martedì 26 maggio 2015

La Casa Sull'abisso - William Hope Hodgson

La foto che mi ritrae qui sopra è stata scattata durante la lettura del libro di cui sto per cianciare.
Mi rendo conto che l'abbiocco di cui sono stato preda durante la lettura del suddetto libro, non è proprio un grandissimo biglietto da visita.
Però, ad onor del vero, anche se la foto potrebbe dimostrare il contrario, La Casa Sull'abisso si è rivelata una bella lettura, anche più corposa del previsto.
Quella di Hodgson è una storia che mischia gotico e fantascienza e che in qualche modo anticipa le tematiche di autori come Clark Ashton Smith e Lovecraft.
Sarà comunque per lo stile di scrittura molto ostico e subdolo, ma a me sembra che le storie di questi autori vissuti a cavallo tra fine 800 e la prima metà del 900, fossero molto più colte di quelle di adesso.
Sarà un'impressione, ma di certo le loro storie appaiono ben più complesse di molti degli scrittori horror contemporanei, anche se bisogna ammetterne una latente stitichezza in termini di lunghezza.
Ma è solo un mio parere, nulla più.
Ma di cosa parla esattamente La Casa Sull'abisso?
Scopriamolo.

"La cantina della casa che si protende sull'abisso porta in un'altra dimensione, in un altro tempo e in un altro spazio. Ci troviamo in un non-luogo dove tutto è già avvenuto e dove, ovviamente, sono presenti dei mostri i quali, provenendo dall'interno della casa che costituiva il baluardo contro il pericolo, indicano invece che una salvezza, peraltro assai improbabile, è altrove, al di fuori. Chissà che quella casa sull'abisso non sia poi il nostro mondo?"

La sinossi non è molto chiara, nevvero?
In effetti non sono sicuro di riuscire a descrivere questa storia, perché come dicevo inizialmente seppur condensata in poche pagine è piuttosto complessa.
Comunque, proviamoci.

1877, Irlanda.
Durante una scampagnata due amici seguendo la foce di un fiume si imbattono nel rudere di una casa affacciata ad uno strapiombo.
Tra i detriti ritrovano un vetusto manoscritto appartenuto al vecchio proprietario della casa.
La storia ivi raccontata è assurda e dai contorni agghiaccianti.
Parla di alcuni umanoidi dalla faccia di maiale che improvvisamente arrivano a turbare la serenità dei tre abitanti della casa ( lo scrittore del manoscritto, il suo cane Pepper e la sorella).
Questi esseri usciranno proprio dall'abisso in fondo allo strapiombo, tentando in tutti i modi di entrare dentro la casa in cui i tre abitanti si sono barricati.
Come se non bastassero questi esseri a turbarne l'esistenza, il protagonista del racconto dopo aver trovato e aperto una botola trovata in cantina, si ritrova a vivere una sorta di avventura extra dimensionale in cui assiste alla fine del mondo.
È come se l'apertura di quella botola avesse accelerato il normale scorrere del tempo, tanto che le ore assurgono ad eoni.
Il mondo è andato avanti come direbbe Roland di Gilead ( cit. La Torre Nera) e ciò che rimane è polvere.
Ecco, proprio queste pagine sono le più belle del romanzo.
Un romanzo che puó essere letto ed interpretato in più modi, tanto da lasciare in corso d'opera più di un dubbio.
Credere o non credere al racconto del propietario della casa sull'abisso?
Il manoscritto è il parto di un uomo schizofrenico ed in preda alle allucinazioni?
Il comportamento della sorella lo lascia persino supporre.
All'apparizione degli umanoidi dalla faccia di maiale, non la vediamo mai ed anzi durante la narrazione sembra piuttosto spaventata dal comportamento del fratello, il che potrebbe far propendere per un racconto di fantasia.
Eppure quasi nessuno ama avvicinarsi a quel rudere, tanto che i pochi che hanno trovato il coraggio di farlo iniziano ad udire dei rumori strani ed a provare una sensazione di minaccia incombente, che li porta ad una fuga precipitosa.
Semplice suggestione?
Chissà.
Ma senza perderci troppo in chiacchiere, è un romanzo che vale la pena di consigliare?
Assolutamente.
A patto che vi piaccia il gotico.
Adorate i racconti ed il pantheon orrorifico di H.P. Lovecraft?
Allora è il romanzo che fa per voi.
Lo scrittore di Providence è evidente abbia tratto ispirazione dalle opere di Hodgson, basta pensare a racconti come La Strana Casa Nella Nebbia, che ha parecchi tratti in comune con il romanzo di Hodgson.

