma è un problema mio, Ellroy è il Dio della sua storia, e lui sa.
Lui è la penna, e la penna comanda.
al di là dei miei dubbi, non posso non affermare che mi sono trovato davanti un'opera molto, ma molto bella.
Se amate il genere, lo straconsiglio.
Tra tutti spicca, secondo me, la figura di Bud White, che sicuramente tra i tre difensori della legge protagonisti è il più rude e cattivo con i suoi modi da giustiziere, ma il più complesso e trasparente dei tre.
Mentre Ed Exley che in qualche modo rappresenta il poliziotto intransigente e ligio al dovere e che è il vero protagonista del romanzo, è un po' troppo ingessato ed in balia degli eventi.
L'odio tra questi personaggi che si occupano dello stesso caso, è la vera trama strisciante, e sicuramente l'anima di questo libro, molto più dell'intricatissimo caso del Nite Owl che fa da collante e corollario alla storia.
Il terzo personaggio Jack Vincennes per quanto importante e strutturalmente complesso anch'esso, resta comunque un po' ai margini della storia, una sorta di ingranaggio importante, ma non fondamentale.
Un romanzo che è anche una non troppo velata critica alla politica ed alla corruzione che dilagano alle spalle del dipartimento di polizia di L.A.

L.A. Confidential è un romanzo che mi ha convinto fino in fondo, e che sicuramente mi spingerà a procurarmi altre opere di James Ellroy.
The Black Dahlia, almeno è sicuro che lo scoverò, e lo prenderò.

Il noir è un genere che sto imparando a scoprire ed amare adesso, e sicuramente mi spingerà anche altrove.
Infatti mi sta venendo voglia di esplorare anche il mondo dell'agente 007 creato da Ian Fleming che sicuramente sarà una delle mie letture future.
Quarantena, permettendo.
E' normale che sia così, perché quando sono saturo di alcuni generi, vengo spinto altrove, verso altri luoghi cartacei da scoprire e colonizzare con la mente.

Vi lascio con la sinossi di L.A. Confidential presa in prestito da Ibs ed un po' risicata in verità rispetto a quella della mia versione cartacea, ma sono convinto che molti ne conoscano comunque la storia per via dell'apprezzatissima versione cinematografica che gli valse anche due Oscar:

"I sapori e le atmosfere della Los Angeles del dopoguerra. Pornografia, corruzione, lotte tra gang rivali, terrificanti omicidi che investono le vite delle vittime tanto quanto quelle dei carnefici, ai confini della legge."



Alla prossima!

domenica 22 marzo 2020

Contraddittorietà all'epoca della quarantena

Questa sarà la prima ed ultima volta che parlerò del Coronavirus, e lo farò nel posto dove più mi sento franco e sicuro di poterlo fare, ovvero qui.

Non sono e non sarò mai uno di quelli che si affaccia al balcone ( che comunque non ho ) per cantare, che fa dirette su Instagram, Facebook e vattelapesca, e poche volte mi sono lasciato andare a scrivere boiate su Twitter o a partorire complottismo sui gruppi Whatsapp come fanno molti che conosco.
La quarantena ha cambiato poco le mie abitudini, e più di tutto ha cambiato poco il mio approccio ai social.
Non li demonizzo, ed anzi di questi tempi fanno compagnia e li trovo utili per gli altri, ma allo stesso tempo faccio fatica ad interessarmi delle vite casalinghe degli altri.

Io non riesco a lamentarmi della costrizione a stare a casa semplicemente per un motivo: " Meglio stare sul divano che in un reparto di terapia intensiva."
Come disse un'anziana bardata di mascherina e guanti mentre comprava il pane e stava a debita distanza da me.

Stiamo vivendo una contraddizione perpetua.
Un po' perché i decreti stessi sono contraddittori ed un po' perché l'isolamento ci sta trasformando tutti in cacciatori di untori.
Pronti ad indicare dal balcone e brandire cellulari come fosse un'arma.
Pronti a fargli fare la fine di Gian Giacomo Mora.
Manzoni che incontra Orwell.