Insomma, il romanzo di Hodgson per quel che mi riguarda è stata una gran bella lettura, ma d'altronde con me questo romanzo giocava in casa, poiché io ho sempre adorato i ruderi.
Starei ora a guardarli e amerei molto avere il potere della psicometria per poter scoprire chi ci avesse vissuto e come.








sabato 16 maggio 2015

Intervista Col Vampiro - Anne Rice

E' strano, ma io del film di Neil Jordan con Brad Pitt, Tom Cruise e Antonio Banderas, non conservo memoria storica.
Ho qualche fotogramma stampato in mente della pellicola, ma della trama non ricordo una benemerita.
La cosa mi perplime, perché in fondo il film mi era pure garbato.
Credo.
Leggere quindi il primo libro della serie de Le Cronache Dei Vampiri è stato come partire da zero ed è meglio così, poiché ho potuto concentrarmi soltanto sulla trama della Rice senza che vi si sovrapponesse nessuna delle scene del film.
Ma com'è stato il mio primo appuntamento con la Rice?
Positivo, dopotutto.
Ne vorrei volentieri un secondo.
Anzi, visto che parliamo di un'autrice piuttosto prolifica se sapeste consigliarmi qualche altro libro della suddetta ve ne sarei grato, poiché io non saprei quale prendere.
O meglio il finale di questo romanzo suggerisce una consequenzialità con tutti gli altri volumi della saga, ma non vorrei prenderlo a scatola chiusa, quindi sono ben accetti dei consigli.
Comunque, concentriamoci sul romanzo.
Andiamo di sinossi?
Andiamo.

"Una stanza buia. Un registratore acceso. Un giornalista. E un vampiro. Da quasi due secoli, ormai, Louis de Pointe du Lac non è più un uomo: è una creatura della notte, e ha tutta la notte a disposizione per convincere Daniel, il giornalista, che la storia che gli sta raccontando è vera. Così come è vero il suo volto, tanto pallido ed esangue da sembrare trasparente, di una bellezza soprannaturale e per sempre cristallizzata. Louis racconta di come abbia ricevuto il dono (o forse la maledizione?) della vita eterna proprio quando non desiderava altro che la morte. È il 1791, è un'altra New Orleans, e Louis, in seguito al suicidio dell'amatissimo fratello, vorrebbe soltanto seguirne il destino. Ma la seduzione del dono oscuro è potente, specialmente se ha i modi, la voce e l'aspetto di Lestat. Sensuale e affascinante, crudele e allo stesso tempo capace di profonda commozione, Lestat ha bisogno di Louis tanto quanto Louis ha bisogno di lui. Quando infine, dopo anni di scorribande notturne, Louis sta per decidersi ad abbandonare Lestat, questi gli fa il regalo più grande: Claudia. Una bambina di appena cinque anni, in fin di vita, che solo il dono oscuro può salvare. L"unico peccato che il sacrilego e irriverente Lestat non si può permettere: creare una vampira di soli cinque anni. Una vampira bambina, che non crescerà mai. E sarà l'inizio della fine. "



Che dire di quest'opera?
A parte la geniale idea di base, è da lodare l'incredibile spessore dei personaggi, tutti ben caratterizzati.
Certo parliamo di un romanzo che dal punto di vista dinamico non è un granché, ma lo spessore dei vampiri protagonisti ripaga di tutto.
Perché la bellezza della storia è tutta lì, nell'introspezione psicologica dei personaggi  che pur essendo dei vampiri immortali continuano ad avere desideri e sentimenti umani.
Disperazione, tormento, romanticismo, solitudine, c'è di tutto in questo romanzo.
C'è anche una forte componente bohémien.
È l'horror?
C'è anche quello, tranquilli.
Dopotutto si parla di vampiri ed in qualche modo dovranno pure nutrirsi, no?
Quantunque è palese che Anne Rice fosse più interessata ai loro pensieri e alle loro relazioni umane più che al loro nutrimento e alle scene d'azione, che comunque non mancano.
La Rice scrive bene, quantunque a volte ho trovato i dialoghi al limite dell'astruso e dell'inconcludente.
Ma è un problema mio, che spesso mal digerisco quei personaggi che si fanno pipponi assurdi per interi capitoli.
Questi Vampiri si fanno delle seghe mentali, che levati.
C'è da dire però che sono tremendamente affascinanti.
Louis, Lestat e Armand sono tre personaggi con i controcazzi, scritti davvero divinamente.
E che dire dell'inquietantissima vampira bambina Claudia?
Probabilmente il personaggio più bello del libro, certamente il più affascinante.
E' un libro complesso e non facile da digerire, visto che per la stragrande maggioranza dei capitoli si regge sui dialoghi e le interazioni tra i personaggi.
Però devo ammettere di essere stato sedotto ed affascinato dalla storia, tanto che come dicevo all'inizio mi ha invogliato al proseguimento.
Anne Rice rispetta tutti i crismi dell'iconografia classica del vampiro, aggiungendoci però un tocco personale.
Vampiri che non si nutrono solamente di essere umani ma anche di animali ( cosa giusta e sacrosanta che in molti romanzi non è mai stata accennata) e soprattutto viene meno il lato religioso e prettamente cattolico legato al vampirismo, cosa che ho apprezzato enormemente.
E' normale che nell'immaginario collettivo sia un archetipo legato fortemente alla religione cattolica, visto che parliamo principalmente di un archetipo figlio di miti nati nel continente europeo, ma non ho mai capito perché un vampiro dovesse temere la croce cattolica.
Come se fosse l'unica religione valida e riconosciuta.
E se fosse stato ateo?
Musulmano?
Indù? :-P
Ma lasciamo perdere queste mie menate.
Posso solo dire che personalmente è un libro che ho apprezzato e che mi sento di consigliare.
Certo, per gli amanti del gore e dell'azione questo romanzo non sarà il massimo della vita, ma per chi cerca una bella storia sui Vampiri, è quantomeno d'obbligo buttargli un occhio.
Personalmente continuo a preferire Dracula di Bram Stoker e Le Notti Di Salem di Stephen King, ma i vampiri raffinati, tormentati e bohémien della Rice sono un bel vedere  leggere.
Au Revoir.













giovedì 7 maggio 2015

Le Ragazzine Stanno Perdendo Il Controllo. La Società Le Teme. La Fine è Azzurra. - Ratigher

Avevo già apprezzato tantissimo Ratigher con Trama, una graphic novel con i controcazzi.
Non è un fumettista facile da leggere, le sue storie sono ermetiche, sfuggenti, piuttosto subdole.
Non sfuggono alla regola nemmeno Le Ragazzine, che Ratigher dopo la vittoria del premio Micheluzzi al Comicon di Napoli, ha deciso di rendere fruibile in maniera gratuita tramite il sito Retinacomics.
Correte subito a scaricarlo, che merita.
È gratuito ed è una bella storia, cosa volere di più?
Lascio il link qua sotto:

http://www.retinacomics.org/autori/ratigher/leragazzinestannoperdendoilcontrollo/

Ma torniamo alla Graphic Novel.
Tenevo d'occhio quest'opera da parecchio tempo, più o meno dai tempi della sua uscita, quando in quel caldo giugno Ratigher invece dei canonici metodi di uscita, tramite un progetto chiamato prima o mai, decise per l'autopubblicazione a numero chiuso attraverso un preordine online.
Ne furono stampate 1100 copie che andarono a ruba ( alcune acquistate dalla Saldapress che decise di investire sul prodotto ).
In pratica al di là di quelle copie ordinabili, non sarebbe esistita mai più nessun'altra edizione cartacea del fumetto.
Ammetto che il prezzo, mi portò a tenermene distante ( 16 Euro per 64 pagine).
Non voglio fare il morto di fame, ma per uno come me che ama leggere e tanto, il risparmio e il prodotto in offerta è fondamentale.
E questa Graphic non lo era.
Rimedio adesso, sfruttando il dono che Ratigher ha voluto fare a tutti gli appassionati di fumetti.
Dono che ho apprezzato enormemente.
Ma di che parla questo fumetto?