E dagli con quel manganello, dissero gli stessi che ieri si vedevano i video de Le Iene e si commuovevano per Cucchi ed Aldovrandi.

Contraddittori perché un giorno ti dicono che devi indossare una mascherina ed il giorno dopo ti dicono che non serve.
Ed i guanti? E' meglio se li indossi, ma se non li indossi non cambia niente se poi ti lavi le mani.

Contraddittori perché ultimamente quasi tutti indistintamente vogliono i militari e la repressione verso coloro che corrono o passeggiano il cane.
Anche quelli che fino a ieri parlavano di pace, preghiere, angeli e santi.
Sì, colei che la sera si fa il rosario ama il verde e vuole G.I. Joe.

Contraddittori perché io stesso penso che si possa rinunciare a correre.
Hanno smesso i professionisti, perché i dilettanti non possono farlo?

Ed in più noto un incremento di gente che parla di questa pandemia come fosse un libro, un fumetto o un film in cui si sentono protagonisti ed eroi, con un atteggiamento quasi da vigilantes.
Stiamo vivendo la storia, ragazzi.
Potremo dire ai nostri nipoti che noi c'eravamo, altro che i nostri nonni e bisnonni che partivano per la guerra!

Si citano come non mai Camus, Boccaccio, Manzoni, Matheson, Stephen King, persino Dean Koontz.
I Simpson vengono presi come novelli Nostradamus, visto che sembrano prevedere tutto.
Però i virologi posso essere insultati.
Ne sanno meno di uno scrittore o di Groening, evidentemente.

Contraddittori perché hanno ripreso vita i gruppi Whatsapp.
Amici di infanzia che causa l'isolamento oggi sono attivi e presenti, e che è un piacere ritrovare e risentire.
Ed è strano per me, che in genere nei gruppi partecipo poco.
Non ero uno che silenzia, ma nemmeno l'anima della festa, al massimo ero quello appoggiato alla parete.

Contraddittori perché anche coloro a cui voglio bene vogliono legge marziale, militari, ecc.ecc.
Gli stessi che ieri avrebbero aiutato le vecchine ad attraversare la strada e che erano sportivi.

Contraddittori perché quaggiù fino alle 18 sembra tutto normale, nonostante il deserto urbano, perché la percezione domestica trasuda normalità.
Poi il bollettino delle 18 ed è subito buio.
E' subito oblio.

La Calabria, Calafrica o terronia per alcuni, che rispetta le regole e non esce.
Che ha paura.
Non tanto del virus, ma della sua sanità.
La Calabria che (finora) regge.
E' una contraddizione anche questa, visto che per molti qui vige la legge della giungla e di quella gilda con l'apostrofo iniziale.

Contraddittori perché oggi infermieri e dottori sono degli angeli, ma ieri erano da picchiare o denunciare per gli errori in corsia.
Oggi sono degli angeli per chi ieri li insultava.

Contraddittori perché per i Vip nei loro attici e con il loro conto in banca è facile urlare di " stare a casa ", ma allo stesso tempo sono tra i pochi che potrebbero e che contribuiscono.

Contraddittori come alcuni giocatori della Juventus che ti invitano a stare a casa, ma poi prendono l'aereo privato e ritornano nella propria ( con il benestare della società e senza trasgredire nessuna legge, sia chiaro ).
Però un po' la sensazione di presa per il culo, è più che latente, lasciatemelo dire.

Contraddittori perché questo post non vorrei pubblicarlo, ma so che lo farò.

Contraddittori perché si ride e si balla sui balconi, mentre altrove si muore.

Contraddittori perché nonostante la paura, si legge, si ascolta musica, si vede porno o film, si vive comunque.

Contraddittori perché venuta meno l'università della strada, ci si è subito evoluti in epidemiologi e virologi.