Le Ragazzine è un'opera ermetica come la precedente, forse ancora più sottile e criptica di Trama.
Appare chiaro che è una storia di ribellione e di crescita di due ragazzine annoiate, che trovano sfogo soltanto nel farsi continuamente le analisi del sangue e visite specialistiche di cui non hanno bisogno.
Quella di Motta e Castracani è una storia di amicizia molto estrema ed ambigua, al limite della sottomissione, in quanto è palese che la timida e grassoccia Motta sia succube della sua amica molto più sfacciata e sicura di sé.
La narrazione è molto particolare ed è gradevolissimo l'uso diverso di ogni colore per ogni stato d'animo delle due protagoniste.
Molto piacevoli anche i disegni.
Quantunque parliamo di uno stile piuttosto personale, che si presta anche al diniego.
A me piace.
Ora, io non sono un espertone del genere, ma a me come tematiche e stile, Le Ragazzine ricorda parecchio opere come Zanardi di Andrea Pazienza.
Forse non ha la stessa prosa malata del compianto fumettista, ma è certamente una storia piuttosto estrema e particolare.
Certo, Ratigher è tutto fuorché lineare e questa storia lascia parecchie perplessità e dubbi in quanto non è facile carpirne l'essenza, però personalmente me la sono goduta di brutto.
Motta e Castracani non sono tipe che si incontrano spesso.
Per me è da leggere.
E poi, che per una volta il download è gratuito, sarebbe un peccato non approfittarne.

domenica 3 maggio 2015

L'incubo Di Hill House - Shirley Jackson

Suonerà necrofilo visto che parliamo di un'autrice che è nella tomba da moltissimo tempo, ma corteggiavo Shirley Jackson da anni.
La prima volta che sentii parlare di lei fu tra le pagine del saggio Danse Macabre di Stephen King, ovvero la mia Bibbia personale per tutto ciò che concerne il mondo horror degli anni '50 -'80.
Ho scoperto solo allora che il film The Haunting ( da noi ribattezzato Presenze ) quello con Catherine Zeta Jones, Liam Neeson e Owen Wilson protagonisti, venne tratto ( piuttosto liberamente ) da questo romanzo.
Bella merda che era.
Tanto che se non ricordo male trionfò persino ai Razzie Awards.
Ma il libro non lo è, diciamolo subito.
Anzi.
Stephen King lo considera un po' l'archetipo per quel che concerne il tema della casa stregata, tanto che non ha mai nascosto che la sua Marsten House che faceva da corollario alle vicende de Le Notti Di Salem, l' Overlook Hotel di Shining, ed a cui mi sento di aggiungere anche il racconto 1408 ( quello da cui fu tratto il film con Keanu Reeves ), nacquero proprio dalla lettura de L'incubo Di Hill House della Jackson.
Ma non solo Stephen King, anche Richard Matheson nel romanzo La Casa D'inferno appare evidente abbia tratto ispirazione da questa storia.
Ma non solo la letteratura, anche il cinema soprattutto nel filone Teen Horror degli ultimi 20-30 anni vanta parecchi rimandi a quest'opera, che quantunque a sua volta deve qualcosa al racconto La Casa Stregata di H.P. Lovecraft.
Ma parliamo meglio dell'opera ed andiamo di sinossi, insolitamente prolissa ed esplicativa:

Per quanto infestata di case stregate sia la storia del cinema, è impresa difficile riuscire a mettere in fila una serie di romanzi validi che abbiano come protagonista una casa. A dirla altrimenti: è rara cosa incontrare uno scrittore che sia in grado di far parlare una casa. Non è un problema di genere (ogni genere andrebbe bene, basti pensare alle strisce dei Peanuts in cui di tanto in tanto la bionda Sally si ritrova a chiacchierare col muro di una scuola), e nemmeno di epoca (più lontano si va e più si ha una qualche probabilità di trovare un buon romanzo o racconto abitato da case animate). È solo una questione di talento. Indiscutibilmente talentuosa, e dichiarata maestra per???autori del calibro di Dorothy Parker, Stephen King e Donna Tartt, Shirley Jackson appare finalmente tra gli scaffali delle librerie italiane con quello che è considerato all'unanimità un classico del genere horror, L'incubo di Hill House (egregiamente tradotto in italiano da Monica Pareschi, brava soprattutto nel rendere la genialità dei dialoghi). Pubblicato negli Stati Uniti nel 1959, il romanzo ha come protagonista una casa, Hill House, per l'appunto, intorno cui si intrecciano le storie di una manciata di curiosi personaggi che si ritrovano ad affrontare inspiegabili eventi. A fare da capobanda è il professore John Montague, antropologo specializzato nello studio di fenomeni paranormali e impegnato in uno studio su cause ed effetti delle interferenze paranormali in una casa ritenuta "stregata". Al suo seguito, nelle vesti di improbabili assistenti, due fanciulle già coinvolte in esperienze paranormali, Eleanor e Theodora, il giovane erede di Hill House, Luke Sanderson, e una lugubre domestica, Mrs Dudley. E poi, logicamente, fantasmi che si divertono a chiudere le porte, a ridacchiare o a scrivere sui muri, per cacciare o trattenere a vita gli ospiti della casa. Il tutto racchiuso in una cornice talmente spettrale e ben descritta da fare del libro un romanzo praticamente perfetto.



L'incubo Di Hill House è un romanzo del 1959.
E' una cosa che rimarco subito, poiché pur essendo in circolo da tantissimo tempo è un romanzo che viene venduto praticamente al prezzo di uno nuovo.
In libreria o su Internet il prezzo dell'edizione pubblicata da Adelphi ( che ha in catalogo tutte le opere della Jackson ) oscilla solitamente tra i 15 ed i 20 Euro.
Un po' altino per essere un romanzo del 1959, quantunque quei soldi li vale tutti.
Io, che come dicevo all'inizio corteggiavo questa autrice da anni, sono stato fortunato a trovarlo a 5 Euro nel circuito dell'usato, altrimenti chissà quando avrei potuto permettermi di leggerlo.
Di questo romanzo circolano anche edizioni molto più vecchie ed in origine venne pubblicato con un altro titolo, il molto accattivante La Casa Degli Invasati edito da Mondadori anche nella collezione Urania, che è quella che ho visto più spesso in vendita ad un prezzo abbastanza contenuto.
Ma lasciamo perdere sottigliezze come il prezzo e parliamo del romanzo.
Cos'è che rende questo romanzo così speciale e così imitato?
Prima di tutto lo stile elegante, preciso ed allo stesso tempo leggero e gradevole della Jackson, che non fa pesare affatto la lettura e che non dimostra affatto i suoi anni.
L'Incubo di Hill House è un romanzo scorrevolissimo.
Certo parliamo di un romanzo gotico, quindi chi si aspetta di trovare manifestazioni parecchio invasive e raccapriccianti può restare deluso dalla narrazione molto d'atmosfera e psicologica del romanzo.
Gotica, appunto.
Il romanzo da questo punto di vista è geniale.
Proprio per la sua natura molto intimista, le manifestazioni avranno principalmente snodo sfruttando le debolezze psicologiche dei protagonisti, di Eleanor in particolare.
Perché nonostante siano in quattro i personaggi che andranno ad abitare in quella casa per partecipare all'esperimento del Dottor Montague, appare evidente fin dal principio che è Eleanor il vero fulcro della narrazione.
Personaggio talmente complessato e paranoico quest'ultimo, che fino alla fine non sapremo se è in balia dei propri demoni interiori o di quelli che dimorano in quella casa.
Eleanor è una paranoica invasata o è la casa che la porta ad esserlo?
Forse è per questo che l'altro titolo era per me molto più pertinente ed accattivante.
Quindi chi è in cerca di un romanzo d'azione e di chissà quali apparizioni demoniache resterà certamente deluso da questo romanzo.
Non a caso, non sono tantissime le recensioni che lo incensano ( soprattutto mi riferisco a quelle di siti come Ibs ed affini).
Perché no, non ci sono fantasmi svolazzanti alla Casper in questa ghost story oppure scene alla Paranormal Activity et similia, ma bensì una presenza molto più strisciante e opprimente.
Però se viceversa si è interessati al gotico ed ad un horror d'atmosfera che gioca molto con  rumori improvvisi, con angolature non euclidee alla Lovecraft, con stanze inspiegabilmente gelate, porte che si aprono e chiudono da sole e corridoi che sembrano interminabili, troverà certamente pane per i suoi denti tra le numerose stanze di Hill House.
Però occhio, che di solito chi va ad abitare in quella casa, ci lascia le penne. :-P
Romanzo che, scherzi a parte, io mi permetto di consigliare senza riserve.
L'incubo di Hill House è uno dei capisaldi del genere insieme a Il Giro Di Vite di Henry James e pochi altri, e come tale deve far parte della libreria di ogni appassionato horror, sennò mi incazzo.
Adesso parte la caccia agli altri romanzi di Shirley Jackson.
Quindi punto a trovare La Lotteria, Demoni Amanti, Lizzie e Abbiamo Sempre Vissuto Nel Castello in qualche mercatino dell'usato o su internet a prezzo d'affare.
Punto è una parola grossa, diciamo che ci provo.