Italiani popoli di santi, poeti, navigatori...e virologi.

Contraddittori perché dopo questa retorica, aprirò Youtube, leggerò un libro o giocherò a Pes, mentre altrove ci si ammala e si soffre.

P.s: E da voi, come va?

Alla prossima ( spero )!1!!1!!

















mercoledì 11 marzo 2020

Scrittori italiani che guariscono temporaneamente la mia esterofilia: Alberto Moravia

Dopo che lessi L'isola di Arturo di Elsa Morante, da buon estimatore delle storie di formazione, mi venne quasi automatico leggere successivamente Agostino di Alberto Moravia.
I due romanzi sono abbastanza sovrapponibili e similari, così come lo sono stati i due autori, che hanno avuto una storia d'amore travagliata.

Tempo fa, quando era ancora possibile uscire di casa e frequentare ambienti affollati in tutta sicurezza, mi trovai nella mia bancarella dell'usato di fiducia, che quel giorno vendeva libri ad 1 Euro.
Non avendo resto da darmi, fui " costretto " a comprare cinque libri, e l'ultima scelta ricadde su Gli Indifferenti di Moravia, che ho aggiunto alla pila e portato a casa.

Non mi aspettavo mi piacesse così tanto, dico la verità.
Se Agostino rispecchia in toto i miei gusti e quindi giocava relativamente facile, su Gli Indifferenti conoscevo poco o nulla, e sono tra quelli che non ha mai visto la rinomata riduzione cinematografica.

Al di là della scrittura, che in qualche espressione a me non piace ( quella ridondanza del termine amante usato sia per la madre che per la figlia a me disturba ), devo dire che ha lasciato parecchio, anche in termini di riflessioni successive.

Si fa fatica ad empatizzare con i personaggi, e si fa fatica ad apprezzarli.
La famiglia protagonista, nessuno escluso, è composta da personaggi astiosi, in qualche modo in balia degli eventi e della figura di Leo, un vero e proprio approfittatore che non solo mette le mani su mamma e figlia, ma punta anche alla villa della famiglia nonché unico bene di una famiglia ormai in declino totale.

Tra tutti spicca la figura del figlio minore Michele, un ragazzo indolente ed indifferente a tutto, anche alle difficoltà familiari, vinto dalla noia e dall'apatia, costretto a fingere in ogni ambito degli interessi che non ha, persino sentimentali.

Moravia scrisse questo libero da giovanissimo, dopo una lunga degenza in sanatorio, ed è sicuramente frutto di un periodo di attesa e monotonia.
La quotidianità dell'esistenza, la paura della solitudine e di una vita senza ambizioni, sono sentimenti comprensibili, che io stesso ho provato e provo tutt'ora.
Moravia ce ne da una dimostrazione perfetta con questo romanzo che non esito a definire splendido.
Sembra quasi un'opera teatrale, circoscritta a pochissimi personaggi e quasi ambientata unicamente nella villa di famiglia.
Il più degli eventi si svolge a tavola o in salotto.

Come dicevo più su, è difficile amare questi personaggi, ma molto più facile comprenderli.
Soprattutto Michele e la sorella.

Qui sotto la sinossi, presa da Amazon:

"Quando Alberto Moravia cominciò a scrivere questo capolavoro, nel 1925, non aveva ancora compiuto diciott'anni. Intorno a lui l'ltalia, alla quale Mussolini aveva imposto la dittatura, stava dimenticando lo scoppio d'indignazione e di ribellione suscitato nel 1924 dal delitto Matteotti e scivolava verso il consenso e i plebisciti per il fascismo. Il giovane Moravia non si interessava di politica, ma il ritratto che fece di un ventenne di allora coinvolto nello sfacelo di una famiglia borghese e dell'intero Paese doveva restare memorabile. Il fascismo eleva l'insidia moderna dell'indifferenza a condizione esistenziale assoluta."



Alla prossima!